martedì 8 agosto 2017

Segnalazione Certificata (SCIA): per esercitare i poteri inibitori della P.A. non occorre nè preavviso di rigetto nè l'avvio del procedimento

MA GIURIDICAMENTE LA SCIA COSA CASPITA RAPPRESENTA?
"NON E' IN'ISTANZA DI PARTE MA UNA SEMPLICE DICHIARAZIONE, INDIRIZZATA ALLA P.A.  DA PARTE DI UN PRIVATO, CHE LA LEGGE AMMETTE"


Pubblicato il 21/07/2017

N. 03896/2017 REG.PROV.COLL.
N. 02544/2016 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2544 del 2016, proposto da:
Suor Anna Gestione Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Renato Labriola, con domicilio eletto presso la dott.ssa Laura Fortino in Napoli, via E. Nicolardi, n. 134;


contro

Comune di Santa Maria Capua Vetere, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Valentino, con domicilio ex lege presso il T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Segreteria Sezione VIII, in Napoli, piazza Municipio, n. 64;


per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

“del provvedimento prot. n. 0014830/2016 del 13.5.2016 a firma del Dirigente Settore Tecnico Territorio - Urbanistica - Edilizia Privata del Comune di Santa Maria Capua Vetere avente ad oggetto: S.C.IA ….per lademolizione di un corpo di fabbrica per la realizzazione di parcheggi e manutenzione straordinaria dei vari corpi di fabbrica ubicati alla via del Lavoro n. 186 (ex via Appia) identificati nel N.C.E.U. al fg. 3, p.lla 5159, sub 2,3,4,5,6 e 7. Ordine motivato di non effettuare il previsto intervento ai sensi dell'art. 23 comma 6 del D.P.R. 380 del 06.06.2001”


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Maria Capua Vetere;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2017 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, ritualmente notificato e depositato in data 1° giugno 2016, Suor Anna Gestione Immobiliare s.r.l. ha chiesto l’annullamento del provvedimento prot. n. 0014830 del 13 maggio 2016 del Comune di Santa Maria Capua Vetere, avente ad oggetto “S.C.IA ….per la demolizione di un corpo di fabbrica per la realizzazione di parcheggi e manutenzione straordinaria dei vari corpi di fabbrica ubicati alla via del Lavoro n. 186 (ex via Appia) identificati nel N.C.E.U. al fg. 3, p.lla 5159, sub 2,3,4,5,6 e 7. Ordine motivato di non effettuare il previsto intervento ai sensi dell'art. 23 comma 6 del D.P.R. n. 380 del 06.06.2001”.

A sostegno del gravame, con cinque motivi di ricorso, sono stati dedotti vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Alla camera di consiglio del 6 luglio 2016 il difensore di parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare ed ha chiesto la fissazione dell’udienza di merito, con riserva di presentazione dell’istanza di prelievo.

La società ricorrente ha prodotto documentazione, tra cui una relazione di consulenza tecnica.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Santa Maria Capua Vetere, con atto meramente formale, deducendo l’infondatezza del ricorso; il medesimo Comune ha altresì prodotto una memoria per l’udienza di discussione.

All’udienza pubblica del 26 aprile 2017 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso è infondato e, in quanto tale, va respinto.

Con il primo motivo di ricorso sono state dedotte le seguenti censure:

I violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, omessa comunicazione avvio del procedimento. Parte ricorrente lamenta che non le sarebbe stata inviata la comunicazione di avvio del procedimento relativamente al provvedimento oggetto di impugnazione.

Il motivo è infondato.

Ed invero, data la natura giuridica della segnalazione certificata di inizio attività - che non è istanza di parte per l'avvio di un procedimento amministrativo poi conclusosi in forma tacita, ma è dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge - è da escludersi che l'autorità procedente debba comunicare al segnalante l'avvio del procedimento o il preavviso di rigetto ex art. 10 bis della legge n. 241/1990 prima dell'esercizio dei relativi poteri di controllo e inibitori (cfr. T.A.R. Catanzaro (Calabria), sez. II, 5 marzo 2015, n. 478, Consiglio di Stato, sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3112, 14 aprile 2014, n. 1800 e 25 gennaio 2013, n. 489).

