domenica 22 gennaio 2023

Che cos'è e come funziona il Daspo

 Le differenze tra preventivo e penale e il recente rilievo anche fuori dallo sport

 
 Nel nostro Paese il contrasto alla violenza in ambito sportivo è stato da sempre perseguito mediante l’introduzione, a livello normativo, di misure volte a prevenire e reprimere questo fenomeno, con lo scopo di garantire il pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive. La principale misura di prevenzione è il Daspo, acronimo che sta per “divieto di accesso ad una manifestazione sportiva, disciplinata dall’art. 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, il cui contenuto è stato oggetto di successive modifiche, apportate proprio quale conseguenza dei numerosi episodi di violenza negli stadi. 
In termini pratici, il Daspo è un provvedimento che si sostanzia nel divieto di accedere a manifestazioni sportive per un determinato periodo di tempo, imposto ai soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Com’è noto, i casi più ricorrenti di applicazione di tale provvedimento si registrano in occasione delle partite di calcio, anche in considerazione del consistente numero di supporter che frequentano gli impianti sportivi. 
Tradizionalmente, si distinguono due tipologie di misure di prevenzione riconducibili all’interno della definizione generale di “divieto di accesso alle manifestazioni sportive”. 

Una prima figura è il c.d. Daspo preventivo, che si sostanzia in un provvedimento di natura amministrativa emesso dal questore territorialmente competente, con il quale si impone il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive specificatamente indicate nonché a luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime. La misura di prevenzione applicata dal questore può limitarsi alla sola previsione del divieto di accedere alla manifestazione, ma può inoltre essere accompagnata, nei casi più gravi, dall’obbligo di firma a carico dei soggetti interessati, ovvero il dovere di presentarsi presso un comando di polizia proprio mentre si sta svolgendo la manifestazione sportiva in relazione alla quale è stato vietato loro di assistere. In quest’ultimo caso, il provvedimento con cui il questore applica la misura dell’obbligo di firma deve essere immediatamente comunicato alla procura della Repubblica ed entro 48 ore convalidato dal giudice per le indagini preliminari, proprio come avviene nelle ipotesi di restrizione della libertà personale in caso di arresto e fermo. 
Sul punto, è intervenuta anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 512 del 2002, affermando che il Daspo emesso dal questore, quando è accompagnato dall’ulteriore misura dell’obbligo di comparizione per la firma presso un comando di polizia, rientra tra le forme di restrizione della libertà personale e come tale deve rispettare le garanzie previste a tutela dell’art. 13 della costituzione. In primo luogo, secondo la Consulta, il provvedimento del questore deve essere accompagnato da un’adeguata motivazione in ordine alle circostanze oggettive e soggettive che lo inducono a ritenere necessario, oltre il divieto di accesso, anche l'obbligo di presentazione al posto di polizia. In secondo luogo, la natura di atto suscettibile di incidere sulla libertà personale impone che il giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini preliminari non possa limitarsi ad un semplice controllo formale, bensì, come la giurisprudenza ordinaria ha precisato, debba essere svolto in modo pieno. Altro profilo riguarda la durata del provvedimento che inibisce di accedere alle manifestazioni sportive, che viene fissata in un periodo da un minimo di un anno ad un massimo di cinque anni (secondo le modifiche apportate dal dlgs n. 41/2007), e può essere aumentata fino a otto anni nei casi più gravi (in base alle novità introdotte dal decreto legge n. 119/2014). 

Una seconda figura è il c.d. Daspo penale, che si differenzia rispetto a quello preventivo in quanto è un provvedimento emesso dall’autorità giurisdizionale, in particolare dal giudice penale, nei confronti del soggetto a carico del quale viene emessa una sentenza di condanna per reati connessi ad una o più manifestazioni sportive, o nel caso di violazione delle prescrizioni contenute in un precedente divieto di avvicinamento ai luoghi interdetti. La linea di demarcazione tra i due istituti è piuttosto evidente, laddove il daspo preventivo viene disposto nei confronti di chi sia stato anche solo denunciato per episodi di violenza commessi in occasione di manifestazioni sportive o che versi in situazioni sintomatiche della propria pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica, mentre il secondo viene disposto nei confronti dei soggetti la cui responsabilità sia già stata accertata con una sentenza penale di condanna per reati posti in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono dette manifestazioni.

