martedì 22 novembre 2022

Fuochi d'artificio, illegittima la norma del regolamento comunale che ne vieta l'utilizzo


 È illegittima la norma regolamentare con cui il Comune vieta di accendere fuochi d'artificio, in quanto la materia non è di competenza  dell'Ente Locale.

Peraltro non costituendo i fuochi d’artificio una delle principali sorgenti di emissioni inquinanti, visto il loro impiego occasionale ed episodico, il divieto imposto dal Comune sarebbe manifestamente illogico e contrario anche al principio di proporzionalità.  (su telegram il pdf)

 Pubblicato il 21/09/2022

N. 02034/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00352/2021 REG.RIC.

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 352 del 2021, proposto da
- U. Borgonovo S.r.l., Fratelli Conzadori S.a.s. di Conzadori Gianantonio & C.,
Arcobaby di Aimasso Rosalia, Briosi Giocattoli e Modellismo di Roberto Casali,
Cartolibreria Roberta di Petenzi Roberta e Pizzi Gianfranco S.n.c., in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Aldo
Coppetti e Roberto Invernizzi ed elettivamente domiciliati presso lo studio di
quest’ultimo in Milano, Via Vincenzo Monti n. 41;
contro
- il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso
dagli Avv.ti Angela Bartolomeo, Antonello Mandarano, Annalisa Pelucchi e Gloria
Centineo Cavarretta Mazzoleni ed elettivamente domiciliato in Milano, Via della
Guastalla n. 6, presso la sede dell’Avvocatura comunale;
e con l'intervento di


ad adiuvandum:
- Assogiocattoli – Associazione Italiana Imprese Addobbi e Ornamenti Natalizi,
Giocattoli, Giochi e Modellismo, Articoli di Puericultura e Prodotti affini, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Fabio
Romanenghi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Milano,
Corso di Porta Vittoria n. 28;
per l’annullamento
- dell’art. 10 del Regolamento per la qualità dell’aria del Comune di Milano,
approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 56 del 19 novembre 2020,
pubblicato all’Albo pretorio dal 10 dicembre 2020 al 25 dicembre 2020, con cui si
stabilisce il “divieto di accendere fuochi d’artificio (compresi i petardi, mortaretti e artifici
esplodenti in genere) nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo”, nonché dell’art. 2,
lett. e, del medesimo Regolamento, nella parte in cui si pone l’obiettivo di intervenire
mediante “prescrizioni in tema (…) di combustioni all’aperto”;
- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso, ivi compresi occorrendo
e in parte qua: la deliberazione della Giunta comunale n. 1653 del 4 ottobre 2019, la
Relazione tecnica della Direzione Transizione Ambientale Area Energia e Clima che
costituisce l’Allegato 1, parte integrante della proposta di deliberazione del Consiglio
comunale n. 582/2020 e le motivazioni tecnico-scientifiche, Allegato A della
suddetta Relazione tecnica, il parere favorevole espresso dalla Giunta comunale il 13
marzo 2020, i pareri favorevoli di regolarità tecnica e di legittimità sulla proposta di
deliberazione n. 582/2020 espressi, rispettivamente, il 5 marzo 2020 dal Direttore
dell’Area Energia e Clima e il 12 marzo 2020 dal Segretario Generale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;


