sabato 21 maggio 2022

Revocata la qualifica di P.S. al vigile ma il TAR annulla il provvedimento

 


 Illegittima la revoca della qualifica di P.S. ad un agente della Polizia Locale 

 Per il TAR si tratta di revoca ingiustificata qualora i procedimenti disciplinari e penali a carico dell’agente vengano archiviati e il tiro al volo venga "sospeso" per ragioni mediche.

 TAR Brescia, sez. I, sent., 2 maggio 2022, n. 433

 

Il caso. La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame del TAR Brescia riguarda la richiesta di annullamento da parte di un agente di pubblica sicurezza del provvedimento con cui il Prefetto aveva disposto la revoca nei suoi confronti della qualifica di agente di pubblica sicurezza: in particolare, la ricorrente contesta l'assenza di cause ostative che legittimino la revoca della qualifica di agente di p.s., previste con elencazione tassativa dall'art. 5 della l. n. 65/1986.

La richiesta, già presentata in fase cautelare, era stata accolta, tanto che l'Amministrazione resistente era stata condannata a «disporre la riassegnazione interinale della qualifica di agente di pubblica sicurezza, e i relativi effetti ripristinatori e conformativi sul rapporto di servizio in corso».

La ricorrente, tuttavia, in sede di merito confermava la persistenza del suo interesse alla decisione, «avendo l'amministrazione confermato l'autorizzazione di PS solo fino alla data dell'udienza».

La decisione del TAR. Il ricorso è fondato. Innanzitutto, il Collegio precisa che in relazione ai requisiti che l'art 5. l. n. 65/1986 richiede per il conferimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza, è in dubbio in giurisprudenza se tale elenco sia o meno tassativo.

Ciò chiarito, il TAR rileva che nel caso di specie la revoca della qualifica non è giustificata, in quanto i due procedimenti disciplinari a carico della ricorrente erano stati archiviati, così come il procedimento penale per il reato di tentata truffa; inoltre, l'esonero dalla formazione di tiro al volo era stata disposta solo in via temporanea, per motivi medici, attestando in ogni caso il certificato l'idoneità dell'agente alle mansioni. A ciò si aggiunge la mancata produzione di documentazione da parte della PA in relazione al cessato impiego della ricorrente dall'Unione in servizi, che richiedono il possesso della qualifica di P.S.

Pertanto, la mancata produzione in fase di merito della documentazione integrativa giustifica l'accoglimento del ricorso e l'annullamento del provvedimento impugnato.

TAR Brescia, sez. I, sent., 2 maggio 2022, n. 433

Presidente Gabbricci – Relatore Limongelli

Fatto

1. Con ricorso notificato il 14 febbraio 2021 e ritualmente depositato, la ricorrente, premesso di essere stata assunta in data 1 giugno 2004 dall'(omissis) con la qualifica di impiegata amministrativa e dal 1 gennaio 2007 come Agente della Polizia Locale e, per quanto di interesse, di aver ottenuto la riconferma della qualifica di agente di pubblica sicurezza con decreto prefettizio n. 21287/2012 del 25 ottobre 2012, ha impugnato il decreto privo di data notificato il 13 gennaio 2021 con cui il Prefetto di Bergamo ha disposto la revoca del proprio predetto decreto del 25 ottobre 2012 confermativo dell'attribuzione alla ricorrente della qualifica di agente di pubblica sicurezza. 2. Il provvedimento è stato adottato "Vista la nota n. 4112 dell'8 settembre 2020, con la quale il Presidente (omissis) ha chiesto la revoca della qualifìca di agente di PS. ". 3. La ricorrente ha esposto di aver ricevuto la notifica del provvedimento impugnato non dalla Prefettura ma dall'Unione, alla quale aveva chiesto chiarimenti sulle ragioni di una decurtazione stipendiale rilevata in busta paga, apprendendo in tale occasione che la decurtazione era collegata alla revoca della qualifica di agente di P.S. decretata dal Prefetto, al quale la ricorrente formulava quindi plurime istanze di accesso agli atti senza però ricevere alcun riscontro, al di fuori della  notifica  del  provvedimento  da parte dell'Unione. 4.  Attraverso due motivi di ricorso, la ricorrente ha lamentato, in sintesi: (i) l'assenza di cause ostative che legittimino la revoca della qualifica di agente di p.s., previste con elencazione tassativa dall'art. 5 della L. n. 65 del 1986; (ii) l'assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato, anche in ragione della mancata ostensione dell'atto richiamato per relationem. 5. Il Ministero dell'Interno si è costituito in giudizio depositando relazione dell'UTG di Bergamo sui fatti di causa con la pertinente documentazione (tra cui la nota del Presidente (omissis) del 7.9.2020 richiamata per relationem nella motivazione del provvedimento impugnato), e resistendo al ricorso con memoria difensiva dell'Avvocatura distrettuale dello Stato. In particolare, nella relazione istruttoria la Prefettura rileva che il provvedimento è stato adottato su espressa richiesta del Presidente dell'Unione nella quale si faceva presente:

- che la ricorrente non aveva garantito la rigorosa custodia delle armi ricevute in dotazione ed era stata destinataria di un provvedimento disciplinare poichè, a seguito di controlli da parte di superiori gerarchici, era risultata in servizio esterno priva del munizionamento assegnato, peraltro depositato in un cassetto del Comando; - nei suoi confronti era stato instaurato un procedimento penale presso la locale Procura della Repubblica per il reato di truffa ai danni della stessa Amministrazione da cui dipende; - la stessa aveva richiesto l'esonero dalla formazione obbligatoria al tiro e, successivamente, ha fatto pervenire all'Ente una certificazione medica attestante l'impossibilità di svolgere l'attività di tiro;

