mercoledì 25 agosto 2021

Ncc, ok all’operatore estero anche senza autorizzazione

  Per il Tar Lazio nel noleggio con conducente c’è il dirittoalla libertà di stabilimento

 Sentenza 9634/2021  scaricabile in pdf su telegram


 Pubblicato il 11/08/2021
N. 09364/2021 REG.PROV.COLL.
N. 07605/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7605 del 2020, proposto da
Transnational Limousines Prevozi D.O.O., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difesodall'avvocato Pietro Troianiello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ufficio Provinciale Motorizzazione Civile Roma, in persona del legalerappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via deiPortoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento (prot. n. 191217 del 24.8.2020) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Dipartimento per iTrasporti Terrestri, Motorizzazione civile di Roma, Ufficio veicoli Roma Sud, datato 13.8.2020 e inviato a mezzo Racc. A/Rricevuta il 9.9.2020, con il quale è stata respinta l'istanza del 31.7.2020 presentata dalla Transnational Limousines Prevozid.o.o. per l'immatricolazione in Italia di veicolo ad uso noleggio con conducente e di tutti gli atti presupposti, connessi econsequenziali.
Per il risarcimento dei danni determinati dall’illegittimo diniego impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ufficio ProvincialeMotorizzazione Civile Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'Udienza del giorno 10 febbraio 2021 il Consigliere Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori comespecificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Premette la ricorrente Transnational Limousines Prevozi d.o.o. di essere regolarmente autorizzata in Slovenia adesercitare il servizio di noleggio auto con conducente (di seguito “NCC”).
Deposita visura della Camera di Commercio di Roma (doc. 1), da cui emerge che la società è autorizzata a svolgere ilservizio NCC ed iscritta nel Registro delle Imprese sloveno (vedi oggetto sociale, pag. 2). Allega già in fatto che in forza deldiritto di stabilimento previsto dagli artt. 49 ss. Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea ha aperto nel Maggio 2019una sede secondaria in Roma ed ha assunto alle sue dipendenze autisti italiani, regolarmente iscritti in Italia al ruolo deiconducenti, al fine di poter esercitare l’attività in tale città con proprie autovetture immatricolate in Slovenia ad uso NCC
acquistando l’autovettura Mercedes con telaio n. WDD21200021A484535, già in precedenza immatricolata in Italia ad usoNCC, che ha poi immatricolato in Slovenia per uso NCC con targa LJ 15-EEK.
Ha così svolto il servizio NCC in Roma fino al 15.1.2020, data in cui la Polizia locale di Roma Capitale ha sottoposto ilsuddetto veicolo targato LJ 15-EEK sia a fermo amministrativo ex art. 85 Codice della Strada che a sequestro ex art. 93Codice della Strada (doc. 2).
In particolare, la Polizia locale ha comminato la sanzione del sequestro del veicolo ai sensi dell’art. 93, commi 1bis e 7 bis,Codice della Strada in quanto il conducente/dipendente della TLP, cittadino italiano residente in Italia da più di 60 giorni,circolava in Roma con il suddetto veicolo immatricolato in Slovenia. Inoltre, come si legge nel verbale di accertamento, “ilconducente viene informato che, se entro il termine di 180 giorni il veicolo non viene immatricolato in Italia o non vienerichiesto il rilascio di foglio di via per condurlo oltre confine, si applica la confisca amministrativa ai sensi dell’art. 213 CdS”,provvedimento è stato impugnato dinanzi il Giudice competente – Giudice di Pace di Roma –, che ne ha immediatamentesospeso l’efficacia con provvedimento del 13.2.2020 (doc. 4).
La ricorrente allega di aver chiesto in data 31.7.2020 – cioè entro il termine di 180 giorni, protratto ex art. 103, comma 1,D.L. 18/2020 e art. 37, comma 1, D.L. 23/2020, dalla data in cui la Polizia locale di Roma capitale ha comminato ilsequestro del veicolo ex art. 93 CdS – alla Motorizzazione civile l’immatricolazione in Italia del veicolo medesimo ad usoNCC, anche al fine di evitare la confisca ex art. 213 CdS (doc. 5).
