La Corte Costituzionale, con sentenza n. 49 depositata il 9 marzo 2016, dichiara illegittima una norma della Regione Toscana che prevedeva la
possibilità di adottare provvedimenti inibitori e sanzionatori anche
dopo la scadenza del trentesimo giorno dalla presentazione della scia
SENTENZA N. 49
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Marta CARTABIA Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 84-bis, comma 2, lettera b), della legge
della Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio)
promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana nel procedimento
vertente tra D.M.M. e il Comune di Firenze con ordinanza del 25 marzo 2015, iscritta
al n. 137 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visto l’atto di intervento della Regione Toscana;
udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2016 il Giudice
relatore Giancarlo Coraggio.
Ritenuto in
fatto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, nel
giudizio promosso da D.M.M., nei confronti del Comune di Firenze, per
l’annullamento dell’ordinanza 28 febbraio 2014, n. 130, notificata l’8 marzo
2014, con la quale veniva dichiarata l’inefficacia della DIA/SCIA n. 6319/2012
presentata dal ricorrente, con contestuale ordine di rimessa in pristino ex art. 135, comma 2, della legge della
Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), con
ordinanza del 25 marzo 2015, iscritta al n. 137 del registro ordinanze 2015, ha
sollevato questione di legittimità costituzione dell’art. 84-bis, comma 2, lettera b), della suddetta legge regionale n. 1
del 2005, la cui rubrica reca «Poteri di vigilanza in caso di SCIA», che
prevede: «Nei casi di SCIA relativa ad
interventi di cui all’articolo 79, comma 1, lettere b), d), e)
ed f) e di cui all’articolo 79, comma 2, lettere a), b), c)
ed e), decorso il termine di trenta giorni di cui all’articolo 84, comma
6, possono essere adottati provvedimenti inibitori e sanzionatori qualora
ricorra uno dei seguenti casi: […] b)
in caso di difformità dell’intervento
dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici
generali, degli atti di governo del territorio o dei regolamenti edilizi»,
in riferimento all’art.
117, terzo comma, e secondo comma, lettera m),
della Costituzione.
2.− Premette il rimettente, in fatto, che il ricorrente,
proprietario di una unità immobiliare ad uso civile abitazione ricadente in
zona urbanisticamente classificata come agricola nel Comune di Firenze,
intendendo avvalersi dei benefici della normativa regionale sul cosiddetto
“piano casa” (legge della Regione Toscana 8 maggio 2009, n. 24, recante «Misure urgenti e straordinarie volte al
rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio
esistente»), presentava in data 10 settembre 2012 una segnalazione
certificata di inizio attività (SCIA) finalizzata alla realizzazione di un
ampliamento della predetta abitazione mediante chiusura di un preesistente
loggiato.
Successivamente alla presentazione della segnalazione nessuna indicazione
ostativa era pervenuta da parte del Comune di Firenze, sicché i lavori erano
stati eseguiti, e ne era stata comunicata l’ultimazione in data 25 febbraio
2013.
Con nota del 25 giugno 2013, il Comune di Firenze dava avviso dell’avvio
di un procedimento di accertamento edilizio ai sensi dell’art. 84-bis della legge regionale n. 1 del 2005,
in quanto l’ampliamento non rientrava tra quelli consentiti dalla legge
regionale n. 24 del 2009.
Con ulteriore provvedimento del 28 febbraio 2014 il responsabile della direzione
urbanistica del Comune di Firenze dichiarava inefficace la SCIA ed ordinava la
rimessione in pristino.
3.− Il TAR, ai fini del vaglio del
secondo motivo di ricorso, che verteva sulla violazione dell’art. 19, comma 3,
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), in quanto con il provvedimento impugnato
l’Amministrazione avrebbe dichiarato inefficace la SCIA senza dare conto della
sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, ha
ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale del citato art. 84-bis
della legge regionale n. 1 del 2005, introdotto dall’art. 22 della legge della
Regione Toscana 5 agosto 2011, n. 40, che reca «Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo
del territorio), alla legge regionale 9 settembre 1991, n. 47 (Norme
sull’eliminazione delle barriere architettoniche), alla legge regionale 8
maggio 2009, n. 24 (Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio
dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente) e alla
legge regionale 8 febbraio 2010, n. 5 (Norme per il recupero abitativo dei sottotetti)».
4.− Il rimettente ricorda che l’art. 19 della legge n.
241 del 1990, è stato novellato dall’art. 49, comma 4-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito,
con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, che
ha sostituito l’istituto della dichiarazione di inizio attività (DIA) con
quello della segnalazione certificata di inizio attività.
5.− Espone, quindi, che l’art. 19, comma 1, nel suddetto testo,
stabilisce che la segnalazione deve essere corredata dalle «dichiarazioni sostitutive di certificazioni e
dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità
personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445», nonché dalle
attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni
di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese, relative alla sussistenza
dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e
asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire
le verifiche di competenza dell’Amministrazione.
