mercoledì 1 marzo 2017

Polizia municipale, il comandante dipende solo dal sindaco anche se il corpo confluisce in altro settore

da "ilsole24ore"di Alberto Ceste QEL

La decisione del Comune di sopprimere il corpo di polizia municipale, preso atto dell'insufficienza di personale in organico (sceso al di sotto del numero legale di sette unità), modificando l'area di vigilanza nella più ridotta entità organizzativa di servizio autonomo e incardinandolo in altro settore al cui vertice è posto un dirigente, è pienamente conforme al dettato dell'articolo 7, comma 1, della legge 7 marzo 1986 n. 65 (legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale).
La scelta dell'ente di prevedere però genericamente e indistintamente la controfirma del responsabile del settore per tutti gli atti emessi dal Comandante di polizia municipale è illegittima, poiché contrasta con le prerogative di indipendenza e autonomia del medesimo e con la sua peculiare posizione di vertice del servizio di Polizia municipale assicurate dall'articolo 9 comma 1 della legge n. 65/1986 e dalle conformi disposizioni legislative regionali.
Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – sezione staccata di Salerno, sezione II, con la sentenza n. 265 del 13 febbraio 2017.

Il numero minimo per l'istituzione o la soppressione del Corpo di Polizia municipale
Pacificamente, l'articolo 7 comma 1 della legge n. 65/1986 consente ai Comuni di istituire il Corpo di Polizia municipale nel caso in cui il relativo servizio sia espletato da almeno sette addetti, Comandante compreso, indipendentemente dalla categoria giuridico-economica, dal ruolo e dal grado rivestito da ciascuno di essi.
Detto limite, tuttavia, può altrettanto pacificamente consentire all'Ente, non solo di optare per la scelta contraria di non istituire il Corpo, ma anche, laddove sia venuta meno anche una sola unità di tale personale, di sopprimere il Corpo di Polizia municipale preesistente, pur continuando a garantire lo svolgimento del servizio.
Tale potere rientra nell'autonomia organizzativa dell'Ente datore di lavoro che, come nel caso in esame, ha legittimamente deciso di ridurre il Settore polizia municipale in Servizio e di farlo confluire nel settore area urbanistica ed attività produttive.
Gli ambiti d'intervento della potestà riorganizzativa comunale soggiacciono però a ben precisi limiti legislativi, dettati dal fatto che il Comandante della Polizia municipale può dipendere direttamente e solamente dal Sindaco e non da altro personale amministrativo dell'Ente, sebbene rivesta qualifica di Dirigente e ruolo e mansioni di Responsabile del settore in cui il primo si trova ad operare.

Il caso
Con una prima deliberazione la Giunta comunale aveva soppresso il Corpo di polizia municipale, essendo venuto meno il numero legale di sette unità, e aveva rimodulato l'Area di vigilanza nella più ridotta entità organizzativa di Servizio.
Con una seconda deliberazione aveva incardinato il servizio di Polizia municipale nell'area urbanistica ed attività produttiva, il cui responsabile era e continuava ad essere il Dirigente del preesistente settore. Quest'ultimo, infine, con decreto, conferiva sì al Comandante la nomina a Responsabile del servizio di vigilanza, ma con la pesante limitazione di istruire e di controfirmare egli medesimo tutti i provvedimenti del servizio di Polizia municipale in qualità di Responsabile unico del procedimento.

I motivi ricorso
Avverso la seconda deliberazione proponeva ricorso il Comandante di Polizia municipale, invocandone l'illegittimità per:
• violazione della disciplina concernente l'organizzazione del servizio di Polizia municipale;
• lesione dell'autonomia gestionale e funzionale del servizio.
In sostanza, il ricorrente lamentava la violazione di legge consistente nell'illegittima strutturazione delle funzioni di Polizia municipale alla stregua di un tipico servizio e/o ufficio comunale, nella mortificazione delle prerogative di autonomia organizzativa, funzionale e gestionale della Polizia municipale, così come assicurate dall'articolo 2 della legge n. 65/1986, dall'articolo 11 comma 7 della legge regionale della Campania 13 giugno 2003 n. 12 “Norme in materia di polizia amministrativa regionale e locale e politiche di sicurezza” e dagli articoli 2 ed 8 del vigente Regolamento comunale di Polizia municipale.
Non solo, il ricorrente imputava all'Amministrazione di aver agito “con lo sviato scopo di imbrigliare la Polizia municipale e subordinarla al settore Urbanistica e Attività produttive, di fatto esautorando il Comandante nelle sue prerogative”.
La subordinazione gerarchica del Comandante di Polizia municipale al Dirigente comunale è illegittima
Il Tar non ha accolto tutti i motivi proposti dal Comandante di Polizia municipale, ma ha comunque decretato l'annullamento della seconda deliberazione comunale, attraverso una puntuale ricostruzione della normativa vigente in materia di Polizia municipale.
Il Collegio, quindi, dopo aver dato per assodato che laddove sia istituito il Corpo di Polizia municipale il Comandante ne è posto al vertice e ne ha la responsabilità, ha ricordato che lo stesso risponde sempre direttamente al Sindaco e soltanto a questi. La normativa nazionale e regionale prevede infatti che:
• “Il Comandante del Corpo di Polizia municipale è responsabile verso il Sindaco dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo” (articolo 9 comma 1 della legge n. 65/1986);
• “Nel rispetto del principio di separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni attinenti la gestione operativa dei servizi di sicurezza urbana, i comandanti di polizia locale dipendono unicamente dal sindaco o dal Presidente della Provincia” (articolo 11 comma 7 della legge regionale Campania n. 12/2003).
La dipendenza diretta del Comandante dal Sindaco risponde all'esigenza di assicurare al Sindaco stesso il controllo diretto di quei profili organizzativi e funzionali del servizio previsti puntualmente dalla disposizione statale di cui sopra che presentano la maggiore specificità e delicatezza.
Di conseguenza, l'impugnata deliberazione risulta censurabile poiché non contiene alcuna disposizione idonea a garantire le prerogative di indipendenza ed autonomia del Comandante di Polizia municipale.
Ancor maggiormente censurabile è poi il decreto dirigenziale che, subordinando gerarchicamente il Comandante al Dirigente amministrativo del Settore, “risulta, di fatto, idoneo ad esautorare il Comandante dalle sue prerogative ed a snaturarne la sua peculiare posizione di vertice del servizio di Pm”.