Visto l’intervento ad adiuvandum dei ricorrenti di Assogiocattoli – Associazione
Italiana Imprese Addobbi e Ornamenti Natalizi, Giocattoli, Giochi e Modellismo,
Articoli di Puericultura e Prodotti affini;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 15 luglio 2022, i difensori delle parti, come specificato
nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 22 febbraio 2021 e depositato il 2 marzo successivo,
le parti ricorrenti hanno impugnato sia l’art. 10 del Regolamento per la qualità
dell’aria del Comune di Milano, approvato con deliberazione del Consiglio comunale
n. 56 del 19 novembre 2020, con cui si stabilisce il “divieto di accendere fuochi d’artificio
(compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) nel periodo compreso tra il 1° ottobre
e il 31 marzo”, sia l’art. 2, lett. e, del medesimo Regolamento, nella parte in cui si pone
l’obiettivo di intervenire mediante “prescrizioni in tema (…) di combustioni all’aperto”.
Le parti ricorrenti operano nel settore della vendita e commercializzazione al minuto
e all’ingrosso di articoli pirotecnici di tutte le categorie, avendo come riferimento
territoriale il Comune di Milano. Attraverso il richiamato art. 10 del Regolamento è
stato introdotto, per un intero semestre (1° ottobre - 31 marzo), un divieto assoluto
e inderogabile di accensione di fuochi d’artificio di ogni tipologia in tutto il territorio
comunale. Tale disposizione risulterebbe immediatamente lesiva delle libertà
individuali e della libertà di iniziativa economica, e in particolare della lecita e libera
circolazione dei prodotti pirotecnici venduti dai ricorrenti, secondo quanto previsto
dalla normativa di derivazione sia europea che nazionale.
Assumendo l’illegittimità di tale divieto, le parti ricorrenti ne hanno chiesto
l’annullamento, in primo luogo, per difetto di attribuzione e incompetenza, per


violazione dell’art. 4 della Direttiva n. 2013/29/UE, per violazione dell’art. 1 del D.
Lgs. n. 123 del 2015, per violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990, per
violazione dell’art. 117 Cost., per violazione dell’art. 83 del D. Lgs. n. 112 del 1998,
per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 50, commi 7-ter e 5, del D. Lgs. n.
267 del 2000 e dell’art. 3-ter del D. Lgs. n. 152 del 2006, per violazione dell’art. 4
delle preleggi e degli artt. 1, 9, 10 e 11 del D. Lgs. n. 155 del 2010, per violazione
degli artt. 1, 2, 8, 9, 10, 11, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 e 22. e ss. della legge regionale
n. 24 del 2006, per violazione dell’art. 41 Cost., per violazione del P.R.I.A. aggiornato
con D.G.R. 2 agosto 2018, n. 449, e dell’Accordo di programma datato 9 giugno
2017.
Ulteriormente sono stati dedotti la violazione degli artt. 9, 10 e 11 del D. Lgs. n. 155
del 2010, l’eccesso di potere per manifesta illogicità, la contraddittorietà e falsità dei
presupposti, l’irragionevolezza e la violazione dei principi di adeguatezza, necessità
e proporzionalità, la violazione degli artt. 4 e 6 della Direttiva n. 2013/29/UE, la
violazione degli artt. 1 e 3 del D. Lgs. n. 123 del 2015 e la violazione dell’art. 3
decreto legge n. 138 del 2011.
Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
È intervenuta in giudizio, ad adiuvandum dei ricorrenti, Assogiocattoli –
Associazione Italiana Imprese Addobbi e Ornamenti Natalizi, Giocattoli, Giochi e
Modellismo, Articoli di Puericultura e Prodotti affini, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori
delle parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive
posizioni; in particolare, la difesa del Comune ha eccepito, in via preliminare,
l’irricevibilità per tardività del ricorso, nonché la sua inammissibilità per carenza di
interesse delle parti ricorrenti, mentre nel merito ne ha chiesto il rigetto; la difesa dei


