Secondo l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ricade sulla curatela fallimentare l’onere di ripristino e di smaltimento dei rifiuti di cui all’art. 192 d.lgs. n. 152 del 2006 e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare.
In altre parole, poiché l’abbandono di rifiuti e, più
in generale, l’inquinamento, costituiscono ‘diseconomie esterne’
generate dall’attività di impresa (cd. “esternalità negative di
produzione”), appare giustificato e coerente con tale impostazione
ritenere che i costi derivanti da tali esternalità di impresa ricadano
sulla massa dei creditori dell’imprenditore stesso che, per contro,
beneficiano degli effetti dell’ufficio fallimentare della curatela in
termini di ripartizione degli eventuali utili del fallimento.Seguendo invece la tesi contraria, i costi della
bonifica finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in
antitesi non solo con il principio comunitario "chi inquina paga", ma
anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che
intercorre tra il patrimonio dell’imprenditore e la massa fallimentare
di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico,
si pone in continuità con detto patrimonio.