1.1. Con il provvedimento qui impugnato, la Motorizzazione civile ha respinto l’istanza di immatricolazione del veicolo, inquanto, ai sensi dell’art. 85 CdS e della L. 21/1992, l’immatricolazione di un veicolo ad uso NCC può essere effettuata sullabase di un’autorizzazione di esercizio rilasciata da un Comune italiano, mentre TLP è titolare di un’autorizzazione NCCslovena e non di una autorizzazione rilasciata da un Comune italiano (doc. 6).
Insorge avverso tale provvedimento la ricorrente articolando un unico motivo di diritto.
1.2. Alla Camera di consiglio del 21 ottobre 2020 la Sezione accoglieva la domanda cautelare motivando in sintesi lasussistenza del fumus boni iuris del gravame, contestualmente disponendo l’acquisizione di chiarimenti da partedell’Amministrazione.
In data 8 gennaio 2021 la ricorrente produceva memoria difensiva e replica il 20 gennai 2021.
Alla pubblica Udienza del 10 febbraio 2021 udito il procuratore della ricorrente in videoconferenza ex art 25 d.l. n.137/2001 la causa è stata trattenuta a sentenza.
2 . Rubricando violazione di legge e contrasto con il diritto dell’Unione europea e in particolare con l’art. 49 TFUE laricorrente deduce che il diritto di stabilimento ex art. 49 ss. TFUE è una libertà fondamentale in virtù della quale unasocietà ha il diritto (anche) di aprire una sede secondaria in un Paese dell’Unione europea diverso da quello ove è statacostituita, per poter ivi esercitare l’attività che può esercitare in virtù della relativa autorizzazione nello Stato d’origine.Invoca al riguardo, CGUE, sentenza Centros del 9.3.1999, causa C-212/97), asserendo altresì che la società in questionedebba godere di tutti i diritti di cui godono le società del Paese in cui si stabilisce a titolo secondario all’uopo citandoCGUE, sentenza Itevelesa del 15.10.2015, causa C-168/14). E ciò senza necessità – anche in settori non armonizzati alivello comunitario - di una ulteriore autorizzazione rilasciata dallo Stato in cui la società apre la propria sede secondaria perivi svolgere la medesima attività .In particolare, la norma nazionale che richiede una ulteriore autorizzazione alla societàcostituita in altro Paese dell’Unione europea ed autorizzata a svolgere un servizio in detto Paese è in contrasto con la libertàdi stabilimento quando l’interesse generale posto a fondamento dell’obbligo di rilascio della autorizzazione nel Paese didestinazione sia già tutelato dalle norme alle quali la società è assoggettata nello Stato in cui è stata costituita (cfr. CGUE,sentenza, Commissione/Italia del 13.12.2007, causa C-465/05).
Sul punto segnala che la società ricorrente è stata sottoposta a rigorosi controlli ed accertamento dei requisiti soggettivi daparte del Tribunale territorialmente competente cui ha depositato un previo accertamento notarile preliminare allaredazione dello statuto (doc. 8 ricorr.).
Successivamente è stata sottoposta ad un controllo del Tribunale nonché della Camera di commercio intesoall’accertamento dei seguenti requisiti professionali : a)non avere carichi penali; b)avere una idonea capacità finanziaria; c)
avere le competenze professionali; d)possedere almeno un veicolo immatricolato in Slovenia per il servizio NCC; e) nonavere debiti con l’Erario; f)rispettare le condizioni di cui all’art. 5, Reg. EU 1071/2009 (sede della società e quant’altro iviprevisto).
Le esigenze di tutela degli utenti a che si trovino a contrattare con soggetti muniti di requisiti di capacità professionale edonorabilità sono state dunque assolte ad opera degli accertamenti compiuti dal Paese membro ove la società ha sede,potendo così dispiegarsi il diritto di stabilimento.
