Una norma legislativa regionale che impone distanze minime tra rivendite
di giornali e riviste, anche se proveniente da una Regione a statuto
speciale, va disapplicata, in quanto si pone in
contrasto con la normativa nazionale di cui all'art. 3, D.L. 4 luglio
2006, n. 223, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che non prevede alcuna distanza minima tra questi esercizi commerciali.
Tale norma regionale invade la materia della tutela della concorrenza
riservata allo Stato, dall'art. 117, comma 2, lett. a), Cost. e
confligge con i principi di diritto europeo di libero stabilimento e di
concorrenza tra imprese, poiche' pone restrizioni sia all'istituzione di
nuove imprese che alla loro mobilita' sul territorio (art. 49, TFUE).
Questo e' quanto affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI), il quale, con la Sentenza n. 630 del 8 febbraio 2015, interviene in materia di rivendite di giornali e riviste, ritenendo infondata una censura basata sul mancato rispetto della distanza minima tra edicole imposta da una norma di legge regionale, in quanto quest`ultima deve essere disapplicata in favore della normativa nazionale che non prevede alcuna distanza minima tra i diversi esercizi.
In particolare, la norma che impone distanze minime di cui si invocava l`applicazione e' l'art. 4, Legge regionale Sardegna 5 luglio 1986, n. 49 (Disciplina dell`attivita' di rivendita di giornali e riviste).
La sentenza in esame specifica che l'art. 3, D.L. n. 223/2006, convertito dalla L. n. 248/2006, ha disposto che le attivita' commerciali di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, tra cui rientra quella di rivendita di giornali e riviste, siano svolte senza l`obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della medesima tipologia.
La potesta' legislativa in materia di tutela della concorrenza e' riservata allo Stato, dall`'art. 117, comma 2, lett. a) Cost., che si impone nei confronti anche delle Regioni a statuto speciale (Corte Cost., 17 dicembre 2008, n. 411).
In tal caso quindi si impone il rispetto della legge statale e non di quella regionale che va disapplicata.
Questo e' quanto affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI), il quale, con la Sentenza n. 630 del 8 febbraio 2015, interviene in materia di rivendite di giornali e riviste, ritenendo infondata una censura basata sul mancato rispetto della distanza minima tra edicole imposta da una norma di legge regionale, in quanto quest`ultima deve essere disapplicata in favore della normativa nazionale che non prevede alcuna distanza minima tra i diversi esercizi.
In particolare, la norma che impone distanze minime di cui si invocava l`applicazione e' l'art. 4, Legge regionale Sardegna 5 luglio 1986, n. 49 (Disciplina dell`attivita' di rivendita di giornali e riviste).
La sentenza in esame specifica che l'art. 3, D.L. n. 223/2006, convertito dalla L. n. 248/2006, ha disposto che le attivita' commerciali di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, tra cui rientra quella di rivendita di giornali e riviste, siano svolte senza l`obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della medesima tipologia.
La potesta' legislativa in materia di tutela della concorrenza e' riservata allo Stato, dall`'art. 117, comma 2, lett. a) Cost., che si impone nei confronti anche delle Regioni a statuto speciale (Corte Cost., 17 dicembre 2008, n. 411).
In tal caso quindi si impone il rispetto della legge statale e non di quella regionale che va disapplicata.
tuttocamere.it
N. 00630/2015REG.PROV.COLL.
N. 03663/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3663 del 2010 proposto da
PIGA Anna Rita, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Giovannelli con domicilio eletto in Roma, via Giovanni Nicotera, 29
PIGA Anna Rita, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Giovannelli con domicilio eletto in Roma, via Giovanni Nicotera, 29
contro
Comune di Porto Torres, in persona del sindaco in
carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Pilia e Paolo
Giuseppe Pilia, con domicilio eletto presso Associato Pilia Studio
Legale in Roma, piazza Prati degli Strozzi, 22;
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le provincie di Sassari e di Nuoro, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le provincie di Sassari e di Nuoro, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza n. 196 del TAR Sardegna, (Sezione Prima) del 17 febbraio 2009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune
di Porto Torres e del Ministero per i beni e le attività culturali e
della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il
patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le provincie di
Sassari e di Nuoro,
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre
2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti gli avvocati
Giovannelli e Pilia e l'avvocato dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. All'attuale appellante e originaria ricorrente Piga
Anna Rita, titolare dal 1989 di un’edicola per la rivendita di giornali
e riviste in piazza della Consolata, Porto Torres, piazza oggetto dal
2006 di lavori di sistemazione e ristrutturazione, in data 28 febbraio
2007, veniva comunicato l’avvio del procedimento per lo spostamento ad
altro sito del chiosco, intendendo quel Comune aderire a quanto
segnalato, con nota del 21 febbraio 2007, dalla Soprintendenza
sull’esigenza dello spostamento.
