OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE - La riforma del reato prevede che l'offesa colpisca l'istituzione e il requisito della presenza di terzi non è integrato se si tratta di colleghi e non di civili.
Corte di Cassazione, sezione VI sentenza n.11820 del 30 marzo 2022 (su telegram)
Stralcio
Stralcio
A seguito dell'abrogazione del delitto di oltraggio con l'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, il legislatore ha reintrodotto nel codice penale, a distanza di dieci anni, la fattispecie incriminatrice dell'oltraggio di cui all'art. 341-bis con la previsione di cui all'art. 1, comma 8, della legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica".
La nuova fattispecie, a differenza dell'abrogato art. 341 cod. pen., che considerava il reato di oltraggio come offensivo, alternativamente, dell'onore o del prestigio del pubblico ufficiale, prevede una tutela congiunta dell'onore e del prestigio del soggetto passivo, caratterizzandosi, rispetto alla previgente formulazione, per la presenza di due elementi costitutivi che ne circoscrivono l'ambito di applicazione: la pubblicità dell'offesa e il nesso funzionale tra questa e il compimento di un atto d'ufficio da parte del pubblico ufficiale.
L'inserimento del requisito della presenza di più persone tra gli elementi essenziali della nuova figura criminosa - laddove nella originaria fattispecie di cui all'art. 341 la presenza di una o più persone costituiva una mera circostanza aggravante - si giustifica per l'intento del legislatore di evitare che il reato si consumi in un rapporto "privato" fra l'oltraggiante e l'oltraggiato, richiedendosi invece che la condotta criminosa assuma quella risonanza collettiva che, oltre ad offendere l'onore e il prestigio personale del pubblico ufficiale, può determinare un'effettiva caduta di stima nella pubblica amministrazione.
La fattispecie di cui all'art. 341-bis cod. pen. richiede, pertanto, che la condotta sia tenuta in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, in modo che le offese possano essere udite da queste ultime, giacché tale aspetto di per sé costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, disturbandolo mentre compie un atto dell'ufficio e facendogli avvertire condizioni avverse, ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez. 6, n. 19010 del 28/3/2017, Trombetta, Rv. 269828).
Per tale ragione, il requisito della pluralità di persone alla cui presenza deve svolgersi la condotta oltraggiosa è integrato unicamente da persone estranee alla pubblica amministrazione (ossia dai "civili") ovvero da persone che, pur rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, siano presenti in quel determinato contesto spaziotemporale non per lo stesso motivo d'ufficio in relazione al quale la condotta oltraggiosa sia posta in essere dall'agente (Sez. 6, n. 30136 del 09/06/2021,
Leocata, cit.).
E' indispensabile, quindi, che la frase oltraggiosa raggiunga persone non solo diverse dai pubblici ufficiali direttamente investiti dalle offese, ma anche estranee al compimento dell'atto d'ufficio oggetto delle pubbliche funzioni in corso di svolgimento, atteso che solo in tali condizioni può crearsi una situazione di pericolo per la considerazione sociale e l'autorevolezza della pubblica amministrazione.
Mentre l'originaria formulazione dell'art. 341 si limitava a richiedere che l'offesa fosse arrecata al pubblico ufficiale "a causa o nell'esercizio delle sue funzioni", la struttura dell'attuale fattispecie incriminatrice, prevede infatti che l'offesa sia posta in essere mentre il soggetto passivo "compie un atto d'ufficio", dunque non necessariamente un atto formalmente individuato e specificamente disciplinato, ma un qualsiasi atto di esercizio dei poteri inerenti alle pubbliche funzioni in corso di espletamento.
Nel caso in esame, come emerge dalla stessa formulazione del capo d'imputazione, il ricorrente ha pronunziato le parole offensive nel medesimo contesto spazio-temporale ed esclusivamente in presenza di pubblici ufficiali nell'esercizio dei medesimi compiti d'ufficio (in termini v. Sez. 6, n. 5461 del 8 gennaio 2020, Scala, non mass.).
4. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con la formula indicata nel dispositivo, logicamente assorbite dovendosi ritenere le ulteriori doglianze dal ricorrente prospettate .