martedì 14 aprile 2015

Regione Siciliana:Attività di ottico. Applicabilità della normativa di settore.



Attività di ottico. Applicabilità della normativa di settore.

CIRCOLARE n. 2 del 9 aprile 2015 (Dimensione documento: 152450 bytes)

Attività di ottico. Commissione di cui all'art. 8 del D.P.Reg.sic. 1 giugno 1995. n. 64.

CIRCOLARE n. 3 del 12 febbraio 2014 (Dimensione documento: 124958 bytes)
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N. 00651/2014REG.PROV.COLL.

N. 01346/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1346 del 2010, proposto da:
Ottica New Line di Accardi Vincenzo, rappresentata e difesa dall'avv. Fabrizio Genco, con domicilio eletto presso l’avv. Fabrizio Genco in Palermo, via G. Daita, n. 15;


contro

Comune di Campobello di Mazara;


nei confronti di

Fotottica Media Vision di Luppino Natale Fabrizio e C. s.n.c., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Lentini, con domicilio eletto presso Rosalba Genna in Palermo, via Siracusa, n. 30;


per la riforma

della sentenza del TAR PALERMO : Sezione III n. 03023/2010, resa tra le parti, concernente autorizzazione all'esercizio di attività di ottico.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il Cons. Gabriele Carlotti e udito per le parti l’avv. F. Genco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – L’Ottica New Line di Accardi Vincenzo (d’ora in poi: New Line) ha impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Palermo, respinse il ricorso proposto dall’appellante avverso il provvedimento, n. 821 del 18 dicembre 2009, con cui il Comune di Campobello di Mazara autorizzò la Fotottica Media Vision di Luppino Natale Fabrizio e C. s.n.c. (nel prosieguo: “Fotottica”) a svolgere l'attività di ottico, con carattere di permanenza, in una sede ubicata nel territorio comunale e, segnatamente, in corso Garibaldi, n. 2.

2. – Si è costituita, per resistere all’impugnativa, la Fotottica.

3. – All’udienza pubblica del 22 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Per una migliore intelligenza delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio, va riferito quanto segue:

- nell’ordinamento regionale siciliano, l’esercizio dell’attività di ottico è soggetto alla disciplina del commercio di cui alla L.R. 22 dicembre 1999 n. 28, fatte salve, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nelle leggi speciali di settore (ossia la L.R. n. 12 del 1994 e l’art. 71 della L.R. 1° settembre 1993, n. 25), così come dispone l’art. 2, comma 3 della citata L.R. n. 28/1999, rubricato “Definizioni e ambito di applicazione della legge”);

- la controversia, instaurata in primo grado dalla New Line, aveva ad oggetto la richiesta di annullamento dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di ottico - emessa, a favore della Fotottica, dal Comandante della Polizia Municipale del Comune di Campobello di Mazara - per l’asserita violazione dei limiti posti dall’art. 1 della L.R. 9 luglio 2004, n. 12, atteso che tale disposizione, introducendo un regime di contingentamento di tale attività, consente la presenza di un esercizio di ottica ogni 8.000 residenti e richiede, tra un esercizio e l’altro, l’esistenza di una distanza minima non inferiore a 300 metri;

- la motivazione dell’autorizzazione rilasciata dal Comune di Campobello di Mazara, gravata in primo grado dalla New Line, poggiava sul richiamo della L. n. 248/2006, del parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e della sentenza del Consiglio di Stato n. 2808/2009 e, più in dettaglio, ivi si argomentavano le ragioni delle ravvisata illegittimità della succitata normativa siciliana (si allude qui alla L.R. n. 12/2004) con la considerazione della riserva, alla legislazione statale esclusiva, delle materie della “tutela della concorrenza” e della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; in sostanza, il Comune di Campobello di Mazara, nella fattispecie, dichiaratamente disapplicò la L.R. n. 12/2004, ritenendo che le prescrizioni limitative in essa contenute non fossero state adeguate, entro il termine del 1° gennaio 2007, ai principi ricavabili dalla sunnominata legge statale n. 248/2006;

- il T.a.r., con la sentenza impugnata, respinse il ricorso sulla base di argomenti, così riassumibili: a) sarebbe direttamente e immediatamente applicabile anche in Sicilia l’art. 3, comma 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, recante “Misure urgenti per lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e della competitività, per la tutela dei consumatori e per la liberalizzazione di settori produttivi”, convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248, adottato ai sensi degli artt. 3, 11, 41 e 117, commi primo e secondo, della Costituzione, con particolare riferimento alle materie di competenza statale della tutela della concorrenza, dell'ordinamento civile e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; b) le norme regionali sopra ricordate si porrebbero in contrasto pure con l’ordinamento dell’Unione europea e, pertanto, anche per tale via, risulterebbero non applicabili alla caso di specie;

