mercoledì 10 luglio 2024

Buche stradali, il Comune non può chiedere al danneggiato di provare l’assenza di colpa


 Lo ha chiarito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 18518/2024, affermando un principio di diritto

In caso di sinistro stradale, ai fini del risarcimento del danno da parte dell’ente gestore della strada - nel caso il comune di Salerno -, il danneggiato, o i suoi aventi causa, devono unicamente dimostrare il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno subito e non anche la propria assenza di colpa. Lo ha chiarito la Corte di cassazione con la ordinanza n. 18518/2024, accogliendo il ricorso dei parenti della vittima contro la decisione della Corte d’appello di Salerno che invece aveva confermato il rigetto della domanda risarcitoria perché i richiedenti non avevano “fornito alcun elemento idoneo a ritenere provata una condotta di guida della vittima diligente e prudente”.

 

Secondo quanto dedotto dai familiari, la vittima, mentre percorreva una strada cittadina a bordo di un motociclo, era finito con la ruota anteriore in una depressione del manto stradale di circa otto centimetri di profondità, perdendo così il controllo del mezzo e impattando con il fianco destro della moto contro un palo della luce, perdendo la vita.

La Terza sezione civile rammenta che “la responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. ha natura di responsabilità oggettiva, la quale prescinde da ogni connotato si colpa, sia pure presunta, talché è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile” (Cass. Sez. 3, sent. n. 11152 del 2023).

Se, dunque, “la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilità, la prova liberatoria che egli è onerato di dare, nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, non può avere ad oggetto l’assenza di colpa, ma dovrà avere ad oggetto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si pone esso stesso in relazione causale con l’evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell’art. 41, secondo comma, primo periodo, cod. pen., come causa esclusiva di tale evento” (Cass. Sez. 3, sent. n. 26142 del 2023).

Così ricostruito il quadro, prosegue l’ordinanza, “erra gravemente la sentenza impugnata là dove addebita, a chi ha agito a norma dell’art. 2051 cod. civ. (ovvero, nella specie, ai congiunti della vittima del sinistro mortale), un onere probatorio gravante, invece, sul custode”, laddove afferma che parte attrice, “a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non ha fornito alcun elemento idoneo a provare la condotta di guida diligente e prudente”.

Non è, infatti, il soggetto danneggiato – prosegue la Corte – a dover provare la “diligenza e prudenza” (l’assenza di colpa) nel relazionarsi con la “res” oggetto di custodia, non trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie. Né, in senso contrario, può sostenersi che la sentenza impugnata abbia individuato quale “caso fortuito” (e, dunque, quale autonoma “ratio decidendi”, per escludere l’applicazione dell’art. 2051 cod. civ.) le condizioni meteorologiche che caratterizzarono lo stato dei luoghi in occasione del sinistro.

La Corte territoriale, infatti, ha dato rilievo alla presenza di “forte vento”, non per attribuirvi “ex se” – quale fatto naturalisticamente inteso – idoneità ad interrompere il nesso tra “res” custodita ed evento dannoso, appunto quale caso fortuito, ma sempre (e solo) quale elemento in base al quale apprezzare il contegno della vittima del sinistro e, dunque, per ribadire come, anche alla luce di tale dato, fosse mancata la dimostrazione di una condotta di guida conforme alla condizione del luogo del sinistro, nell’occasione della sua verificazione.

Per la Terza Sezione civile va dunque affermato il seguente principio di diritto: “in materia di responsabilità ex art. 2051 cod. civ., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa”.

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