venerdì 22 aprile 2016

Il dipendente si paga da solo le spese legali

PUBBLICO IMPIEGO: Il dipendente si paga da solo le spese legali. Tar della Calabria.
Innocente sì, ma più povero. Dopo l'assoluzione dall'imputazione di peculato il dipendente del Comune chiede all'ente datore di coprirlo sulle spese legali sostenute nel procedimento il reato ipotizzato, inerente motivi di servizio. Ma dovrà rassegnarsi a pagarle da solo perché a suo tempo non ha coinvolto l'amministrazione, anzi ha taciuto l'esistenza del processo a suo carico, forse temendo la condanna: l'ente datore, invece, deve essere messo in condizione di verificare se sussistono conflitti d'intesse con il dipendente.
È quanto emerge dalla sentenza 09.03.2016 n. 272, pubblicata dal TAR Calabria-Reggio Calabria, che interviene su di una questione controversa in giurisprudenza.
Schema procedimentale - Niente da fare per la lavoratrice, che pure è stata mandata esente da pena nel procedimento in cui era accusata di essersi appropriata di marche da bollo nella sua disponibilità. Non c'è dubbio che il dipendente pubblico sotto inchiesta per reati riconducibili al suo lavoro possa scegliersi l'avvocato che preferisce.
Ma non può farsi vivo con l'amministrazione solo a giudizio concluso perché sia il Comune a farsi carico della parcella forense: lo schema procedimentale, infatti, è quello previsto per l'intervento dell'avvocatura dello Stato e l'ente datore deve poter verificare se gli atti per i quali si procede in giudizio riguardano davvero in modo diretto funzioni del lavoratore.
E se non ci sono conflitti di interesse l'ente deve farsi carico delle spese legali a tutela propria e del dipendente (articolo ItaliaOggi del 14.04.2016).
----------------
MASSIMA
... per la condanna al pagamento delle spese legali dovute dalla ricorrente al proprio difensore di fiducia ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. n. 268/1987.
...
La domanda è infondata.
All’epoca dei fatti, la ricorrente era impiegata presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di San Ferdinando.
La normativa applicabile al caso di specie, pertanto, è quella prevista per il comparto del personale degli enti locali e, segnatamente, l’art. 67 del D.P.R. 13.05.1987, n. 268 (contenente “Norme abrogato, a decorrere dal 06.06.2012, dall’art. 62, comma 1, e dalla tabella A allegata al D.L. 09.02.2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 04.04.2012, n. 35 e, dunque, applicabile al caso di specie ratione temporis), rubricato “Patrocinio legale”, ai sensi del quale: “1. L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.
2. In caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o con colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni grado di giudizio”.
Sostiene la ricorrente che il rimborso sarebbe comunque dovuto, a seguito della sua assoluzione, indipendentemente da qualsivoglia coinvolgimento iniziale dell’Amministrazione.
E’ circostanza pacifica, infatti, che la stessa non solo non ha rivolto al Comune istanza di assistenza legale o di assunzione degli oneri di difesa, ma non ha finanche comunicato l’instaurazione del procedimento penale a suo carico.
Il Collegio aderisce all’orientamento giurisprudenziale che non condivide la predetta tesi.
L’art. 67, cit., infatti, prevede un modello procedimentale analogo a quello regolamentato dall’art. 44 del R.D. n. 1611/1933, relativo all’assunzione a carico dello Stato della difesa dei pubblici dipendenti per fatti e cause di servizio (“L'Avvocatura dello Stato assume la rappresentanza e la difesa degli impiegati e agenti delle Amministrazioni dello Stato o delle amministrazioni o degli enti di cui all'art. 43 nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio, qualora le amministrazioni o gli enti ne facciano richiesta, e l'Avvocato Generale dello Stato ne riconosca la opportunità”).
Tale modello procedimentale ex art. 67 cit. “rimette alla valutazione ex ante dell’ente locale, con specifico riferimento all’assenza di conflitto di interessi, la scelta di far assistere il dipendente da un legale di comune gradimento, per cui non è in alcun modo riconducibile al contenuto della predetta norma la pretesa… di ottenere il rimborso delle spese del patrocinio legale a seguito di una scelta del tutto autonoma e personale nella nomina del proprio difensore. Del resto, l’onere della scelta di un legale di comune gradimento appare del tutto coerente con le finalità della norma perché, se il dipendente vuole l’amministrazione lo tenga indenne dalle spese legali sostenute per ragioni di servizio, appare logico che il legale chiamato a tutelare tali interessi, che non sono esclusivi di quelli del dipendente, ma coinvolgono anche quelli dell’ente di appartenenza , debba essere scelto preventivamente e concordemente tra le parti… in caso diverso, si priverebbe di significato la previsione normativa volta a tutelare diritti ed interessi che sono comuni ad entrambe le parti” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12.02.2007, n. 552).
