sabato 28 gennaio 2012

Orario dei negozi 2 - D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 - Art. 35, commi 6 e 7 - Liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura - Circolare esplicativa

Circolare del 2 novembre 2011
Oggetto: Ministero dello Sviluppo Economico - Circolare n. 3644/C del 28/10/2011: "Decreto
Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio
2011, n. 111, art. 35, commi 6 e 7. Liberalizzazione degli orari di apertura e
di chiusura - Circolare esplicativa".
Si informa che è in corso di invio formale alle Regioni, agli enti locali e alle Camere di
Commercio, la circolare del Ministero dello Sviluppo Economico sul tema in oggetto.
La circolare fornisce, in risposta alle numerose richieste pervenute in questi mesi al Ministero
a seguito dell’introduzione, all’inizio di luglio, nel secondo decreto legge adottato dal
Governo per contrastare la crisi economica, della liberalizzazione degli orari nei comuni
inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte in via sperimentale, i
chiarimenti di seguito indicati.
1. Ad avviso del MISE, l’introduzione, operata dall’art. 35, comma 6, del DL 98/11, della
lettera d-bis) al comma 1, dell’art. 3, del DL 223/06 ha l’effetto di sancire, ancorché in
via sperimentale, la piena liberalizzazione del regime degli orari dei negozi e degli esercizi
di somministrazione. Si ricorda, sul punto, che il comma 1 dell’art. 3 del DL
223/06 dispone che, per tutelare la concorrenza nel settore della distribuzione commerciale,
le attività commerciali e di somministrazione, si svolgono senza una serie di
limiti e prescrizioni (iscrizione a registri, rispetto distanze minime, limitazioni quantitative
all’assortimento, ed altri) tra i quali il DL 98/11 ha aggiunto, con l’art, 35, comma 6,
seppure in via sperimentale, il rispetto degli orari, dell’obbligo della chiusura domenicale
e festiva e della mezza giornata di chiusura infrasettimanale per gli esercizi ubicati
nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle localit turistiche o città d’arte.
2. Che tale intervento è pienamente legittimato trattandosi di norma di esercizio della
competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza che, pertanto, non
è invasiva della competenza legislativa esclusiva residuale delle regioni perché strumentale
ad eliminare limiti e barriere all’accesso al mercato e alla libera esplicazione
della capacità imprenditoriale secondo quanto affermato dalla Corte Cost. (288/10 e
430/07).
3. Che, ai fini dell’applicazione della nuova disposizione, è necessario l’adeguamento delle
discipline e dei regolamenti regionali entro il termine del 1° gennaio 2012 disposto
dall’art. 35, comma 7 del DL 98/11.
4. Che, nel caso degli esercizi di somministrazione, avendo già chiarito in passato
l’inapplicabilità dell’obbligo del giorno di chiusura settimanale previsto dalla legge
425/71, la disposizione ha effetti nei soli casi in cui sussistano a livello territoriale disposizioni
di tale contenuto ivi comprese quelle che dispongono obblighi di chiusura
notturna. Relativamente alla chiusura notturna, tuttavia, il MISE ritiene che eventuali
provvedimenti motivati che limitino le aperture notturne o stabiliscano orari di chiusura
correlati alla tipologia e alle modalità di esercizio dell’attività di somministrazione per
motivi di pubblica sicurezza o particolari esigenze di tutela (es. somministrazione alcolici)
possano continuare ad essere applicati ed adottati in quanto vincoli necessari ad
evitare danni alla sicurezza o indispensabili per la protezione della salute umana,
dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale ed espressamente richiamati
dall’art. 3, comma 1, del DL 138/11 come limiti ammissibili all’iniziativa economica privata.