ricorrenti ha replicato alle eccezioni della difesa comunale, deducendone
l’infondatezza, e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2022, su conforme richiesta dei difensori delle
parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, va scrutinata l’eccezione di irricevibilità del ricorso sollevata
dalla difesa del Comune di Milano e fondata sulla circostanza che il gravame è stato
notificato oltre il sessantesimo giorno dalla pubblicazione dell’impugnato
Regolamento.
1.1. L’eccezione è infondata.
Il Regolamento comunale oggetto di controversia è stato pubblicato, ai sensi dell’art.
124 del D. Lgs. n. 267 del 2000 (Testo unico degli Enti locali), all’Albo pretorio
comunale per quindici giorni, ossia dal 10 dicembre 2020 al 25 dicembre 2020 (cfr.
all. 1 del Comune, ultime due pagine). Trattandosi di un atto normativo secondario,
non soggetto a notificazione individuale, il termine per la sua impugnazione decorre
“dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni
di legge o di regolamento” (art. 41, comma 2, cod. proc. amm.), che nella specie va
individuato nel 25 dicembre 2020, ultimo giorno di pubblicazione: quindi la
notificazione del ricorso, effettuata in data 22 febbraio 2021, è certamente
tempestiva, poiché effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza della
pubblicazione, non assumendo rilievo a tal fine la sola data di inizio della ridetta
pubblicazione (cfr. Consiglio di Stato, V, 6 dicembre 2019, n. 8345; anche, V, 8 luglio
2019, n. 4774; T.A.R. Campania, Napoli, I, 4 luglio 2022, n. 4458; T.A.R. Emilia-
Romagna, Parma, 1° luglio 2022, n. 190; T.A.R. Campania, Napoli, III, 6 settembre
2021, n. 5708; più in generale, Consiglio di Stato, IV, 31 gennaio 2022, n. 651).
1.2. Ne discende il rigetto della scrutinata eccezione.


2. È stata altresì dedotta dalla difesa comunale l’inammissibilità del ricorso per
carenza di interesse delle parti ricorrenti, quali soggetti operanti nel settore del
commercio e della vendita dei fuochi d’artificio, poiché la norma regolamentare
impugnata non vieta affatto la vendita del materiale pirotecnico e dei fuochi
d’artificio, ma ne impedisce soltanto l’uso in un determinato arco temporale.
2.1. L’eccezione è infondata.
Premesso che la previsione regolamentare impugnata, ossia l’art. 10, risulta
immediatamente applicabile giacché il divieto di utilizzo dei fuochi di artificio risulta
pienamente operante, non essendo necessaria l’intermediazione di ulteriori
provvedimenti attuativi (cfr. Consiglio di Stato, IV, 17 marzo 2022, n. 1937), va
altresì rilevato che in capo ai ricorrenti sussistono sia la legittimazione che l’interesse
ad agire, essendo gli stessi operatori del settore degli articoli pirotecnici aventi un
interesse differenziato rispetto al quisque de populo, in quanto destinatari degli
effetti della norma impugnata e direttamente lesi dall’applicazione della stessa.
Difatti, le parti ricorrenti commercializzano articoli pirotecnici e, sebbene l’art. 10
del Regolamento comunale non ne impedisca la vendita, il divieto di utilizzo degli
stessi arreca loro certamente un danno diretto e concreto poiché, secondo l’id quod
plerumque accidit, l’acquisto dei fuochi di artificio da parte degli utilizzatori è
direttamente correlato al loro immediato uso, risultando di conseguenza altamente
improbabile una loro effettiva possibilità di distribuzione laddove vi sia un
impedimento a un utilizzo immediato o in tempi ravvicinati dei predetti articoli
rispetto al momento dell’acquisto.
2.2. Pertanto, anche la suesposta eccezione deve essere respinta.
3. Passando all’esame del merito del ricorso, lo stesso è fondato.
4. Con le due doglianze del ricorso, da trattare congiuntamente in quanto
strettamente connesse, si assume l’illegittimità della previsione che impedisce di
accendere fuochi d’artificio nel periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo,