- la New Line impugnò la sentenza, sopra succintamente riferita nei suoi contenuti essenziali, lamentando l’erroneità del ragionamento decisorio seguito dal T.a.r. e sostenendo che il Tribunale non avesse considerato che la disciplina degli esercizi di ottico non è integralmente riconducibile alla materia della concorrenza, interferendo anche con quella della salute, sicché il Primo Giudice avrebbe errato, al pari del Comune, nel disapplicare la normativa regionale;

- con ordinanza n. 610 del 29 settembre 2011 questo Consiglio sospese il giudizio e sottopose alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, le seguenti questioni di interpretazione del diritto dell’Unione:

“1) se il diritto dell’Unione europea in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi debba essere interpretato nel senso che corrisponda a un motivo imperativo di interesse generale, correlato alla esigenza di tutelare la salute umana, una disciplina interna – nella specie, l’art. 1 della legge della Regione autonoma siciliana n. 12 del 2004 – che subordini l’insediamento degli esercizi di ottica sul territorio di uno Stato membro (nella specie, su parte di detto territorio) a limiti di densità demografica e di distanza tra gli esercizi, limiti che in astratto configurerebbero una violazione delle fondamentali libertà sopra richiamate;

2) in caso di risposta affermativa alla precedente questione, se alla stregua del diritto dell’Unione europea, il limite di densità demografica (un esercizio per ogni ottomila residenti) e il limite della distanza (trecento metri tra un esercizio e l’altro), stabiliti dalla legge della Regione autonoma siciliana n. 12 del 2004 per l’insediamento di esercizi di ottica sul territorio regionale, siano da reputarsi adeguati al raggiungimento dell’obiettivo corrispondente al motivo imperativo di interesse generale sopra indicato;

3) in caso di risposta affermativa alla questione sub 1), se, alla stregua del diritto dell’Unione europea, il limite di densità demografica (un esercizio per ogni ottomila residenti) e il limite della distanza (trecento metri tra un esercizio e l’altro), stabiliti dalla legge della Regione autonoma siciliana n. 12 del 2004 per l’insediamento sul territorio regionale di esercizi di ottica, siano proporzionati, ossia non eccessivi rispetto al raggiungimento dell’obiettivo corrispondente al motivo imperativo di interesse generale sopra indicato”;

