giovedì 19 febbraio 2015

Rivendita di giornali e riviste: va disapplicata la legge regionale che impone distanze minime


Una norma legislativa regionale che impone distanze minime tra rivendite di giornali e riviste, anche se proveniente da una Regione a statuto speciale, va disapplicata, in quanto si pone in contrasto con la normativa nazionale di cui all'art. 3, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che non prevede alcuna distanza minima tra questi esercizi commerciali. Tale norma regionale invade la materia della tutela della concorrenza riservata allo Stato, dall'art. 117, comma 2, lett. a), Cost. e confligge con i principi di diritto europeo di libero stabilimento e di concorrenza tra imprese, poiche' pone restrizioni sia all'istituzione di nuove imprese che alla loro mobilita' sul territorio (art. 49, TFUE).

Questo e' quanto affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI), il quale, con la Sentenza n. 630 del 8 febbraio 2015, interviene in materia di rivendite di giornali e riviste, ritenendo infondata una censura basata sul mancato rispetto della distanza minima tra edicole imposta da una norma di legge regionale, in quanto quest`ultima deve essere disapplicata in favore della normativa nazionale che non prevede alcuna distanza minima tra i diversi esercizi.

In particolare, la norma che impone distanze minime di cui si invocava l`applicazione e' l'art. 4, Legge regionale Sardegna 5 luglio 1986, n. 49 (Disciplina dell`attivita' di rivendita di giornali e riviste).
La sentenza in esame specifica che l'art. 3, D.L. n. 223/2006, convertito dalla L. n. 248/2006, ha disposto che le attivita' commerciali di cui al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, tra cui rientra quella di rivendita di giornali e riviste, siano svolte senza l`obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della medesima tipologia.
La potesta' legislativa in materia di tutela della concorrenza e' riservata allo Stato, dall`'art. 117, comma 2, lett. a) Cost., che si impone nei confronti anche delle Regioni a statuto speciale (Corte Cost., 17 dicembre 2008, n. 411).
In tal caso quindi si impone il rispetto della legge statale e non di quella regionale che va disapplicata.

tuttocamere.it

N. 00630/2015REG.PROV.COLL.
N. 03663/2010 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3663 del 2010 proposto da
PIGA Anna Rita, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Giovannelli con domicilio eletto in Roma, via Giovanni Nicotera, 29
contro
Comune di Porto Torres, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Pilia e Paolo Giuseppe Pilia, con domicilio eletto presso Associato Pilia Studio Legale in Roma, piazza Prati degli Strozzi, 22;
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le provincie di Sassari e di Nuoro, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza n. 196 del TAR Sardegna, (Sezione Prima) del 17 febbraio 2009, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Porto Torres e del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per le provincie di Sassari e di Nuoro,
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti gli avvocati Giovannelli e Pilia e l'avvocato dello Stato Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. All'attuale appellante e originaria ricorrente Piga Anna Rita, titolare dal 1989 di un’edicola per la rivendita di giornali e riviste in piazza della Consolata, Porto Torres, piazza oggetto dal 2006 di lavori di sistemazione e ristrutturazione, in data 28 febbraio 2007, veniva comunicato l’avvio del procedimento per lo spostamento ad altro sito del chiosco, intendendo quel Comune aderire a quanto segnalato, con nota del 21 febbraio 2007, dalla Soprintendenza sull’esigenza dello spostamento.
Nei confronti sia della comunicazione che della nota della Soprintendenza veniva proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, ricorso dichiarato infondato e respinto nel 2009.
L’originaria ricorrente impugnava quindi presso il Tribunale amministrativo della Sardegna, con plurime censure e in data 10 settembre 2007, la determina comunale del 16 luglio 2007 di approvazione della perizia suppletiva e di variante dei lavori di sistemazione della citata piazza, nonché il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza con nota del 26 giugno 2007 e, con motivi aggiunti, l'ordinanza comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 con cui le veniva intimata la rimozione dell'edicola nel termine di quindici giorni con l'avvertimento che, in caso di inadempimento, sarebbe stata data esecuzione coattiva al provvedimento. Essa impugnava, altresì, con ulteriori motivi aggiunti le note comunali del 15 gennaio 2008 e del 1 febbraio dello stesso anno.
2. Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado:
a. riteneva infondata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero intimato, avendo la Soprintendenza rilasciato l'autorizzazione prevista dagli articoli 21 e 22 d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) in ordine alla ristrutturazione della piazza, in relazione alle funzioni di tutela del vincolo sui beni artistici e culturali, e avendo il procedimento di tutela autonomia sia funzionale per gli interessi pubblici tutelati, sia effettuale perché viene definito attraverso un provvedimento che produce effetti giuridici autonomi non potendo essere definito né come atto preparatorio, né inquadrato nella figura dei pareri;
b. riteneva la scelta di procedere alla rimozione dell'edicola sufficientemente motivata dalla necessità di ultimare i lavori di riqualificazione della piazza, in conformità alla perizia suppletiva e di variante approvata dal Comune a seguito dell'autorizzazione citata rilasciata dalla Soprintendenza. Conseguentemente, riteneva infondata la doglianza sulla violazione dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n.241, atteso che nella citata comunicazione di avvio del procedimento si faceva riferimento anche all'esigenza di procedere alla redazione di una perizia di variante, così consentendo alla ricorrente di partecipare al procedimento. Neppure riteneva sindacabile la scelta progettuale dell'Amministrazione comunale, costituendo il frutto di valutazioni tecnico-amministrativo ad essa riservate e non risultando tale scelta manifestamente illogica, contraddittoria o ingiusta;
c. riteneva infondata la censura, pure ammissibile, sulla violazione del principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, non risultando irragionevole lo spostamento dell'edicola in ragione delle ridotte dimensioni spaziali della piazza in questione e dell'obiettivo indicato dalla Soprintendenza di valorizzare le condizioni di luce e prospettiva della chiesa situata sulla medesima piazza;
d. riteneva infondata la terza censura, posto che il ricorso straordinario in precedenza proposto contro altri provvedimenti non poteva essere considerato alla stregua di un atto con cui la parte avrebbe potuto esercitare le facoltà procedimentali e quindi l'Amministrazione non era tenuta a prenderlo in considerazione ai fini dell'articolo 10 della legge n. 241 del 1990;
e. riteneva infondata la censura, sollevata con il primo dei motivi aggiunti, di illegittimità derivata, rivolta nei confronti dell'impugnata ordinanza comunale n. 62 dell'8 ottobre 2007, in ragione dell'infondatezza dei motivi dedotti con il ricorso introduttivo;
f. riteneva infondata la censura sollevata con il secondo dei motivi aggiunti, in quanto l'articolo 3 del decreto legge 4 luglio 2006, n.223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale) convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha disposto che le attività commerciali tra cui rientra la vendita e la distribuzione dei giornali, siano svolte senza il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio ed essendo questa normativa dettata a tutela della concorrenza nell'ambito della potestà legislativa,riservata allo Stato che si impone anche nei confronti delle Regioni a Statuto speciale. Peraltro, l’articolo 4 della l.r. Sardegna 5 luglio 1986, n.49 (Disciplina dell’attività di rivendita di giornali e riviste) che impone il rispetto della distanza minima contrasta con i principi comunitari in materia di concorrenza tra imprese e di libertà di stabilimento, prevedendo una forma di ingiustificata restrizione all'ingresso di nuovi soggetti economici nello specifico mercato e neppure si è in presenza di quei motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che, ai sensi dell'articolo 46 del Trattato dell'Unione Europea, consentano di introdurre norme restrittive;
g. riteneva, altresì infondate, le censure proposte con i motivi aggiunti circa la mancanza dell'autorizzazione paesaggistica e del permesso di costruire necessari per ordinare la collocazione dell'edicola della ricorrente in altra piazza dello stesso Comune, visto che i predetti titoli, come riconosciuto dalla stessa ricorrente nella memoria del 5 dicembre 2008, sono stati rilasciati rispettivamente il 29 ottobre 2008 e il 16 luglio 2008, in date comunque antecedenti all'esecuzione dell'ordine di spostare l'edicola in questione.
