E’ ripreso presso la 10^ Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato della Repubblica l’esame del disegno di legge relativo alla “Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali”, approvato dalla Camera dei Deputati il 25 settembre 2014.
Il disegno di legge prevede all’art.1 l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, tranne in 12 giornate: il 1° gennaio, il 6 gennaio (Epifania), il 25 aprile (anniversario della Liberazione), la domenica di Pasqua, il lunedì dopo Pasqua (Pasquetta), il 1° maggio (festa del lavoro), il 2 giugno (festa della Repubblica), il 15 agosto (Assunzione), il 1° novembre (Ognissanti), l’8 dicembre (Immacolata Concezione), il 25 dicembre (Natale), il 26 dicembre (S.Stefano). Lo stesso art. 1 prevede però che ciascun esercente l’attività di vendita al dettaglio possa derogare a tale disposizione fino ad un massimo di 6 giorni di chiusura obbligatoria, dandone preventiva comunicazione al Comune competente per territorio, secondo termini e modalità stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare, sentita l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le tipologie di esercizi già escluse indicate nell’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
L’art. 2 del disegno di legge prevede la possibilità da parte di ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, in particolare nelle aree metropolitane, di predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali. Lo stesso articolo prevede che, al fine di favorire l’adesione agli accordi territoriali da parte di micro, piccole e medie imprese del commercio, le Regioni e i Comuni possano stabilire incentivi, anche nella forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza.
L’art. 3 del disegno di legge stabilisce poi che il Sindaco, sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, possa definire, per un periodo non superiore a 3 mesi, l’orario di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in determinate zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggregazione notturna (la cosiddetta movida) ai fini della tutela del diritto dei residenti alla sicurezza e al riposo.
Infine l’art. 4 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003 e autorizza tale Fondo di una dotazione di spesa pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. Detto Fondo dovrebbe essere utilizzato per erogare contributi per le spese sostenute per l’ampliamento dell’attività di vendita, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, per l’adozione di strumenti di sicurezza innovativi e per accrescere l’efficienza energetica. E’ inoltre autorizzata la spesa di 3 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015, per l’erogazione di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili e di contributi ai fini dell’acquisizione di servizi.
Nel corso dei 9 mesi decorsi dalla trasmissione del disegno di legge dalla Camera al Senato, sono stati acquisiti i pareri di ben 6 Commissioni permanenti. Di particolare interesse il parere formulato dalla Commissione Politiche dell’Unione europea, in cui si rammenta che in base a varie sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea “il divieto di apertura domenicale non contrasta con il diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, o con il diritto europeo della concorrenza, in quanto il divieto di lavoro domenicale è inteso a perseguire l’obiettivo di tutela sociale”.
Sempre nell’ambito dei lavori del senato è stato presentato un altro disegno di legge (n. 762) che prevede che le attività commerciali siano svolte senza limitazione di apertura o chiusura solamente quando gli esercizi siano ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte e che a tale scopo le Regioni adottino un piano per la regolazione dei giorni di apertura per gli esercizi commerciali in tali località secondo criteri determinati. Si prevede inoltre l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico dell’Osservatorio sulle aperture domenicali e festive con il compito di verificare gli effetti della nuova regolazione delle aperture. E’ evidente che nell’intento dei proponenti questo disegno di legge vi è quello di abolire le liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti con il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (il cosiddetto Salva Italia).
Su tale orientamento si è però manifestato il fermo dissenso dei gruppi parlamentari della maggioranza di Governo Ncd e Scelta Civica, che si sono detti contrari al superamento delle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti. Il gruppo parlamentare del Pd da parte sua punta su poche modifiche in modo che il provvedimento, che comunque dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva, possa diventare legge entro la fine dell’anno. A questo proposito il gruppo parlamentare del Pd ha presentato alcuni emendamenti, che vorrebbero svolgere una funzione di mediazione tra le opposte posizioni emerse. Una proposta va nel senso di chiarire che i 6 giorni di deroga potranno essere anche giorni diversi tra i diversi punti vendita di uno stesso esercente. Un altro emendamento è tesa a semplificare la modalità di comunicazione dell’esercente al Comune, prevedendo che essa possa essere fornita anche da una semplice e-mail. Più gravida di conseguenze negative è la proposta di modifica intesa a sostituire con una nuova elencazione di tipologie di esercizi esenti dall’obbligo di chiusura domenicale o festiva quella già prevista dall’art. 13, comma 1, del D.lgs. 31.03.1998, n. 114. Verrebbero infatti incluse in tale deroga in modo generico le attività commerciali che vendono prodotti alimentari ed anche “le tipologie di attività commerciali diverse dalla vendita al dettaglio in sede fissa”. In questo modo rischiano di essere esclusi dalla deroga gli ipermercati di grandi dimensioni (quelli con oltre 5.000 mq. di superficie di vendita) in quanto con il criterio della prevalenza di superficie sono chiaramente non alimentari, mentre le altre attività di commercio non in sede fissa avrebbero bisogno di ulteriori specificazioni per non ingenerare forti criticità interpretative in sede di applicazione della legge.
