il pergolato è “una
struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o
terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed
elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire
il passaggio delle persone”. “Di contro, il
pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con
una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è
soggetto alla disciplina relativa”, e, in particolare, deve ritenersi intervento “senz’altro asservito a permesso di costruire”
TAR Lombardia, Milano, Sez. II, n. 179 del 24 gennaio 2020.
Pubblicato il 24/01/2020
N. 00179/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00351/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 351 del 2019, proposto da
Maria Adele Pirovano, rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Santamaria e Tommaso Santamaria, con domicilio eletto presso i difensori, con studio ubicato in Milano, Galleria del Corso, n. 2;
Maria Adele Pirovano, rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Santamaria e Tommaso Santamaria, con domicilio eletto presso i difensori, con studio ubicato in Milano, Galleria del Corso, n. 2;
contro
Comune di Monza, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Assunta Banza, Paola
Giovanna Brambilla, Stefano Boeche, con domicilio eletto presso le
caselle di posta elettronica dell’avvocato Maria Assunta Banza
(maria.banza@pec.it), dell’avvocato Paola Giovanna Brambilla
(paolag.brambilla@pec.it), e dell’avvocato Stefano Boeche
(stefano.boeche@pec.it);
per l'annullamento
a) dell'ordinanza n. 220614 del 10 dicembre 2018, notificata via p.e.c. in data 11 dicembre 2018;
b) del verbale della Polizia locale del 16 novembre;
c) di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Monza;
Vista l’ordinanza n. 322/2019 della Sezione e l’ordinanza n. 2596/2019 della IV Sezione del Consiglio di Stato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio
2020 il dott. Lorenzo Cordi' e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Maria Adele Pirovano adisce l’intestato Tribunale chiedendo l’annullamento: a) dell’ordinanza n. 220614 del 10 dicembre 2018 del comune di Monza; b) del verbale della Polizia locale del comune di Monza del 16 novembre 2018; c) di tutti gli atti presupposti, consequenziali o, comunque, connessi.
2. Il provvedimento indicato sub a) ordina la
sospensione dei lavori di costruzione di tre pergolati indicati nella
variante n. 697 del 30 novembre 2018 alla S.C.I.A. del 6 luglio 2018.
L’Amministrazione comunale evidenzia come tali opere siano: a) soggette a permesso di costruire o a S.C.I.A. alternativa al p.d.c.; b) contrastanti con la destinazione prevista dall’articolo 10 del P.d.S. del P.G.T. comunale; c)
eccedenti i limiti previsti dall’articolo 28 della legge n. 166/2002
stante la ricomprensione dell’area in fascia di rispetto cimiteriale; d) iniziate senza il preventivo esame di impatto paesistico, depositato contestualmente alla S.C.I.A.
3. La ricorrente articola due motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo la ricorrente evidenzia la
non necessità di permesso di costruire per la realizzazione di pergolati
che, inoltre, dovrebbero considerarsi delle mere pertinenze.
3.2. Con il secondo motivo la ricorrente evidenzia, in
primo luogo, la sussistenza dell’esame di impatto paesaggistico.
Deduce, inoltre, la non operatività della previsione di cui all’articolo
10 del P.d.S. del P.G.T. stante la natura di manutenzione straordinaria
dell’intervento. In ultimo, la ricorrente nota come non possa trovare
applicazione la normativa di cui alla Legge n. 166/2002 atteso che
l’intervento non può costituire una nuova costruzione.
4. Si costituisce in giudizio l’Amministrazione
comunale eccependo, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso nella
parte relativa “ai provvedimenti derivati ed applicativi della disciplina urbanistica impressa alle aree della ricorrente”
stante la mancata impugnazione del P.G.T. Nel merito, il Comune
contesta le argomentazioni di parte ricorrente ritenendo che le opere
debbano considerarsi delle tettoie che, come tali, necessitano di
permesso di costruire. L’Amministrazione deduce, inoltre, l’infondatezza
del secondo motivo di ricorso.
5. Con ordinanza n. 322/2019 la Sezione respinge
l’istanza cautelare stante le caratteristiche dell’intervento. Con
ordinanza n. 2596/2019 il Consiglio di Stato accoglie l’appello
cautelare ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito
dinanzi al T.A.R. ritenendo che le questioni di fatto e di diritto
richiedano un approfondimento nella più opportuna sede di merito e che,
nelle more, le esigenze cautelari prospettate possano essere
salvaguardate proprio attraverso la fissazione dell’udienza di merito
dinanzi al primo Giudice.