Nei confronti sia della comunicazione che della nota
della Soprintendenza veniva proposto ricorso straordinario al Capo dello
Stato, ricorso dichiarato infondato e respinto nel 2009.
L’originaria ricorrente impugnava quindi presso il
Tribunale amministrativo della Sardegna, con plurime censure e in data
10 settembre 2007, la determina comunale del 16 luglio 2007 di
approvazione della perizia suppletiva e di variante dei lavori di
sistemazione della citata piazza, nonché il parere favorevole espresso
dalla Soprintendenza con nota del 26 giugno 2007 e, con motivi aggiunti,
l'ordinanza comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 con cui le veniva
intimata la rimozione dell'edicola nel termine di quindici giorni con
l'avvertimento che, in caso di inadempimento, sarebbe stata data
esecuzione coattiva al provvedimento. Essa impugnava, altresì, con
ulteriori motivi aggiunti le note comunali del 15 gennaio 2008 e del 1
febbraio dello stesso anno.
2. Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado:
a. riteneva infondata l'eccezione di difetto di
legittimazione passiva sollevata dal Ministero intimato, avendo la
Soprintendenza rilasciato l'autorizzazione prevista dagli articoli 21 e
22 d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio)
in ordine alla ristrutturazione della piazza, in relazione alle
funzioni di tutela del vincolo sui beni artistici e culturali, e avendo
il procedimento di tutela autonomia sia funzionale per gli interessi
pubblici tutelati, sia effettuale perché viene definito attraverso un
provvedimento che produce effetti giuridici autonomi non potendo essere
definito né come atto preparatorio, né inquadrato nella figura dei
pareri;
b. riteneva la scelta di procedere alla rimozione
dell'edicola sufficientemente motivata dalla necessità di ultimare i
lavori di riqualificazione della piazza, in conformità alla perizia
suppletiva e di variante approvata dal Comune a seguito
dell'autorizzazione citata rilasciata dalla Soprintendenza.
Conseguentemente, riteneva infondata la doglianza sulla violazione
dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n.241, atteso che nella
citata comunicazione di avvio del procedimento si faceva riferimento
anche all'esigenza di procedere alla redazione di una perizia di
variante, così consentendo alla ricorrente di partecipare al
procedimento. Neppure riteneva sindacabile la scelta progettuale
dell'Amministrazione comunale, costituendo il frutto di valutazioni
tecnico-amministrativo ad essa riservate e non risultando tale scelta
manifestamente illogica, contraddittoria o ingiusta;
c. riteneva infondata la censura, pure ammissibile,
sulla violazione del principio di proporzionalità dell'azione
amministrativa, non risultando irragionevole lo spostamento dell'edicola
in ragione delle ridotte dimensioni spaziali della piazza in questione e
dell'obiettivo indicato dalla Soprintendenza di valorizzare le
condizioni di luce e prospettiva della chiesa situata sulla medesima
piazza;
d. riteneva infondata la terza censura, posto che il
ricorso straordinario in precedenza proposto contro altri provvedimenti
non poteva essere considerato alla stregua di un atto con cui la parte
avrebbe potuto esercitare le facoltà procedimentali e quindi
l'Amministrazione non era tenuta a prenderlo in considerazione ai fini
dell'articolo 10 della legge n. 241 del 1990;
e. riteneva infondata la censura, sollevata con il
primo dei motivi aggiunti, di illegittimità derivata, rivolta nei
confronti dell'impugnata ordinanza comunale n. 62 dell'8 ottobre 2007,
in ragione dell'infondatezza dei motivi dedotti con il ricorso
introduttivo;
f. riteneva infondata la censura sollevata con il
secondo dei motivi aggiunti, in quanto l'articolo 3 del decreto legge 4
luglio 2006, n.223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e
sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa
pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto
all’evasione fiscale) convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,
ha disposto che le attività commerciali tra cui rientra la vendita e la
distribuzione dei giornali, siano svolte senza il rispetto di distanze
minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima
tipologia di esercizio ed essendo questa normativa dettata a tutela
della concorrenza nell'ambito della potestà legislativa,riservata allo
Stato che si impone anche nei confronti delle Regioni a Statuto
speciale. Peraltro, l’articolo 4 della l.r. Sardegna 5 luglio 1986, n.49
(Disciplina dell’attività di rivendita di giornali e riviste)
che impone il rispetto della distanza minima contrasta con i principi
comunitari in materia di concorrenza tra imprese e di libertà di
stabilimento, prevedendo una forma di ingiustificata restrizione
all'ingresso di nuovi soggetti economici nello specifico mercato e
neppure si è in presenza di quei motivi di ordine pubblico o di pubblica
sicurezza che, ai sensi dell'articolo 46 del Trattato dell'Unione
Europea, consentano di introdurre norme restrittive;
g. riteneva, altresì infondate, le censure proposte
con i motivi aggiunti circa la mancanza dell'autorizzazione
paesaggistica e del permesso di costruire necessari per ordinare la
collocazione dell'edicola della ricorrente in altra piazza dello stesso
Comune, visto che i predetti titoli, come riconosciuto dalla stessa
ricorrente nella memoria del 5 dicembre 2008, sono stati rilasciati
rispettivamente il 29 ottobre 2008 e il 16 luglio 2008, in date comunque
antecedenti all'esecuzione dell'ordine di spostare l'edicola in
questione.