Con ulteriori quattro motivi di ricorso, che si ritiene di poter affrontare unitariamente, sono state dedotte le seguenti censure:

II Violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell'art. 23 ter del D.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere per totale erroneità di valutazione dei presupposti di fatto, per travisamento, per motivazione illogica e contraddittoria, per sviamento e per falsità dei presupposti.

Ad avviso di parte ricorrente non occorrerebbe il piano attuativo in quanto non si tratterebbe di una nuova edificazione ma di una ristrutturazione; inoltre, diversamente da quanto rappresentato nel provvedimento impugnato, l’intervento non si sostanzierebbe in un cambio di destinazione d’uso in quanto l’attività rientrerebbe nelle attività commerciali previste dal PRG per la zona G (commerciale) ovvero attrezzature mercantili al dettaglio pubblico o privato e alla grande distribuzione e, pertanto, all’interno della stessa categoria funzionale “commerciale”.

III Eccesso di potere per sviamento, per falsità dei presupposti, per totale erroneità di valutazione dei presupposti di fatto, per travisamento, per motivazione illogica e contraddittoria, omessa valutazione. Parte ricorrente lamenta che il Comune di Santa Maria Capua Vetere non avrebbe valutato che con l’intervento richiesto il carico urbanistico verrebbe ridotto in quanto la volumetria esistente verrebbe decrementata con l’abbattimento del fabbricato e l’ampliamento dell’area destinata a parcheggio.

IV Erronea applicazione dell'art. 24 delle NTA del Comune di Santa Maria Capua Vetere, eccesso di potere per totale erroneità di valutazione dei presupposti di fatto, per travisamento, per motivazione illogica e contraddittoria, omessa valutazione, per sviamento per falsità dei presupposti. Parte ricorrente contesta la necessità del piano urbanistico esecutivo. Lamenta che non avrebbe richiesto una autorizzazione ad edificare su una superfice di 11.000 mq, non urbanizzata e fuori dal tessuto urbano, ma la ristrutturazione di un immobile di sua proprietà già ricadente in zona commerciale e pertanto già autorizzato, assentito e nel quale sarebbe stata svolta l'attività di vendita per circa cinquant’anni. Trattandosi, quindi, di ristrutturazione l’intervento richiesto non necessiterebbe del piano attuativo.

V Violazione di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, e dell’art. 9, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, eccesso di potere per totale erroneità di valutazione dei presupposti di fatto, per travisamento, per motivazione illogica e contraddittoria, omessa valutazione, per sviamento, per falsità dei presupposti. Ad avviso di parte ricorrente l’intervento edilizio diretto sarebbe consentito in quanto la situazione di fatto sarebbe perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo; in particolare il piano attuativo non sarebbe necessario in quanto l’area sarebbe già totalmente urbanizzata.

I motivi sono infondati.

Occorre premettere che l’amministrazione comunale resistente ha rappresentato nel provvedimento impugnato che “In data 11.05.2016 l’Ufficio ha concluso l’istruttoria della SCIA in parola riscontrando quanto segue:

- “L’intervento proposto concerne vari corpi di fabbrica costituenti il Consorzio Agrario Provinciale Caserta, incluso nell’ambito della Zona G (commerciale) “dove è consentita una edificazione con densità edilizia fondiaria totale 1,5 mc/mq ed una altezza massima di 10 m e riservata esclusivamente per costruzioni adibite ad attrezzature mercantili al dettaglio pubblico o privato e alla grande distribuzione, autorizzabili anche con singola concessione per una superficie inferiore a 8.000 mq. Per una superficie maggiore, invece, è obbligatorio il preventivo piano urbanistico esecutivo (P.P.E. o P.L.)”;

- Considerato che l’intervento consiste nel cambio di destinazione d’uso di edifici già esistenti destinate alla conservazione, valorizzazione trasformazione di prodotti agricoli e che dunque urbanisticamente rilevante in quanto richiede diversi standards urbanistici”.