poiché in tal modo sarebbe stato introdotto un divieto assoluto, generalizzato e
automatico che influirebbe, limitandola sensibilmente, sulla libertà di vendita degli
articoli pirotecnici, in contrasto con le previsioni della Direttiva n. 2013/29/UE e
del D. Lgs. n. 123 del 2015, che non riconoscono alcun potere di intervento sulla
materia al Comune, il quale, in aggiunta, non potrebbe neppure intervenire nel
disciplinare le attività che determinano l’inquinamento atmosferico e impattano sulla
qualità dell’aria, essendo tale ambito soggetto a riserva di legge statale e regionale.
Peraltro non costituendo i fuochi d’artificio una delle principali sorgenti di emissioni
inquinanti, visto il loro impiego occasionale ed episodico, il divieto imposto dal
Comune sarebbe manifestamente illogico e contrario anche al principio di
proporzionalità.
4.1. Le censure sono complessivamente fondate.
In via di premessa, va sottolineato che la potestà regolamentare comunale rinviene
il proprio fondamento nella Costituzione che, all’art. 117, sesto comma, terzo
periodo, stabilisce che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà
regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite”. Anche la legislazione primaria riconosce espressamente una tale potestà,
statuendo che, “nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia
adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e
il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli
organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni” (art. 7 del D. Lgs. n. 267 del 2000 - Testo
unico degli Enti locali; cfr. anche art. 4 della legge n. 131 del 2003 - cd. legge “La
Loggia”: in giurisprudenza, ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, III, 29 novembre
2021, n. 2631). Quindi, alla stregua delle richiamate previsioni, la potestà
regolamentare è attribuita al Comune per la disciplina della propria organizzazione
e per lo svolgimento delle funzioni proprie o allo stesso conferite (dalla legge statale
o regionale: cfr., per l’individuazione delle funzioni fondamentali dei Comuni, l’art.


14, comma 27, del decreto legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, con
legge n. 122 del 2010).
Tale assetto – direttamente correlato alla circostanza che il Comune è Ente a
competenza generale, rappresentativo della collettività presente sul proprio territorio
(cfr. art. 3, comma 2, del D. Lgs. n. 267 del 2000) – deve essere tuttavia coordinato
con l’applicazione nell’ambito pubblicistico – almeno in via generale e salvo
eccezioni – del principio di legalità (ex art. 97 Cost.), che presuppone la sussistenza
di una norma primaria attributiva, anche in via implicita, del potere o della funzione
a un determinato organo o Ente, in modo da legittimarne l’intervento in sede
normativa, e quindi anche regolamentare (cfr., sul principio di legalità sostanziale,
Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2011). È stato, difatti, rilevato che
l’autonomia comunale “non implica una riserva intangibile di funzioni, né esclude che il
legislatore competente possa modulare [- con legge, appunto, -] gli spazi dell’autonomia
municipale a fronte di esigenze generali che giustifichino ragionevolmente la limitazione di funzioni
già assegnate agli enti locali” (Corte costituzionale, sentenze n. 202 del 2021 e n. 160 del
2016). Del resto, in presenza di esigenze generali, si possono giustificare disposizioni
legislative limitative delle funzioni già assegnate agli enti locali, purché non venga
menomato il nucleo fondamentale delle funzioni loro spettanti (cfr. Corte
costituzionale, sentenze n. 202 del 2021 e n. 119 del 2020).
Oltretutto, il richiamato art. 117, sesto comma, Cost., nella sua prima parte, stabilisce
che “la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega
alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia”, da cui discende
che la potestà regolamentare comunale è inibita, o comunque risulta recessiva,
laddove, pur a fronte di funzioni attribuite all’Ente locale, esiste o viene
successivamente introdotta una disciplina – anche a livello di fonte secondaria –
relativa a una materia appartenente alla potestà legislativa statale o regionale: deve
sottolinearsi a tal fine che il testo costituzionale definisce “materie” quelle attribuite


