Progressioni verticali tra sentenze del Tar e chiarimenti Aran
Molti enti locali in questo periodo sono alle prese con la definizione della disciplina delle progressioni verticali, istituto "dimenticato" dal 2009 a causa dei rigidi limiti imposti dal Dlgs 150/2009, il quale consentiva le procedure verticali solo tramite l'espletamento di procedure concorsuali e la riserva del 50% dei posti a personale interno.
A riaccendere l'attenzione e l'interesse sulle progressioni tra le aree è stata la legge 113/2021, di conversione del Dl 80/2021, che novellando il comma 1-bis dell'articolo 52 del Dlgs 165/2001, ha riconosciuto (nuovamente) agli enti locali la facoltà di attuare le progressioni verticali «tramite procedure comparative» e non più con «concorso pubblico con la riserva del 50% dei posti».
Il novellato comma 1-bis, in vigore dal'8 agosto 2021, rinviava però alla contrattazione collettiva la disciplina dei criteri attuativi e tale regolamentazione è stata definita dagli articoli 13, comma 6, e 15 del Ccnl FL 16 novembre 2022.
Da novembre ad oggi sono stati numerosi i chiarimenti dell'Aran sul tema e di recente sono state depositate anche 2 interessanti sentenze della giurisprudenza amministrativa, che hanno ribadito e puntualizzato alcuni elementi caratterizzanti tale istituto, particolarmente attenzionato nelle riunioni delle delegazioni trattanti degli enti nel corso del 2023.
Sul tema della obbligatorietà o meno del rispetto del vincolo del 50% dell'accesso dall'esterno, il Tar Sicilia, sezione Palermo, con la sentenza n. 2406/2023, ha precisato che la novella del comma 1-bis dell'articolo 52 del Dlgs 165/2001, benché non abbia formalmente abrogato l'articolo 24 del Dlgs 150/2009, non determina «la persistenza di un qualche obbligo di riserva in capo all'Amministrazione» che intende attuare le progressioni verticali.
Il richiamo (e la conseguente riserva di posti non superiore al 50%) non impone quindi all'amministrazione di attuare una procedura concorsuale, ma di attivare, unitamente alle procedure verticali rivolte al personale interno, altrettante procedure assunzionali che garantiscano, per un pari numero di posti, l'accesso a personale esterno (pertanto, non solo concorsi, ma anche scorrimento di graduatorie e mobilità volontaria) nell'ambito della programmazione triennale delle facoltà assunzionali.
Appare necessario evidenziare che, l'interessante chiarimento fornito dal Tar Sicilia nella citata sentenza n. 2406, è utile per l'attuazione delle procedure verticali disciplinate dall'articolo 15 del nuovo Ccnl FL 16/11/2022, quelle così dette "ordinarie", che saranno attuate dal 1° gennaio 2026.
Per le altre procedure verticali, disciplinate dall'articolo 13, comma 6 e 7 del citato Ccnl FL 2022, che saranno attuate fino al 31/12/2025, vale quanto già chiarito dall'Aran nel parere CFL 209, secondo cui «Le risorse dello 0,55% del MS 2018, in quanto risorse attribuite alla contrattazione collettiva il cui utilizzo è limitato alla sola fase transitoria di prima applicazione del nuovo sistema di classificazione (...) possono essere destinate integralmente alle progressioni tra le aree", mentre "l'utilizzo delle facoltà assunzionali – ordinarie ex art. 33, comma 2 d.l. 34/2019 - per le progressioni tra le aree, sia per le procedure a regime, che per le procedure effettuate durante la fase transitoria, è possibile nella misura massima del 50% del fabbisogno».
Come già
anticipato, il nuovo Ccnl FL 16 novembre 2022 infatti ha introdotto due
differenti discipline delle progressioni verticali, tra aree:
• una,
contenuta nell'articolo 13, comma 6, che prevede una procedura
"transitoria", in fase di prima applicazione del nuovo sistema di
classificazione del personale, valida fino al 31 dicembre 2025;
• l'altra, contenuta nell'articolo 15 che regolamenta le procedure "a regime", che saranno attuate dal 1°/1/2026.
Tra le due discipline sussistono alcune rilevanti differenze, tra le altre, per quanto riguarda i requisiti d'accesso (così come chiarito anche dall'Aran, nei pareri CFL 207, 208 e 209):
1) nella procedura transitoria (ex articolo 13, comma 6, progressioni che possono essere realizzate fino al 31/12/2025), i requisiti d'accesso sono quelli previsti nella Tabella C del Ccnl 16/11/2022 , quindi, è ammessa la deroga al titolo di studio richiesto per l'accesso all'area dall'esterno, "compensato" dagli anni di esperienza;
2) nella procedura a regime (ex articolo 15, progressioni dal 1°/1/2026), i requisiti d'accesso sono quelli previsti dall'articolo 52, comma 1-bis, del Dlgs 165/2001, quindi la progressione all'area immediatamente superiore è possibile solo per coloro che hanno il titolo di studio richiesto per l'accesso all'area dall'esterno.
L'Aran, infine, di recente ha precisato che è "possibile" per gli enti, nell'ambito della disciplina delle procedure verticali fino al 31 dicembre 2025 (ex articolo 13, comma 6 e 7, Ccnl FL 16/11/2022), prevedere l'espletamento di un colloquio finalizzato ad accertare le competenze professionali (Parere protocollo n. 5318/2023).