L’Amministrazione, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’art. 19, deve
accertare l’eventuale carenza dei requisiti e dei presupposti entro il termine
di sessanta giorni dal ricevimento della SCIA.
La scadenza di tale termine costituisce un evento decadenziale che
preclude l’adozione di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e
di rimozione degli effetti, salvo che le dichiarazioni sostitutive attestanti
fatti, qualità e stati personali posti alla base della SCIA si rivelino,
successivamente false o mendaci, oppure nel caso in cui l’attività intrapresa
in assenza dei requisiti e dei presupposti di legge metta in pericolo il
patrimonio artistico e culturale, l’ambiente, la salute, la sicurezza pubblica
o la difesa nazionale.
Qualora tali ipotesi non sussistano, l’Amministrazione non perde ogni
possibilità di intervento tardivo, ma il relativo potere non potrà essere
correlato alla semplice verifica della assenza dei requisiti e dei presupposti
previsti dalla legge, o da atti amministrativi generali, per l’esercizio delle
attività, ma alle valutazioni di opportunità e al bilanciamento degli interessi
di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Secondo quanto previsto dall’art. 19, comma 6-bis, della legge n. 241 del 1990, come aggiunto dall’art. 5, comma
2, lettera b), numero 2) del
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo. Prime disposizioni
urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1,
della legge 12 luglio 2011, n. 106, il sistema dei controlli sulla SCIA è
applicabile nella sua integralità alla materia edilizia, con la differenza che
il termine per l’intervento inibitorio o repressivo dell’Amministrazione è
ridotto da sessanta a trenta giorni.
Esaminando il contenuto precettivo della
disposizione impugnata, il Tribunale amministrativo regionale rileva che la
stessa consente all’Amministrazione di esercitare i poteri sanzionatori
previsti per la repressione degli abusi edilizi, anche oltre il termine di
trenta giorni dalla presentazione della SCIA, in un numero di ipotesi più ampio
di quello previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990.
Il contrasto tra la disciplina statale e quella
regionale comporta, ad avviso del rimettente, la non manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale, sia con riguardo alla violazione dei principi fondamentali
della materia edilizia, rientrante in quella più generale del «governo del
territorio» oggetto di competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la disciplina statale
dei titoli edilizi costituisce norma di principio, sia con riguardo al mancato
rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e
sociali stabiliti con legge dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost.
La disciplina regionale impugnata, nel momento
in cui consente l’esercizio dei poteri sanzionatori relativi a determinate
categorie di interventi edilizi che hanno formato oggetto di SCIA, anche oltre
il termine di trenta giorni dalla sua presentazione sulla base del mero
riscontro della difformità dalle norme urbanistiche generali, degli atti di
«governo del territorio» o dei regolamenti edilizi, altera gravemente
l’equilibrio tra i due valori sopra menzionati, a sfavore della tutela dell’affidamento
del privato, che la norma non tiene in alcuna considerazione.
6.− Si è costituita la
Regione Toscana, con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 17
luglio 2015, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
7.− Dopo aver riepilogato i
termini della questione, la Regione ha posto in evidenza espone quanto segue.
La disposizione censurata, introdotta dalla
legge regionale n. 40 del 2011, ha inteso chiarire un possibile dubbio
derivante da una eventuale interpretazione dell’art. 19 della legge n. 241 del
1990, come vigente ratione temporis,
e cioè che, decorso il termine di trenta giorni per vietare la prosecuzione
dell’attività conseguente a SCIA e non ricorrendo i casi tassativi previsti dal
comma 4 del medesimo art. 19, l’Amministrazione non potesse in alcun modo
intervenire in presenza di un abuso edilizio, neppure in via di autotutela,
nell’esercizio dei poteri sanzionatori di controllo edilizio.
Richiama, a sostegno della legittimità della
disposizione regionale, la sentenza n. 188 del
2012, che ha sancito che è da escludere che l’art. 6, comma 1, lettera b), del d.l. n. 138 del 2011, «abbia l’effetto di privare, nella materia edilizia,
l’amministrazione del potere di autotutela, che, viceversa, persiste “fatta
salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4”, cioè congiuntamente
all’intervento ammesso in caso di pericolo di danno per gli interessi ivi
indicati», nonché alcune decisioni del giudice amministrativo pronunciate nella
materia.
Deduce, quindi, che in base all’art. 19 della legge n. 241 del 1990,
sussistono in capo all’Amministrazione una pluralità di poteri inibitori e
ripristinatori.
Tanto premesso, assume che nella disciplina censurata viene in rilievo il
potere ordinario di vigilanza e controllo spettante all’Amministrazione, che
rimane inalterato, come affermato dalla sentenza n. 188 del
2012.