Per completezza, si segnala che, nel corso degli anni, il Daspo ha perso la sua connotazione esclusivamente sportiva, essendo state introdotte figure affini volte a sanzionare condotte ritenute pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica in ambiti diversi da quello sportivo. Tra le principali novità introdotte, si segnala il c.d. Daspo Urbano, introdotto dal dl n. 14/2017, che prevede il divieto di accedere a un determinato luogo per motivi di ordine pubblico a carico di chi abbia posto in essere condotte in contrasto con il decoro urbano. Ma anche il Daspo per i corrotti, introdotto dalla legge n. 3/2019 cd. Spazzacorrotti, che prevede l'interdizione dai pubblici uffici e l'impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione per chi è condannato in via definitiva per il reato di corruzione. 

di Andrea Giusti, avvocato

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DASPO e diffida: Divieto di accedere alle manifestazioni sportive

Il DASPO (da D.A.SPO. acronimo di “Divieto di accedere alle manifestazioni sportive”) è una misura di prevenzione atipica introdotta nel nostro ordinamento con la legge del 13 dicembre 1989 n. 401 per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi.

Tale misura viene irrogata mediante un provvedimento di tipo amministrativo con il quale il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive specificatamente indicate e a quelli, sempre specificatamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime.

Il DASPO, in quanto provvedimento emesso da un’autorità amministrativa, presuppone un apposito procedimento amministrativo che prevede l’avviso dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, al fine di garantire all’interessato la possibilità di presentare memorie difensive al Questore, nei successivi 15 giorni, prima dell’emissione del provvedimento.

Nelle ipotesi in cui il Daspo debba essere emesso in via di urgenza (che deve essere specificatamente motivata dalla gravità del fatto, dalla pericolosità del soggetto e dall’esigenza di tutelare o ripristinare immediatamente la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica), la procedura appena menzionata non viene seguita ed il provvedimento di “diffida” viene emesso immediatamente dal Questore senza la preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo. In questo caso, l’interessato potrà promuovere le azioni previste per l’annullamento del provvedimento per la ritenuta assenza di urgenza nell’emissione del Daspo e per difetto quindi di procedura sulla scorta della legge n. 241 del 1990.

In merito alla individuazione del Questore territorialmente competente all’emissione del provvedimento, non essendo prevista alcuna specifica indicazione normativa, la ormai granitica giurisprudenza di legittimità ritiene univocamente che l’autorità di pubblica sicurezza competente sia quella del luogo ove si sono verificati gli episodi violenti, a prescindere dalla residenza del sottoposto alla misura.

Il provvedimento di “diffida”, una volta emesso dal Questore, per acquisire piena efficacia, dovrà obbligatoriamente essere notificato all’interessato (ossia portato a conoscenza e consegnato in copia al soggetto sottoposto a divieto) così come disposto dall’art. 9 del regolamento. A seguito dell’avvenuta notifica, il Daspo diventa efficace, comportando il divieto di accedere alle manifestazioni sportive specificatamente indicate nel provvedimento che, quindi, ha effetto a decorrere dalla prima manifestazione successiva alla notifica.

Il  divieto de quo è stato esteso, dal decreto legislativo n.162 del 2005, convertito nella legge n. 210 del 2005, anche alle manifestazioni sportive che si  svolgono all’estero, (legge n. 401 del 1989, articolo 6 comma 1). Per “manifestazioni sportive” si intendono le competizioni che si svolgono nell’ambito  delle attività previste dalle federazioni sportive  e dagli enti e organizzazioni  riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).