- la medesima non era più impiegata in servizi che necessitavano la permanenza della qualifica di P.S. e non garantiva più il possesso dei "requisiti minimi sia fiduciari che professionali"; - che a fronte dell'istanza di accesso agli atti formulata dall'interessata, il Presidente dell'Unione aveva negato il nulla-osta alla ostensione sul rilievo che gli atti richiesti erano ricompresi tra i "documenti inaccessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblici", stante la pendenza di un procedimento penale. 6. Con ordinanza n. 92 dell'11 marzo 2021, la Sezione ha accolto la domanda cautelare con articolata motivazione estesa al fumus del ricorso, con conseguente condanna dell'Amministrazione resistente a disporre la riassegnazione interinale della qualifica di agente di pubblica sicurezza, e i relativi effetti ripristinatori e conformativi sul rapporto di servizio  in corso, e con condanna delle Amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese della fase cautelare, liquidate in€ 1.000, oltre accessori di legge. 7. In prossimità dell'udienza di merito, nessuna delle parti ha integrato la propria produzione documentale e difensiva. Peraltro,  la parte  ricorrente, nel chiedere la decisione della causa allo stato degli atti, senza discussione orale, ha confermato la persistenza del proprio interesse alla decisione di merito, "avendo l'amministrazione confermato l'autorizzazione di PS solo fino alla data dell'udienza". 8. All'udienza pubblica del 23 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

Il ricorso è fondato e va accolto.

1. L'art. 5 della L. n. 65 del 1986 prevede: - (comma 2) "il prefetto conferisce al suddetto personale, prevza comunicazione del sindaco, la qualità di  agente  di  pubblica  sicurezza, dopo aver accertato il possesso dei seguenti requisiti: a) godimento dei diritti civili e politici; b) non aver subito condanna a pena detentiva per delitto  non  colposo  o  non essere stato sottoposto a misura di prevenzione; c) non essere stato espulso dalle Forze armate o dai Corpi militarmente organizzati o destituito dai pubblici uffici; - (comma 3) "Il prefetto, sentito il sindaco, dichiara la perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza qualora accerti il venir meno di alcuno dei suddetti requisiti" 2. È discusso in giurisprudenza se tale elencazione sia tassativa o meno (per la tesi della tassatività cfr., tra le altre, T.A.R. Bologna, sez. I, 09/04/2015, n. 348; T.A.R. Milano, sez. III, 31/07/2006, n. 1891; TAR Palermo, Sez. I, 14 marzo 2012 n. 556; per la tesi contraria cfr. T.A.R. Napoli, sez. IV, 23/03/2010, n. 1560; T.A.R. Napoli, sez. V, 23/01/2003, n. 377). 3. Peraltro, in disparte la questione di principio, ritiene il Collegio che nel caso di specie nessuna delle circostanze evidenziate dal Presidente dell'Unione nell'istanza del 7 settembre 2020 sia idonea a giustificare la revoca (né obbligatoria né facoltativa) della qualifica di agente di pubblica sicurezza nei confronti della ricorrente, dal momento che le circostanze dedotte dal Presidente dell'Unione nella predetta istanza e poste a fandamento della richiesta di revoca sono state contestate dalla parte ricorrente con argomenti sufficientemente documentati, tenuto conto che: - un primo procedimento disciplinare è stato archiviato in data 16 settembre 2020 (doc. 9 ricorrente); - il procedimento penale per il reato di tentata truffa (in ordine  alla richiesta di tramutazione in infortunio sul lavoro di una semplice sindrome influenzale), è stato parimenti archiviato su istanza dello stesso pubblico ministero con provvedimento del 23 novembre 2020, essendo stata ritenuta attendibile la versione dei fatti fornita dall'interessata (doc. 7); - conseguentemente, con provvedimento del 26 gennaio 2021, è stato archiviato anche l'ulteriore procedimento disciplinare avviato dall'Amministrazione in relazione ai fatti oggetto della denuncia  penale (poi archiviata), doc. 8; - l'esonero dalla formazione al tiro è stato richiesto dall'interessata solo temporaneamente sulla base di certificazione medica del 7 settembre 2020 che, pur attestando l'idoneità alle mansioni della ricorrente, prescriveva che la medesima non fosse "esposta a rumore (in particolare impulsivo tipo arma dafuoco)fino al 31/12/2020" (docc. 2-6 depositati il 9.3.2021; - la circostanza che la medesima non fosse più impiegata dall'Unione in servizi che richiedono il possesso della qualifica di P.S. non è stata documentata dall'Amministrazione e, per contro, è stata contestata dalla parte ricorrente attraverso allegazioni fomite quanto meno, di un principio di prova (doc. 7 depositato il 9.3.2021). 4. Considerato che nella presente fase di merito le Amministrazioni intimate non hanno prodotto ulteriori documenti o allegazioni difensive in grado di indurre il Collegio a modificare il convincimento espresso in sede cautelare, il ricorso va conclusivamente accolto con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato. 5. Le spese di lite relative alla fase di merito seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, ferme le statuizioni sulle spese della fase cautelare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia  sezione  staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando  sul  ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato. Condanna il Ministero dell'Interno e l'(omissis) - in solido tra loro, a rifondere alla parte ricorrente le spese della presente fase di merito, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, al ricorrere dei presupposti di legge; ferme le statuizioni sulle spese già adottate per la fase cautelare. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.

 

Fonte:Dirittoegiustizia