Pur non sussistendo l’obbligo in capo al proprietario del terreno, oggetto di abbandono di rifiuti, di attivare un servizio di vigilanza a protezione del fondo per impedire l’accesso di ignoti sullo stesso, il proprietario medesimo deve impedire, o comunque rendere difficoltoso l’accesso sull’area, attraverso recinzioni, cancelli e cartelli che prevengano e vietino l’accesso stesso, nonché deve mantenere efficienti, nel tempo, le misure di protezione e prevenzione.
Cons. Stato Sez. IV, Sent., (ud. 12 ottobre 2022) 28 novembre 2022, n. 10433
N. 10433/2022REG.PROV.COLL. N. 07169/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7169 del 2015, proposto dal Comune di Arezzo, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Pasquini, domiciliato
presso la Segreteria di Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza
Capo di Ferro, 13; contro la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli
avvocati Giuseppe Femia, Giuseppe Gratteri e Anton Ugo Serra, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Gratteri in
Roma, via Giunio Bazzoni,15; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 12 ottobre 2022 il Cons. Raffaello Sestini e viste le conclusioni delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1 – Il Comune di Arezzo propone appello contro la sentenza del T.a.r. che in parte ha dichiarato inammissibile ed in parte ha accolto il ricorso proposto dalla proprietaria di un terreno sito nel medesimo Comune avverso l’ordinanza sindacale che le ha imposto di rimuovere i rifiuti speciali abbandonati rinvenuti dalle pubbliche Autorità. 2 – La vicenda contenziosa prendeva avvio quando, con nota prot. n. 62 Pos. Unica del 30 luglio 2013 e con successiva integrazione del 2 dicembre 2013, il Comando Provinciale di Arezzo del Corpo Forestale dello Stato, Gruppo di Lavoro Specializzato in Materia Ambientale presso la Procura della Repubblica di Arezzo, comunicava di aver rinvenuto un interramento di rifiuti speciali abbandonati in località Quarata, in un terreno individuato al N.C.T. del Comune di Arezzo come particelle -OMISSIS-. Del fatto veniva resa edotta l'Autorità Giudiziaria e il terreno veniva posto sotto sequestro. Con nota del 6 agosto 2013, prot. n. 82556, il Servizio Ambiente del Comune di Arezzo, sulla base del sopra citato rapporto del Corpo Forestale dello Stato e successiva integrazione, ai sensi del comma 3 dell’articolo 192 del D. Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., comunicava pertanto alla proprietaria l’avvio del procedimento per l’emissione di un’ordinanza nei suoi confronti, per la rimozione e il corretto smaltimento dei rifiuti sopra specificati. 2.1 - La proprietaria impugnava tale atto con ricorso al T.a.r. (R.G. n. -OMISSIS-). 2.2 - Inoltre, la proprietaria inviava le proprie osservazioni con allegata documentazione, chiedendo l'archiviazione del procedimento. Con nota protocollo comunale n. 126339 del 26 novembre 2013, il Servizio Ambiente rispondeva che “Le ricerche effettuate non hanno portato al reperimento di atti riguardanti in modo specifico e puntuale i terreni di cui trattasi, atteso che le delibere da Voi citate e rinvenute presso il predetto Archivio comunale afferiscono a terreni ubicati in località diverse dalla frazione di Quarata. La documentazione prodotta in allegato alla nota contenente le controdeduzioni (documenti da 3 a 7) contiene valutazioni in ordine ad un eventuale utilizzo di aree ai fini della collocazione di rifiuti, delineando esclusivamente un interesse per terreni diversi da quelli in discorso, senza peraltro trovare riscontro in specifici atti comunali. Inoltre da una verifica storica catastale della proprietà delle aree in questione, è risultato che fino dall’impianto meccanografico del Catasto (anno 1971), le aree medesime, ove sono stati rinvenuti i rifiuti da parte del Corpo Forestale dello Stato, risultano di proprietà. Alla luce di quanto sopra, non sussistono i presupposti per procedere all’archiviazione del procedimento in questione. Si precisa, comunque, che vengono chieste osservazioni al Corpo Forestale dello Stato in ordine alla esatta identificazione delle particelle catastali”. 