alla potestà, oltre che legislativa, anche regolamentare dello Stato e delle Regioni,
mentre qualifica come “funzioni” quelle attribuite al potere regolamentare dei
Comuni (cfr. art. 117, secondo comma, lett. p, e sesto comma, e art. 118 Cost.). Se
quindi spetta ai livelli di governo superiori (Stato e Regioni) la disciplina legislativa e
regolamentare riguardante le “materie” – intese come ambiti omogenei
dell’ordinamento complessivo (si prescinde dalla distinzione tra materie in senso
stretto e competenze di tipo trasversale, su cui si rinvia a Corte costituzionale,
sentenza n. 407 del 2002) –, agli Enti locali è attribuito il potere regolamentare in
ordine ai compiti e alle potestà agli stessi affidate (“funzioni amministrative”): la potestà
regolamentare di matrice comunale è pertanto indirizzata a regolare lo svolgimento
dei predetti compiti, mentre la disciplina sostanziale delle materie spetta, di regola,
agli Enti sovraordinati, in tal modo inibendosi la possibilità di regolamentazione
diretta delle stesse da parte del Comune.
4.2. Tanto premesso, venendo allo specifico esame della fattispecie oggetto di
controversia, deve rilevarsi come la disposizione impugnata, ossia, l’art. 10 del
Regolamento per la qualità dell’aria del Comune di Milano, che stabilisce il “divieto di
accendere fuochi d’artificio (compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) nel periodo
compreso tra il 1° ottobre e il 31 marzo”, vada a interferire con una materia – quella dei
materiali esplodenti – di competenza legislativa (e regolamentare) esclusiva statale
(art. 117, secondo comma, lett. d, Cost.), già oggetto di compiuta disciplina da parte
del D. Lgs. n. 123 del 2015, a sua volta attuativo della Direttiva n. 2013/29/UE. In
particolare, la contestata disposizione comunale – sebbene adottata nel
perseguimento di finalità di tutela ambientale (certamente rientranti nella titolarità
del Comune con riguardo al proprio ambito territoriale) – si pone in netto contrasto
con la normativa sovraordinata ed eccede l’ambito di competenza dell’Ente locale.
La Direttiva n. 2013/29/UE prevede che debba essere garantita la libera
circolazione all’interno dei Paesi dell’Unione degli articoli pirotecnici che


garantiscano un elevato livello di protezione, anche da un punto di vista ambientale.
Si afferma che “le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative degli Stati membri,
suscettibili di determinare ostacoli agli scambi all’interno dell’Unione devono essere armonizzati per
garantire la libera circolazione degli articoli pirotecnici nel mercato interno assicurando nel contempo
un livello elevato di protezione della salute umana e della sicurezza nonché di tutela dei consumatori
e degli utilizzatori professionali finali” (Considerando 5) e che “una volta soddisfatti i requisiti
stabiliti nella presente direttiva non dovrebbe essere possibile agli Stati membri vietare, restringere
od ostacolare la libera circolazione degli articoli pirotecnici” (Considerando 12); difatti, la
“direttiva stabilisce norme volte a realizzare la libera circolazione degli articoli pirotecnici nel
mercato interno assicurando un livello elevato di protezione della salute umana e di sicurezza
pubblica nonché la tutela e l’incolumità dei consumatori, e tener conto degli aspetti pertinenti connessi
alla protezione ambientale” (art. 1, par. 1), impendendo agli Stati membri di vietare,
limitare od ostacolare “la messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici che soddisfano
i requisiti della presente direttiva” (art. 4, par. 1).
L’art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 123 del 2015, a sua volta, prevede che “il presente
decreto definisce la disciplina volta ad attuare la libera circolazione degli articoli pirotecnici nel
mercato interno, assicurando, nel contempo, le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblica e di tutela della pubblica incolumità, la tutela dei consumatori e la protezione ambientale.
Il presente decreto individua, inoltre, i requisiti essenziali di sicurezza che gli articoli pirotecnici
devono possedere per poter essere messi a disposizione sul mercato”.
Sia la disciplina europea che quella statale, sul presupposto della generale libertà di
circolazione da garantire agli articoli pirotecnici, ne hanno, in via preventiva,
perimetrato in maniera puntuale i limiti di utilizzo, considerando espressamente
anche le finalità di tutela ambientale. Ciò sta a significare che già il legislatore
(compreso quello europeo) ha provveduto a contemperare i diversi interessi in
conflitto, ovvero quello degli operatori economici del settore dei fuochi di artificio,
da una parte, e quelli pubblici (salute, sicurezza, ambiente, ecc.), dall’altra,