- più in particolare, questo Consiglio osservò che: a) non fosse contestato che l’autorizzazione impugnata fosse stata rilasciata in violazione dell'art. 1, comma 1, della L.R. n. 12 del 9 luglio 2004, in quanto il Comune di Campobello di Mazara non aveva rispettato il rapporto demografico, posto che, all’epoca, la popolazione comunale era di poco superiore alle 10.000 unità e che già risultavano insediati sul territorio comunale due esercizi di ottica; inoltre l’amministrazione civica nemmeno aveva osservato il parametro della distanza, posto che la Fotottica si affaccia sulla medesima via in cui si trova un altro esercizio di ottica e a meno di 300 metri da quest'ultimo; b) l'autorizzazione in questione nemmeno poteva reputarsi rilasciata in deroga ai suddetti criteri, siccome prevede il comma 2 del succitato art. 1 della L.R. n. 12/2004, poiché per tali ipotesi è prevista l'acquisizione di un obbligatorio parere di una speciale commissione istituita presso la locale Camera di commercio la quale, tuttavia, in questa vicenda non risultava esser stata interpellata; c) la sentenza gravata non era condivisibile nella parte in cui aveva fatto ricorso all’istituto della c.d. “disapplicazione” per risolvere le antinomie tra fonti di rango primario, rispettivamente statale e regionale, in quanto la Regione siciliana gode di uno speciale regime di autonomia e che il relativo Statuto, approvato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, attribuisce alla predetta Regione (ai sensi dell’art. 14, lett. d), Stat. reg.) una competenza legislativa esclusiva in materia di commercio, con la conseguenza che, quand’anche le previsioni della legge statale n. 248 del 2006, fossero da considerarsi “norme di riforma economico sociale” (cioè valevoli per l’intero territorio nazionale, incluse le circoscrizioni relative alle Regioni c.d. “a statuto speciale”), nondimeno l’ipotetico conflitto tra leggi si sarebbe dovuto risolvere attraverso l’abrogazione di una delle previsioni confliggenti (attraverso cioè un’iniziativa legislativa della Regione o dello Stato) oppure con l’intermediazione della Corte costituzionale; d) comunque sussistevano dubbi circa la reale (in)compatibilità della previsione regionale con principi di diritto enunciati nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, 1° giugno 2010, nelle cause riunite C-570/07 e C-571/07, avendo al riguardo ritenuto la Corte di Giustizia che le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie, stabilite da un provvedimento attuativo dell’ordinamento del Regno di Spagna (Asturie) costituiscano sì una restrizione alla libertà di stabilimento e che, tuttavia, la tutela della sanità pubblica può giustificare limitazioni alla fondamentale libertà di stabilimento; e) esistevano elementi di analogia, almeno con riferimento alla realtà economica e giuridica italiana, tra l’attività delle farmacie e quella degli esercizi di ottica, giacché l’ottico/optometrista svolge una c.d. “arte ausiliaria della professione sanitaria” (così definita dagli artt. 140-142 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”); fornisce, controlla e adatta i mezzi di correzione dei difetti di vista (lenti, montature degli occhiali, lenti a contatto, ausili visivi per ipovedenti); inoltre può eseguire semplici esami di misurazione della vista e, spesso sulla base di una prescrizione medica o specialistica, deve essere in grado di individuare le lenti adatte a correggere il problema e, se necessario, assestarle nella montatura prescelta. Le sue competenze prevedono anche che sappia localizzare e risolvere i difetti delle lenti. Inoltre, nello svolgimento della sua professione utilizza strumenti ottici, di cui deve curare la manutenzione. Ancora, se in possesso di laurea, l’ottico/optometrista può anche occuparsi del trattamento dei difetti della vista, utilizzando mezzi ottici correttivi. L’ottico/optometrista misura poi con apparecchiature specifiche la qualità della visione e, quindi, si occupa di scegliere, prescrivere e fornire il mezzo correttivo più adeguato, adattandolo alle esigenze del paziente. Infine, svolge un’attività di prevenzione dei disturbi visivi;

- il Consiglio osservò altresì che, seppure fosse incontrovertibile che, nel caso della professione di ottico più che in quella di farmacista, la prevalenza dei tratti della “commercialità” dell’attività svolta, nondimeno non potesse escludersi in radice la sussistenza di un interesse sanitario all’introduzione e al mantenimento di un particolare regime della distribuzione territoriale dei relativi esercizi;

- infine il Consiglio espresse dei dubbi sul fatto che le regole sulle distanze e sulla densità demografica dettate dalla L.R. n. 12 del 2004 fossero, per un verso, atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito di una migliore tutela della salute umana e, per altro verso, che dette regole fossero proporzionate, ossia che non eccedessero quanto necessario al raggiungimento del ridetto obiettivo.

5. – Con sentenza del 26 settembre 2013, in causa C-539/11, la Quarta Sezione della Corte di Giustizia ha dichiarato che: “L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa regionale, come quella oggetto del procedimento principale, che pone limiti al rilascio delle autorizzazioni per l’apertura di nuovi esercizi di ottica, prevedendo che:

– in ciascuna zona geografica può essere aperto, in linea di principio, un solo esercizio di ottica per ogni fascia di popolazione di 8 000 residenti, e

– ogni nuovo esercizio di ottica deve rispettare, in linea di principio, una distanza minima di 300 metri rispetto agli esercizi di ottica preesistenti, purché le autorità competenti si avvalgano delle facoltà offerte dalla normativa di cui trattasi in maniera adeguata, rispettando criteri trasparenti e oggettivi, al fine di realizzare in modo coerente e sistematico le finalità perseguite da detta normativa, attinenti alla tutela della salute nell’intero territorio di cui trattasi, circostanza che sarà compito del giudice nazionale accertare.”.