3. Con l'appello in epigrafe, la sentenza impugnata è ritenuta erronea sia per con riguardo alla legittimità della scelta del Comune di spostare l'edicola in un altro sito distante, senza l’esplicitazione delle ragioni di pubblico interesse e non considerando le istanze di riposizionamento formulate dall'interessata , sia riguardo alla legittimità dei provvedimenti per la localizzazione del nuovo sito e per le modalità di esecuzione con cui il riposizionamento è stato effettuato d’autorità dall'Amministrazione. E' stata così eccepita la violazione della legge n. 241 del 1990, dell'articolo 6 del d.lgs. 24 aprile 2001, n.170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n.108), dell'articolo 4 l.r. Sardegna 5 luglio 1986, n.49, degli articoli 3 e 6 della l.r. Sardegna 11 ottobre 1985, n.23 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative) e degli articoli 10 e 31 d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nonché dell'articolo 22 del d.lgs. n. 42 del 2004, in relazione dell'articolo 97 della Costituzione.
In particolare:
a. con riguardo alla scelta dell'Amministrazione Comunale di rimuovere l'edicola disponendo il suo trasferimento in altra piazza, l'appellante ha eccepito l'erroneità della sentenza per illogicità e contraddittorietà, in quanto il tribunale amministrativo ha tenuto conto solo dell'obiettivo di voler valorizzare le condizioni di luce e prospettiva della chiesa situata nella piazza in questione, omettendo di valutare gli interessi della comunità, il sacrificio imposto all'interessata e la sua posizione consolidatasi nel tempo, avendo da oltre un ventennio occupato il suolo pubblico in quel sito. Rispettando il principio di proporzionalità, il Comune avrebbe potuto procedere allo spostamento del sito solo ove ciò non avesse causato un danno sproporzionato e comunque nella motivazione del provvedimento avrebbe dovuto motivare adeguatamente l'apprezzamento anche sul piano comparativo. La stessa Amministrazione, che aveva lasciato consolidare l'assetto degli interessi dell'odierna appellante, ha poi imposto la rimozione e il trasferimento dell'edicola, in assenza di un valido contraddittorio e con un comportamento irragionevole e contraddittorio, considerando soltanto quanto suggerito dalla Soprintendenza e non le altre quattro alternative proposte dalla stessa attuale appellante. Il giudice di primo grado non avrebbe comunque potuto esorbitare del proprio sindacato colmando le lacune dell'Amministrazione nel giustificare le scelte di quest'ultima in ragione delle ridotte dimensioni spaziali della piazza in questione;
b. con riguardo alla violazione dell'art. 10, comma 1, lett. b) della legge n. 241 del 1990 e del giusto procedimento per non avere l'Amministrazione considerato la partecipazione al procedimento da parte dell’interessata a seguito della ricezione della comunicazione di avvio del procedimento e in particolare, di non aver considerato i contenuti del ricorso straordinario proposto contro tale comunicazione e notificato al Comune, ricorso che costituisce una forma di partecipazione di cui tenere conto prima dell'adozione di un provvedimento. Neppure è accettabile che il Comune abbia rigettato immotivatamente, con i secondi motivi aggiunti, l’istanza dell’interessata di soluzioni alternative di spostamento
c. di fronte alle doglianze per la mancata considerazione delle censure di legittimità rese note al Comune mediante la proposizione del ricorso straordinario, la motivazione della sentenza è viziata per la sua illogicità, poichè il rigetto della doglianza è fondato sul fatto che il Comune aveva reso edotta la signora Piga, con la comunicazione di avvio del procedimento, sulla necessità della redazione di una perizia di variante per i lavori di ristrutturazione, anche ai fini del contraddittorio che, secondo l'appellante, vi è stato in termini di propria partecipazione tramite la proposizione del ricorso straordinario. Il giudice di primo grado ha quindi omesso di esaminare le doglianze per come erano state formulate;
