E' illegittimo l'ordine di rimozione, recupero e smaltimento di rifiuti rivolto al proprietario dell'area in difetto di accertamento in contraddittorio della imputabilità a titolo di dolo o colpa dell'abbandono dei rifiuti.
Questo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, ribadito dalla sentenza del Tar Lombardia del 30 dicembre 2015 n. 2867.
La corresponsabilità del proprietario
Secondo la giurisprudenza dominante l'articolo 192 comma 3 del decreto legislativo n.152/2006 prevede la corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull'area dove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati dai preposti al controllo. Affinchè il proprietario dell'area possa essere obbligato a provvedere allo smaltimento si richiede, dunque, che sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo.
Ne consegue la necessità che l'Amministrazione verifichi attraverso un'istruttoria completa se sussistono profili di responsabilità a carico del proprietario e ne dia conto in un'esauriente motivazione (anche fondata su presunzioni o massime d'esperienza). Non è sufficiente ascrivere in capo al titolare di diritti reali sul bene una generica culpa in vigilando non accompagnata da comportamenti omissivi caratterizzati da colpa, quali ad esempio l'inerzia dimostrata nel non essersi adoperato con misure efficaci per evitare il ripetersi di episodi analoghi, già in precedenza accertati e contestati.
L'obbligo di motivazione e il principio "chi inquina paga"
La sentenza evidenzia l'importanza del corredo motivazionale che deve supportare l'ordine di rimozione, essendo insufficiente la mera qualità di proprietario dell'area, senza un previo accertamento della responsabilità per l'abbandono dei rifiuti.
La Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza del 4 marzo 2015, causa C-534/2013) ha ritenuto conforme all'ordinamento comunitario e in particolare al principio chi inquina paga sancito dell'articolo 191 Tfue, la regula iuris secondo la quale il proprietario di un'area inquinata che non sia anche l'autore della contaminazione non è tenuto ad adottare le misure di messa in sicurezza d'emergenza e di bonifica della stessa.
L'applicazione del regime di responsabilità istituito dalla Direttiva Ue 2004/35 sul danno ambientale ha, invero, come suo ineludibile presupposto essenziale l'individuazione di un soggetto che possa essere qualificato come responsabile della contaminazione, dovendo, dunque, l'Amministrazione accertare il nesso di causalità che esiste tra l'attività svolta dall'operatore e il danno ambientale contestato.
Il proprietario che risulti incolpevole sarà tenuto al mero rimborso delle spese relative agli interventi realizzati d'ufficio dall'Autorità competente, nel limite del valore di mercato del sito determinato dopo l'esecuzione di tali interventi e solo nell'ipotesi in cui non sia stata nel frattempo accertata la responsabilità di altri soggetti o se risulti impossibile rivalersi nei confronti dei medesimi.
La giurisprudenza conforme
La giurisprudenza dell'anno appena iniziato ha confermato che l'articolo 192 del decreto legislativo n. 152/2006 esclude l'imputazione oggettiva della responsabilità, ribadendo che sia accertata quantomeno la colpa, fermo restando che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare il responsabile dell'inquinamento (Tar Campania, Napoli, sezione V, 7 gennaio 2016 n. 16).
Questo l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, ribadito dalla sentenza del Tar Lombardia del 30 dicembre 2015 n. 2867.
La corresponsabilità del proprietario
Secondo la giurisprudenza dominante l'articolo 192 comma 3 del decreto legislativo n.152/2006 prevede la corresponsabilità solidale del proprietario o del titolare di diritti personali o reali di godimento sull'area dove sono stati abusivamente abbandonati o depositati rifiuti, solo in quanto la violazione sia loro imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati dai preposti al controllo. Affinchè il proprietario dell'area possa essere obbligato a provvedere allo smaltimento si richiede, dunque, che sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito abbandono di rifiuti, per aver posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo.
Ne consegue la necessità che l'Amministrazione verifichi attraverso un'istruttoria completa se sussistono profili di responsabilità a carico del proprietario e ne dia conto in un'esauriente motivazione (anche fondata su presunzioni o massime d'esperienza). Non è sufficiente ascrivere in capo al titolare di diritti reali sul bene una generica culpa in vigilando non accompagnata da comportamenti omissivi caratterizzati da colpa, quali ad esempio l'inerzia dimostrata nel non essersi adoperato con misure efficaci per evitare il ripetersi di episodi analoghi, già in precedenza accertati e contestati.
L'obbligo di motivazione e il principio "chi inquina paga"
La sentenza evidenzia l'importanza del corredo motivazionale che deve supportare l'ordine di rimozione, essendo insufficiente la mera qualità di proprietario dell'area, senza un previo accertamento della responsabilità per l'abbandono dei rifiuti.
La Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza del 4 marzo 2015, causa C-534/2013) ha ritenuto conforme all'ordinamento comunitario e in particolare al principio chi inquina paga sancito dell'articolo 191 Tfue, la regula iuris secondo la quale il proprietario di un'area inquinata che non sia anche l'autore della contaminazione non è tenuto ad adottare le misure di messa in sicurezza d'emergenza e di bonifica della stessa.
L'applicazione del regime di responsabilità istituito dalla Direttiva Ue 2004/35 sul danno ambientale ha, invero, come suo ineludibile presupposto essenziale l'individuazione di un soggetto che possa essere qualificato come responsabile della contaminazione, dovendo, dunque, l'Amministrazione accertare il nesso di causalità che esiste tra l'attività svolta dall'operatore e il danno ambientale contestato.
Il proprietario che risulti incolpevole sarà tenuto al mero rimborso delle spese relative agli interventi realizzati d'ufficio dall'Autorità competente, nel limite del valore di mercato del sito determinato dopo l'esecuzione di tali interventi e solo nell'ipotesi in cui non sia stata nel frattempo accertata la responsabilità di altri soggetti o se risulti impossibile rivalersi nei confronti dei medesimi.
La giurisprudenza conforme
La giurisprudenza dell'anno appena iniziato ha confermato che l'articolo 192 del decreto legislativo n. 152/2006 esclude l'imputazione oggettiva della responsabilità, ribadendo che sia accertata quantomeno la colpa, fermo restando che le Autorità amministrative hanno l'onere di ricercare ed individuare il responsabile dell'inquinamento (Tar Campania, Napoli, sezione V, 7 gennaio 2016 n. 16).
di Giovanni G.A. Datohttp://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com