A tali conclusioni la Corte di Giustizia è pervenuta sulla base, tra le altre, delle seguenti argomentazioni:

- la normativa regionale siciliana deve essere valutata unicamente alla luce delle norme relative alla libertà di stabilimento, in quanto le disposizioni in materia di libera prestazione dei servizi possono applicarsi solo se quelle relative alla libertà di stabilimento non trovino applicazione e va considerata ulteriormente l’inapplicabilità, nella fattispecie, della direttiva 2006/123, posto che tale direttiva non concerne i servizi sanitari forniti da professionisti del settore sanitario ai propri pazienti per valutare, mantenere o ripristinare le loro condizioni di salute, laddove tali attività siano riservate a professioni del settore sanitario regolamentate nello Stato membro in cui i servizi vengono forniti;

- l’intervento degli ottici è idoneo a limitare taluni rischi per la salute e a garantire così la tutela della sanità pubblica;

- inoltre il diritto dell’Unione non limita la competenza degli Stati membri ad adottare norme destinate all’organizzazione di servizi sanitari, a condizione che gli Stati membri osservino le disposizioni del TFUE relative alla libertà di stabilimento che comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dell’esercizio di detta libertà nell’ambito delle cure sanitarie;

- secondo una giurisprudenza costante, costituisce una restrizione ai sensi dell’art. 49 TFUE ogni provvedimento nazionale che, anche se applicabile senza discriminazioni in base alla cittadinanza, possa ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato;

- una normativa regionale come quella siciliana in esame costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE;

- peraltro, le restrizioni alla libertà di stabilimento, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso;

- dall’articolo 52, paragrafo 1, TFUE risulta che limitazioni alla libertà di stabilimento possono essere giustificate dall’obiettivo generale attinente alla tutela della sanità pubblica e che tale obiettivo generale può mirare, più concretamente, a garantire una ripartizione equilibrata dei prestatori di cure sanitarie nel territorio nazionale;

- nel perseguimento di un obiettivo siffatto, lo stabilimento di detti prestatori, come i farmacisti, può essere oggetto di una pianificazione che può assumere, in particolare, la forma di una previa autorizzazione, qualora tale pianificazione si riveli indispensabile per colmare eventuali lacune nell’accesso alle prestazioni sanitarie e per evitare una duplicazione nell’apertura delle strutture, in modo che sia garantita un’assistenza sanitaria adeguata alle necessità della popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate;

- tali principi sono trapiantabili al caso dell’apertura di un esercizio di ottica;

- per quanto riguarda la regola secondo cui, in Sicilia, è autorizzabile l’apertura di un solo esercizio di ottica per fascia di popolazione di 8.000 abitanti, le autorità nazionali possono adottare provvedimenti per prevenire il rischio che i prestatori di cure sanitarie si concentrino nelle località del territorio di cui trattasi considerate più appetibili. Tenuto conto di detto rischio, le autorità nazionali possono quindi adottare una normativa che preveda l’insediamento di un solo prestatore di cure sanitarie in funzione di una determinata densità di popolazione, poiché una norma siffatta mira a stimolare detti prestatori a stabilirsi nelle parti del territorio nazionale in cui l’accesso alla cure sanitarie resta lacunoso; quindi, la regola secondo cui in funzione di un certo numero di abitanti può stabilirsi un solo esercizio di ottica è atta a favorire una ripartizione equilibrata di tali esercizi nell’ambito del territorio considerato e a garantire così a tutta la popolazione di avere adeguato accesso alle prestazioni proposte dagli ottici;

- per quanto riguarda la norma che impone una distanza minima tra due esercizi di ottica, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, abbinato alla norma menzionata in precedenza, tale requisito aumenta la certezza dei pazienti di poter aver accesso ad un prestatore di cure sanitarie nelle loro vicinanze e contribuisce così, anch’essa, ad una migliore tutela della salute nel territorio di cui trattasi; tuttavia - premesso che, di regola, non è indispensabile che i clienti ottengano rapidamente, e, ancor meno, immediatamente, un prodotto di ottica - l’interesse alla prossimità degli esercizi di ottica non si impone con un’intensità equiparabile a quella esistente in materia di distribuzione dei medicinali, sicché compete agli Stati membri decidere, con un margine di discrezionalità, il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui detto livello deve essere raggiunto;

- in conclusione, una normativa come quella regionale siciliana è in linea di principio idonea a conseguire l’obiettivo generale attinente alla tutela della salute, nonché, in particolare, gli obiettivi miranti ad assicurare una ripartizione equilibrata degli esercizi di ottica nel territorio nazionale e a garantire un rapido accesso a tali esercizi;

- è necessario però che il modo in cui la L.R. n. 12/2004 persegue tali obiettivi non presenti incoerenze;

- a tal riguardo, spetta in ultima analisi al giudice nazionale stabilire se e in che misura la legge regionale n. 12/2004 risponda a tali esigenze e “A tal fine, va anzitutto rilevato che l’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, della legge regionale n. 12/2004 fissa requisiti diversi, da un lato, per i comuni con popolazione fino a 8 000 abitanti e, dall’altro, per i comuni con popolazione superiore a tale soglia. Non è escluso, infatti, che i comuni appartenenti alla prima categoria siano ampiamente liberi di autorizzare l’apertura di due esercizi di ottica nel loro territorio, mentre quelli che rientrano nella seconda categoria possono accordare un’autorizzazione siffatta solo allorché esistono «comprovate esigenze territoriali» e detti comuni hanno ottenuto il parere previo e obbligatorio di una commissione.