2.3 - Con nota del 26 novembre 2013, protocollo Comunale. n. 126331, lo stesso Servizio Ambiente chiedeva al Corpo Forestale dello Stato osservazioni in ordine alla esatta identificazione delle particelle catastali del terreno ove erano stati rinvenuti i rifiuti in questione, ricevendo quale risposta la precisazione che: “a seguito di ulteriori accertamenti (…) è emerso che la maggior parte dei rifiuti speciali rinvenuti si trovano nella particella ventisei stesso foglio. Pertanto si ritiene necessario anche per tale particella l'applicazione dei provvedimenti”. 2.4 - Con nota del 27 dicembre 2013 Prot. Com. n. 136769, il Servizio Ambiente inviava pertanto la comunicazione integrativa di avvio del procedimento, ricevendo le osservazioni dell’interessata. 2.5 - Infine, su proposta del Servizio Ambiente, con ordinanza n. 2 del 30.01.2013 il Sindaco di Arezzo ordinava alla proprietaria del terreno “in cui sono stati abbandonati i rifiuti speciali specificati nelle premesse, di provvedere entro 90 (novanta) dalla notifica della presente ordinanza, alla rimozione e al corretto smaltimento dei rifiuti giacenti nel suddetto terreno, tramite una ditta specializzata e autorizzata”. 2.6 - La proprietaria impugnava tale provvedimento con motivi aggiunti. 2.7 - Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione II, con Sentenza n. 1/2015 depositata il 19.01.2015, dichiarava inammissibile il ricorso originario ed accoglieva i motivi aggiunti, con il conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata, non avendo il Comune dimostrato il concorso del dolo o della colpa della proprietaria nell’attività di abbandono dei rifiuti da parte di ignoti ed anzi –secondo la resi della proprietaria- proprio da parte dello stesso Comune. 2.8 – Avverso tale sentenza proponeva ricorso in appello il Comune di Arezzo. Si costituiva in giudizio la proprietaria per chiederne la reiezione. Le parti argomentavano le rispettive difese con proprie memorie. La proprietaria proponeva altresì appello incidentale sostenendo che i rifiuti erano stati abbandonati in loco dallo stesso Comune di Arezzo. 3 – Con l’appello in epigrafe il Comune deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del D. Lgs. 3.04.2006 n. 152. Il T.a.r. infatti, pur riconoscendo l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, ha ritenuto che all’interessata non possa essere attribuita alcuna responsabilità, a titolo di dolo o colpa, in relazione al contestato abbandono dei rifiuti. Peraltro secondo il Comune la linea interpretativa espressa dal T.a.r. porterebbe a conseguenze inaccettabili, in quanto la dimostrazione della colpa del proprietario nell’abbandono dei rifiuti diverrebbe una specie di probatio diabolica di fatto impossibile. 3.1 - Il Comune di Arezzo contrappone quindi una diversa interpretazione dell’art. 192 del D. Lgs n. 152/2006, richiamando per ampi stralci la sentenza n. 3786 del 17.07.2014, con la quale il Consiglio di Stato ha ritenuto che “dal dato testuale del comma 3 (e dalla parola ‘dispone’), si evince come il potere-dovere di ordinare la rimozione e il ripristino dello stato dei luoghi vada esercitato senza indugio non solo nei confronti di chi abbandona sine titulo i rifiuti (il quale realizza la propria condotta col dolo e con l’animus delinquendi), ma anche del proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la “violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa”. In un quadro normativo volto a tutelare l’integrità dell’ambiente, il comma 3 non prevede una ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui: se vi è un abbandono di rifiuti avente il carattere della repentinità e della irresistibilità, se avvisa dell’accaduto la pubblica autorità e pone in essere le misure esigibili per evitare il ripetersi dell’accaduto, il proprietario non può essere considerato responsabile, per il suo solo titolo di