Tale ricostruzione troverebbe conferma:
− nel comma 6-bis
dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, che stabilisce che rimangono ferme le
disposizioni, relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle
responsabilità e alle sanzioni, previste dal d.P.R. n. 380 del
2001 e dalle leggi regionali;
− nell’art. 21 della legge n. 241 del 1990 che al comma 2-bis, espressamente dispone che restano
ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività
soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da
leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all’attività ai sensi degli artt.
19 e 20 della medesima legge n. 241 del 1990.
Nella specie, peraltro, rileva la Regione
Toscana che il Comune di Firenze aveva attivato un procedimento di autotutela,
comunicando l’avvio del procedimento, svolgendo l’attività istruttoria e
valutativa, e concludendo il procedimento con la constatazione dell’abuso, la
dichiarazione di inefficacia della SCIA e l’attivazione delle conseguenti
sanzioni.
Considerato in diritto
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, nel
giudizio promosso da D.M.M., nei confronti del Comune di Firenze, per
l’annullamento dell’ordinanza 28 febbraio 2014, n. 130, notificata l’8 marzo
2014, con la quale veniva dichiarata l’inefficacia della DIA/SCIA n. 6319/2012
presentata dal ricorrente, con contestuale ordine di rimessa in pristino ex art. 135, comma 2, della legge della
Regione Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), ha
sollevato questione di legittimità costituzione dell’art. 84-bis, comma 2, lettera b), della suddetta legge regionale n. 1
del 2005, in riferimento all’art. 117, terzo comma, e secondo comma, lettera m), della Costituzione.
2.− La disposizione impugnata, si inserisce nell’art. 84-bis della legge regionale n. 1 del 2005, la cui rubrica reca
«Poteri di vigilanza in caso di SCIA».
Il comma 2 in questione, prevede: «Nei
casi di SCIA relativa ad interventi di cui all’articolo 79, comma 1, lettere b),
d), e) ed f) e di cui all’articolo 79, comma 2, lettere a),
b), c) ed e), decorso il termine di trenta giorni di cui
all’articolo 84, comma 6, possono essere adottati provvedimenti inibitori e
sanzionatori qualora ricorra uno dei seguenti casi: […] b) in caso di difformità dell’intervento dalle norme urbanistiche o dalle
prescrizioni degli strumenti urbanistici generali, degli atti di governo del
territorio o dei regolamenti edilizi».
3.− L’art. 84-bis della
legge regionale n. 1 del 2005, è stato introdotto dall’art. 22 della legge
della Regione Toscana 5 agosto 2011, n. 40, che reca «Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo
del territorio), alla legge regionale 9 settembre 1991, n. 47 (Norme
sull’eliminazione delle barriere architettoniche), alla legge regionale 8
maggio 2009, n. 24 (Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio
dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente) e alla
legge regionale 8 febbraio 2010, n. 5 (Norme per il recupero abitativo dei
sottotetti)», e successivamente abrogato (così come la stessa legge reg.
n. 1 del 2005) dall’art. 254, comma 1, lettera a), della legge della Regione Toscana 10 novembre 2014, n. 65
(Norme per il governo del territorio).
4.− L’intervenuta abrogazione non assume rilievo, atteso che, come
la Corte ha già avuto modo di affermare (sentenza n. 151 del
2014), lo ius superveniens
non può venire in evidenza nel giudizio di costituzionalità sollevato dai
giudici amministrativi poiché, secondo il principio tempus regit actum, la valutazione della legittimità del
provvedimento impugnato va condotta «con riguardo alla situazione di fatto e di
diritto esistente al momento della sua adozione».
5.− Alla stregua dello stesso principio non assumono rilievo le modifiche che la legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), intervenuta successivamente all’ordinanza di rimessione, ha
apportato all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), la cui disciplina, nella parte in cui
regola l’esercizio dei poteri di conformazione dell’attività del privato, di
autotutela e di intervento dell’Amministrazione, in presenza di segnalazione
certificata di inizio attività (SCIA), è invocata dal ricorrente come principio
fondamentale della materia «governo del territorio».
6.− Secondo il TAR la disposizione impugnata sarebbe affetta da illegittimità
costituzionale in quanto consentirebbe all’Amministrazione
di esercitare poteri sanzionatori per la repressione degli abusi edilizi, anche
oltre il termine di trenta giorni dalla presentazione della SCIA, in un numero
di ipotesi più ampio rispetto a quello previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 19
della legge n. 241 del 1990.
6.1.− Più radicalmente poi, il
rimettente osserva che nella disposizione in questione il potere attribuito
all’Amministrazione sarebbe quello generale di controllo e non di autotutela,
come previsto dalla normativa statale (comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241
del 1990).