3. Con l'appello in epigrafe, la sentenza impugnata è
ritenuta erronea sia per con riguardo alla legittimità della scelta del
Comune di spostare l'edicola in un altro sito distante, senza
l’esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse e non considerando
le istanze di riposizionamento formulate dall'interessata , sia riguardo
alla legittimità dei provvedimenti per la localizzazione del nuovo sito
e per le modalità di esecuzione con cui il riposizionamento è stato
effettuato d’autorità dall'Amministrazione. E' stata così eccepita la
violazione della legge n. 241 del 1990, dell'articolo 6 del d.lgs. 24
aprile 2001, n.170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa
quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile
1999, n.108), dell'articolo 4 l.r. Sardegna 5 luglio 1986, n.49, degli articoli 3 e 6 della l.r. Sardegna 11 ottobre 1985, n.23 (Norme
in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, di
risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive,
di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative) e degli articoli 10 e 31 d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nonché dell'articolo 22 del d.lgs. n. 42 del 2004, in relazione dell'articolo 97 della Costituzione.
In particolare:
a. con riguardo alla scelta dell'Amministrazione
Comunale di rimuovere l'edicola disponendo il suo trasferimento in altra
piazza, l'appellante ha eccepito l'erroneità della sentenza per
illogicità e contraddittorietà, in quanto il tribunale amministrativo ha
tenuto conto solo dell'obiettivo di voler valorizzare le condizioni di
luce e prospettiva della chiesa situata nella piazza in questione,
omettendo di valutare gli interessi della comunità, il sacrificio
imposto all'interessata e la sua posizione consolidatasi nel tempo,
avendo da oltre un ventennio occupato il suolo pubblico in quel sito.
Rispettando il principio di proporzionalità, il Comune avrebbe potuto
procedere allo spostamento del sito solo ove ciò non avesse causato un
danno sproporzionato e comunque nella motivazione del provvedimento
avrebbe dovuto motivare adeguatamente l'apprezzamento anche sul piano
comparativo. La stessa Amministrazione, che aveva lasciato consolidare
l'assetto degli interessi dell'odierna appellante, ha poi imposto la
rimozione e il trasferimento dell'edicola, in assenza di un valido
contraddittorio e con un comportamento irragionevole e contraddittorio,
considerando soltanto quanto suggerito dalla Soprintendenza e non le
altre quattro alternative proposte dalla stessa attuale appellante. Il
giudice di primo grado non avrebbe comunque potuto esorbitare del
proprio sindacato colmando le lacune dell'Amministrazione nel
giustificare le scelte di quest'ultima in ragione delle ridotte
dimensioni spaziali della piazza in questione;
b. con riguardo alla violazione dell'art. 10, comma 1, lett. b)
della legge n. 241 del 1990 e del giusto procedimento per non avere
l'Amministrazione considerato la partecipazione al procedimento da parte
dell’interessata a seguito della ricezione della comunicazione di avvio
del procedimento e in particolare, di non aver considerato i contenuti
del ricorso straordinario proposto contro tale comunicazione e
notificato al Comune, ricorso che costituisce una forma di
partecipazione di cui tenere conto prima dell'adozione di un
provvedimento. Neppure è accettabile che il Comune abbia rigettato
immotivatamente, con i secondi motivi aggiunti, l’istanza
dell’interessata di soluzioni alternative di spostamento
c. di fronte alle doglianze per la mancata
considerazione delle censure di legittimità rese note al Comune mediante
la proposizione del ricorso straordinario, la motivazione della
sentenza è viziata per la sua illogicità, poichè il rigetto della
doglianza è fondato sul fatto che il Comune aveva reso edotta la signora
Piga, con la comunicazione di avvio del procedimento, sulla necessità
della redazione di una perizia di variante per i lavori di