realizzando un assetto che non può essere modificato a livello locale, pena
l’introduzione di regimi territoriali differenziati, lesivi dei principi di uniformità
imposti in tale materia dai precetti costituzionali di cui ai richiamati artt. 97 e 117
Cost. (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2011), oltre che in contrasto con
la libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 Cost. e dal diritto dell’Unione
europea.
4.3. Nemmeno la normativa in materia di qualità dell’aria abilita il Comune ad
adottare norme regolamentari derogatorie della normativa settoriale primaria
riguardante l’utilizzo del materiale pirotecnico. In tal senso la legislazione ordinaria
che si occupa della tutela della qualità dell’aria (relativa alla materia “ambiente”, pure
appartenente alla competenza esclusiva, sia legislativa che regolamentare, dello Stato,
ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s, e sesto comma, Cost.), ossia il D. Lgs.
n. 155 del 2010, affida alle Regioni la competenza ad adottare un Piano che introduca
le misure necessarie per agire sulle principali sorgenti di emissione aventi un impatto
negativo sulla qualità dell’aria, al fine di raggiungere i valori limite imposti dalla legge
(art. 9, comma 1); quanto all’attuazione delle previsioni contenute nel predetto Piano
degli interventi per la qualità dell’aria, si chiarisce che vi debbano provvedere “le
regioni, le province autonome e gli enti locali mediante provvedimenti adottati sulla base dei poteri
attribuiti dalla legislazione statale e regionale. Resta ferma, a tal fine, la ripartizione dei poteri
previsti dalla vigente normativa” (art. 11, comma 5). Quindi lo spazio di intervento del
Comune è stato limitato da parte del legislatore statale all’adozione di strumenti
coerenti con i poteri che ordinariamente fanno capo al predetto Ente, come emerge
dalle disposizioni inerenti al richiamato Piano degli interventi per la qualità dell’aria
e dalle ulteriori previsioni normative vigenti (nella specie, quelle che regolano la
circolazione e l’utilizzo degli articoli pirotecnici).
In senso contrario, non assume rilievo determinante la previsione recata dall’art. 50,
comma 7 ter, del D. Lgs. n. 267 del 2000 (“Nelle materie di cui al comma 5, secondo periodo,


i comuni possono adottare regolamenti ai sensi del presente testo unico”), in quanto non idonea
a superare il descritto assetto normativo, poiché, anche a voler ritenere che il
riferimento alle “materie” di cui al precedente comma 5, secondo periodo, riguardi
non soltanto gli “orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche
e superalcoliche”, ma anche le “situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente
e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare
riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti” (cfr., in tal senso,
T.A.R. Lombardia, Milano, III, 29 novembre 2021, n. 2631; in senso contrario,
T.A.R. Veneto, III, 27 aprile 2020, n. 377), deve rilevarsi come la richiamata
disposizione abbia carattere generale rispetto alla normativa relativa sia alla
circolazione degli articoli pirotecnici che alla tutela della qualità dell’aria e per questo
risulta recessiva rispetto a queste ultime. Neanche il richiamo agli artt. 3 ter e 3 quater
del D. Lgs. n. 152 del 2006 risulta pertinente, attesa la genericità delle citate
disposizioni, inidonee a fondare una potestà regolamentare così pervasiva, e tenuto
conto della circostanza che la tutela della qualità dell’aria è regolata da apposito
corpus normativo, ovvero il D. Lgs. n. 155 del 2010, che risulta disciplina speciale
rispetto a quella contenuta nel D. Lgs. n. 152 del 2006, di portata più generale e
quindi non applicabile (sembra orientarsi in senso contrario, T.A.R. Lombardia,
Milano, III, 21 dicembre 2021, n. 2857).
4.4. Essendosi poi al cospetto di una interferenza tra differenti materie (sulla falsariga
del modello applicabile in presenza di materie cd. trasversali, identificate dalla Corte
costituzionale tra quelle indicate dall’art. 117, secondo comma, Cost.: Corte
costituzionale, sentenza n. 407 del 2002), neppure può essere assunto come legittimo
l’intervento regolamentare contestato, accordandosi prevalenza alla finalità
perseguita dal Comune, ovvero alla tutela della qualità dell’aria rispetto alla disciplina
dell’uso dei fuochi di artificio, poiché attraverso la previsione impugnata si è
introdotta una deroga in senso stretto alla normativa statale disciplinante l’uso dei