proprietario. Tuttavia, non dissimilmente da altre disposizioni del settore, il comma 3 ritiene sufficiente la colpa. Tra le ipotesi tipiche di colpa, rientra la negligenza. Nel suo significato lessicale (risalente anche al diritto romano, e prima ancora che la nozione fosse riferita alle singole obbligazioni), la negligentia (vale a dire la mancata diligentia) consisteva e consiste nella trascuratezza, nella incuria nella gestione di un proprio bene, e cioè nella assenza della cura, della vigilanza, della custodia e della buona amministrazione del bene. L’art. 192 del testo unico n. 152 del 2006 attribuisce rilievo proprio alla negligenza del proprietario, che – a parte i casi di connivenza o di complicità negli illeciti (qui non prospettabili) - si disinteressi del proprio bene per una qualsiasi ragione e resti inerte, senza affrontare concretamente la situazione, ovvero la affronti con misure palesemente inadeguate. L’art. 192 – qualora vi sia la concreta esposizione al pericolo che su un bene si realizzi una discarica abusiva di rifiuti anche per i fatti illeciti di soggetti ignoti – attribuisce rilevanza esimente alla diligenza del proprietario, che abbia fatto quanto risulti concretamente esigibile, e impone invece all’amministrazione di disporre le misure ivi previste nei confronti del proprietario che - per trascuratezza, superficialità o anche indifferenza o proprie difficoltà economiche – nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti. La condotta illecita del terzo – ovvero la proliferazione delle condotte illecite dei terzi – dunque non è di per sé una causa che rende non imputabile al proprietario l’evento (la trasformazione del suo terreno in discarica abusiva), né frattura il nesso di causalità tra la sua condotta colposa (id est, caratterizzata dalla trascuratezza e dalla incuria), quando costituisce un fatto prevedibile e prevenibile”. 3.2 – Le predette considerazioni risulterebbero avvalorate, rispetto alla dedotta impossibilità pratica di monitorare e tutelare la vasta area di proprietà preservando ogni suo punto da episodi di illecito rilascio di rifiuti, dalla circostanza che tuti i rifiuti rinvenuti interessano una sola area di limitata estensione, che non sarebbe stato impossibile tutelare e manutenere. 3.3 – La ricorrente vittoriosa in primo grado non solo contesta le predette deduzioni, ma propone anche appello incidentale, chiedendo la condanna del Comune alla rimozione dei rifiuti ed al conseguente ripristino in quanto sarebbe stato proprio lo stesso Comune ad abbandonarli sul terreno di proprietà dell’interessata. 3.4 – Peraltro, quanto alle deduzioni della ricorrente di primo grado secondo le quali sarebbe stato lo stesso Servizio di nettezza urbana comunale ad accumulare rifiuti in vari punti del territorio non curandosi poi di raccoglierli, il Comune espone come dall’ampia istruttoria effettuata sia risultata la totale estraneità delle aree in questione ai contestati episodi, mai dimostrati e comunque risalenti a circa quarantacinque anni addietro, risultando pertanto esclusa, allo stato delle conoscenze, una qualunque responsabilità del Comune al riguardo. . 4 – Ai fini della decisione sull’appello principale, considera il Collegio che l’articolo 192 del D. Lgs. 3/4/06 n. 152 e s.m.i. dispone al comma 1 che “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e, al comma 3, che, “Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 7 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”. 4.1 - Devono pertanto provvedere non solo i responsabili dell’abbandono di rifiuti ma anche “in solido” (e quindi indipendentemente dall’individuazione dei primi) il proprietario e i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. 