ristrutturazione, anche ai fini del contraddittorio che, secondo
l'appellante, vi è stato in termini di propria partecipazione tramite la
proposizione del ricorso straordinario. Il giudice di primo grado ha
quindi omesso di esaminare le doglianze per come erano state formulate;
d. con riguardo all’integrazione della motivazione del
provvedimento del 31 luglio 2007 che preannunciava la rimozione
dell'edicola in mancanza di un titolo per l’occupazione di suolo
pubblico, si è concretizzata una violazione della fase partecipativa, in
quanto tale ragione non era stata rappresentata nella comunicazione di
avvio del procedimento e quindi non era stata oggetto di contraddittorio
e sul punto il giudice ha omesso ogni pronuncia;
e. con riguardo ai provvedimenti di spostamento del
chiosco e alle relative modalità poste in essere, il contenuto
dell'ordinanza comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 non ha considerato la
normativa in materia di rispetto della distanza minima tra edicole e ha
dimostrato l'assenza di una adeguata istruttoria. Non rileva di
conseguenza quanto erroneamente ritenuto dal tribunale circa il
contrasto della legge regionale sul rispetto delle distanze con i
principi previsti dal Trattato dell’Unione Europea in materia di
concorrenza tra imprese e libertà di stabilimento, poiché il Comune
avrebbe dovuto comunque rispettare la legge regionale, non potendo
disapplicare una disposizione normativa, in quanto incompetente. Il
giudice ha poi esorbitato dalle sue competenze sostituendosi
all'Amministrazione per giustificare l’operato di quest’ultima, e
anziché rilevare la fondatezza del motivo di doglianza e l'eccesso di
potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e del travisamento
dei fatti, ha disapplicato la normativa in questione;
f. anche con riguardo, infine, all'eccezione formulata
sulla mancanza del rilascio del permesso di costruire e del nulla osta
della Soprintendenza per lo spostamento dell'edicola nel nuovo sito, la
sentenza impugnata è erronea e contraddittoria, poiché l'ordinanza
comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 era immediatamente esecutiva e
stabiliva, che qualora entro quindici giorni dal ricevimento della
stessa non fosse stata rimossa l'edicola, si sarebbe proceduto
all’esecuzione coattiva. Il Comune ha adottato l'ordinanza senza
un'adeguata istruttoria e in assenza dei titoli necessari e neppure
rileva che questi ultimi siano stati rilasciati prima dell'esecuzione
dell'ordine di spostare l'edicola, non rispondendo ciò al vero, essendo
stata l'edicola rimossa il 17 marzo 2008 per collocarla nel cortile
della scuola media comunale, in assenza delle autorizzazioni per lo
spostamento nella nuova piazza rilasciate solo dopo alcuni mesi.
4. In data 8 maggio 2010, l'Amministrazione Comunale depositava un controricorso con appello incidentale in cui sosteneva che:
a. l'inammissibilità del ricorso in primo grado per
sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l'edicola sarebbe stata
trasferita in altra Piazza;
b. l'inammissibilità dello stesso ricorso per
violazione del principio di alternatività tra ricorso al tribunale
amministrativo e ricorso straordinario al Capo dello Stato, dato che,
asseritamente, gli stessi provvedimenti sarebbero stati impugnati
innanzi ai due organi;
c. l'inammissibilità dello stesso ricorso per carenza
di interesse, poiché l'originaria ricorrente non sarebbe mai stata
titolare di concessione di occupazione di suolo pubblico e quindi il suo
sarebbe stato un rapporto di mero fatto, inidoneo a generare una
aspettativa legittima;
d. l'inammissibilità dello stesso ricorso per mancata notifica alla Soprintendenza di Sassari.
Nell'appello incidentale, il Comune ribadiva di aver
proceduto ad una corretta comparazione degli interessi pubblici e
privati e che i provvedimenti adottati erano adeguatamente motivati con
il richiamo alle vincolanti prescrizioni della Soprintendenza.