- Considerato che l’area di intervento si articola su di una superficie pari a circa 11.000 mq., dunque maggiore di 8000 mq;”

ed ha “RITENUTO quindi necessario il preventivo piano urbanistico esecutivo (P.P.E. o P.L.);”.

Dall’esame del provvedimento impugnato emerge che l’intervento concerne vari corpi di fabbrica costituenti il Consorzio Agrario Provinciale Caserta, circostanza questa non contestata da Suor Anna Gestione Immobiliare s.r.l. e peraltro risultante anche dal certificato di destinazione urbanistica prodotta in atti dalla stessa parte ricorrente. L’intervento, secondo quanto rappresentato nel provvedimento impugnato, concerne edifici esistenti che all’attualità sono destinati alla conservazione, valorizzazione e trasformazione di prodotti agricoli e, quindi, aventi destinazione sostanzialmente agricola/produttiva; l’intervento comporta, quindi, come rappresentato dall’ente locale resistente, il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante dell’intervento da agricolo/produttivo a commerciale, ai sensi dell’art. 23 ter del D.P.R. n. 380/2001. Ed invero la predetta disposizione normativa espressamente prevede che “costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;

a-bis) turistico-ricettiva;

b) produttiva e direzionale;

c) commerciale;

d) rurale.”.

Considerato che, nel caso di specie, l’intervento per cui è causa si sostanzia in una modifica di destinazione d'uso, peraltro anche mediante opere, esso necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire. (TAR Napoli, Sez. VIII, 19 gennaio 2016, n. 246, Sez. VIII, 31 marzo 2014, n. 1881, Sez. VII, 22 febbraio 2012, n. 885, Cass. Pen. Sez. III, 28 gennaio 2015, n. 3953).

Al riguardo, a fronte del contestato cambio di destinazione, la società ricorrente si è limitata ad affermare apoditticamente nel ricorso che l’attività svolta nei fabbricati oggetto di intervento era commerciale ma non ha provato tale circostanza, come era suo onere, trattandosi di prova rientrante nella sua piena disponibilità, ai sensi dell’art. 64 c.p.a.. Nè elementi utili che avvalorino la prospettazione di parte ricorrente possono trarsi dalla relazione di consulenza tecnica, depositata in giudizio.

Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che la destinazione di un immobile non si identifica con l'uso che ne fa in concreto il soggetto che lo utilizza (mutamento d'uso di fatto), ma con quella impressa dal titolo abilitativo, assumendo una connotazione oggettiva che vale ad individuare in modo inconfutabile ed evidente un determinato bene.

In altri termini, si afferma che la destinazione d’uso giuridicamente rilevante di un immobile è unicamente quella prevista da atti amministrativi pubblici, di carattere urbanistico o catastale, dovendosi del tutto escludere il rilievo di un uso di fatto che in concreto si assume sia stato praticato sull'immobile, risultante da circostanza di mero fatto. Tale uso, quantunque si sia protratto nel tempo, è comunque inidoneo a determinare un consolidamento di situazioni ed a modificare ex se la qualificazione giuridica dell’immobile (cfr. Consiglio di Stato, sez. 26 marzo 2013, n. 1712).

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che l'abuso eventualmente commesso dal proprietario -- che destina a scopi commerciali una parte di un immobile con destinazione industriale -- non vale in alcun caso ad imprimere allo stesso una destinazione formale diversa da quella risultante cartolarmente (cfr. Consiglio Stato sez. V 11 giugno 2003 n. 3295).

Quanto alla necessità del preventivo piano urbanistico esecutivo, occorre rilevare che nella stessa relazione di consulenza tecnica è rappresentato che il complesso immobiliare insiste su un’area di circa 11.000 mq e, pertanto, su un’area maggiore di 8.000 mq, limite previsto dalle NTA del Comune di Santa Maria Capua Vetere ai fini del rilascio del permesso di costruire diretto. Deve ritenersi che, pertanto, legittimamente il suddetto Comune abbia ritenuto necessario il preventivo piano urbanistico esecutivo previsto dalla normativa urbanistica comunale, peraltro riportata nel certificato di destinazione urbanistica prodotto da parte ricorrente.