d. con riguardo all’integrazione della motivazione del provvedimento del 31 luglio 2007 che preannunciava la rimozione dell'edicola in mancanza di un titolo per l’occupazione di suolo pubblico, si è concretizzata una violazione della fase partecipativa, in quanto tale ragione non era stata rappresentata nella comunicazione di avvio del procedimento e quindi non era stata oggetto di contraddittorio e sul punto il giudice ha omesso ogni pronuncia;
e. con riguardo ai provvedimenti di spostamento del chiosco e alle relative modalità poste in essere, il contenuto dell'ordinanza comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 non ha considerato la normativa in materia di rispetto della distanza minima tra edicole e ha dimostrato l'assenza di una adeguata istruttoria. Non rileva di conseguenza quanto erroneamente ritenuto dal tribunale circa il contrasto della legge regionale sul rispetto delle distanze con i principi previsti dal Trattato dell’Unione Europea in materia di concorrenza tra imprese e libertà di stabilimento, poiché il Comune avrebbe dovuto comunque rispettare la legge regionale, non potendo disapplicare una disposizione normativa, in quanto incompetente. Il giudice ha poi esorbitato dalle sue competenze sostituendosi all'Amministrazione per giustificare l’operato di quest’ultima, e anziché rilevare la fondatezza del motivo di doglianza e l'eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti, ha disapplicato la normativa in questione;
f. anche con riguardo, infine, all'eccezione formulata sulla mancanza del rilascio del permesso di costruire e del nulla osta della Soprintendenza per lo spostamento dell'edicola nel nuovo sito, la sentenza impugnata è erronea e contraddittoria, poiché l'ordinanza comunale n. 62 dell' 8 ottobre 2007 era immediatamente esecutiva e stabiliva, che qualora entro quindici giorni dal ricevimento della stessa non fosse stata rimossa l'edicola, si sarebbe proceduto all’esecuzione coattiva. Il Comune ha adottato l'ordinanza senza un'adeguata istruttoria e in assenza dei titoli necessari e neppure rileva che questi ultimi siano stati rilasciati prima dell'esecuzione dell'ordine di spostare l'edicola, non rispondendo ciò al vero, essendo stata l'edicola rimossa il 17 marzo 2008 per collocarla nel cortile della scuola media comunale, in assenza delle autorizzazioni per lo spostamento nella nuova piazza rilasciate solo dopo alcuni mesi.
4. In data 8 maggio 2010, l'Amministrazione Comunale depositava un controricorso con appello incidentale in cui sosteneva che:
a. l'inammissibilità del ricorso in primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto l'edicola sarebbe stata trasferita in altra Piazza;
b. l'inammissibilità dello stesso ricorso per violazione del principio di alternatività tra ricorso al tribunale amministrativo e ricorso straordinario al Capo dello Stato, dato che, asseritamente, gli stessi provvedimenti sarebbero stati impugnati innanzi ai due organi;
c. l'inammissibilità dello stesso ricorso per carenza di interesse, poiché l'originaria ricorrente non sarebbe mai stata titolare di concessione di occupazione di suolo pubblico e quindi il suo sarebbe stato un rapporto di mero fatto, inidoneo a generare una aspettativa legittima;
d. l'inammissibilità dello stesso ricorso per mancata notifica alla Soprintendenza di Sassari.
Nell'appello incidentale, il Comune ribadiva di aver proceduto ad una corretta comparazione degli interessi pubblici e privati e che i provvedimenti adottati erano adeguatamente motivati con il richiamo alle vincolanti prescrizioni della Soprintendenza. Evidenziava ancora che l’interessata non avrebbe formulato per iscritto alcuna osservazione e non avrebbe partecipato al procedimento e che la mancanza di alcun titolo concessorio di occupazione del suolo pubblico era stato un ulteriore elemento per ritenere prevalenti, rispetto alle ragioni private, quelle di pubblico interesse alla rimozione in questione. Sosteneva, dunque, che la disapplicazione della normativa regionale era avvenuta ad opera del primo giudice e che l'attuale appellante aveva comunque ottenuto le autorizzazioni previste per il nuovo posizionamento dell'edicola, a nulla rilevando che le medesime non fossero state ancora rilasciate al momento dell'adozione della ordinanza n. 62 dell'ottobre 2007.
Chiedeva, infine, la condanna dell'appellante alle spese nel primo grado di giudizio, essendo quest’ultima risultata soccombente.