Evidenziava ancora che l’interessata non avrebbe formulato per iscritto
alcuna osservazione e non avrebbe partecipato al procedimento e che la
mancanza di alcun titolo concessorio di occupazione del suolo pubblico
era stato un ulteriore elemento per ritenere prevalenti, rispetto alle
ragioni private, quelle di pubblico interesse alla rimozione in
questione. Sosteneva, dunque, che la disapplicazione della normativa
regionale era avvenuta ad opera del primo giudice e che l'attuale
appellante aveva comunque ottenuto le autorizzazioni previste per il
nuovo posizionamento dell'edicola, a nulla rilevando che le medesime non
fossero state ancora rilasciate al momento dell'adozione della
ordinanza n. 62 dell'ottobre 2007.
Chiedeva, infine, la condanna dell'appellante alle
spese nel primo grado di giudizio, essendo quest’ultima risultata
soccombente.
5. Con memoria del 16 ottobre 2014, la parte
appellante ha trasmesso una memoria con allegata documentazione
fotografica intesa a dimostrare l'atteggiamento contraddittorio
dell'Amministrazione Comunale nel concedere, nello stesso identico luogo
in cui si trovava l'edicola, la collocazione di tre gazebo. Nella
memoria vengono riepilogati i motivi d'appello, evidenziando che il
primo giudice ha omesso di pronunciarsi su alcuni motivi di doglianza
mossi in primo grado e ha respinto i motivi di impugnazione con un
ragionamento incoerente. Con riguardo, poi, ai motivi di appello
incidentale proposto dal Comune, questo è stato ritenuto inammissibile
poiché l'Amministrazione non ha chiesto di riformare la sentenza nella
parte in cui ha motivato non essere necessario pronunciarsi sulle
formulate eccezioni, avendo il giudice argomentato che il ricorso è
comunque infondato nel merito. Ciò premesso, la parte appellante ha
contestato quanto sostenuto dal Comune nel merito e in particolare ha
evidenziato:
a. l'interesse immediato, diretto e concreto alla
riforma della pronuncia di prime cure, intendendo riacquisire la propria
posizione originaria e godere dell'avviamento ivi guadagnato e
detenuto;
b. la mancanza della violazione del principio di alternatività, essendo diversi i provvedimenti impugnati;
c. di avere ottenuto la concessione di occupazione di
suolo pubblico e di aver sempre corrisposto i canoni e comunque, dopo
decenni di occupazione dello stesso sito, era da ritenere comunque
implicita l'autorizzazione, considerando la preesistente concessione
edilizia;
d. di aver notificato alla Soprintendenza il ricorso
di primo grado in data 6 novembre 2007, e risultando costituita la
medesima Soprintendenza il 13 novembre 2007;
e. che i provvedimenti gravati in prime cure erano
privi di idonea motivazione, essendo insufficiente il mero richiamo a
quanto asserito dalla Soprintendenza che si era limitata a suggerire di
“cogliere l'occasione” per verificare l'opportunità di individuare una
diversa collocazione dell'edicola al fine di limitare l'incidenza sulla
“prospettiva” della Chiesa della Consolata e che, dunque, era assente il
contenuto precettivo erroneamente interpretato come tale dal Comune.
Ciò in mancanza di alcun contemperamento tra interessi pubblici e
privati, non essendo stato preso in considerazione il legittimo
affidamento maturato e potendo l'edicola essere facilmente spostata in
altro punto della stessa piazza della Consolata;
f. di aver esercitato la propria partecipazione
endoprocedimentale tramite il ricorso straordinario, di cui il Comune
non ha tenuto minimamente conto non replicando alle eccezioni contenute
nello stesso, non instaurando alcun contraddittorio e continuando ad
emanare provvedimenti lesivi della sfera giuridica dell'appellante;
g. che l'ordinanza comunale n. 62 dell'8 ottobre 2007
non fa alcun riferimento al mancato rispetto della distanza minima tra
le edicole, distanza che “non deve essere inferiore a 700 metri nei centri superiori ai 20.000 abitanti”
e neanche fa cenno ad accertamenti in ordine all'esistenza di altri
punti vendita di giornali nelle vicinanze della nuova piazza, così
violando le previsioni della legge regionale in materia, che il
tribunale avrebbe dovuto rilevare;
h. che le autorizzazioni edilizie e paesaggistiche per
il posizionamento dell'edicola nella nuova ubicazione di Piazza Colombo
non fossero ancora state rilasciate al momento dell’ordine di
spostamento dell’edicola;
i. che il Comune deve essere condannato al pagamento
delle spese di lite dei due gradi di giudizio, essendo stato soccombente
nel primo grado .
