La terza Sezione Penale della Cassazione tratteggia alcuni aspetti di primaria rilevanza in tema di illeciti ambientali statuendo che la condotta di deposito incontrollato di rifiuti ha natura permanente, nonché precisando che colui che subentra contrattualmente nella gestione dei rifiuti risponde direttamente del reato di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, se, dopo aver provveduto all'iniziale smaltimento dei rifiuti, abbia cessato la condotta lasciando in deposito incontrollato i rifiuti residui.
Cass. pen., sez. III, ud. 10 aprile 2024 (dep. 29 luglio 2024), n. 30929
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Le questioni al vaglio della Cassazione
In seno all'art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 (Attività di gestione di rifiuti non autorizzata): «Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2».
In soli dodici pagine, la Terza Sezione Penale della Cassazione chiarisce diversi aspetti della contravvenzione in esame, focalizzando l'attenzione in merito:
- alla condotta tipica;
- al tempus commissi delicti;
- all'individuazione del soggetto attivo del reato
La vicenda e il ricorso per Cassazione
La complessità della tematica esige di ricostruire, per sommi capi, il fatto.
All'imputato era stato contestato il reato ex art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, poiché, in qualità di legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, deteneva in un deposito incontrollato, presso un impianto di gestioni di rifiuti, una notevole quantità di rifiuti (pericolosi e non pericolosi).
In dettaglio, dalle risultanze processuali era emerso c