La cosiddetta “diffida”, che, sulla base del decreto Amato, così come convertito, può avere una durata  minima di 1 anno e una massima di 5 anni (comma 5, articolo 6, legge n. 401 del 1989),  salvo casi eccezionali in cui può arrivare fino ad 8 anni (comma 7, articolo 6, legge n.401 del 1989), può essere applicata nei casi specificatamente indicati dall’articolo 6, comma 1, della legge n.  401 del 1989 (rubricato “Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive”) e più precisamente:

A) nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni, per uno dei reati previsti:

1) dall’articolo 4, primo e secondo comma, della legge n°110 del 18 aprile 1975 (porto di armi od oggetti atti ad offendere come mazze ferrate, sfollagente,  bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio, tubi, catene,fionde, bulloni, sfere metalliche);

2) dall’articolo 5 della legge n°152 del 22 maggio 1975 (divieto di prendere parte a pubbliche manifestazioni, che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico, facendo uso di caschi protettivi o con il volto in tutto o in parte coperto, mediante l’impiego di qualunque mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona);

3) dall’art. 2 comma 2 del decreto legge n°122 del 26 aprile 1993, così come  convertito (introduzione di emblemi o simboli razzisti o discriminatori);

4) dall’articolo 6 bis comma 1, legge 401/1989: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, la sospensione, l’interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva. La pena è aumentata fino alla metà se dal fatto deriva un danno alle persone”.

5) dall’ articolo 6 bis, comma 2 della legge 401 del 13/12/1989: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto, ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco, e’ punito, con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 1.000 euro a 5.000 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica”;

6) dall’articolo 6 ter, legge 401/1989: “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva, e a condizione che i fatti avvengano in relazione alla manifestazione sportiva stessa, è trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro”;

7) dall’articolo 2 bis (attualmente rubricato Divieto di striscioni e cartelli incitanti alla violenza o recanti ingiurie o minacce”) del decreto legge dell’08.02.2007 n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge del 04.04.2007 n. 41: “Sono vietate, negli impianti sportivi, l’introduzione o l’esposizione di striscioni e cartelli ovvero altre scritte o immagini che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce. Salvo che costituisca più grave reato, la violazione del suddetto divieto è punita con l’arresto da tre mesi ad un anno. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2 comma 1, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.”;

8) dal Libro II, Titolo V e Titolo VI, Capo I, del codice penale (delitti contro l’ordine pubblico e delitti di comune pericolo commessi mediante violenza);

9) dall’articolo 380, comma 2, lettere f) (delitto di rapina previsto dall’articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall’articolo 629 del codice penale”) ed h) (delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’articolo 73 del testo unico approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo.”) del codice di procedura penale;

 B) nei confronti di coloro che abbiano preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o di coloro che abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza;

 C) nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta aver tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico in occasione o a causa di manifestazioni sportive (c.d. “DASPO preventivo”, introdotto dal decreto Amato, così come convertito).

Al provvedimento di diffida il Questore può accompagnare la sanzione dell’obbligo di firma nell’ufficio o comando di Polizia competente,  in relazione al luogo di residenza dell’obbligato o in quello specificatamente indicato, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni cui il diffidato è interessato, sia in casa, sia in trasferta; tale obbligo può essere stabilito per una o più volte, negli orari indicati e deve essere imposto tenendo conto dell’attività lavorativa dello stesso (articolo 6 comma 2 legge n.401 del 1989).

Generalmente, l’obbligo di presentazione viene stabilito come di seguito indicato:

–  20/30 minuti dopo l’inizio del primo tempo;

–  20/30 minuti dopo l’inizio del secondo tempo;

–  20/30 minuti dopo la fine dell’incontro (anche se lo stesso viene disputato all’estero).

Il Questore può tuttavia autorizzare l’interessato, per gravi e comprovate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo di privata dimora o altro diverso luogo in cui questi sia reperibile durante le  manifestazioni sportive (comma 8 articolo 6 legge n.401 del 1989). L’istanza va presentata entro un termine ragionevole per rispettare i tempi tecnici necessari alla valutazione ed all’eventuale all’accoglimento della richiesta. Tale disposizione comprende i casi in cui il soggetto abbia la necessità di comparire dinanzi ad una Questura diversa da quella indicata nel DASPO.

La funzione della prescrizione dell’obbligo di presentazione all’ufficio o comando di Polizia è quella di assicurare l’osservanza da parte dell’interessato del provvedimento di divieto di accesso alle manifestazioni sportive, precludendo al soggetto sottoposto a Daspo la possibilità di presentarsi o avvicinarsi allo stadio o negli altri luoghi specificatamente indicati, durante lo svolgimento delle competizioni sportive per le quali è disposto il provvedimento de quo. Questa prescrizione non ha valenza amministrativa, come il divieto di accesso allo stadio, ma costituisce una limitazione della libertà personale e deve pertanto essere convalidata dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale del luogo dove ha sede la Questura che ha emesso il Daspo.