6. Con memoria di replica del 27 ottobre 2014, il Comune ha evidenziato:
a. che lo stato attuale della piazza non è quello
rappresentato dai rilievi fotografici depositati dalla controparte, in
quanto la piazza non è occupata da gazebo come dimostrano le allegate
fotografie e comunque la produzione documentale non risulta ammissibile
in grado di appello;
b. che la sentenza impugnata non si è pronunciata
sulle varie eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso in
primo grado e riproposte in appello, essendo stato il vaglio omesso, in
quanto il ricorso è stato giudicato infondato;
c. che le eccezioni potevano anche essere proposte con
memoria, ma per mero scrupolo difensivo erano state presentate con
ricorso incidentale;
d. la sopravvenuta carenza di interesse della
originaria ricorrente che ha chiesto ed ottenuto la concessione di
occupazione di suolo pubblico della piazza di nuova sistemazione
dell'edicola, insieme con tutte le necessarie autorizzazioni e licenze
commerciali. Se ne deduce l’assenza sopravvenuta di ogni interesse al
ricorso in primo grado e all'annullamento degli atti impugnati;
e. la violazione del principio di alternatività tra
ricorso al Tribunale amministrativo e ricorso straordinario al
presidente della Repubblica, visto che il 7 ottobre 2014 l'Avvocatura
dello Stato ha depositato in giudizio il parere del Consiglio di Stato
sul citato ricorso straordinario, che è stato rigettato in quanto
infondato. Nel citato parere viene esplicitato che se la perizia
suppletiva e di variante è stata impugnata prima in sede straordinaria e
poi davanti al Tribunale amministrativo, la seconda impugnazione va
dichiarata improcedibile. Di conseguenza, in sede di decisione
sull'appello, il giudice deve pronunciarsi sull'inammissibilità
dell'originario ricorso per la citata violazione;
f. che l'originaria ricorrente non ha mai ottenuto la
necessaria concessione per l'occupazione del suolo pubblico nella piazza
della Consolata, per cui la stessa era solo titolare di un’aspettativa
di mero fatto e non già di un diritto o interesse legittimo al
mantenimento dell'edicola in quel posto, essendo comunque irrilevante il
pagamento di somme corrispondenti al canone, eventualmente valide per
compensare l'occupazione senza titolo. Di conseguenza, il Comune poteva
disporre liberamente del suolo pubblico per perseguire le specifiche
finalità di tutela avute di mira con la riqualificazione della piazza
monumentale. Da qui l'inammissibilità del ricorso originario per carenza
di interesse, non essendo tutelabile in sede giurisdizionale
un'aspettativa di mero fatto.
g. il ricorso originario, diversamente da quanto
sostenuto dalla parte appellante, non è stato notificato alla
Soprintendenza e la mancata notifica rende quindi il ricorso originario
inammissibile;
h. la soccombenza della originaria ricorrente, in sede
di giudizio di primo grado, avrebbe imposto la condanna della
ricorrente alle spese processuali in favore del Comune e non la
compensazione tra le parti delle medesime spese.
DIRITTO
1. Le eccezioni di inammissibilità sollevate
nell'appello incidentale dall’appellata vanno respinte, concernendo
eccezioni dichiarate assorbite per la ritenuta infondatezza del gravame e
di conseguenza per tale ragione non esaminate dal primo giudice. Esse
sono comunque prive di pregio. Questo Collegio non ravvisa, infatti, la
sopravvenuta carenza di interesse dell’originaria ricorrente in ragione
del fatto che l'edicola sia stata trasferita in altra piazza dello
stesso Comune, essendo ragionevole che l’interessata intenda riacquisire
la propria posizione originaria e recuperare i vantaggi conseguiti in
termini di clientela e di consolidamento dell'attività commerciale a
causa della collocazione dell'edicola in un posto frequentato. Neppure
sussiste la carenza di interesse alla decisione del giudice di primo
grado in ragione della mancata titolarità della concessione di
occupazione del suolo pubblico e quindi dell’assenza di alcuna tutela in
sede giurisdizionale per una aspettativa di mero fatto, dal momento che
la parte appellante ha contestato l'assunto ritenendo di essere
titolare della concessione e di aver corrisposto regolarmente i canoni e
quindi comunque titolare, in ragione del lungo tempo trascorso, di
un'autorizzazione implicita.
Analogamente non si ritiene sussistere
l'inammissibilità per violazione del principio di alternatività tra
ricorso straordinario al presidente della Repubblica e ricorso al
giudice amministrativo, essendo diversi i provvedimenti impugnati.