51 Orbene, una normativa del genere rischia di comportare un accesso diseguale allo stabilimento degli esercizi di ottica nelle diverse zone della regione considerata. In particolare, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, nei comuni con popolazione compresa tra 8 000 e 16 000 abitanti – che secondo il giudice del rinvio sono numerosi –, una normativa del genere potrebbe avere la conseguenza di limitare eccessivamente detto accesso.

52 Il rischio di accesso diseguale allo stabilimento degli esercizi di ottica è peraltro accentuato dalla circostanza, menzionata nell’ordinanza di rinvio, che le autorità comunali dispongono di un rilevante potere discrezionale in quanto il requisito attinente alle «comprovate esigenze territoriali» non è delimitato mediante criteri di regolamentazione più precisi.

53 Inoltre, le competenti autorità possono autorizzare l’apertura di un esercizio supplementare di ottica solo dopo aver ottenuto il parere obbligatorio di una commissione della camera di commercio, la quale, secondo gli elementi presentati alla Corte, è composta di rappresentanti degli ottici presenti sul mercato, vale a dire dei concorrenti diretti degli ottici che aspirano a stabilirsi.

54 La legge regionale n. 12/2004 rischia pertanto, in sede di applicazione, di non garantire una ripartizione equilibrata degli esercizi di ottica nell’ambito dell’intero territorio considerato e, quindi, un livello di tutela della salute equivalente in tutto il territorio di cui trattasi.

55 Tale legge regionale suscita inoltre interrogativi analoghi per quanto riguarda i comuni con popolazione fino a 8 000 abitanti. Non è escluso, infatti, che in tali comuni le autorità competenti godano di un potere discrezionale pressoché illimitato di autorizzare – o di rifiutare – l’apertura di un secondo esercizio di ottica. Non esiste quindi, in tale contesto, alcuna garanzia che venga autorizzato a stabilirsi un secondo esercizio anche quando, nel caso specifico, le esigenze di tutela della salute lo imporrebbero.

56 Stando così le cose, poiché la Corte non può, a priori, né presumere che i rischi menzionati, legati all’applicazione della legge regionale n. 12/2004, si verifichino, né può escludere tale ipotesi, è compito del giudice nazionale verificare, con l’ausilio dei dati statistici precisi o con altri mezzi, se le autorità competenti si avvalgano in modo adeguato, nel rispetto di criteri trasparenti e oggettivi, delle facoltà offerte da tale legge al fine di raggiungere, in modo coerente e sistematico, gli obiettivi perseguiti attinenti alla tutela della salute in tutto il territorio considerato.” (così la sentenza citata).

6. – Alla stregua dei riferiti insegnamenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e di quanto già considerato nella citata ordinanza n. 610/2011, il Collegio trae le seguenti conclusioni:

- il T.a.r. ha errato nel disapplicare la normativa regionale siciliana sulla base dell’ipotizzato contrasto con il diritto statale italiano;

- non sussistono i presupposti (difettandone la rilevanza) per rimettere alla Corte costituzionale una questione di legittimità della ridetta normativa regionale per preteso contrasto con i parametri costituzionali in materia di concorrenza, atteso che la disciplina regionale non interferisce unicamente con tale materia-valore, ma anche con quella della la tutela della salute;

- il T.a.r. ha errato nel disapplicare la medesima disciplina sulla base di un preteso contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea;

- sebbene anche gli esercizi di ottica concorrano alla tutela della salute dei cittadini, nondimeno l’attività in tal senso svolta da siffatti esercizi non è completamente sovrapponibile a quella delle farmacie;

- va riconosciuto agli Stati membri (e, quindi, nel caso di specie, anche al Legislatore siciliano) decidere, con un margine di discrezionalità, in riferimento alla misura della distanza minima che può intercorrere tra due esercizi, il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui detto livello deve essere raggiunto.