5. Che, nel caso dei negozi, l’art. 12 del D.Lgs. 114/98 aveva già introdotto una disciplina
specifica in deroga per gli orari degli esercizi operanti nei comuni ad economia prevalentemente
turistica , nelle città d’arte o nelle zone del territorio dei medesimi. Ciò avveniva
attraverso l’individuazione, da parte delle Regioni, dei comuni ad economia prevalentemente
turistica, delle città d’arte o delle zone del territorio dei medesimi e dei
periodi di maggior afflusso turistico nei quali gli esercenti potevano esercitare tale facoltà
esclusivamente nei periodi di maggior afflusso turistico. Sul punto ritiene il Ministero
che, dal momento della sua applicazione (1° gennaio 2012 o entrata in vigore del
provvedimento regionale di attuazione se precedente), la lettera d-bis) non consenta
più di individuare né le zone del territorio comunale né periodi di maggior afflusso turistico.
6. Che, pur essendo stata utilizzata dall’art. 35, comma 6, la locuzione: “elenchi regionali
delle località turistiche o città d’arte”, diversa da quella utilizzata dall’art. 12 del D.Lgs.
114/98 (comuni ad economia prevalentemente turistica, città d’arte o zone del territorio
dei medesimi), ma uguale a quella utilizzata dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 23/11 sul
federalismo fiscale municipale per consentire a tali comuni l’applicazione di un’imposta
di soggiorno, il MISE ritiene che, stante le finalità della disposizione, questa non possa
che fare prioritariamente riferimento agli elenchi predisposti dalle Regioni in attuazione
del predetto art. 12, ferma restando la disapplicazione dei riferimenti alle zone o periodi
di afflusso eventualmente individuati.
7. Ciò in quanto i provvedimenti regionali attuativi dell’art. 12 che riportino anche le zone
del territorio comunale e delle città d’arte ed i periodi di maggior afflusso turistico, non
possono considerarsi, per questa parte, corrispondenti a quanto richiesto dall’art. 35
comma 6 che non ammette la possibilità di individuare limitazioni riferite a zone e/o periodi.
8. Che fino all’adozione degli specifici provvedimenti di adeguamento e, ove non adottati,
fino al 1° gennaio 2012, le nuove disposizioni non trovano applicazione e si ritengono
applicabili le disposizioni vigenti nei diversi ambiti territoriali ed anche gli eventuali elenchi
adottati sulla base della precedente disciplina e solo a tali fini.
9. Che alla scadenza del termine previsto (1° gennaio 2012), in mancanza di specifici
provvedimenti regionali, la norma sulla liberalizzazione degli orari nei comuni turistici e
nelle città d’arte deve comunque essere applicata e non può essere vanificata con interpretazioni
inutilmente dilatorie. Dal 2 gennaio 2012 ed in assenza dei provvedimenti
regionali attuativi la disposizione si applica, ad avviso del MISE:
ai comuni ad economia prevalentemente turistica ed alle città d’rate indicate nei vigenti
provvedimenti regionali di attuazione dell’art. 12 del D.Lgs. 114/98;
a tutto il territorio dei comuni o delle città d’arte per i quali i provvedimenti regionali
suddetti abbiano indicato solo una determinata zona e/o solo un determinato periodo
ai fini dell’applicazione della disciplina dell’art. 12 citato;
a tutto il territorio dei comuni o delle città d’arte in qualsiasi modo identificabili in
quanto caratterizzati da economia prevalentemente turistica, ivi compreso il caso in
cui nei medesimi sia applicata o applicabile la tassa di soggiorno di cui all’art. 4 del
D.Lgs. 23/11.
10. Che i chiarimenti esposti nei punti da 1 a 9 non costituiscono vincoli per la legislazione
regionale e non impediscono l’adozione di soluzioni anche diverse (ad esempio con la
definizione di criteri univoci di automatica individuazione dei comuni interessati, in alternativa
alla loro elencazione o con specificazioni di adeguate modalità attuative per le
città metropolitane articolate in municipi). Ciò in quanto, ad avviso del MISE, i vincoli da
rispettare, ai fini della legittimità costituzionale delle disposizioni regionali, sono solo
quelli risultanti dal principio concorrenziale e di liberalizzazione direttamente stabilito
dalla norma statale (l’art. 3, comma 1, del DL 223706 come integrato dall’art. 35, comma
6, del DL 98/11).
