sabato 27 febbraio 2016

Quando l'attività del Produttore Agricolo sfocia in Attività Commerciale

N. 00131/2016REG.PROV.COLL.
N. 08508/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8508 del 2014, proposto dalla S.a.s. Garden Gavelli di Gavelli Luca & C., rappresentata e difesa dagli avvocati Giancarlo Fanzini e Marta Rolli, con domicilio eletto presso lo studio di Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
contro
Il Comune di Forlì, rappresentato e difeso dall’avvocato Cristina Balli, con domicilio eletto presso l’avvocato Maria Teresa Barbantini in Roma, Via Caio Mario, n. 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II n. 776/2014, resa tra le parti, concernente l’ordine di chiusura di un esercizio commerciale abusivo;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Forlì;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Giancarlo Fanzini e l’avvocato Maria Teresa Barbantini, su delega dell'avvocato Cristina Balli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con un verbale di data 23 marzo 2013, la polizia municipale di Forlì rilevava che l’azienda florovivaistica Garden Gavelli s.a.s., esercente attività agricola di coltivazione di piante verdi e fiorite in vaso e a terra autorizzata al commercio al dettaglio in sede fissa dei propri prodotti ed accessori con una superficie di vendita di 20 mq., aveva ampliato detta superficie fino a 218,57 mq. senza la preventiva segnalazione di inizio attività.
Nonostante i rilievi sulla libera attività di commercializzazione delle imprese agricole anche per i prodotti accessori ai sensi del D. Lgs. 228 del 2001, il Dirigente dei servizi pianificazioni sviluppo economico del Comune – col provvedimento dell’8 ottobre 2013 - ordinava la chiusura dell’esercizio commerciale per la vendita dei prodotti, limitatamente a quella parte della superficie di vendita ritenuta abusivamente ampliata.
2. Con ricorso proposto al TAR dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, rubricato al n. 883/2013, la Garden Gavelli deduceva, a sostegno del gravame, motivi in diritto rilevanti la violazione dell’art. 4 del D. Lgs. n. 228 del 2001, dell’art. 65 del D. Lgs. n. 59 del 2010, dell’art. 19 della L. n. 241 del 1990 e dell’art. 22 del D. Lgs. n. 114 del 1998, eccesso di potere riguardo alle seguenti figure sintomatiche: illogicità, carenza di motivazione, sviamento di potere, difetto di presupposto.
L’amministrazione comunale di Forlì, costituitasi in giudizio, chiedeva che il ricorso fosse respinto, perché infondato.
Con ordinanza n. 535 del 28/11/2013, il giudice di primo grado respingeva l’istanza cautelare della ricorrente, ma il Consiglio di Stato, sez. V, in sede di appello cautelare, con ordinanza n. 262 del 22 gennaio 2014 riformava la decisione del T.A.R., accogliendo l’istanza cautelare del ricorrente ai fini e per gli effetti di cui all’art. 55, comma 10, c.p.a.
3. Con la sentenza n. 776 del 24 luglio 2014, il TAR respingeva nel merito il ricorso, rilevando che nella superficie totale di mq. 218,57 erano esposti articoli come barbecue, tavoli e sedie in vimini, vasi in ceramica ed altri accessori, direttamente estranei all’attività agricola di coltivazione di piante in vaso e in terra, estranei qualitativamente e quantitativamente dall’attività di impresa agricola e quindi non ammessi ove non autorizzati; una diversa interpretazione avrebbe portato alla totale contraddizione con la destinazione agricola dell’area e ad un liberalizzazione dell’attività commerciale di un’impresa agricola non ammessa.
Inoltre il provvedimento era sufficientemente motivato, descrivendo analiticamente le superfici di vendita ampliate in assenza di autorizzazione, descrizione confermata dalla documentazione fotografica.
Destituita di fondamento era considerata anche la censura per cui l’atto sanzionatorio rientrasse nelle competenze del Sindaco e non in quelle dirigenziali, visto l’attuale assetto ordinamentale delle autonomie locali e l’assenza nel Sindaco di poteri di gestione.
4. Con appello in esame, notificato l’8 agosto 2014, la Garden Gavelli impugnava la sentenza in questione, sostenendo che questa avrebbe dato una lettura restrittiva del nuovo testo dell’art. 2135 c.c. sulla nozione di imprenditore agricolo ed in particolare nell’identificazione dei limiti qualitativi impliciti nella configurazione delle attività commerciali connesse a questa figura.