6. In vista dell’udienza pubblica del 21 gennaio 2020
la parte ricorrente e l’Amministrazione comunale depositano memorie
difensive conclusionali. La sola ricorrente deposita memoria di replica
in data 31 dicembre 2019. All’udienza del 21 gennaio 2020 la causa è
trattenuta in decisione.
7. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di
inammissibilità formulata dalla difesa comunale nella memoria depositata
in data 8 marzo 2019. L’Amministrazione deduce l’inammissibilità del
ricorso nella parte relativa “ai provvedimenti derivati ed applicativi della disciplina urbanistica impressa alle aree della ricorrente” stante la mancata impugnazione del P.G.T.
7.1. L’eccezione è infondata atteso che i motivi di
ricorso non investono direttamente previsioni del P.G.T. ma i soli
provvedimenti indicati in epigrafe nella parte in cui qualificano
l’intervento come eccedente i limiti della manutenzione straordinaria
con conseguente inidoneità della S.C.I.A. ed impossibilità di assentire,
comunque, l’intervento stante le previsioni del P.G.T. in tema di nuove
costruzioni nella zona e le disposizioni di cui alla Legge n. 166/2002.
8. Entrando in medias res, il Collegio ritiene privo di fondamento il primo motivo di ricorso.
8.1. Dalla documentazione fotografica versata in atti
risulta con evidenza come le tre strutture costituiscano delle tettoie e
non dei meri pergolati, come sostenuto da parte ricorrente. Difatti,
anche secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, il pergolato è “una
struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o
terrazze, costituita da un'impalcatura formata da montanti verticali ed
elementi orizzontali che li connettono ad una altezza tale da consentire
il passaggio delle persone” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 agosto
2018, n. 5008; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio
2018, n. 2701; Id., Sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 306). “Di contro, il
pergolato stesso, quando sia coperto superiormente, anche in parte, con
una struttura non facilmente amovibile, diventa una tettoia, ed è
soggetto alla disciplina relativa”, e, in particolare, deve ritenersi intervento “senz’altro asservito a permesso di costruire” (cfr., ancora, Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 agosto 2018, n. 5008).
8.2. Nel caso di specie, si tratta di tettoie munite
di coperture non agevolmente amovibili come dimostra la già richiamata
copiosa documentazione fotografica depositata dall’Amministrazione
comunale.
8.3. Inoltre, come evidenziato dalla Sezione nell’ordinanza n. 322/2019, la previsione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380 del 2001 considera interventi di nuova costruzione “l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers,
case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni,
ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad
eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente
temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la
sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il
profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in
conformità alle normative regionali di settore”. La successiva previsione di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del medesimo articolato normativo inserisce nella c.d. edilizia libera le sole “opere
dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad
essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque,
entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di
avvio lavori all'amministrazione comunale”.
8.4. La maquillage normativa apportata dal
legislatore con il d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222 non innova le
elaborazioni fornite dalla giurisprudenza amministrativa nella vigenza
delle precedenti edizioni del disposto legale. In particolare, si
afferma che “in ordine ai requisiti che deve avere un'opera edilizia
per essere considerata precaria, possono essere ipotizzati in astratto
due criteri discretivi: 1) criterio strutturale, in virtù del quale è
precario ciò che non è stabilmente infisso al suolo; 2) il criterio
funzionale, in virtù del quale è precario ciò che è destinato a
soddisfare un'esigenza temporanea. La giurisprudenza è concorde nel
senso che per individuare la natura precaria di un'opera si debba
seguire non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale, per cui
un'opera può anche non essere stabilmente infissa al suolo, ma se essa
presenta la caratteristica di essere realizzata per soddisfare esigenze
non temporanee, non può beneficiare del regime delle opere precarie”
(Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1776). E’, pertanto,
necessario un titolo edilizio – secondo la sentenza ora richiamata – per
la realizzazione di “tutti quei manufatti che, anche se non
necessariamente infissi nel suolo e pur semplicemente aderenti a questo,
alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non
meramente occasionale, [...] ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”. Ne consegue che “la natura “precaria”
di un manufatto, non può essere desunta dalla temporaneità della
destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve
ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale di essa a un uso
realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e
limitati nel tempo, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente
di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo”. Nello stesso senso, viene chiarito che “la precarietà
dell’opera, che esonera dall'obbligo del possesso del permesso di
costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, D.P.R. n. 380 del
2001, postula infatti un uso specifico e temporalmente delimitato del
bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al
soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma)
permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti
destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a
un'utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del
territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante
(in tal senso: Consiglio di Stato, VI, 3 giugno 2014, n. 2842)”
(Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4116; v. anche:
Consiglio di Stato, 1 aprile 2016, n. 1291; nella giurisprudenza della
Sezione si veda: T.A.R. per la Lombardia - sede di Milano, sez. II, 28
luglio 2017, n. 1705; T.A.R. per la Lombardia - sede di Milano, Sez. II,
14 febbraio 2019, n. 204; Id., 28 febbraio 2019, n. 259).