Questi si desume dall'oggetto sia del ricorso straordinario che di
quello giurisdizionale. Del resto, basti osservare, sulla base anche di
quanto risultante dalla stessa sentenza impugnata, che il ricorso
straordinario è stato proposto in data 28 giugno 2007 e che la
determinazione comunale n. 27 di approvazione della perizia suppletiva e
di variante dei lavori di sistemazione impugnata con il ricorso
giurisdizionale del 10 agosto 2007, è del 16 luglio 2007.
La stessa eccezione di inammissibilità del ricorso
originario per mancata notifica alla Soprintendenza di Sassari è senza
fondamento, risultando tale ufficio essersi costituito nel novembre
2007, evidentemente dopo la notifica del ricorso.
Anche la richiesta dell'appello incidentale di
considerare errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto
di compensare tra le parti le spese processuali in ragione della
dichiarata soccombenza della parte originaria ricorrente è priva di
pregio, dal momento che il giudice di primo grado, nell'ambito della sua
discrezionalità, pur dichiarando soccombente l'originaria ricorrente ha
legittimamente giustificato la compensazione per la peculiarità della
vicenda giuridica e fattuale, evidentemente ritenendo le spese
eccessive, secondo quanto previsto dall'articolo 92 Cod. proc. civ.e
questo Collegio non intende comunque discostarsi da tale decisione
poiché la condivide.
In conclusione, l'appello incidentale va respinto.
Ciò posto e passando a esaminare l'appello principale,
il Collegio ritiene che sia infondato, risultando i vari profili delle
censura ivi dedotti privi di pregio e condivisibile la decisione che ha
seguito un corretto iter logico-giuridico, avendo motivato adeguatamente
il ragionamento.
Risulta, infatti, che contrariamente a quanto ritenuto
dalla ’appellante, il Comune ha effettuato una corretta valutazione
comparativa degli interessi ed ha ritenuto prevalente l'esigenza di
riqualificare la piazza della Consolata per valorizzare le condizioni di
luce e di prospettiva della Chiesa della Consolata, in ciò accogliendo
le indicazioni della Soprintendenza: indicazioni che, seppur non
vincolanti, hanno un indiscutibile valore,e sono state apprezzate
nell'ambito di un giudizio discrezionale coerente con gli interessi
generali.
Neppure rileva, secondo il Collegio, il fatto che, per
oltre venti anni, l'edicola sia stata collocata in adiacenza alla
chiesa e che siano state raccolte firme per sostenere il suo
mantenimento in quella posizione. Nulla infatti impedisce che
l'Amministrazione comunale possa assumere una determinazione di segno
opposto nell’esercizio delle sue potestà, armonizzandola con le per essa
dovute conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale (cfr.
artt. 1, comma 3; 2, comma 4; 7, comma 2, d.lgs. 22 gennaio 2004, n,
42).
Non si ritiene, di conseguenza, che nel comportamento
del Comune – coerente con questi suoi doveri generali, conformi
all’art. 9 Cost. - possa essere ravvisata irragionevolezza,
contraddittorietà e illogicità. Bene ha il giudice di primo grado
ritenuto insindacabile la scelta comunale che rappresenta il frutto di
valutazioni tecnico-amministrative riservate a quell'ente.
Del resto, nella comunicazione di avvio del
procedimento in cui si faceva riferimento all'esigenza di procedere alla
redazione di una perizia di variante, approvata successivamente e
comunque dopo la presentazione del ricorso straordinario in cui tale
comunicazione veniva impugnata, era chiara la volontà del Comune di
aderire a quanto positivamente segnalato dalla Soprintendenza.
Ciò peraltro destituisce di fondamento la censura
relativa alla violazione dell'art. 7 l. n. 241 del 90, ma al tempo
stesso priva di rilievo anche la censura sul fatto che il giudice di
primo grado non abbia tenuto in considerazione quanto desumibile dalla
vicenda connessa al ricorso straordinario al Capo dello Stato, fermo
restando che tale ricorso non può essere considerato, sotto un profilo
formale, tra le memorie scritte e i documenti di cui all'articolo 10,
lettera b), della legge n. 241 del 1990.
Neppure il Collegio ritiene sia stato violato il
principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, dal momento che
è ragionevole e proporzionata – e oggettivamente soccorrente gli
interessi della appellante - la scelta operata dall'Amministrazione
comunale nell'offrire un'altra piazza per la sistemazione dell'edicola.
Bene il primo giudice ha ritenuto non fondata la censura formulata.
Risulta, peraltro, evidente che la valorizzazione
delle condizioni di luce e di prospettiva della chiesa in questione
risultano oggettivamente legate alle dimensioni spaziali della piazza e
non costituiscono un impedimento al fatto che il primo giudice la abbia
rilevata.