5. Con memoria del 16 ottobre 2014, la parte appellante ha trasmesso una memoria con allegata documentazione fotografica intesa a dimostrare l'atteggiamento contraddittorio dell'Amministrazione Comunale nel concedere, nello stesso identico luogo in cui si trovava l'edicola, la collocazione di tre gazebo. Nella memoria vengono riepilogati i motivi d'appello, evidenziando che il primo giudice ha omesso di pronunciarsi su alcuni motivi di doglianza mossi in primo grado e ha respinto i motivi di impugnazione con un ragionamento incoerente. Con riguardo, poi, ai motivi di appello incidentale proposto dal Comune, questo è stato ritenuto inammissibile poiché l'Amministrazione non ha chiesto di riformare la sentenza nella parte in cui ha motivato non essere necessario pronunciarsi sulle formulate eccezioni, avendo il giudice argomentato che il ricorso è comunque infondato nel merito. Ciò premesso, la parte appellante ha contestato quanto sostenuto dal Comune nel merito e in particolare ha evidenziato:
a. l'interesse immediato, diretto e concreto alla riforma della pronuncia di prime cure, intendendo riacquisire la propria posizione originaria e godere dell'avviamento ivi guadagnato e detenuto;
b. la mancanza della violazione del principio di alternatività, essendo diversi i provvedimenti impugnati;
c. di avere ottenuto la concessione di occupazione di suolo pubblico e di aver sempre corrisposto i canoni e comunque, dopo decenni di occupazione dello stesso sito, era da ritenere comunque implicita l'autorizzazione, considerando la preesistente concessione edilizia;
d. di aver notificato alla Soprintendenza il ricorso di primo grado in data 6 novembre 2007, e risultando costituita la medesima Soprintendenza il 13 novembre 2007;
e. che i provvedimenti gravati in prime cure erano privi di idonea motivazione, essendo insufficiente il mero richiamo a quanto asserito dalla Soprintendenza che si era limitata a suggerire di “cogliere l'occasione” per verificare l'opportunità di individuare una diversa collocazione dell'edicola al fine di limitare l'incidenza sulla “prospettiva” della Chiesa della Consolata e che, dunque, era assente il contenuto precettivo erroneamente interpretato come tale dal Comune. Ciò in mancanza di alcun contemperamento tra interessi pubblici e privati, non essendo stato preso in considerazione il legittimo affidamento maturato e potendo l'edicola essere facilmente spostata in altro punto della stessa piazza della Consolata;
f. di aver esercitato la propria partecipazione endoprocedimentale tramite il ricorso straordinario, di cui il Comune non ha tenuto minimamente conto non replicando alle eccezioni contenute nello stesso, non instaurando alcun contraddittorio e continuando ad emanare provvedimenti lesivi della sfera giuridica dell'appellante;
g. che l'ordinanza comunale n. 62 dell'8 ottobre 2007 non fa alcun riferimento al mancato rispetto della distanza minima tra le edicole, distanza che “non deve essere inferiore a 700 metri nei centri superiori ai 20.000 abitanti” e neanche fa cenno ad accertamenti in ordine all'esistenza di altri punti vendita di giornali nelle vicinanze della nuova piazza, così violando le previsioni della legge regionale in materia, che il tribunale avrebbe dovuto rilevare;
h. che le autorizzazioni edilizie e paesaggistiche per il posizionamento dell'edicola nella nuova ubicazione di Piazza Colombo non fossero ancora state rilasciate al momento dell’ordine di spostamento dell’edicola;
i. che il Comune deve essere condannato al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio, essendo stato soccombente nel primo grado .