fuochi di artificio (naturalmente valevole solo per l’ambito comunale di Milano e per
il periodo di sei mesi), senza che sia stato individuato alcun collegamento funzionale
diretto tra siffatta materia e la tutela della qualità dell’aria e senza che si sia proceduto
a modulare l’intervento rispetto agli interessi di matrice ambientale perseguiti dal
Comune. Quest’ultimo, nel perseguimento dei propri fini istituzionali, può
certamente ricorrere al potere regolamentare per disciplinare le funzioni di cui è
titolare e può anche, nel caso vi sia una interferenza con materie affidate alla potestà
normativa di altri Enti, intervenire in tali settori, purché la sovrapposizione che si
determina sia strettamente funzionale al perseguimento dell’obiettivo “proprio” del
Comune e non rappresenti, invece, un tentativo di regolamentare surrettiziamente
in via diretta materie avulse dalla competenza del medesimo Ente; si deve trattare di
una interferenza che non fuoriesca dal perimetro degli interessi comunali e che non
impatti poi sul nucleo essenziale della disciplina sostanziale della materia già oggetto
di regolamentazione da parte dello Stato o della Regione (cfr., per un parallelo, Corte
costituzionale, sentenza n. 119 del 2020). Nella fattispecie esaminata tali ultimi
presupposti non ricorrono, visto che dal tenore letterale della contestata
disposizione regolamentare emerge sia la sua diretta riferibilità alla materia dei fuochi
di artificio, sia l’assenza di alcuna espressa funzionalizzazione alla tutela della qualità
dell’aria perseguita dal Comune [“È fatto divieto di accendere fuochi d’artificio (compresi i
petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere) e barbecue nel periodo compreso tra il 1 ottobre e
il 31 marzo”].
4.5. Nella sua portata, la disposizione impugnata si pone in contrasto anche con il
principio di proporzionalità, poiché laddove l’utilizzo del materiale pirotecnico fosse
stato ritenuto concausa rilevante dell’inquinamento atmosferico avrebbero dovuto
essere individuati i presupposti temporali, qualitativi e quantitativi rispetto ai quali
riferire l’eventuale divieto.


La giurisprudenza costituzionale è costante nell’assoggettare a test di proporzionalità
anche le previsioni normative al fine “di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la
misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi
legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva
dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi
(sentenze nn. 137 del 2018 e 272 del 2015)” (Corte costituzionale, sentenza n. 56 del
2020; altresì, sentenze n. 119 del 2020, n. 186 e n. 188 del 2022).
Anche la giurisprudenza amministrativa riconosce la valenza del principio di
proporzionalità, “compreso tra i principi di diritto europeo, ma già insito nella Costituzione,
quale corollario del buon andamento ex art. 97 Cost. [, il quale] si compone di tre elementi:
idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il
raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi
necessaria, vale a dire l’unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La
proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa non rappresenti un
sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Il principio di ragionevolezza postula, invece,
una coerenza tra la valutazione compiuta dall’Amministrazione e la decisione assunta”
(Consiglio di Stato, III, 9 settembre 2022, n. 7871; anche V, 7 settembre 2022, n.
7791).
Il divieto posto dall’art. 10 del Regolamento comunale è rigido e assoluto, in quanto
non ammette alcuna deroga: si riferisce all’intero territorio comunale, ha una durata
di ben sei mesi, riguarda tutte le tipologie di fuochi di artificio, anche quelle di
limitato impatto usate nelle abitazioni in occasioni delle più varie ricorrenze, e
prescinde dalle effettive condizioni della qualità dell’aria.
Tuttavia dai dati raccolti dagli Enti competenti e posti a fondamento della
disposizione impugnata emerge che i fuochi d’artificio non appartengono alle
principali fonti di emissioni inquinanti, le quali sono rappresentate dalla produzione
di energia, dalla combustione, dall’uso dei solventi, dai trasporti, dal trattamento dei