Nemmeno rileva l'affidamento di fatto riposto
dall’attuale appellante nell’asserito consolidamento temporale della sua
collocazione. Questo non poteva impedire all'Amministrazione di
procedere nella riqualificazione della piazza e alla sua valorizzazione.
Anche il rigetto delle alternative proposte
dall’attuale appellante può essere ritenuto irragionevole e
contraddittorio, perché è frutto di insindacabili valutazioni del
Comune.
Circa, poi, la questione relativa al mancato rispetto
della distanza minima tra edicole che avrebbe violato l'articolo 4 l.r.
Sardegna 5 luglio 1986, n.49 (Disciplina dell’attività di rivendita di giornali e riviste), il primo giudice ha correttamente evidenziato che l'art. 3 d.-l. 4 luglio 2006, n.223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 ha disposto che le attività commerciali di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, n.114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59)
- tra cui rientra quella di rivendita di giornali e riviste - siano
svolte senza l’obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della
medesima tipologia. In tal senso, la sentenza impugnata bene ha rilevato
che, quanto a tutela della concorrenza, la potestà legislativa è
riservata allo Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. a)
, Cost., il che si impone nei confronti anche delle Regioni a statuto
speciale (vedi Corte Costituzionale, 17 dicembre 2008, n.411).
Il Comune quindi era tenuto a rispettare la legge
statale e non quella regionale. Quest’ultima, oltre ad essere in
contrasto con la legge statale, confliggeva anche con i principi di
diritto europeo di libero stabilimento e di concorrenza tra imprese,
poiché poneva restrizioni sia all’istituzione di nuove imprese che alla
loro mobilità sul territorio (articolo 49 TFUE). Non ricorre, in
materia, la possibilità per i singoli Stati di derogare a tali principi
con l’apposizione di vincoli di varia natura, atteso che il Trattato ne prevede la possibilità solo per comprovati motivi di natura sanitaria o di ordine e sicurezza pubblica.
Conseguentemente, bene la sentenza impugnata disapplica l’articolo 4 della legge regionale n. 49 del 1986.
Quanto alla mancanza, al momento dell'adozione
dell'ordinanza n. 62 dell'8 ottobre 2007 di rimozione dell’edicola, di
autorizzazioni edilizie e paesaggistiche per il posizionamento della
stessa nella nuova ubicazione, non vi è dubbio che queste siano state
rilasciate dopo l'adozione di tale ordinanza: ciò peraltro non
significa, come bene ha considerato la sentenza impugnata, che tali
autorizzazioni dovessero essere atti presupposti del procedimento che ha
condotto all'adozione dell'ordinanza di rimozione. I procedimenti che
hanno portato al rilascio dei due titoli sono, infatti, autonomi
rispetto a quello che ha portato all’adozione dell’ordinanza impugnata
con i motivi aggiunti del ricorso di primo grado. L'edicola è stata, del
resto, rimossa e collocata, come riconosciuto dalla stessa appellante,
nel cortile della scuola media comunale, in attesa delle autorizzazioni
citate per lo spostamento nella nuova piazza.
Ciò che rileva, come bene ha rilevato il primo
giudice, è che i detti distinti titoli siano stati acquisiti prima
dell'esecuzione dei lavori della nuova sistemazione dell'edicola.
Conseguentemente, questo Collegio non ravvisa le contraddittorietà o
erroneità affermate dall’appello
In merito, infine, alla nota comunale del 31 luglio
2007 che preannunciava la rimozione dell'edicola integrando le ragioni
di tale scelta con l'ulteriore motivo della mancanza di titolo per
l'occupazione di suolo pubblico nella piazza della Consolata, così
violando le norme sulla partecipazione, il Collegio ritiene che, anche
qualora esista un motivo di diniego su cui l'interessato non abbia
potuto interloquire, il provvedimento finale adottato sia legittimo in
quanto basato su altro motivo che, nel caso di specie, era addirittura
precedente a quello formulato in successione di tempo. La presenza o
assenza della concessione non assume valenza ai fini della legittimità
del provvedimento. E’ comunque ragionevole ritenere che
l'Amministrazione comunale disponesse di tutti gli elementi documentali
per affermare l'assenza della concessione e che la corresponsione del
canone dovuto per l'occupazione non serva a dimostrare la concessione
del titolo, ma semmai a solo compensare una tale occupazione ove senza
titolo.
2. In conclusione, l'appello va respinto.
La complessità e la peculiarità della vicenda
giuridica consente di compensare tra le parti le spese del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 3663
del 2010), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 18 novembre 2014, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)