La legge permetterebbe la commercializzazione dei beni relativi al giardinaggio e dall’allestimento di spazi verdi, parte normale del commercio florovivaistico, poiché rientrerebbe nel senso comune delle cose che un’azienda di questo tipo venda prodotti accessori come barbecue, spazzole, graticole, sacchi di carbone vegetale, tavoli e sedie in vimini e plastica, vasi in ceramica e accessori, prodotti tipici per l’allestimento e la fruizione delle aree verdi e che la clientela non andrebbe certo ad acquistare presso allevamenti di bestiame o esercizi di abbigliamento e, tra l’altro, pienamente ammessi in altre regioni italiane.
Né si potrebbe ritenere che tale tipo di vendita possa “scardinare” la normativa urbanistica, poiché la destinazione agricola dell’area non può essere messa a repentaglio da un simile tipo di commercio, peraltro già autorizzato alla Garden Gavelli, sia pure nei limiti quantitativi di spazio della licenza.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.
Il Comune di Forlì si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
All’udienza del 24 marzo 2015, la causa è passata in decisione.
5. L’appello è infondato.
Il Collegio non ravvisa elementi in senso difforme rispetto a quanto ritenuto dal giudice di primo grado relativamente alla sostanziale trasformazione dell’azienda florovivaistica Garden Gavelli in esercizio commerciale di vicinato, senza i titoli necessari.
Espone in sintesi l’appellante Azienda che alla configurazione dell’attività imprenditoriale agricola non si può dare nell’ambito della legislazione vigente una ‘lettura restrittiva’, poiché secondo il nuovo testo dell’art. 2135 c.c. introdotto dall’art. 1 D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, non si può inquadrare l’azienda florovivaistica come mera attività di coltivazione di piante e fiori e della loro vendita, escludendo tutte le attività dirette alla fornitura di beni o servizi che siano strettamente connessi appunto con il florovivaismo.
Dunque andrebbe ricompresa in questo genere di attività la commercializzazione di una serie di prodotti accessori o funzionali alle attività di giardinaggio o di allestimento di spazi verdi, cosa che non si porrebbe nemmeno contrasto con la destinazione agricola dell’area in cui ricade l’azienda, visto che tali attività devono virtualmente essere ricomprese in un tutt’uno con le gestione di serre, l’attività di florovivaismo e la conseguente vendita dei beni ordinariamente ricompresi in tali iniziative.
In linea puramente teorica, si deve ammettere che il legislatore ha dato un riconoscimento a tale lettura dell’attività delle aziende attive nel giardinaggio e ciò con i nuovi contenuti dell’art. 2135 c.c., secondo il quale «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. .. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge»,
Quanto alla commercializzazione, i nuovi contenuti della figura dell’imprenditore agricolo vanno correlati ed insieme limitati con quanto riportato dall’art. 4 del D. Lgs. n. 228 del 2001, in particolare dal comma 1, per il quale «Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all'art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità».
Per il successivo comma 5, «La presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa».
Ritiene la Sezione che la lettura complessiva che se ne ricava è sicuramente quella di un’ampia liberalizzazione del commercio dei propri prodotti da parte delle aziende agricole, sia nella forma più semplice del fiore, del frutto o della pianta, ma anche in quella più complessa della loro manipolazione oppure di beni a questa connessi, fatto che può inevitabilmente comprendere cose non direttamente derivanti dall’agricoltura, ma ad essa strettamente connesse come vasi, strumenti di irrigazione, concimi, insetticidi o strumenti per l’immediato utilizzo della terra come rastrelli o vanghe.
Ritenuto ciò in generale, appare però evidente che la commercializzazione dei prodotti agricoli o florovivaistici oppure la fornitura di beni connessi a queste attività deve rispettare le stesse regole che la ammettono, così come quelle attinenti altre attività come quella prettamente commerciale.
Infatti, se ad un’azienda florovivaistica deve essere permessa la vendita dei propri prodotti e dei beni strettamente riconducibili alla sua attività, ciò non può comportare che la medesima si renda attiva nella vendita di prodotti che solamente in senso estremamente lato possono avvicinarsi al giardinaggio; dai barbecue carrellati ai vasi in ceramica, dalle padelle alle graticole, dai tavoli e sedie in vimini o in plastica alle case in legno prefabbricate ad uso deposito da giardino.
Né gli spazi di vendita, ove indicati in una superficie pari a mq. 20, possono essere ampliati ad oltre 200 senza segnalazione certificata di inizio attività nel rispetto del D. Lgs. 31 marzo 1998, n.114, e successive modificazioni, e sempre nel rispetto dei relativi presupposti e delle relative leggi regionali di attuazione.
Alla luce di quanto finora rilevato, risulta evidente che l’attività dell’appellante ha largamente trasmodato le possibilità commerciali connesse con l’attività imprenditoriale agricola.
6. Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere dunque respinto.
Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 8508 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio a favore del Comune di Forlì liquidandole in complessivi €. 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)