rifiuti e dall’agricoltura (cfr. INEMAR - INventario EMissioni ARia – Regione
Lombardia: all. 8 al ricorso). Difatti, l’impatto complessivo dell’uso dei fuochi di
artificio sul livello di inquinamento complessivo – pari al 6% secondo un report del
2021 depositato dal Comune (all. 5 del Comune), che però la difesa delle parti
ricorrenti ha contestato in quanto redatto successivamente all’adozione del
Regolamento impugnato e contenente dati ritenuti non attendibili e inverosimili (cfr.
pagg. 10 e ss. della memoria dei ricorrenti depositata il 24 giugno 2022) – è riferibile
principalmente alla data del 1° gennaio, in occasione degli spettacoli pirotecnici di
fine-inizio anno (cfr. all. 1 al ricorso, paragrafo Combustioni all’aperto; anche all. 9
del Comune): per tale ragione i fuochi di artificio, pur essendo sorgente primaria di
particolato, sono considerati fonte soltanto occasionale di inquinamento (all. 6 al
ricorso, pag. 55).
Peraltro, la stessa Regione Lombardia, non ha limitato affatto in via permanente
l’utilizzo dei fuochi di artificio, ma ha previsto tale divieto soltanto in caso di
superamento continuativo del limite giornaliero per il PM10 (50 µg/m³), nell’ambito
delle misure temporanee che vanno attivate entro il giorno successivo a quello di
controllo e restano in vigore fino al giorno di controllo successivo (misura
temporanea omogenea di 1° livello: punto b.3 dell’Allegato 4 alla D.G.R. n. 3606 del
28 settembre 2020: all. 7 del Comune).
Pertanto, non risulta affatto dimostrato che la norma impugnata abbia un impatto
effettivo sul contenimento dei livelli di inquinamento atmosferico, fatta eccezione
per il giorno 1° gennaio. Risulta, perciò, sproporzionato un divieto assoluto di
utilizzo di tutte le tipologie di fuochi di artificio per un periodo così ampio e con
riguardo a tutto il territorio comunale, adottato a prescindere dall’effettivo livello di
polveri sottili presenti nell’aria. In tal caso la misura prevista dal Comune di Milano
non appare idonea al raggiungimento dello scopo e sacrifica eccessivamente la
posizione giuridica degli amministrati, perché inibisce sostanzialmente lo


svolgimento di un’attività economica lecita, ponendosi in contrasto con la legge
statale e con il diritto europeo.
4.6. In conseguenza di quanto esposto in precedenza, devono essere accolte le
doglianze contenute nel gravame.
4.7. Può essere assorbita la questione relativa alla legittimità dell’art. 2, lett. e, del
Regolamento, nella parte in cui pone l’obiettivo di intervenire mediante “prescrizioni
in tema (…) di combustioni all’aperto”, non essendo la stessa dotata di immediata
precettività e comunque non essendo riferibile in via esclusiva all’uso dei fuochi di
artificio.
5. Alla fondatezza delle censure del ricorso segue l’accoglimento dello stesso, con il
correlato annullamento dell’art. 10 del Regolamento per la qualità dell’aria del
Comune di Milano, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 56 del
19 novembre 2020.
6. In ragione delle peculiarità della controversia, le spese di giudizio possono essere
compensate tra tutte le parti, fatta salva la rifusione del contributo unificato in favore
delle parti ricorrenti a carico del Comune di Milano.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto,
annulla l’art. 10 del Regolamento per la qualità dell’aria del Comune di Milano,
approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 56 del 19 novembre 2020.
Spese compensate, fatta salva la rifusione del contributo unificato in favore delle
parti ricorrenti a carico del Comune di Milano.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 15 luglio 2022 con l’intervento
dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente


Alberto Di Mario, Consigliere
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonio De Vita Gabriele Nunziata
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO