venerdì 17 dicembre 2021

A rischio l'art. 93 del C.d.S.


Decreto Sicurezza
Furbetti della targa estera, la Corte Ue boccia la stretta italiana
Imponendo una nuova immatricolazione, con relativi oneri, la legislazione applica una tassa al comodato d'uso transfrontaliero dei veicoli a motore

Stop della Corte Ue alla stretta sui “furbetti delle targhe estere”, che fu introdotta a dicembre 2018 dal decreto Sicurezza, fortemente voluto da Matteo Salvini, all'epoca ministro dell'Interno. Secondo i giudici europei, è illegittimo vietare a chi è residente in uno Stato membro di guidare un veicolo con targa estera, imponendone di fatto la reimmatricolazione in quello Stato. Perlomeno se l'utilizzo del mezzo è solo temporaneo.


La vicenda sottoposta alla Corte Ue

La Corte si è pronunciata sulla questione sollevata dal Giudice di pace di Massa Carrara, cui un cittadino residente in Italia aveva fatto ricorso contro le pesanti sanzioni (previste dall'articolo 93 del Codice della strada, nella versione modificata dal Dl Sicurezza) comminategli perché guidava un'auto con targa slovacca intestata alla moglie, residente in Slovacchia.La norma italiana vieta la guida di veicoli con targa estera da parte di persone che risultino residenti in Italia da più di 60 giorni. Chi lo viola è punito con una multa di 711 euro e la confisca del mezzo. Quest'ultima è evitabile solo con la reimmatricolazione con targa italiana entro 180 giorni.

Il giudice italiano aveva ipotizzato un'eccessiva onerosità (per costo e complessità) degli adempimenti ora imposti dall'articolo 93 e una discriminazione basata sulla nazionalità. Aveva anche ritenuto che possano essere stati limitati alcuni diritti riconosciuti dal Tfue (Trattato di funzionamento dell'Unione europea) ai cittadini Ue.

I contenuti della sentenza La Corte ha confermato il parere del giudice italiano proprio sotto il profilo del Tfue: ritiene che i casi come quello della coppia sanzionata a Massa siano qualificabili come movimento di capitali, tutelati dall'articolo 63 del Tfue.Secondo tale norma, sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Paesi membri. Tra esse rientrano tutte le misure imposte da uno Stato membro tali da dissuadere i soggetti colà residenti dal contrarre prestiti in altri Stati membri
Secondo la Corte, la legislazione italiana, imponendo ai soggetti residenti in Italia da più di 60 giorni una nuova immatricolazione degli autoveicoli già immatricolati in altro Stato membro, con pagamento dei relativi oneri, finisce per applicare una tassa al comodato d'uso transfrontaliero dei veicoli a motore. Per contro, il comodato d'uso dei veicoli immatricolati in Italia non è assoggettato a questa doppia imposizione. Questa differenza di trattamento è in grado di dissuadere i residenti in Italia dall'accettare il comodato d'uso loro offerto dai residenti in un altro Stato membro.

L'articolo 93 del Codice della strada italiano, quindi, costituisce restrizione alla libera circolazione di capitali ai sensi dell'articolo 63 del Tfue. È una restrizione ammissibile solo per motivi imperativi di interesse generale, che la Corte non ravvisa nell'ipotesi in esame, e per finalità di contrasto della frode fiscale quando l'autoveicolo immatricolato in uno Stato membro sia destinato all'utilizzo permanente in altro Stato membro.La Corte rimette quindi al giudice del rinvio la valutazione sulla durata e sulla natura dell'uso del veicolo, oggetto del procedimento principale.

Le conseguenze pratiche

Per vedere i primi effetti pratici di questa sentenza, dunque, occorre attendere la decisione del giudice di Massa. E si dovrà vedere come saranno decise altre cause che riguardano l'applicazione dell'articolo 93 del Codice, in funzione di contrasto all'esterovestizione di veicoli circolanti stabilmente in Italia.Non è detto che le future sentenze seguano quanto stabilito dalla Corte Ue. Non solo a causa degli orientamenti dei giudici, ma anche perché i ricorsi su cui essi devono decidere possono essere impostati in maniera diversa da quello presentato a Massa.È però importante che la Corte paia aver messo in discussione l'articolo 93 anche in linea di principio.

Anche al dì là del fatto che l'uso di un veicolo senza reimmatricolarlo in Italia possa essere configurato come un comodato transfrontaliero o un semplice modo per eludere il fisco italiano e le multe per infrazioni stradali commesse in Italia (le notifiche all'estero sono limitate per legge e ancora difficili per non pochi corpi di polizia italiani).Si vedrà come la sentenza sarà valutata dal ministero dell'Interno e se tale valutazione porterà a modificare la norma. Anche per evitare rischi di procedure di infrazione Ue.

L’attuale normativa non tocca gli evasori fiscali

Nel frattempo resta il fatto che la norma attuale pare fatta apposta per penalizzare gli abusi commessi dagli stranieri residenti in Italia (che circolano con targa del loro Paese di origine, avvantaggiandosi rispetto agli italiani in regola), senza però toccare gli evasori fiscali (nemmeno quelli italiani).Infatti, l'articolo 93 deroga ai divieti se ci sono contratti di leasing o noleggio senza conducente con operatori con sede nella Ue o nel See (Spazio economico europeo). Oppure se c'è un accordo di comodato d'uso legato all'uso del veicolo nell'ambito di un rapporto di lavoro o di collaborazione con imprese Ue o See.

Il tutto va documentato con atti di data certa.In sostanza, un evasore (o comunque un “furbetto della targa estera”) può ricorrere a leasing, noleggio o comodato esteri senza rischiare alcuna sanzione. E spesso chi lo fa utilizza auto di lusso, soggette a superbollo ed ecotassa, oltre a rappresentare un indice per valutare la congruità delle sue dichiarazioni dei redditi.I “furbetti” stranieri residenti in Italia, invece, sono di solito persone più modeste. E circolano con auto ben più comuni, non di rado anche vecchie.
 
di Maurizio Caprino 16 dicembre 2021
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