7. – Tanto premesso, il Collegio ritiene che l’appello meriti accoglimento. Difatti, nella fattispecie, è incontestato, come già osservato, che il Comune di Campobello di Mazara abbia autorizzato l’apertura dell’esercizio della Fotottica a una distanza inferiore a quella legale. Il rispetto di tale distanza, stabilito discrezionalmente dallo Stato membro (e, quindi, nel caso in esame, dal Legislatore siciliano), non appare censurabile, stante quanto chiarito dalla Corte di Giustizia (v. supra), competendo agli Stati membri la discrezionalità nel decidere il livello di garanzia delle tutela della sanità pubblica e il modo in cui detto livello deve essere raggiunto. Orbene, il Collegio non ritiene che nell’aver indicato una distanza obbligatoria minima di 300 metri tra un esercizio di ottica e l’altro il Legislatore siciliano abbia esercitato in modo manifestamente contrario al principio di proporzionalità la discrezionalità che l’ordinamento dell’Unione europea gli riconosce, tenuto conto del fatto che l’ordinamento nazionale, per la distanza tra le farmacie, fissa un limite di carattere generale di 200 metri (art. 1, quarto comma, della L. n. 475/1968) e che una maggiore distanza tra gli esercizi di ottici, stabilita in sede regionale, si presenta coerente con la surriferita osservazione della Corte di Giustizia, secondo cui l’interesse alla prossimità degli esercizi di ottica non si impone con un’intensità equiparabile a quella relativa alla distribuzione dei medicinali.

Muovendo da siffatte considerazioni e tenuto altresì conto del fatto che la disciplina positiva regionale impone il rispetto congiunto di entrambi i limiti, della distanza e della dimensione demografica del Comune, la circostanza che uno di detti limiti (id est, quello della distanza), ritenuto proporzionato, nella caso in esame non sia stato sicuramente rispettato, esonera il Collegio dall’effettuazione dell’indagine, principalmente tratteggiata dalla Corte di Giustizia con riferimento all’altro requisito, quello demografico, giacché un’analisi del genere nel caso in esame risulterebbe superflua ai fini del decidere e si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevole durata del giudizio.

Pertanto, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado (in relazione all’assorbente III motivo) e, conseguentemente, deve essere annullato il provvedimento con esso impugnato, ferma restando, ovviamente, in sede di eventuale rinnovazione del procedimento, la facoltà per il Comune appellato di verificare la sussistenza, nel caso in esame, della possibilità di applicare l’art. 1, comma 2, della L.R. n. 12/2004, a condizione che ciò avvenga nei limiti della compatibilità con tutto quanto osservato e considerato nella presente sentenza, nell’ordinanza n. 610/11 e nella decisione della Corte di Giustizia sopra richiamata.

8. – In considerazione della novità della questione e della complessità del contenzioso, si ravvisano giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado dall’appellante e annulla l’atto con esso impugnato, fatti salvi gli ulteriori ed eventuali provvedimenti dell’amministrazione comunale di Campobello di Mazara.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014, con l'intervento dei magistrati:



Marco Lipari, Presidente

Antonino Anastasi, Consigliere

Gabriele Carlotti, Consigliere, Estensore

Giuseppe Barone, Consigliere

Alessandro Corbino, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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N. 00650/2014REG.PROV.COLL.

N. 00616/2012 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 616 del 2012, proposto da:
Nardella Debora, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Zummo, con domicilio eletto presso l’avv. Marco Zummo in Palermo, via G. La Farina, n. 11;


contro

Comune di Palermo, rappresentato e difeso dall'avv. Calogero Bosco, domiciliato in Palermo, piazza Marina, n. 39; Regione Siciliana, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via De Gasperi, n. 81;


per la riforma

della sentenza del TAR PALERMO : Sezione III n. 02279/2011, resa tra le parti, concernente la cessazione dell’attività abusiva di ottico.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il Cons. Gabriele Carlotti e udito per le parti l’Avv. di Stato, Quiligotti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – La signora Debora Nardella impugna la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo, ha respinto (spese compensate) il ricorso, proposto in primo grado dall’odierna appellante, onde ottenere l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 118 del 23 marzo 2007, con la quale il dirigente del Settore Servizi alle Imprese del Comune di Palermo ha disposto la cessazione della attività, asseritamente abusiva, di ottico esercitata dalla signora Nardella.

2. – Si sono costituiti, per resistere all’impugnazione, il Comune di Palermo e la Presidenza della Regione siciliana.

3. – Con ordinanza n. 451 del 27 luglio 2012 questo Consiglio ha accolto l’istanza cautelare avanzata incidentalmente dall’appellante e, per l’effetto – richiamata la propria decisione n. 805/2008 -, ha sospeso l’esecutività della sentenza gravata, nonché l’efficacia della determinazione impugnata in prime cure.