6. Con memoria di replica del 27 ottobre 2014, il Comune ha evidenziato:
a. che lo stato attuale della piazza non è quello rappresentato dai rilievi fotografici depositati dalla controparte, in quanto la piazza non è occupata da gazebo come dimostrano le allegate fotografie e comunque la produzione documentale non risulta ammissibile in grado di appello;
b. che la sentenza impugnata non si è pronunciata sulle varie eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso in primo grado e riproposte in appello, essendo stato il vaglio omesso, in quanto il ricorso è stato giudicato infondato;
c. che le eccezioni potevano anche essere proposte con memoria, ma per mero scrupolo difensivo erano state presentate con ricorso incidentale;
d. la sopravvenuta carenza di interesse della originaria ricorrente che ha chiesto ed ottenuto la concessione di occupazione di suolo pubblico della piazza di nuova sistemazione dell'edicola, insieme con tutte le necessarie autorizzazioni e licenze commerciali. Se ne deduce l’assenza sopravvenuta di ogni interesse al ricorso in primo grado e all'annullamento degli atti impugnati;
e. la violazione del principio di alternatività tra ricorso al Tribunale amministrativo e ricorso straordinario al presidente della Repubblica, visto che il 7 ottobre 2014 l'Avvocatura dello Stato ha depositato in giudizio il parere del Consiglio di Stato sul citato ricorso straordinario, che è stato rigettato in quanto infondato. Nel citato parere viene esplicitato che se la perizia suppletiva e di variante è stata impugnata prima in sede straordinaria e poi davanti al Tribunale amministrativo, la seconda impugnazione va dichiarata improcedibile. Di conseguenza, in sede di decisione sull'appello, il giudice deve pronunciarsi sull'inammissibilità dell'originario ricorso per la citata violazione;
f. che l'originaria ricorrente non ha mai ottenuto la necessaria concessione per l'occupazione del suolo pubblico nella piazza della Consolata, per cui la stessa era solo titolare di un’aspettativa di mero fatto e non già di un diritto o interesse legittimo al mantenimento dell'edicola in quel posto, essendo comunque irrilevante il pagamento di somme corrispondenti al canone, eventualmente valide per compensare l'occupazione senza titolo. Di conseguenza, il Comune poteva disporre liberamente del suolo pubblico per perseguire le specifiche finalità di tutela avute di mira con la riqualificazione della piazza monumentale. Da qui l'inammissibilità del ricorso originario per carenza di interesse, non essendo tutelabile in sede giurisdizionale un'aspettativa di mero fatto.
g. il ricorso originario, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, non è stato notificato alla Soprintendenza e la mancata notifica rende quindi il ricorso originario inammissibile;
h. la soccombenza della originaria ricorrente, in sede di giudizio di primo grado, avrebbe imposto la condanna della ricorrente alle spese processuali in favore del Comune e non la compensazione tra le parti delle medesime spese.
DIRITTO
1. Le eccezioni di inammissibilità sollevate nell'appello incidentale dall’appellata vanno respinte, concernendo eccezioni dichiarate assorbite per la ritenuta infondatezza del gravame e di conseguenza per tale ragione non esaminate dal primo giudice. Esse sono comunque prive di pregio. Questo Collegio non ravvisa, infatti, la sopravvenuta carenza di interesse dell’originaria ricorrente in ragione del fatto che l'edicola sia stata trasferita in altra piazza dello stesso Comune, essendo ragionevole che l’interessata intenda riacquisire la propria posizione originaria e recuperare i vantaggi conseguiti in termini di clientela e di consolidamento dell'attività commerciale a causa della collocazione dell'edicola in un posto frequentato. Neppure sussiste la carenza di interesse alla decisione del giudice di primo grado in ragione della mancata titolarità della concessione di occupazione del suolo pubblico e quindi dell’assenza di alcuna tutela in sede giurisdizionale per una aspettativa di mero fatto, dal momento che la parte appellante ha contestato l'assunto ritenendo di essere titolare della concessione e di aver corrisposto regolarmente i canoni e quindi comunque titolare, in ragione del lungo tempo trascorso, di un'autorizzazione implicita.
Analogamente non si ritiene sussistere l'inammissibilità per violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario al presidente della Repubblica e ricorso al giudice amministrativo, essendo diversi i provvedimenti impugnati. Questi si desume dall'oggetto sia del ricorso straordinario che di quello giurisdizionale. Del resto, basti osservare, sulla base anche di quanto risultante dalla stessa sentenza impugnata, che il ricorso straordinario è stato proposto in data 28 giugno 2007 e che la determinazione comunale n. 27 di approvazione della perizia suppletiva e di variante dei lavori di sistemazione impugnata con il ricorso giurisdizionale del 10 agosto 2007, è del 16 luglio 2007.
La stessa eccezione di inammissibilità del ricorso originario per mancata notifica alla Soprintendenza di Sassari è senza fondamento, risultando tale ufficio essersi costituito nel novembre 2007, evidentemente dopo la notifica del ricorso.
Anche la richiesta dell'appello incidentale di considerare errata la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di compensare tra le parti le spese processuali in ragione della dichiarata soccombenza della parte originaria ricorrente è priva di pregio, dal momento che il giudice di primo grado, nell'ambito della sua discrezionalità, pur dichiarando soccombente l'originaria ricorrente ha legittimamente giustificato la compensazione per la peculiarità della vicenda giuridica e fattuale, evidentemente ritenendo le spese eccessive, secondo quanto previsto dall'articolo 92 Cod. proc. civ.e questo Collegio non intende comunque discostarsi da tale decisione poiché la condivide.
In conclusione, l'appello incidentale va respinto.
Ciò posto e passando a esaminare l'appello principale, il Collegio ritiene che sia infondato, risultando i vari profili delle censura ivi dedotti privi di pregio e condivisibile la decisione che ha seguito un corretto iter logico-giuridico, avendo motivato adeguatamente il ragionamento.
Risulta, infatti, che contrariamente a quanto ritenuto dalla ’appellante, il Comune ha effettuato una corretta valutazione comparativa degli interessi ed ha ritenuto prevalente l'esigenza di riqualificare la piazza della Consolata per valorizzare le condizioni di luce e di prospettiva della Chiesa della Consolata, in ciò accogliendo le indicazioni della Soprintendenza: indicazioni che, seppur non vincolanti, hanno un indiscutibile valore,e sono state apprezzate nell'ambito di un giudizio discrezionale coerente con gli interessi generali.
Neppure rileva, secondo il Collegio, il fatto che, per oltre venti anni, l'edicola sia stata collocata in adiacenza alla chiesa e che siano state raccolte firme per sostenere il suo mantenimento in quella posizione. Nulla infatti impedisce che l'Amministrazione comunale possa assumere una determinazione di segno opposto nell’esercizio delle sue potestà, armonizzandola con le per essa dovute conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale (cfr. artt. 1, comma 3; 2, comma 4; 7, comma 2, d.lgs. 22 gennaio 2004, n, 42).
Non si ritiene, di conseguenza, che nel comportamento del Comune – coerente con questi suoi doveri generali, conformi all’art. 9 Cost. - possa essere ravvisata irragionevolezza, contraddittorietà e illogicità. Bene ha il giudice di primo grado ritenuto insindacabile la scelta comunale che rappresenta il frutto di valutazioni tecnico-amministrative riservate a quell'ente.
Del resto, nella comunicazione di avvio del procedimento in cui si faceva riferimento all'esigenza di procedere alla redazione di una perizia di variante, approvata successivamente e comunque dopo la presentazione del ricorso straordinario in cui tale comunicazione veniva impugnata, era chiara la volontà del Comune di aderire a quanto positivamente segnalato dalla Soprintendenza.
Ciò peraltro destituisce di fondamento la censura relativa alla violazione dell'art. 7 l. n. 241 del 90, ma al tempo stesso priva di rilievo anche la censura sul fatto che il giudice di primo grado non abbia tenuto in considerazione quanto desumibile dalla vicenda connessa al ricorso straordinario al Capo dello Stato, fermo restando che tale ricorso non può essere considerato, sotto un profilo formale, tra le memorie scritte e i documenti di cui all'articolo 10, lettera b), della legge n. 241 del 1990.
Neppure il Collegio ritiene sia stato violato il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa, dal momento che è ragionevole e proporzionata – e oggettivamente soccorrente gli interessi della appellante - la scelta operata dall'Amministrazione comunale nell'offrire un'altra piazza per la sistemazione dell'edicola. Bene il primo giudice ha ritenuto non fondata la censura formulata.
Risulta, peraltro, evidente che la valorizzazione delle condizioni di luce e di prospettiva della chiesa in questione risultano oggettivamente legate alle dimensioni spaziali della piazza e non costituiscono un impedimento al fatto che il primo giudice la abbia rilevata.
Nemmeno rileva l'affidamento di fatto riposto dall’attuale appellante nell’asserito consolidamento temporale della sua collocazione. Questo non poteva impedire all'Amministrazione di procedere nella riqualificazione della piazza e alla sua valorizzazione.