L'Aran ha anche ricordato che sono oggetto di confronto con le parti sindacali soltanto i criteri per le progressioni verticali così dette "in deroga", disciplinate dall'articolo 13, comma 6 e 7 del Ccnl FL 16/11/2022 e, solo su questi, l'ente deve dare comunicazione preventiva alle parti sindacali prima di approvare l'atto regolamentare, che rimane di competenza datoriale.
La procedura così detta "a regime", disciplinata dall'articolo 15 del Ccnl non è oggetto né di confronto, né tanto meno della contrattazione.
A tal proposito, si ritiene utile evidenziare che in numerosi enti, le parti sindacali chiedono di predisporre e adottare due distinti regolamenti per la disciplina delle p.v., mentre appare quanto meno necessario rilevare che nulla osta all'adozione di un unico atto regolamentare, in quanto afferente allo stesso istituto.
Le progressioni verticali hanno una differenziata disciplina delle modalità attuative (e solo per alcuni aspetti, non per tutti), quindi appare coerente con il principio del buon andamento dell'attività amministrativa e il rispetto del non aggravio del procedimento disciplinare in un unico regolamento le procedure di carriera, differenziando in parte la disciplina per quelle attuate entro il 31/12/2025 e una per quelle che verranno espletate dal 1°/1/2026.
Come chiarito anche dalla Funzione Pubblica, con il parere prot. 66005/2021, la ratio del legislatore del 2021 è quella di «valorizzare le professionalità interne alla pubblica amministrazione, senza rinunciare al rigore che necessariamente deve connotare uno sviluppo di carriera».
La volontà del legislatore è, quindi, quella di ancorare il percorso di crescita per gli interni all'amministrazione a una serie di parametri rappresentativi del possesso di un livello professionale la cui adeguatezza, in assenza del meccanismo concorsuale, viene assicurata attraverso l'individuazione di una serie di requisiti che rendono attivabile (e attendibile) il percorso di sviluppo professionale delineato dalla norma.
Appare chiaro, secondo il Dipartimento, «l'intento del legislatore di valorizzare gli elementi maggiormente qualificanti che connotano l'excursus professionale, formativo e comportamentale del dipendente, al fine di rendere esplicito che il ricorso alla procedura comparativa in luogo di quella concorsuale è idonea e parimenti efficace nell'assicurare che la progressione di area e/o categoria o qualifica avvenga a beneficio dei più capaci e meritevoli».
Spetta poi a ogni ente, a fronte di parametri oggettivi validi per ogni amministrazione individuati dal Legislatore del 2021 e oggi dalla contrattazione collettiva, effettuare all'interno della propria autonomia regolamentare «una sua più puntuale definizione».
La Funzione Pubblica, inoltre, nel parere sopra richiamato, evidenzia che la «previsione legislativa di «fattispecie aperte" comporta la necessità che, per l'applicazione in concreto del comma 1-bis dell'art. 52, non si possa prescindere dalla specifica realtà organizzativa dell'ente e dalle esigenze professionali individuate al suo interno, in stretta connessione con le attività svolte e sulla base della programmazione dei potenziali fabbisogni professionali».
Pertanto, secondo la Funzione pubblica, le amministrazioni potranno programmare il ricorso alla procedura comparativa per la copertura di più elevati fabbisogni professionali, adattandola alle proprie esigenze, «ossia declinando in autonomia con propri atti i titoli e le competenze professionali (...) nonché i titoli di studio ulteriori rispetto a quelli validi per l'accesso all'area dall'esterno (...) ritenuti maggiormente utili per l'attinenza con le posizioni da coprire previste dall'ordinamento professionale vigente al proprio interno, sulla base del contratto collettivo di riferimento e con le attività istituzionali affidate – ai fini del superamento della procedura comparativa e funzionali al miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione, assegnando – ove possibile - anche il relativo punteggio».
Alla luce di quanto precisato già nel 2021 dalla Funzione pubblica, quindi, ogni ente ha la facoltà di disciplinare tale istituto, chiedendo anche il possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti in generale dalla contrattazione collettiva, purché individuati nell'ambito di un impianto logico-sistematico connesso alle esigenze di valorizzare il proprio personale.
Infine, appare utile ricordare che in caso di controversie insorte sulle procedure verticali, la competenza è del giudice amministrativo, a differenza delle progressioni economiche (oggi disciplinate dall'articolo 14 del Ccnl FL 16 novembre 2022) che sono di competenza del giudice del lavoro.
Tale interpretazione è stata ribadita di recente dal Tar Lazio, sezione Roma, con la sentenza n. 10265/2023 secondo cui «i concorsi riservati ai dipendenti "interni" si considerano rivolti alla "assunzione" - e, pertanto, le relative controversie sono sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo - se risultano finalizzati a "progressioni verticali" consistenti nel passaggio a posizioni funzionali qualitativamente diverse, che sia tale da comportare "una novazione oggettiva del rapporto di lavoro", mentre restano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le procedure per lo "scorrimento orizzontale" da una posizione ad un'altra all'interno della stessa area funzionale», richiamando quanto sancito dalla Corte di cassazione, Sezioni Unite, nella sentenza n. 8985/2018.
di Federica Caponi e Luciano Fazzi - Rubrica a cura di Ancrel
---------------------------------------------------------