4. – All’udienza pubblica del 22 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. – Il Collegio ritiene che la lite si presti ad essere definita con sentenza in forma semplificata.

6. – All’uopo è sufficiente riferire, in punto di fatto, che l’odierna ricorrente, titolare di impresa individuale operante nel settore dell’ottica, presentò nel mese di maggio del 2004, al Comune di Palermo, una comunicazione di apertura di commercio al dettaglio, ai sensi dell'art. 7 della l.r. n. 28/1999, assumendo di possedere tutti i requisiti idonei per l’esercizio dell’arte sanitaria ausiliaria di ottico. Decorsi trenta giorni dall’inoltro di tale comunicazione, la signora Nardella iniziò a svolgere l'attività in questione, ma ricevette poi, tre anni dopo, la notifica del provvedimento, con cui il dirigente del Settore Servizi alle Imprese del Comune di Palermo dispose la cessazione della sola attività abusiva di ottico, in quanto esercitata in assenza dell'autorizzazione amministrativa prevista dall'art. 12 del D.P.R.S. n. 64 del 01/6/1995.

L’appellante adì il T.a.r. per la Sicilia. Il primo Giudice, tuttavia, respinse il ricorso sulla base di un’interpretazione del quadro normativo pertinente (artt. 7 della l.r. n. 28/1999, 12 del D.Pres. Reg. Sic. n. 64/1995, 71 della l.r. n. 15/1973, istituzione del registro speciale degli esercenti l'attività di ottico, 1 e 12 del relativo regolamento di esecuzione di cui al D.Pres.Reg. n. 64/1995, art. 2 della l.r. n. 28/1999 e 2 della l.r. 9 luglio 2004, n. 12), disattendendo espressamente il precedente specifico di questo Consiglio di cui alla citata decisione n. 805/2008, secondo cui la disciplina generale sul commercio (dettata dalla l.r. n. 28/1999) si applica a tutte le attività commerciali della Regione, ivi compreso il micro-settore dell’ottica. Il Tribunale ha, quindi, conclusivamente ritenuto che, anche nella vigenza della l.r. n. 28/99, per avviare un nuovo esercizio commerciale di “ottico”, con svolgimento della relativa arte ausiliaria, occorresse un'apposita autorizzazione comunale e che non fosse sufficiente la semplice comunicazione di inizio di attività; ha anche soggiunto che, nel caso di specie, la signora Nardella non aveva fornito alcun principio di prova in ordine al possesso dei requisiti per lo svolgimento dell’attività in parola, difettando l’iscrizione della medesima al registro speciale esercenti l’attività di ottico, istituito presso il medesimo organo ai sensi del citato art. 71, comma 1, della l. r. n. 25/1993 e del D.Pres.Reg.Sic. n. 64/1995.

7. – L’appello è affidato ai seguenti mezzi di gravame: I) violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della l.r. n. 28/1999, inerente alla disciplina del commercio nella Regione siciliana, che introdusse la regola della denuncia di inizio attività in luogo della tradizionale autorizzazione; II) violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del regolamento di esecuzione della citata l.r. n. 25/1993, approvato con D.Pres.Reg.Sic. n.64/1995, in quanto i destinatari dell'art. 12 D.P.R.S. n. 64/1995 non sarebbero i titolari dei singoli punti vendita, ma i Comuni; non esisteva, al momento in cui l’appellante ebbe ad avviare la propria attività di ottico, alcuna norma che prevedesse la necessità di un’autorizzazione; III) illegittimità dell'art. 1 della l.r. n. 12/2004 per violazione degli art. 3 e 4 Cost., che non può comunque avere portata retroattiva; IV) illegittimità dell'art. 12 del regolamento di esecuzione (D.Pres.Reg.Sic. n. 64/1995) per violazione di norme gerarchicamente sovraordinate (art. 71 della l.r. n. 25/1993, l.r. n. 28/1999, e art. 41 Cost.); V) eccesso di potere per difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati; VI) nullità per carenza di potere, in quanto i Comuni avrebbero competenze unicamente inerenti alla regolamentazione della commercializzazione di prodotti ottici, rimanendo esclusa la possibilità per gli stessi enti di vagliare le abilitazioni di legge abilitanti all'attività di ottico.

