La fruizione dei permessi per motivi personali o familiari non richiede una specifica motivazione.
L’articolo
41 del Ccnl 16.11.2022 modifica l’assetto della disciplina a suo tempo
introdotta dall’articolo 32 del Ccnl 21.5.2018, proprio incidendo sulla
motivazione.
Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari |
Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari |
1. Al dipendente, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell'anno, per particolari motivi personali o familiari. |
1. Al dipendente, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell'anno, per particolari motivi personali o familiari, senza necessità di specifica documentazione e/o giustificazione. Il diniego deve essere motivato e formalizzato.
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In via
interpretativa, nel precedente regime normativo, posto che i permessi
sono fondati su “particolari motivi” personali o familiari, si era
ritenuta necessaria l’esplicitazione delle ragioni alla base della
richiesta.
Ciò perché
nella norma, oltre ad essere espressamente considerati i permessi
connessi ai “particolari motivi”, era assente un chiarimento operativo
sulle modalità di formulazione della domanda.
Oggettivamente,
però, la lettura implicante la necessità di motivare la richiesta non
si è rivelata di grande utilità. Da un lato, si è sempre rimasti ai
confini della normativa sulla riservatezza; dall’altro, soprattutto, non
sono mai residuati in capo al datore pubblico margini di apprezzamento
sui motivi.
A ben
vedere, il datore pubblico non ha mai potuto disporre di un proprio
sindacato di merito rispetto alle motivazioni alla base della richiesta.
Infatti, l’accoglimento o meno della domanda è pur sempre rimasto
connesso alla sola verifica di compatibilità con le esigenze di
servizio.
Vista la
sostanziale inutilità di far esprimere al dipendente la motivazione
circa la richiesta del permesso per motivi personali o familiari,
l’articolo 41 del Ccnl 16.11.2022, come visto sopra, introduce una
regolazione espressa procedurale:
- la richiesta non deve essere corredata da giustificazione o documentazione (né al momento della richiesta, né dopo la fruizione del permesso);
- spetta, invece, al datore pubblico non solo formalizzare, ma anche motivare le ragioni dell’eventuale diniego.
Con l’orientamento applicativo CFL 195 del 16 gennaio 2023, l’Aran esprime il proprio avviso sull’istituto: “La
nuova disciplina dei permessi orari retribuiti per particolari motivi
personali o familiari, contenuta all’art. 41 del CCNL siglato il
16.11.2022, prevede ancora che il dipendente debba esplicitare la
motivazione della richiesta di fruizione dei permessi in oggetto?
Dalla nuova formulazione del comma 1, dell’art. 41 in esame, ai sensi del quale”
Al dipendente, possono essere concesse, a domanda, compatibilmente con
le esigenze di servizio, 18 ore di permesso retribuito nell'anno, per
particolari motivi personali o familiari, senza necessità di specifica
documentazione e/o giustificazione. Il diniego deve essere motivato e
formalizzato.”, si evince che non è più necessario che il
dipendente espliciti la motivazione della sua richiesta di fruizione del
permesso in oggetto, mentre, risulta necessaria la motivazione
dell’eventuale diniego alla fruizione che dovrà essere formalizzata da
parte del responsabile della struttura secondo le modalità organizzative
adottate dagli enti”.
La motivazione della richiesta
La ricostruzione della fattispecie merita,
però, qualche approfondimento. Il primo problema da affrontare concerne
la motivazione. Non si deve dimenticare che si tratta di una disciplina
contrattuale e non pubblicistica. Dunque, l’analisi della norma e la sua
applicazione devono fare a meno dei canoni del diritto pubblico: per
intendersi, non si applica la legge n. 241/1990, perché siamo in un
ambito retto dal diritto civile.
L’articolo
41 del Ccnl 16/11/2022 è una clausola contrattuale dalla quale derivano
posizioni di diritto soggettivo e reciproche obbligazioni. Il canone da
rispettare nel rapporto tra le parti, quindi, è quello dell’applicazione
della regolazione contrattuale secondo i principi di buona fede e
correttezza.
La
“motivazione”, dunque, dell’agire delle parti non riguarda l’espressione
di una scelta discrezionale tra più possibili legittime decisioni
finalizzate a perseguire l’interesse pubblico, indicando quella tra esse
più efficace ed opportuna. Si tratta, invece, solo appunto di applicare
concretamente il principio di buona fede e correttezza.
Ora, il
dipendente non ha la necessità di specificare nel dettaglio le ragioni
della propria richiesta di permesso, in quanto se qualificato come
permesso ai sensi dell’articolo 41 del Ccnl, è per effetto del Ccnl
medesimo che si dà come fatto scontato l’esistenza di ragioni personali e
familiari sottostanti la domanda: specificarle non è necessario, ai
fini dell’innesco della relazione obbligatoria col datore.
La motivazione del diniego e la sua formalizzazione
Quest’ultimo,
invece, dispone del potere di accogliere o respingere la domanda. È un
potere pieno, anche se, nel caso di diniego, si tratta di un potere
condizionato. Infatti, il datore può respingere la domanda:
- solo in modo formale;
- spiegando le ragioni del diniego.
Si
tratta, comunque, pur sempre di canoni di diritto civile. La
formalizzazione del diniego non deve certamente avvenire con una
“determina” o qualsiasi altra veste amministrativa. Si tratta solo ed
esclusivamente di esercizio di potere datoriale ove “formale” non significa necessariamente “forma scritta”. Anche una mail semplice basta a formalizzare la decisione; anche il semplice input alla piattaforma gestionale delle assenze/presenze è una formalizzazione del diniego.
La
motivazione del diniego nulla ha a che vedere con quella amministrativa.
Il datore pubblico che denega deve limitarsi a specificare quali
controindicazioni l’assenza richiesta dal lavoratore produca all’assetto
organizzativo dell’ufficio.
Poiché il
lavoratore non deve spiegare le ragioni della sua istanza, la
motivazione del diniego non potrà lecitamente fondarsi sull’assenza
della motivazione della domanda.
Caso particolare: più domande di assenza espresse nel medesimo giorno
Residua,
però, probabilmente, in capo al datore la possibilità di chiedere lumi
sulle ragioni dell’istanza in un caso estremo: la concorrenza di più
domande di assenza per ragioni personali, espresse per il medesimo
giorno da più dipendenti, laddove la possibilità organizzativa consente
di accoglierne solo parte.
In questo
caso, riemergono i principi di buona fede e correttezza: il datore può
trovarsi nella condizione di selezionare quale tra i richiedenti sia
destinatario dell’accoglimento della domanda e quale altro del diniego.
Si verifica una situazione nella quale pare possibile per il datore
pubblico chiedere proprio le ragioni della domanda, non come requisito
di liceità o procedurale della stessa, ma allo scopo di poter decidere
quale tra esse accogliere e quale no, anche valutando situazioni
soggettive dei richiedenti e rilevando quelle aventi maggiori priorità
su altre.
In
applicazione del principio di buona fede e correttezza, il lavoratore
dovrebbe riferire al datore questi elementi cognitivi, per permettere
appunto una decisione ponderata e motivata anche in relazione a questi
elementi.
Certo, la
norma non permette di considerare il dipendente come obbligato ad
esplicitare le ragioni della propria istanza, nel caso ipotizzato,
sicché nessuna conseguenza diretta potrebbe conseguire sul rapporto. È
evidente che una reticenza preconcetta non evidenzierebbe un
atteggiamento realmente improntato a buona fede e correttezza.
Articolo di Luigi Oliveri
La Rivista del Sindaco 23/01/2023 Approfondimenti