3. La sintetizzata doglianza persuade il Collegio e va accolta al lume della giurisprudenza comunitaria.
Occorre principiare dalla fondamentale sentenza della Corte di Giustizia n. 212/1999 secondo la quale
“ Sebbene gli Statimembri abbiano il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal trattato, taluni dei loro cittadini tentino disottrarsi all'impero delle leggi nazionali, nel valutare tali comportamenti i giudici nazionali devono tuttavia tener presenti le finalità perseguitedalle disposizioni comunitarie di cui trattasi. Pertanto, il fatto che un cittadino di uno Stato membro costituisca una società nello Stato membro lecui norme di diritto societario gli sembrino meno severe e crei poi succursali in altri Stati membri non comporta, di per sé, un abuso del diritto distabilimento. Infatti, il diritto di costituire una società in conformità alla normativa di uno Stato membro e di creare succursali in altri Statimembri è inerente all'esercizio della libertà di stabilimento garantita dal trattato. La circostanza che una società non svolga alcuna attività nelloStato membro in cui essa ha la sede e svolga, invece, le sue attività unicamente nello Stato membro in cui opera la sua succursale non è sufficientea dimostrare l'esistenza di un comportamento abusivo e fraudolento, che consenta a quest'ultimo Stato membro di negare a tale società di fruiredelle disposizioni comunitarie relative al diritto di stabilimento. (…) Il diniego dell'autorizzazione potrebbe tuttavia essere giustificato da esigenzeimperative a condizione, però, che le misure nazionali si applichino in modo non discriminatorio, siano giustificate da motivi imperativi diinteresse pubblico, siano proporzionate ed idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per ilraggiungimento di questo. “
(Corte di Giustizia UE, 9 marzo 1999 n. 212/97).
Il principio ritraibile dalla pronuncia in analisi è dunque quello della salvaguardia del diritto di stabilimento sancito dall’Art49 del Trattato, il quale si oppone a che ad una società legalmente costituita in uno stato membro e che abbia costituito unafiliale in altro Stato membro dell’Unione, venga denegato il diritto di esercitare l’attività economica per la quale è statacostituita.
Lo Stato ospitante può solo adottare misure volte a prevenire frodi ed elusioni, purché esse siano non discriminatorie,ispirata ad esigenze imperative, e proporzionali rispetto al fine da perseguire.
Siffatte limitazioni fanno applicazione dell’articolo 9 della c.d. direttiva sui servizi, 12 dicembre 2006 n. 123, intitolato«Regimi di autorizzazione», che così dispone:
«1. Gli Stati membri possono subordinare l'accesso ad un'attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazionesoltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:
a) il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;
b) la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;
c) l'obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto uncontrollo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.
Sulla medesima scia si è poi posta altra fondamentale sentenza del Giudice del Lussemburgo, che ha ricordato che
“67.Infatti, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, l'articolo 49 TFUE osta alle restrizioni alla libertà distabilimento, ossia a qualsiasi misura nazionale che possa ostacolare o rendere meno attraente l'esercizio, da parte dei cittadini dell'Unione, dellalibertà di stabilimento garantita dal Trattato FUE. La nozione di restrizione ricomprende le misure adottate da uno Stato membro che, perquanto indistintamente applicabili, pregiudichino l'accesso al mercato per le imprese di altri Stati membri, ostacolando in tal modo il commercioin seno all'Unione”.
Contestualmente la Corte ha ribadito che
“72 Infatti, in conformità a una consolidata giurisprudenza della Corte, le restrizioni allalibertà di stabilimento, che siano applicabili senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, possono essere giustificate da motivi imperativi diinteresse generale, a condizione che siano atte a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per ilsuo raggiungimento (v., in tal senso, sentenza Ottica New Line di Accardi Vincenzo, C-539/11, EU:C:2013:591, punto 33 e lagiurisprudenza ivi citata).”
(Corte di Giustizia 11 ottobre 2015, n. 168).
3.1. Segnala il Collegio che l’orientamento in disamina è stato di recente riproposto dalla Corte di Giustizia con unafondamentale pronuncia perfettamente calzante al caso di specie, che ha stabilito il diritto di una società costituita in unostato membro, di esercitare la medesima attività mediante una controllata o ina succursale stabilita in altro Stato membro,ospitante.
Ha statuito che
“La libertà di stabilimento, che l'articolo 49 TFUE attribuisce ai cittadini dell'Unione, implica per essi l'accesso alle attivitàautonome ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro distabilimento per i propri cittadini. Essa comprende, conformemente all'articolo 54 TFUE, per le società costituite a norma delle leggi di unoStato membro e che abbiano la sede sociale, l'amministrazione centrale o la sede principale all'interno dell'Unione, il diritto di svolgere la loroattività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un'agenzia.”.
Il principio di diritto ora riportato è stato completato e concluso sancendo che “ammettere che lo Stato membro di residenza possa liberamenteriservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trovi in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l'articolo 49TFUE.”.
(Corte giustizia UE sez. II - 14/05/2020, n. 749).
4. Orbene, poste le tracciate coordinate ermeneutiche deve ora la Sezione indagare se la normativa nazionale applicata eposta a base del provvedimento gravato sia conforme al diritto comunitario quale interpretato dalle s’esaminate sentenzedella Corte.
Orbene, viene in primo luogo in linea di conto l’art. 8 della l. n. 21/1992 che disciplina il rilascio delle autorizzazioni per iltrasporto di persone con taxi o noleggio con conducente.
La norma dispone che “3.Per poter conseguire e mantenere l'autorizzazione per il servizio di noleggio con conducente e'obbligatoria la disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile di attracco situati nelterritorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione (2) .”
Già emerge un indiretto profilo di contrasto col diritto comunitario e la libertà di stabilimento nella misura in cui si richiedeche la rimessa, o il pontile di attracco siano situati nel comune che ha rilasciato l’autorizzazione, ove si consideri che in casodi autorizzazione conseguita all’estero in altro Stato membro, tale comune è necessariamente quello estero.
4.1. Impatta invece frontalmente e direttamente con l’art. 49 e seguenti del TFUE l’art. 85 del d.lgs. n. 285/1992 il qualecome riportato nel provvedimento del 13 agosto 2020 oggetto di impugnativa, stabilisce che la carta di circolazione di unveicolo destinato al servizio di noleggio con conducente, può essere rilasciata unicamente “sulla base di una licenzacomunale di esercizio”.
Stabilisce infatti in tal senso il comma 3 dell’art. 85 del d.lgs. n. 285/1992 a termini del quale “3. La carta di circolazione ditali veicoli è rilasciata sulla base della licenza comunale d'esercizio.”.
Orbene, tale disposizione è in netto contrasto con il diritto di stabilimento di cui agli artt. 49 e seguenti del TFUE nellamisura in cui interdice ad una società ovvero ad un operatore economico cha abbia conseguito una licenza all’eserciziodell’attività di noleggio con conducente in uno Stato Membro dell’unione, e che abbia aperto una filiale in Italia dotandosiivi di un’apposita azienda, di ottenere la carata di circolazione per l’autoveicolo destinato all’esercizio di tale attività.
In forza della primazia del diritto comunitario già sancita dalla Corte costituzionale con la storica sentenza n. 170 del 1984deve pertanto essere disapplicata sia dal Giudice che dall’amministrazione, la norma dell’art. 85 del codice della strada nellaparte in cui interdice il rilascio della carta di circolazione per veicolo adibito ad attività di noleggio con conducente aimprese che intendano operare in Italia avendo la sede in uno Stato membro alla condizione che esse abbiano ottenutol’autorizzazione all’esercizio di tale attività da parte dello Stato italiano.
Il giudice amministrativo ha a più riprese fatto applicazione del predetto principio di primazia del diritto comunitarioapplicato anche alle pronunce della Corte di giustizia aventi natura di fonte di diritto, sancendo che
“ Le pronunce della Cortedi Giustizia della Comunità europea hanno efficacia diretta nell'ordinamento interno degli stati membri, al pari di regolamenti e direttive,vincolando sia le amministrazioni che i giudici nazionali alla disapplicazione delle norme interne con esse configgenti. L'interpretazione deldiritto comunitario fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee è immediatamente applicabile nell'ordinamento interno e il giudicenazionale deve disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che risultino in contrasto o incompatibili con essa.”
(Cons. giust. amm. Sicilia ,sez. giurisd.,16/05/2016, n. 139).