Alla stregua della predetta norma è senz’altro configurabile un potere di intervento a posteriori, per l'accollo di spese già sostenute direttamente dal dipendente (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. VI, 12.03.2002, n. 1476), ma pur sempre nel presupposto dell’iniziale coinvolgimento dell’ente di appartenenza che deve essere messo nelle condizioni di svolgere un apprezzamento discrezionale dell'ente circa la sussistenza o meno di un conflitto d'interessi o la qualificazione dei fatti o degli atti per cui si procede in sede giudiziaria, se direttamente o meno connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, fermo restando che, in assenza di un dichiarato e motivato conflitto di interessi, l'assunzione di ogni onere di difesa da parte dell'ente costituisce un'attività vincolata, in quanto preordinata alla tutela degli interessi del dipendente, oltre che a tutela di quelli propri dell'ente (in termini, Consiglio di Stato, Sez. VI, 12.03.2002, n. 1476, cit.).
In tal senso si sono espresse anche le Sezioni Unite della Cassazione che, con sentenza n. 12719 del 29.05.2009, in sede di decisione su un conflitto negativo di giurisdizione, hanno affermato quanto segue: “I presupposti per l'insorgenza di questa speciale garanzia, prevista in favore dei dipendenti degli enti locali, sono costituiti: a) dal fatto che la commissione di fatti o atti addebitati al dipendente in sede penale siano direttamente connessi all'espletamento del servizio o all'adempimento dei compiti d'ufficio; b) dalla mancanza di una situazione di conflitto di interesse.
Sussistendo questi presupposti il dipendente, quindi, sulla base della suddetta disciplina può avvalersi della garanzia alla rivalsa alle spese attraverso il riconoscimento di un diritto, che sorge -come emerge dalla lettera del citato art. 67- nel momento stesso in cui il procedimento penale ha inizio e le spese legali vengono concretamente sostenute, atteso che espressamente la disposizione scrutinata prevede detta garanzia al momento dell'"apertura del procedimento" ed atteso che risponde ad un interesse sia del dipendente che della pubblica amministrazione che sin da tale momento la difesa in giudizio avvenga ad opera di "un legale di comune gradimento"”.
Anche le Sezioni Unite, dunque, postulano quale presupposto necessario dell’insorgenza del diritto al rimborso il coinvolgimento iniziale dell’ente.
La sussistenza di un preciso onere, da parte del dipendente, di comunicare all’amministrazione interessata la pendenza del procedimento in cui è coinvolto, ai fini dell’operatività dell’accollo imposto ex lege è stata sostenuta dal Giudice Ordinario anche più recentemente.
La Corte d’Appello di Campobasso, nella sentenza del 06.11.2013 (resa in causa r.g.n. 337/2012), ha correttamente richiamato la sentenza n. 1657 del 25.08.2009 con cui la Corte dei Conti, Reg. Lazio “esclude che vi possa essere un rimborso "ex post" delle spese sostenute dall'interessato, se egli non segue l'iter previsto dalla legge, in quanto la norma prevede l'onere a carico dell'ente "anche a tutela dei propri diritti e interessi…Questa precisazione deve interpretarsi nel senso che l'Amministrazione deve comunque preventivamente valutare che non sussista un conflitto di interessi, a prescindere da una possibile futura assoluzione, e si deve anch'essa far carico che la vicenda processuale non abbia esiti che possano ripercuotersi negativamente sui suoi interessi o sulla sua immagine pubblica. Né la procedura viola il principio del diritto alla difesa e la facoltà di scegliersi un avvocato di personale fiducia. Invero, non è in discussione la facoltà per l'interessato di scegliersi l'avvocato che preferisce, ma se vuole essere tenuto indenne da parte dell'ente locale per le spese del giudizio in cui è coinvolto, deve seguire la procedura di cui si è detto”.
Parte della giurisprudenza richiamata da parte ricorrente, inoltre, non è attinente al caso di specie.
Le sentenze del TAR Piemonte, Torino, Sez. II, n. 4585/2010 e del TAR Sicilia, Palermo, sez I, n. 1309/2002 si riferiscono al comparto del personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, al quale si applica l’art. 41 del D.P.R. 20.05.1987, n. 270, che non richiede che il dipendente sia assistito da un legale di comune gradimento (“L'ente, nella tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti del dipendente per fatti e/o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio è all'adempimento dei compiti d'ufficio assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interesse, ogni onere di difesa fin dall'apertura del procedimento e per tutti i gradi del giudizio, facendo assistere il dipendente da un legale”).
La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 8750/2009, si limita a chiarire che il dipendente può agire sia per ottenere l'assunzione diretta del patrocinio che per il pagamento delle spese richieste dal proprio difensore all'esito del procedimento penale e richiama la sopra citata Cass., Sez. Un., 29.05.2009, n. 12719.
La sentenza del TAR Veneto n. 1505/1999 si riferisce ad ipotesi in cui l'Amministrazione non abbia espresso l'assenso circa la scelta del difensore, ma non al caso in cui essa Amministrazione non abbia avuto conoscenza della pendenza del processo.
Dal mancato coinvolgimento iniziale del Comune resistente, in conclusione, deriva l’infondatezza della domanda per insussistenza del diritto al rimborso.


http://www.ptpl.altervista.org/