Anche il rigetto delle alternative proposte dall’attuale appellante può essere ritenuto irragionevole e contraddittorio, perché è frutto di insindacabili valutazioni del Comune.
Circa, poi, la questione relativa al mancato rispetto della distanza minima tra edicole che avrebbe violato l'articolo 4 l.r. Sardegna 5 luglio 1986, n.49 (Disciplina dell’attività di rivendita di giornali e riviste), il primo giudice ha correttamente evidenziato che l'art. 3 d.-l. 4 luglio 2006, n.223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito dalla l. 4 agosto 2006, n. 248 ha disposto che le attività commerciali di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, n.114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) - tra cui rientra quella di rivendita di giornali e riviste - siano svolte senza l’obbligo di rispettare distanze minime tra esercizi della medesima tipologia. In tal senso, la sentenza impugnata bene ha rilevato che, quanto a tutela della concorrenza, la potestà legislativa è riservata allo Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. a) , Cost., il che si impone nei confronti anche delle Regioni a statuto speciale (vedi Corte Costituzionale, 17 dicembre 2008, n.411).
Il Comune quindi era tenuto a rispettare la legge statale e non quella regionale. Quest’ultima, oltre ad essere in contrasto con la legge statale, confliggeva anche con i principi di diritto europeo di libero stabilimento e di concorrenza tra imprese, poiché poneva restrizioni sia all’istituzione di nuove imprese che alla loro mobilità sul territorio (articolo 49 TFUE). Non ricorre, in materia, la possibilità per i singoli Stati di derogare a tali principi con l’apposizione di vincoli di varia natura, atteso che il Trattato ne prevede la possibilità solo per comprovati motivi di natura sanitaria o di ordine e sicurezza pubblica.
Conseguentemente, bene la sentenza impugnata disapplica l’articolo 4 della legge regionale n. 49 del 1986.
Quanto alla mancanza, al momento dell'adozione dell'ordinanza n. 62 dell'8 ottobre 2007 di rimozione dell’edicola, di autorizzazioni edilizie e paesaggistiche per il posizionamento della stessa nella nuova ubicazione, non vi è dubbio che queste siano state rilasciate dopo l'adozione di tale ordinanza: ciò peraltro non significa, come bene ha considerato la sentenza impugnata, che tali autorizzazioni dovessero essere atti presupposti del procedimento che ha condotto all'adozione dell'ordinanza di rimozione. I procedimenti che hanno portato al rilascio dei due titoli sono, infatti, autonomi rispetto a quello che ha portato all’adozione dell’ordinanza impugnata con i motivi aggiunti del ricorso di primo grado. L'edicola è stata, del resto, rimossa e collocata, come riconosciuto dalla stessa appellante, nel cortile della scuola media comunale, in attesa delle autorizzazioni citate per lo spostamento nella nuova piazza.
Ciò che rileva, come bene ha rilevato il primo giudice, è che i detti distinti titoli siano stati acquisiti prima dell'esecuzione dei lavori della nuova sistemazione dell'edicola. Conseguentemente, questo Collegio non ravvisa le contraddittorietà o erroneità affermate dall’appello
In merito, infine, alla nota comunale del 31 luglio 2007 che preannunciava la rimozione dell'edicola integrando le ragioni di tale scelta con l'ulteriore motivo della mancanza di titolo per l'occupazione di suolo pubblico nella piazza della Consolata, così violando le norme sulla partecipazione, il Collegio ritiene che, anche qualora esista un motivo di diniego su cui l'interessato non abbia potuto interloquire, il provvedimento finale adottato sia legittimo in quanto basato su altro motivo che, nel caso di specie, era addirittura precedente a quello formulato in successione di tempo. La presenza o assenza della concessione non assume valenza ai fini della legittimità del provvedimento. E’ comunque ragionevole ritenere che l'Amministrazione comunale disponesse di tutti gli elementi documentali per affermare l'assenza della concessione e che la corresponsione del canone dovuto per l'occupazione non serva a dimostrare la concessione del titolo, ma semmai a solo compensare una tale occupazione ove senza titolo.
2. In conclusione, l'appello va respinto.
La complessità e la peculiarità della vicenda giuridica consente di compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 3663 del 2010), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 18 novembre 2014, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)