8.5. Nel caso di specie, le tettoie consistono in
strutture di dimensioni non esigue (5,20 m x 3,40 m con altezza da 2,40 m
a 2,50 m, la prima; 5,10 m x 3,55 m con altezza da 2,40 m a 2,50 m, la
seconda: 6,50 m x 6,00 m con altezza di 3,50 m, la terza) ed assumono
un’autonomia funzionale rispetto all’edificio principale che esclude la
possibilità di qualificare le stesse come mere pertinenze, categoria
applicabile soltanto “a opere di modesta entità e accessorie rispetto
a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il
contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a
opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si
caratterizzino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta
principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti
possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica” (Consiglio di Stato, sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 904).
8.6. In definitiva, il primo motivo di ricorso deve ritenersi infondato.
9. L’esatta qualificazione dell’intervento consente,
inoltre, di acclarare l’infondatezza dei rilievi contenuti nel secondo
motivo di ricorso.
9.1. In particolare, la ricorrente contesta
l’operatività della previsione di cui all’articolo 10 del P.d.S. del
P.G.T. ritenendo l’opera un intervento di manutenzione straordinaria.
Tuttavia, come spiegato in precedenza, si tratta di un nuovo intervento
che necessità di permesso di costruire o S.C.I.A. alternativa al p.d.c.
con la conseguente applicazione del disposto indicato
dall’Amministrazione comunale.
9.2. Parimenti infondati sono i rilievi relativi alla
non operatività della disposizione di cui all’articolo 28 della Legge n.
166/2002. Invero, simile disposizione modifica le previsioni di cui
all’articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio
decreto 24 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, apportando
una serie di modificazioni tra le quali rileva, in questa sede, quella
relativa al comma 7. Si prevede, in particolare, che “all’interno
della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo
dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima
del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31
della legge 5 agosto 1978, n. 457”.
9.3. Oltre agli interventi di recupero funzionale sono, quindi, ammessi: “a)
interventi di manutenzione ordinaria, quelli che riguardano le opere di
riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e
quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti
tecnologici esistenti; b) interventi di manutenzione straordinaria, le
opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi
igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le
superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche
delle destinazioni di uso; c) interventi di restauro e di risanamento
conservativo, quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad
assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere
che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali
dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi
compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il
ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio,
l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle
esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo
edilizio; d) interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a
trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistemativo di
opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la
eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti”.
9.4. Gli interventi in esame costituiscono nuove
costruzioni e non rientrano, pertanto, nelle previsioni indicate. Opera,
pertanto, quel vincolo assoluto di inedificabilità “che non consente
in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili
con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono
enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della pecuniarie sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di
possibile espansione della cinta cimiteriale” (T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, sez. III, 26 settembre 2019, n. 11339).
9.5. In definitiva, anche il secondo motivo di ricorso può ritenersi in parte qua infondato.
9.6. Può, invece, prescindersi dalla questione
relativa al possesso preventivo dell’autorizzazione paesistica avendo il
Collegio esaminato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’articolo
112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra
il chiesto e pronunciato (cfr., ex plurimis, Cassazione civile,
sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260; Cassazione civile, sez. V, 16 maggio
2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n.
3176). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono
ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a
supportare una conclusione di tipo diverso.
10. In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
11. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto,
a) respinge il ricorso;
b) condanna la signora Maria Adele Pirovano a rifondere al comune
di Monza le spese del presente giudizio che quantifica in euro 2.000,00
(duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2020 con l'intervento dei magistrati:
Italo Caso, Presidente
Silvana Bini, Consigliere
Lorenzo Cordi', Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Lorenzo Cordi' | Italo Caso | |
IL SEGRETARIO