6.2.− Il contrasto tra la
disciplina statale e quella regionale, comporta, pertanto, ad avviso del TAR
Toscana, la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, con
riguardo alla violazione dei principi fondamentali della materia edilizia, rientrante
in quella più generale del «governo del territorio» oggetto di competenza
legislativa concorrente ex art. 117,
terzo comma, Cost., in quanto la disciplina statale dei titoli edilizi
costituisce norma di principio.
6.3.− Il rimettente, inoltre,
deduce un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale per il mancato
rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali stabiliti con legge dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost.
7.− Il primo profilo di
illegittimità costituzionale prospettato, di violazione dell’art. 117, terzo
comma, Cost., è fondato.
8.− È giurisprudenza pacifica che,
nell’ambito della materia concorrente «governo del territorio», prevista dal
comma in questione, i titoli abilitativi agli interventi edilizi costituiscono
oggetto di una disciplina che assurge a principio fondamentale (sentenze n. 259 del
2014, n. 139
e n. 102 del
2013, n. 303
del 2003), e tale valutazione deve ritenersi valida anche per la denuncia
di inizio attività (DIA) e per la SCIA che, seppure con la loro indubbia
specificità, si inseriscono in una fattispecie il cui effetto è pur sempre
quello di legittimare il privato ad effettuare gli interventi edilizi (sentenze n. 121 del
2014, n. 188
e n. 164 del
2012).
Va subito soggiunto, peraltro, che tale
fattispecie ha una struttura complessa e non si esaurisce, rispettivamente, con
la dichiarazione o la segnalazione, ma si sviluppa in fasi ulteriori: una
prima, di ordinaria attività di controllo dell’Amministrazione (rispettivamente
nei termini di sessanta e trenta giorni); una seconda, in cui può esercitarsi
l’autotutela amministrativa.
Non vi è dubbio, infatti, che anche le
condizioni e le modalità di esercizio dell’intervento della pubblica
amministrazione, una volta che siano decorsi i termini in questione, debbano
considerarsi il necessario completamento della disciplina di tali titoli
abilitativi, poiché la individuazione della loro consistenza e della loro
efficacia non può prescindere dalla capacità di resistenza rispetto alle
verifiche effettuate dall’Amministrazione successivamente alla maturazione
degli stessi.
La disciplina di questa fase ulteriore, dunque,
è parte integrante di quella del titolo abilitativo e costituisce con essa un
tutt’uno inscindibile.
Il suo perno è costituito da un istituto di
portata generale – quello dell’autotutela –che si colloca allo snodo
delicatissimo del rapporto fra il potere amministrativo e il suo riesercizio,
da una parte, e la tutela dell’affidamento del privato, dall’altra.
Non è un caso, del resto, che è proprio a questa
fase della formazione dei titoli in esame che il legislatore abbia dedicato la
maggiore attenzione, ritornando più volte sull’argomento, al fine di pervenire
ad un giusto equilibrio fra le esigenze di certezza delle situazioni giuridiche
maturate a seguito della DIA e della SCIA e le ragioni di tutela dell’interesse
pubblico urbanistico.
Ne discende che anche per questa parte la
disciplina in questione costituisce espressione di un principio fondamentale
della materia «governo del territorio».
8.1.− Con riguardo alla portata dei
«principi fondamentali» riservati alla legislazione statale nelle materie di
potestà concorrente, questa Corte ha avuto modo di chiarire, tra l’altro, che
«il rapporto tra normativa di principio e normativa di dettaglio […] deve
essere inteso nel senso che l’una è volta a prescrivere criteri ed obiettivi,
mentre all’altra spetta l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare
per raggiungere quegli obiettivi» (sentenze n. 272 del
2013 e n.
237 del 2009).
Ebbene, la normativa regionale in esame,
nell’attribuire all’Amministrazione un potere di intervento, lungi
dall’adottare una disciplina di dettaglio, ha introdotto una normativa
sostitutiva dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale; pertanto
viene proprio a toccare i punti nevralgici del sistema elaborato nella legge
sul procedimento amministrativo (sede già di per sé significativa) e cioè il
potere residuo dell’Amministrazione, a termini ormai decorsi, e il suo ambito
di esercizio (in concreto, i casi che ne giustificano l’attivazione).
Essa, dunque, comporta l’invasione della riserva
di competenza statale alla formulazione di principi fondamentali, con tutti i
rischi per la certezza e per l’unitarietà della disciplina che tale invasione
comporta; e ciò tanto più in una materia che, come è noto, e come dimostrano le
sue frequenti modifiche, presenta delicati e complessi problemi applicativi.
9.− La fondatezza della questione di costituzionalità
con riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., comporta l’assorbimento
dell’ulteriore censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 84-bis, comma 2, lettera b), della legge della Regione Toscana 3
gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio).
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27
gennaio 2016.
F.to:
Marta
CARTABIA, Presidente
Giancarlo
CORAGGIO, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 9 marzo 2016.