domenica 13 marzo 2016

Il rimborso delle spese legali al personale

Il rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti per ragioni strettamente attinenti alle attività svolte è disciplinato dalla contrattazione collettiva nazionale. La disciplina è contenuta, per il personale, nell’articolo 28 del CCNL 14.9.2000, cd code contrattuali. Per i dirigenti si deve fare riferimento alle disposizioni sostanzialmente analoghe contenute nell’articolo 12 del CCNL 12.2.2002. Per i segretari l’articolo 49 del CCNL 16.5.2001 dispone esclusivamente per la tutela attraverso la copertura assicurativa; l’ammissibilità del rimborso delle spese legali è una conclusione cui si perviene in via interpretativa, ex pluris TAR Veneto 853/2000 e TAR Lecce 671/1999.
Occorre restare rigorosamente nell’ambito delle previsioni dettate dalle disposizioni contrattuali, nonché della possibilità prevista dalla citata disposizione contrattuale che l’ente anticipi tali oneri. In particolare, è necessario garantire il rispetto dei vincoli dettati dalla disposizione.

LE CONDIZIONI
Le condizioni essenziali da rispettare sono le seguenti

le spese legali possono essere sostenute dall’ente solamente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio. Di conseguenza si deve dimostrare il nesso diretto ed immediato con le attività d’ufficio. La necessità di uno stretto nesso con le attività d’ufficio è fissata dalla sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 1190/2013. Essa stabilisce che “ai fini del rimborso delle spese legali sostenute da un pubblico dipendente, affinché sia ravvisabile una connessione tra la condotta tenuta e l’attività di servizio del dipendente, è necessario che la suddetta attività sia tale da poterne imputare gli effetti dell’agire del pubblico dipendente direttamente alla Amministrazione di appartenenza, poiché il beneficio del ristoro delle spese legali richiede un rapporto causale con una modalità di svolgimento di una corretta prestazione lavorativa le cui conseguenze ricadrebbero sull’Amministrazione nè è sufficiente che l’evento avvenga durante e in occasione della prestazione (tra tante, Consiglio Stato sez. III, 1 marzo 2010, n. 275);
è necessario che non sussista conflitto di interessi. Quindi l’amministrazione è chiamata a vagliare la presenza, anche in forma potenziale, di una condizione per la quale il dipendente e/o l’amministratore non si deve trovare in tale ambito. Al riguardo è utile ricordare che, fornendoci importanti chiarimenti sulla nozione di conflitto di interessi, la sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 1190/2013 ha precisato che “la possibilità del rimborso delle spese legali è da escludersi qualora vi sia conflitto di interessi tra dipendente ed amministrazione, emergendo o comunque potendo emergere estremi di natura disciplinare ed amministrativa, per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficio”. Il parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Abruzzo n. 15/2013 ha così riassunto le condizioni che consentono di riconoscere il rimborso delle spese ai dipendenti interessati da contenziosi legali per ragioni di ufficio: “Il diritto al rimborso delle spese legali è pertanto condizionato ai seguenti presupposti: “l’esistenza di esigenze di tutela di interessi e di diritti facenti capo all’ente pubblico; l’assenza di dolo e colpa grave in capo al dipendente sottoposto a giudizio; la stretta inerenza del procedimento giudiziario a fatti verificatisi nell’esercizio ed a causa della funzione esercitata o dell’ufficio rivestito dal dipendente pubblico, riconducibili quindi al rapporto di servizio e perciò imputabili direttamente all’amministrazione nell’esercizio della sua attività istituzionale; l’assenza di un conflitto di interesse tra il dipendente e l’ente di appartenenza che permette di procedere ad una nomina del difensore legale di comune accordo tra le parti” (Corte dei conti, Sez. Veneto delibera 5 aprile 2012, n. 245). Con riferimento alla scelta del difensore, si è altresì precisato che l’ente deve comunque preliminarmente manifestare il “gradimento dell’ente” (che implica anche la condivisione della relativa strategia difensiva) atteso che la lettera dell’art. 67 del D.P.R. n. 268 del 1987 (ed oggi dell’art. 28 del CCNL di comparto), fa riferimento espresso alla necessità che il legale, che assumerà la difesa del dipendente con relativo onere a carico dell’ente locale, sia “di comune gradimento” (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, delibera 12 novembre 2009, n. 1000)”.
il rimborso può essere riconosciuto entro il limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 24, cioè del provvedimento con cui sono dettati i criteri per la quantificazione delle spese legali da parte dei giudici;
gli oneri non possono essere sostenuti se non per un solo difensore;
occorre che il dipendente sia stato assolto in via definitiva. Il parere della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Abruzzo n. 13/2013 ha chiarito che “la Corte di Cassazione, proprio con riferimento all’ipotesi di archiviazione del procedimento penale nei confronti di un dipendente di una pubblica amministrazione ha superato la (restrittiva) interpretazione pregressa, secondo cui il diritto al rimborso delle spese legali sarebbe dovuto esclusivamente a fronte di una pronuncia nel merito”.
Si deve inoltre ricordare che per i dipendenti ed i dirigenti è richiesto che vi sia un legale di comune gradimento. E’ quindi necessario che l’ente locale si esprima favorevolmente sulla scelta del difensore, il che richiede necessariamente la preventiva comunicazione sia della instaurazione del giudizio sia delle scelta del legale da parte del dipendente.

LA NATURA DEI CONTENZIOSI
Per l’Aran le amministrazioni locali possono sostenere le spese derivanti da contenziosi insorti dinanzi ad una autorità giurisdizionale e non quelle derivanti da mediazioni, nonché da procedimenti che non sono preordinati a concludersi con una pronuncia giurisdizionale, quali ad esempio l’accertamento tecnico preventivo e la consulenza tecnica preventiva (istituti disciplinati rispettivamente dagli articoli 696 e 696 bis del codice di procedura civile).
Si arriva a tale conclusione perché questi casi vanno al di fuori delle previsioni dell’articolo 28 del CCNL 14.9.2000, cd code contrattuali. Leggiamo in tale disposizione infatti in modo peraltro espresso che questa forma di ”tutela in materia di patrocinio legale può trovare applicazione solo in presenza di un procedimento giudiziario, civile o penale, in senso proprio”.
L’Aran perviene alla conclusione negativa in quanto sia la mediazione che l’accertamento tecnico preventivo e la consulenza tecnica preventiva “non sembrano potersi considerare propriamente un procedimento giudiziario, destinato a concludersi con una pronuncia giurisdizionale”. Ed invece questo elemento costituisce una caratteristica essenziale del procedimento. 
di Arturo Bianco
Fonte:http://www.marcoaurelio.comune.roma.it/
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