E’ stato condivisibilmente affermato al riguardo che
“Le norme del diritto interno vanno disapplicate nella parte e nella misura in cui sitrovino in conflitto con le disposizioni e i principi dell'ordinamento comunitario in forza della preminenza del diritto dell'Unione Europea.L'obbligo di applicare la normativa vincolante e sovraordinata rispetto alle norme interne incompatibili grava su tutti i soggetti dell'ordinamentotenuti a dare esecuzione alle leggi e, quindi, non solo sugli organi giurisdizionali, ma anche sulle autorità amministrative, per cui quei soggettidevono riconoscere come diritto legittimo e vincolante la norma comunitaria, mentre sono tenuti a disapplicare le norme di legge, statali oregionali.”
(T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 06/07/2016, n.3394).
Ancora:
“Anche in difetto di una specifica domanda di parte il giudice deve disapplicare le normative interne contrastanti con il dirittocomunitario. Tale obbligo, processualmente, si traduce infatti in un riflesso del principio iura novit curia.
” (T.A.R., Toscana, sez. I ,19/03/2013 , n. 422).
Anche questo Tribunale si è posto da anni sulla medesima linea ermeneutica rimarcando la primazia del diritto comunitarioquale riveniente anche dall’interpretazione della Corte e precisando il dovere del giudice nazionale di disapplicare la normaitaliana in contrasto con esso.
Si è infatti puntualizzato che “Le pronunce della Corte di Giustizia delle Comunità Europee hanno efficacia direttanell'ordinamento interno degli Stati membri, al pari dei regolamenti e delle direttive e delle decisioni della Commissione,vincolando il giudice nazionale alla disapplicazione delle norme interne con esse confliggenti. Sussiste, infatti, un obbligoper il giudice nazionale di interpretare le norme nazionali in conformità al diritto comunitario, ovvero di procedere in viaimmediata e diretta alla loro disapplicazione in favore del diritto comunitario, senza dover transitare per il filtrodell'accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno. Si tratta in sostanza del principio della prevalenza del dirittocomunitario, in forza del quale deve essere disapplicata qualsiasi disposizione della legislazione nazionale in contrasto conuna norma comunitaria, indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest'ultima, incombendo tale obbligodi disapplicazione sul giudice nazionale e su tutti gli organi dello Stato.” (T.A.R., Lazio – Roma, Sez. II, 5 aprile 2012,n.3142).
In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni rassegnate il ricorso di prospetta fondato e va accolto.
5. La domanda risarcitoria va invece respinta perché non assistita da conducenti e probanti elementi di prova dell’an e del
quantum
del lamentato danno, avvertendosi che in tea di azione risarcitoria a differenza che in materia di azioneimpugnatoria, non è sufficiente l’allegazione del principio di prova ma occorre la
probatio plena
, non potendosi fareapplicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo.
La giurisprudenza ha da tempo delineato il tracciato principio chiarendo che
“In base al principio generale sancito dall'art. 2697c.c., ai fini del risarcimento dei danni provocati dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso laprova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo, perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e nonall'allegazione dei fatti. L'azione risarcitoria innanzi al Giudice Amministrativo non è retta dal principio dispositivo con metodo acquisitivo,tipica del processo impugnatorio, bensì dal generale principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per cui sulla ricorrente graval'onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento di una responsabilitàdell'Amministrazione per i danni derivanti dall'illegittimo ed omesso svolgimento dell'attività amministrativa di stampo autoritativo.”
(T.A.R.,Lazio – Roma, Sez. I, 10 novembre 2020, n.11611).
Le spese di lite vanno compensate in ragione della novità della questione affrontata.
La presente sentenza è depositata in ritardo per recidivato impedimento di salute dell’0estensore idoneamente documentatoall’Organo di autogoverno della Giustizia Amministrativa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come inepigrafe proposto, lo Accolgie e per l’effetto annulla l’impugnato diniego.
Respinge la domanda risarcitoria.
Compensa le spese di lite tra le costituite parti.
Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2021 in videoconferenza da remoto ex art. 25, D.L. n.137/2020 conv. con l. n. 176/2020, con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore
Chiara Cavallari, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Alfonso Graziano
Giuseppe Daniele
IL SEGRETARIO