8. – La Presidenza della Regione siciliana ha controdedotto, tra l’altro, che dall’allegato alla l.r. n. 28/1999 non si evincerebbe l’inclusione, tra le attività ivi indicate, di quella di ottico e che, anzi, la ridetta legge regionale avrebbe fatto espressamente salve, in quanto compatibili, le disposizioni relative agli esercenti tale attività. La Presidenza ha poi aggiunto che l’appellante nemmeno aveva dimostrato il possesso del duplice requisito del titolo di ottico e dell’iscrizione nell’albo speciale.

9. – Il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e che la controversia possa esser definita con il riferimento alla suddetta decisione di questo Consiglio n. 805/2008, pronunciata tra l’altro (anche) nei confronti della stessa signora Nardella, per una vicenda sostanzialmente identica a quella ora in esame. Premesso infatti che la l.r. n. 12/2004 non è applicabile ratione temporis alla fattispecie (giacché entrata in vigore il 17 luglio 2004), va osservato che questo Consiglio ha statuito che: “La questione giuridica oggetto del presente contenzioso si può riassumere in questi termini.

La l.r. 22.12.1999, n. 28 sulla disciplina del commercio nella Regione siciliana - attenendosi peraltro agli orientamenti nazionali sulla semplificazione delle attività economiche - introduce la regola della d.i.a. (in luogo della tradizionale autorizzazione). I ricorrenti sostengono che, poiché gli stessi prima di espletare l’attività, hanno effettuato l’anzidetta autodenuncia, mancherebbero i presupposti dell’“abusivismo” e quindi per l’ordinanza di chiusura.

La tesi opposta - sostenuta dall’amministrazione e accolta dal giudice di primo grado - ritiene invece necessaria l’autorizzazione. Essa fa leva essenzialmente sull’art. 1, c. 3, dell’anzidetta legge che fa “salve, in quanto compatibili con la presente legge le disposizioni relative: agli esercenti l’attività di ottico … di cui alla legge regionale 1 settembre 1993, n. 25”.

Ora, siccome quest’ultima legge prevede - per ciò che riguarda l’attività di ottico - il regime autorizzatorio, i provvedimenti di chiusura disposti dalla amministrazione sarebbero pienamente legittimi.

A giudizio di questo Collegio l’interpretazione più corretta della normativa in argomento è quella degli appellanti, in quanto più conforme ai principi della semplificazione sopra richiamati e anche al tenore letterale del testo legislativo. Il Collegio ritiene in sostanza che la disciplina generale sul commercio (dettata dalla l.r. n. 28/1999) si applichi a tutte le attività commerciali della Regione, ivi compreso il micro-settore dell’ottica. Le poche disposizioni legislative specifiche su quest’ultimo settore che - ai sensi dell’art. 1, c. 3, lett. a) l. n. 28/1999) - sopravvivono sono quelle compatibili con la disciplina generale: e cioè la normativa sostanziale sui limiti all’attività e ai trasferimenti della sede all’interno dello stesso comune. Non anche la normativa procedimentale prevista nella legislazione di settore.”.

Orbene la vicenda che occupa il Collegio non offre elementi per potersi discostare dal surriferito quadro di principi: ed invero, la tutela della salute, che pure incide sulla disciplina in esame, non concerne tanto il titolo necessario per l’apertura degli esercizi di ottico, ma i limiti in ordine alla distanza tra gli esercizi e al rapporto con la popolazione comunale (su cui, per l’appunto, si è incentrata la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, sez. IV, del 26 settembre 2013, in causa C-539/11).

10. - Ritiene, conclusivamente, il Collegio che l’appello debba trovare accoglimento e che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione; in particolare, non occorre verificare in sede processuale (come invece ha fatto il T.a.r.) se l’appellante sia, o no, in possesso dei requisiti del titolo abilitante all’esercizio dell’attività di ottico e dell’iscrizione all’apposito registro regionale, dal momento che l’ordine comunale impugnato in prime cure fu adottato sulla sola base della mancanza della autorizzazione amministrativa, sicché la valutazione della sussistenza dei ridetti requisiti – del tutto estranea sia in primo sia in secondo grado all’oggetto del contendere - è rimessa all’autorità amministrativa che, se del caso, attiverà gli strumenti di reazione all’uopo predisposti dall’ordinamento.

11. – Sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,

definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla la determinazione con esso impugnata.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014, con l'intervento dei magistrati:



Marco Lipari, Presidente

Antonino Anastasi, Consigliere

Gabriele Carlotti, Consigliere, Estensore

Giuseppe Barone, Consigliere

Alessandro Corbino, Consigliere



L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)