La procedura di convalida riguarda, pertanto, unicamente le prescrizioni attinenti l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, e non anche il divieto di accesso allo stadio, che è provvedimento, come detto, di natura prettamente amministrativa, di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza.

L’obbligo di presentazione all’ufficio o comando di Polizia è disposto come prescrizione ulteriore quando il questore ravvisi una particolare pericolosità del soggetto, che deve essere sufficientemente motivata, ai fini della convalida del GIP; l’obbligo deve presupporre, altresì, una situazione di particolare necessità ed urgenza, anch’essa sufficientemente motivata, che ha indotto il Questore all’emanazione della misura restrittiva della libertà personale di ragionevole durata (che diviene efficace solo con la convalida dell’autorità giudiziaria).

La procedura di convalida ha dei tempi e termini assolutamente perentori, che devono essere necessariamente rispettati, pena l’annullabilità del provvedimento relativo all’obbligo di presentazione (pur rimanendo pienamente efficace la per la parte concernente il divieto di accesso alle manifestazioni sportive, che ha natura prettamente amministrativa e non è soggetto a convalida del GIP).

Il Daspo, solamente qualora contenga la prescrizione accessoria dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, una volta notificato all’interessato, è immediatamente comunicato, ai fini della convalida, dall’ufficio che ha proceduto alla notifica, al Procuratore della Repubblica presso il tribunale – Ufficio misure cautelari reali (presso il tribunale per i minorenni se l’interessato è minore di età) competente, con riferimento al luogo in cui ha sede l’ufficio che ha emesso il Daspo.

Il pubblico ministero di turno, valutata la fondatezza dei presupposti di emissione del provvedimento che prevede l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (di cui al comma 1 dell’art. 6 della l. 13/12/1989 n. 401 – come modificata) richiede con decreto motivato, entro il termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento, la convalida al GIP, il quale a sua volta, nelle successive 48 ore, deve provvedervi, negando la convalida se non ravvisi la sussistenza dei presupposti del provvedimento.

Nel caso in cui il pubblico ministero non ritenga di inoltrare la richiesta di convalida (o non lo faccia nei termini previsti ex lege), o nel caso in cui il GIP non ritenga di procedere alla convalida (o non lo faccia nei termini previsti ex lege), il provvedimento perde la sua efficacia, senza alcun provvedimento del Questore, ma solamente nella parte attinente l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, rimanendo al contrario pienamente valido per quanto concerne il divieto di accesso alle manifestazioni sportive, che come detto, in quanto provvedimento amministrativo e non penale, non è soggetto a convalida del GIP.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 3 febbraio 2006 n. 4441 hanno chiarito che il mancato rispetto di ciascuno dei due termini (48 ore + 48 ore) comporta l’inefficacia del provvedimento. La perentorietà dei termini garantisce all’interessato il diritto di difesa, in quanto lo stesso prima del provvedimento di convalida può presentare memorie o deduzioni al GIP.

In tema di procedura di convalida dell’obbligo di presentazione all’ufficio di polizia, annesso al divieto di accesso alle manifestazioni sportive, il GIP deve accertare la presenza di tutti i presupposti necessari all’emissione del provvedimento da parte del Questore, non potendo tuttavia estendere la sua valutazione sul provvedimento amministrativo emesso dall’autorità di pubblica sicurezza (il divieto di accesso alle competizioni sportive).

Avverso l’ordinanza di convalida del GIP è ammesso ricorso alla Corte di Cassazione, entro il termine di 60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’art. 6, comma 4 della l. 13/12/1989, n.401, modificato dalla legge n. 377 del 2001. Il ricorso in Cassazione non sospende, tuttavia, l’esecuzione dell’ordinanza stessa (in caso in cui la Corte annulli il provvedimento con rinvio, l’interessato non è più soggetto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria fino a che il GIP non dovesse convalidare di nuovo il provvedimento che sia stato nel frattempo perfezionato).

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