Ciò in disparte la questione, non rilevante a tali fini, della qualificazione dell’intervento per cui è causa, tenuto conto, peraltro, che, alla luce del ritenuto mutamento di destinazione d’uso, l’intervento edilizio non può sicuramente qualificarsi quale intervento di manutenzione straordinaria, come rappresentato nella suddetta relazione di consulenza tecnica di parte (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 28 gennaio 2015, n. 3953 cit.); né il Collegio ha elementi sufficienti al fine di inquadrare l’intervento stesso tra quelli di ristrutturazione edilizia, come prospettato nel ricorso, o di nuova costruzione, non avendo parte ricorrente prodotto la scia ed il relativo progetto da essa presentato.

Ed invero la giurisprudenza ha riconosciuto l’ampio potere discrezionale del Comune, nell'esercizio della propria potestà di pianificazione del territorio, relativamente alla previsione della necessità del piano attuativo, anche nelle aree urbanizzate. Né parte ricorrente ha impugnato, neppure in questa sede, la disposizione normativa comunale che prevede la necessità del suddetto piano.

Al riguardo occorre preliminarmente rilevare che la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 3996 e n. 3997 del 27 settembre 2016, Cons. Stato, sez. IV, n. 5471 del 2008 e sez. V, n. 5251 del 2013), ha individuato situazioni in presenza delle quali il permesso di costruire può essere legittimamente rilasciato anche in assenza del piano attuativo richiesto dallo strumento urbanistico sovraordinato, in particolare quando l’area del richiedente sia l’unica a non essere stata ancora edificata pur trovandosi in una zona che, oltre che integralmente interessata da costruzioni, è anche integralmente dotata delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; qualora, cioè, nel comprensorio interessato, sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo richiesto dallo strumento urbanistico generale, ovvero siano presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti, sì da rendere superflui gli strumenti attuativi.

In questo senso, e con queste precisazioni, il piano attuativo ammette equipollenti, per dir così, in via di fatto (Cons. Stato, sez. VI, n. 3996 e n. 3997 del 27 settembre 2016 cit.) in quanto occorre verificare le concrete caratteristiche dell’area edificanda rispetto alla necessità o ultroneità della predisposizione di uno strumento urbanistico attuativo (TAR Campania, Napoli, sez VIII, 3 settembre 2010, n. 17298).

Tuttavia, se è pur vero quanto sopra, occorre tuttavia evidenziare che nella fattispecie oggetto di gravame parte ricorrente si è limitata ad affermare apoditticamente la totale urbanizzazione dell’area oggetto di intervento mentre nella relazione di consulenza tecnica di parte il tecnico incaricato si è limitata ad indicare che la zona è completamente urbanizzata in quanto “servita da luce, gas, fognature, e servizi comunali”, ma non ha indicato in modo puntuale le opere di urbanizzazione primaria e secondaria presenti nell’area oggetto dell’intervento per cui è causa in modo da provare la superfluità dello strumento attuativo richiesto dalla normativa comunale.

Peraltro occorre altresì richiamare il consolidato orientamento del Consiglio di Stato in base al quale lo strumento attuativo può riguardare anche zone urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto. L'esigenza di un piano attuativo, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, s’impone, infatti, anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia, e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (Consiglio di Stato n. 1177 del 2012). In particolare, la necessità di un piano attuativo può rendersi indispensabile nelle ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad un situazione che esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona. Tale evenienza può per esempio verificarsi quando debba essere completato il sistema di viabilità secondaria nella zona o quando debba essere integrata l'urbanizzazione esistente garantendo il rispetto dei prescritti standards minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue già asservite all'edificazione (T.A.R. Roma, (Lazio), sez. II, 4 gennaio 2016, n. 25 e la giurisprudenza ivi richiamata, T.A.R. Napoli, (Campania), sez. II, 23 febbraio 2016, n. 965).

Alla luce di quanto sopra esposto devono, pertanto, ritenersi infondati il secondo terzo, quarto e quinto motivo di ricorso.

Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda induce all’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:



Italo Caso, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore



L'ESTENSORE
Rosalba Giansante
IL PRESIDENTE


Italo Caso