martedì 6 dicembre 2022

Art. 186 comma 2, lett. c), cod. strada.Avviso di farsi assistere dal difensore anche verbalmente.

 CIRCOLAZIONE STRADALE -
La facoltà di farsi assistere dal legale in occasione dell'alcooltest non deve essere necessariamente verbalizzata.

Corte di Cassazione, Sezione IV sentenza n.45909 del 5 dicembre 2022

 RITENUTO IN FATTO
1. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in
primo grado, in ordine al reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. c), cod. strada.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge, in quanto l'avviso ex art. 114 disp.
att. cod. proc. pen. non risulta da alcun atto scritto redatto dalla polizia
giudiziaria ma soltanto dalla deposizione dell'operante, il quale ha riferito, in
dibattimento, che il ha risposto negativamente alla domanda se volesse
farsi assistere da un difensore in relazione all'effettuazione dell'accertamento
alcolimetrico, poi espletato in ospedale. Ma la deposizione dell'operante sul punto
è inutilizzabile, non potendo supplire alla mancanza di rituale verbalizzazione,
onde l'accertamento alcolimetrico è nullo e l'imputato avrebbe dovuto essere
assolto.
2.1. Dall'esame degli atti redatti dal personale ospedaliero risulta che il
entrò in Pronto soccorso il 14 ottobre alle ore 18,58 ed effettuò il prelievo alle
ore 19,18. Nel certificato del laboratorio di analisi, il campione riporta invece la
data del 15 ottobre 2017, ore 13,17. I giudici di merito avrebbero pertanto
dovuto accertare se il campione di sangue prelevato il 14 ottobre 2017 sia lo
stesso campione che è stato trasmesso al laboratorio il giorno successivo.
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Nessuna norma
prevede infatti che l'avviso ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen. debba essere
necessariamente dato per iscritto, quasi che la forma scritta costituisca requisito
previsto dalla legge ad substantiam (Sez. 4, n. 14621 del 4/2/2021, Rv.
280833). E' dunque sufficiente che il predetto avviso venga dato in qualunque
forma idonea al raggiungimento dello scopo e cioè a consentire al destinatario di
comprendere appieno il significato del predetto avviso e quindi l'esatta portata
della facoltà difensiva ad esso correlata, sì da consentirne l'eventuale esercizio
(Sez. 4, n. 27110 del 15/9/2020, Rv. 279958; conf. Cass., n. 4945 del 2012, Rv.
252034 ). Dunque un avviso dato verbalmente ma in termini chiari ed
inequivocabili è assolutamente rituale. Quanto alla prova di aver dato tale
avviso, non vi è alcuna preclusione alla testimonianza dell'operante di polizia
giudiziaria, trattandosi di un dato di fatto di cui nessuna norma prevede la
dimostrazione esclusivamente per via cartolare e non attraverso una prova

 dichiarativa. Ne deriva che la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di
dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi
assistere dal difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, può
legittimamente essere fornita mediante la deposizione dell'agente operante (Sez.
4, n. 3725 del 10/9/2019, Rv. 278027; conf. Cass., n. 7677 del 2019, Rv.
275148-01). Si tratta dunque esclusivamente di valutare l'attendibilità della
deposizione dell'operante, anche alla luce del tempo trascorso dall'accertamento,
delle ragioni della mancata verbalizzazione, che vanno certamente chiarite in
sede di esame dell'operante, e della ripetitività delle procedure di riscontro
alcoli metrico abitualmente espletate dalla polizia giudiziaria: circostanze tutte
che possono rendere difficile il ricordo di ogni singolo accertamento.
1.1. Nel caso in esame, il giudice a quo, richiamando anche la motivazione della
sentenza di primo grado, ha evidenziato che dalla testimonianza dell'agente
operante è emerso che era stato chiesto all'imputato se necessitasse
dell'assistenza del difensore e che il aveva più volte risposto
negativamente. Il giudice di primo grado ha specificato che l'operante era stato
molto preciso nella sua deposizione, ricordando che, a seguito di queste
circostanze, era stato chiesto all'imputato di seguire gli agenti presso il
Comando di polizia locale e addirittura che era stata chiamata la sorella
dell'imputato; che il macchinario presso il Comando di polizia locale non
funzionava e che pertanto era stato necessario chiedere all'imputato di recarsi
presso una struttura ospedaliera, ove poi effettivamente era stato effettuato il
prelievo. Trattasi di motivazione congrua, esauriente e pienamente idonea a dar
conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.
2. La seconda doglianza esaurisce la propria rilevanza sul terreno del merito. Al
riguardo, il giudice a quo ha posto in luce che non vi sono ragioni per dubitare
che il certificato contenente l'accertamento del tasso alcolemico si riferisca
all'imputato. Quest'ultimo era stato infatti trovato in stato di alterazione etilica il
14 ottobre 2017; gli operanti erano intervenuti sul posto alle ore 15,55,
co,nstatando nell'immediatezza che il presentava alito vinoso e versava in
stato confusionale. L'imputato si era poi recato presso il Comando di polizia ove
si era trattenuto a lungo, fino a sera, poiché in quella sede doveva essere
effettuato l'esame alcolimetrico. Stante l'impossibilità di procedere perché
l'etilometro non funzionava, l'imputato, su invito degli operanti, intorno alle 19,
si recò presso l'ospedale, ove venne sottoposto al prelievo ematico. Avvenuto il
prelievo, stante l'ora, il campione di sangue venne inviato al laboratorio interno
dell'ospedale il , risultando così spiegata l'apparente discrasia

cronologica. Di qui la conclusione alla quale perviene il giudice a quo secondo cui
nulla induce a ritenere che al laboratorio sia stato inviato un differente campione
di sangue, considerato altresì che gli stessi agenti avevano notato uno stato di
alterazione da abuso di alcool dell'imputato già nell'immediato. La data del 10
novembre 2017 - precisa infine la Corte d'appello - è invece quella di estrazione
del certificato dall'archivio dell'ospedale e dunque in alcun modo pone in dubbio
tale ricostruzione della sequenza procedimentale. Dalle cadenze motivazionali
della sentenza d'appello è dunque enucleabile una attenta analisi della doglianza
formulata dalla difesa dell'imputato, alla quale i giudici di merito hanno fornito
risposta attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile,
sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non
qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò
insindacabili in questa sede, in quanto del tutto coerenti con una esauriente
disamina delle risultanze agli atti (Sez. U, 25/11/1995, Facchini, Rv. 203767).
3. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila,
determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende
Così deciso, il 13/9/2022.