Ad una prima lettura, non tutte le argomentazioni addotte dal MISE appaiono convincenti
né supportate da una adeguata motivazione.
In particolare non convince quanto sostenuto nel punto 5 relativamente alla impossibilità
per le regioni (parzialmente contraddetta da quanto poi affermato al punto 10 di riferire la
liberalizzazione degli orari a particolari periodi o zone dei comuni turistici e delle città
d’arte.
Sotto questo profilo la Corte cost. ha recentemente specificato (cfr. sent. 150/2011) che in
materia di orari, è comunque necessario valutare se la disciplina regionale determini o
meno un vulnus alla tutela della concorrenza, considerato che resta sempre possibile, per
le Regioni, dettare norme che, indirettamente, producano effetti pro-concorrenziali.
La tutela della concorrenza, infatti, non ha solo un ambito oggettivo (attinente alle misure
legislative di tutela in senso stretto, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto gli atti e
i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei
mercati e ne disciplinano le modalità di controllo), ma dato il suo carattere generale e trasversale,
deve essere valutata in concreto.
Inoltre l’accostamento della locuzione utilizzata dalla lettera d-bis) con quella utilizzata
dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 23/11 non appare convincente per escludere la possibilità
per le Regioni di individuare periodi e zone del territorio dei comuni turistici e delle città
d’arte perché la disposizione sul federalismo fiscale municipale è ispirata non da intenti
pro-concorrenziali ma dalla diversa ratio di ampliare la capacità di entrata dei comuni.
Essa infatti include i comuni capoluogo di provincia e le unioni di comuni indipendentemente
da qualsiasi considerazione sul loro carattere turistico ed anzi, il recentissimo dibattito
in corso ci riporta l’intenzione del Governo di estendere tale possibilità indistintamente
a tutti i comuni italiani.
La ratio della lettera d-bis) è invece chiaramente quella di impedire limiti e prescrizioni in
una particolare tipologia di comuni (turistici o città d’arte) la cui competenza sull’esatta individuazione
resta tuttavia rimessa alle Regioni e non allo Stato.
Per quanto riguarda poi le città d’arte la presunta impossibilità per i comuni di delimitarne
il perimetro appare ancora meno convincente.
Come recentemente evidenziato dal Consiglio di Stato (sent. 5087 del 12 settembre
2011), non è l’ampiezza dell’area l’elemento distintivo delle città d’arte ma la circostanza
che quell’area, indipendentemente dalla sua estensione, si caratterizzi come un unicum
chiaramente individuabile e riconoscibile.
Tale circostanza quasi mai si verifica per l’intera superficie amministrativa dei comuni italiani
che, normalmente, oltre al cd “centro storico”, sono composti di aree periferiche e
sub-periferiche totalmente prive di qualunque elemento significativo atto a connotarle come
rilevanti dal punto di vista storico-artistico-culturale.
Ciò anche in considerazione dell’assenza di una definizione normativa precisa su cosa
debba intendersi per città d’arte che, in ogni caso, non può comunque prescindere
dall’esistenza di una rilevante presenza di beni culturali.
Ed anche volendo accedere ad una ampia definizione di bene culturale da intendersi come
patrimonio artistico, culturale e ambientale resta il fatto che larghe parti dei territori dei
comuni italiani non presentano alcuno di questi elementi.
La nota MISE, probabilmente consapevole di questi limiti, “rimette la palla” alle Regioni ed
in questa sede, attraverso il coordinamento interregionale o altre forme, la Confederazione
si attiverà per sostenere le tesi sopra esposte.
Da ultimo tuttavia si segnala che la recente lettera di impegno del Governo nei confronti
delle istituzioni europee afferma che entro il 1° marzo 2012 “saranno rafforzati gli strumenti
di intervento dell’Autorità Antitrust per prevenire le incoerenze tra la promozione della
concorrenza e disposizioni di livello regionale e locale. Verrà generalizzata la liberalizzazione
degli orari degli esercizi commerciali in accordo con gli enti territoriali”.
Di seguito il testo della circolare.

Min. S.E. - Circ. 28/10/2011 n. 3644/C