Il comitato ristretto incaricato di redigere un testo unificato tra i due disegni di legge e gli emendamenti presentati ha pertanto davanti a sé un impegno laborioso da compiere per raggiungere la necessaria sintesi tra queste varie posizioni contrastanti. Vedremo nei prossimi giorni quale sarà il risultato di questo lavoro di mediazione. (onorio zappi)
http://www.infocommercio.it/
Il disegno di legge prevede all’art.1 l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, tranne in 12 giornate: il 1° gennaio, il 6 gennaio (Epifania), il 25 aprile (anniversario della Liberazione), la domenica di Pasqua, il lunedì dopo Pasqua (Pasquetta), il 1° maggio (festa del lavoro), il 2 giugno (festa della Repubblica), il 15 agosto (Assunzione), il 1° novembre (Ognissanti), l’8 dicembre (Immacolata Concezione), il 25 dicembre (Natale), il 26 dicembre (S.Stefano). Lo stesso art. 1 prevede però che ciascun esercente l’attività di vendita al dettaglio possa derogare a tale disposizione fino ad un massimo di 6 giorni di chiusura obbligatoria, dandone preventiva comunicazione al Comune competente per territorio, secondo termini e modalità stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare, sentita l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva le attività di somministrazione di alimenti e bevande e le tipologie di esercizi già escluse indicate nell’art. 13, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
L’art. 2 del disegno di legge prevede la possibilità da parte di ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, in particolare nelle aree metropolitane, di predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali. Lo stesso articolo prevede che, al fine di favorire l’adesione agli accordi territoriali da parte di micro, piccole e medie imprese del commercio, le Regioni e i Comuni possano stabilire incentivi, anche nella forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza.
L’art. 3 del disegno di legge stabilisce poi che il Sindaco, sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, possa definire, per un periodo non superiore a 3 mesi, l’orario di apertura dei pubblici esercizi e delle attività commerciali e artigianali in determinate zone del territorio comunale interessate da fenomeni di aggregazione notturna (la cosiddetta movida) ai fini della tutela del diritto dei residenti alla sicurezza e al riposo.
Infine l’art. 4 istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003 e autorizza tale Fondo di una dotazione di spesa pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020. Detto Fondo dovrebbe essere utilizzato per erogare contributi per le spese sostenute per l’ampliamento dell’attività di vendita, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, per l’adozione di strumenti di sicurezza innovativi e per accrescere l’efficienza energetica. E’ inoltre autorizzata la spesa di 3 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015, per l’erogazione di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili e di contributi ai fini dell’acquisizione di servizi.
Nel corso dei 9 mesi decorsi dalla trasmissione del disegno di legge dalla Camera al Senato, sono stati acquisiti i pareri di ben 6 Commissioni permanenti. Di particolare interesse il parere formulato dalla Commissione Politiche dell’Unione europea, in cui si rammenta che in base a varie sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea “il divieto di apertura domenicale non contrasta con il diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, o con il diritto europeo della concorrenza, in quanto il divieto di lavoro domenicale è inteso a perseguire l’obiettivo di tutela sociale”.
Sempre nell’ambito dei lavori del senato è stato presentato un altro disegno di legge (n. 762) che prevede che le attività commerciali siano svolte senza limitazione di apertura o chiusura solamente quando gli esercizi siano ubicati nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte e che a tale scopo le Regioni adottino un piano per la regolazione dei giorni di apertura per gli esercizi commerciali in tali località secondo criteri determinati. Si prevede inoltre l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico dell’Osservatorio sulle aperture domenicali e festive con il compito di verificare gli effetti della nuova regolazione delle aperture. E’ evidente che nell’intento dei proponenti questo disegno di legge vi è quello di abolire le liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti con il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011 (il cosiddetto Salva Italia).
Su tale orientamento si è però manifestato il fermo dissenso dei gruppi parlamentari della maggioranza di Governo Ncd e Scelta Civica, che si sono detti contrari al superamento delle liberalizzazioni introdotte dal Governo Monti. Il gruppo parlamentare del Pd da parte sua punta su poche modifiche in modo che il provvedimento, che comunque dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva, possa diventare legge entro la fine dell’anno. A questo proposito il gruppo parlamentare del Pd ha presentato alcuni emendamenti, che vorrebbero svolgere una funzione di mediazione tra le opposte posizioni emerse. Una proposta va nel senso di chiarire che i 6 giorni di deroga potranno essere anche giorni diversi tra i diversi punti vendita di uno stesso esercente. Un altro emendamento è tesa a semplificare la modalità di comunicazione dell’esercente al Comune, prevedendo che essa possa essere fornita anche da una semplice e-mail. Più gravida di conseguenze negative è la proposta di modifica intesa a sostituire con una nuova elencazione di tipologie di esercizi esenti dall’obbligo di chiusura domenicale o festiva quella già prevista dall’art. 13, comma 1, del D.lgs. 31.03.1998, n. 114. Verrebbero infatti incluse in tale deroga in modo generico le attività commerciali che vendono prodotti alimentari ed anche “le tipologie di attività commerciali diverse dalla vendita al dettaglio in sede fissa”. In questo modo rischiano di essere esclusi dalla deroga gli ipermercati di grandi dimensioni (quelli con oltre 5.000 mq. di superficie di vendita) in quanto con il criterio della prevalenza di superficie sono chiaramente non alimentari, mentre le altre attività di commercio non in sede fissa avrebbero bisogno di ulteriori specificazioni per non ingenerare forti criticità interpretative in sede di applicazione della legge.
Il comitato ristretto incaricato di redigere un testo unificato tra i due disegni di legge e gli emendamenti presentati ha pertanto davanti a sé un impegno laborioso da compiere per raggiungere la necessaria sintesi tra queste varie posizioni contrastanti. Vedremo nei prossimi giorni quale sarà il risultato di questo lavoro di mediazione. (onorio zappi)
http://www.infocommercio.it/