4.2 – La colpa dei predetti soggetti, in quanto qualificati dal loro rapporto proprietario o di titolarità di diritti reali o personali di godimento rispetto all'area, così come ben evidenziato dalla richiamata sentenza del Consiglio di Stato, non può riguardare l’attività altrui, invece dolosa e criminosa, di abbandono dei rifiuti (rispetto alla quale i predetti soggetti non si differenziano dalla generalità dei consociati) , e deve, quindi, invece riguardare la mancanza di un’adeguata cura nella tenuta del terreno del quale hanno la titolarità o comunque la disponibilità, evidenziata proprio dall’abbandono dei rifiuti. 4.3 – La giurisprudenza del Consiglio di Stato (per tutte, sentenze n. 136/2005, n. 323/2005, n. 935/2007) ha pertanto ritenuto che, “pur non sussistendo l’obbligo da parte del proprietario del terreno, oggetto di abbandono di rifiuti, di attivare un servizio di vigilanza a protezione del fondo per impedire l’accesso di ignoti sullo stesso, il proprietario medesimo deve impedire, o comunque, rendere difficoltoso l’accesso sull’area, attraverso recinzioni, cancelli e cartelli che prevengano e vietino l’accesso stesso, nonché deve mantenere efficienti, nel tempo, le misure di protezione e prevenzione”. 4.4 – Occorre quindi interpretare il disposto dell’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006, alla luce del suo tenore letterale, della sua collocazione sistematica e della ratio legis di tutela dell’interesse pubblico generale alla preservazione dell’ambiente, nel senso che, quando emergano induttivamente elementi di responsabilità del proprietario per la mancata attivazione di misure atte a contrastare l’abbandono dei rifiuti rinvenuti, lo stesso è tenuto a rimuoverli. 4.5 – Nella specifica fattispecie in esame, dunque, il Comune appellante ha dimostrato di aver compiuto, avvalendosi dei propri uffici e del Corpo Forestale, un’ampia istruttoria, all’esito della quale non è stato possibile risalire ai soggetti autori dell’abbandono dei rifiuti, ma neppure è stato possibile individuare la concreta adozione di qualsiasi misura di prevenzione e contrasto dell’abbandono dei rifiuti da parte della proprietaria appellante, che pur è stata ininterrottamente titolare della vasta area per più di cinquanta anni, dovendosi pertanto ritenere sussistente una colpa in capo alla proprietaria per la negligenza nell’attività di vigilanza del medesimo terreno, solo in minima parte interessato dall’abbandono dei rifiuti, e per la mancata attivazione di misure idonee riferite alla medesima limitata porzione di terreno. 4.6 – Venendo all’appello incidentale, considera il Collegio che dagli approfondimenti compiuti dal Comune, anche attraverso la ricerca di documenti presso l'archivio storico Comunale, è emersa solo la titolarità fin dal 1971 della proprietà del terreno, diverso e distante da quelli in cui il Comune, secondo quanto prospettato dall’appellante incidentale, avrebbe abbandonato rifiuti speciali quali quelli in esame, non risultando possibile individuare alcun potenziale responsabile dell’attività di abbandono dei rifiuti a fronte di talune dichiarazioni testimoniali, allegate da parte appellante, ritenute anche dalla appellata sentenza del T.a.r. non utili a fondare un principio di prova in quanto generiche e indeterminate. 5 – Alla stregua delle pregresse considerazioni, l’appello principale deve essere accolto e quello incidentale respinto. Ne consegue per l’effetto la reiezione, in riforma dell’appellata sentenza, del ricorso di primo grado avverso l’impugnata ordinanza comunale, che risulta pertanto immune dai dedotti vizi di legittimità e pienamente operativa. 6 – Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto respinge, in riforma dell’appellata sentenza, il ricorso di primo grado (ricorso n.7169/2015 R.G.). Condanna la ricorrente di primo grado al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila) oltre ad IVA, CPA ed ulteriori oneri di legge se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della ricorrente di primo grado. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente Alessandro Verrico, Consigliere Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore Silvia Martino, Consigliere Ugo De Carlo, Consigliere
IL SEGRETARIO In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. | 23/12/2022 |