Tribunale Amministrativo Regionale CAMPANIA - Salerno, Sezione 2
Sentenza 13 febbraio 2017, n. 265
Data udienza 9 novembre 2016

Integrale

Pubblico impiego - Corpo di Polizia Municipale - Soppressione - Legge 7 marzo 1986 n 65, art. 7 - Conciliazione della posizione di autonomia e indipendenza del Comandante di P.M. - Responsabilità verso il Sindaco - Relazione diretta tra i due soggetti - Finalità - Assicurare il diretto controllo dei profili organizzativi e funzionali del servizio




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno

Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1511 del 2011, proposto da:

An. De. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Em. Fo. (C.F. (omissis)), Ga. Pa. C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso Em. Fo. in Salerno, via (...);

contro

Comune di (omissis) in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Lo. Le.(C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, c.so (...);

Responsabile Area Urbanistica Attività Produttive del Comune di (omissis) non costituito in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

C.I.S.L. F.P.S. Funzione Pubblica-Segreteria Provinciale di Salerno, rappresentato e difeso dall'avvocato An. Di. Be., con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, c/o Segreteria T. A. R.;

per l'annullamento

della delibera n. 133/2011 con la quale la G.C. del Comune ha disposto l'incardinamento del Servizio di P.M. nell'ambito dell'area 5° Urbanistica e Attività Produttive;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con delibera di G.M. n. 155 del 15.06.2009 il Comune di (omissis), preso atto della insufficienza di personale in organico, sceso al di sotto del numero legale di n. 7 unità, sopprimeva il Corpo di Polizia Municipale, modificando l'Area di Vigilanza nella più ridotta entità organizzativa di Servizio Autonomo.

Con successiva delibera G. M. n. 133 del 25.05.2011 il Comune incardinava il Servizio di P.M. nell'ambito del Settore 5° Area Urbanistica e Attività Produttive; con decreto n. 6041 del 07.06.2011, infine, il Responsabile del Settore 5° conferiva all'odierno ricorrente la nomina a Responsabile del Servizio di Vigilanza, stabilendo, tra l'altro, che i provvedimenti del Servizio di P.M. sarebbero stati istruiti e controfirmati anche dal Responsabile del Servizio in qualità di RUP.

Il Comandante De Rosa ha impugnato la delibera n. 133 /11 ed il decreto n. 6041/11 invocandone l'illegittimità per violazione della disciplina concernente l'organizzazione del Servizio di Polizia Municipale e per lesione della autonomia gestionale e funzionale del predetto Servizio.

Più nello specifico, a detta del ricorrente, il Comune non avrebbe potuto organizzare e strutturare le funzioni di Polizia Locale alla stregua di un tipico servizio e/o Ufficio comunale, né mortificarne le prerogative di autonomia organizzativa, funzionale e gestionale così come riconosciute dal complessivo quadro normativo vigente (art. 2 della legge n. 65/86, art. 11 comma 7 della legge regionale Campania n. 12/2003, art. 2 e 8 del Regolamento di Polizia Municipale del Comune di (omissis)).

Nemmeno varrebbe, in senso contrario, il richiamo alla delibera n. 155/2009 con la quale era stato soppresso il Corpo do P.M. atteso che le suddette prerogative prescinderebbero dalle concrete modalità di organizzazione della Polizia Municipale ed andrebbero comunque garantite, sia essa organizzata in un Corpo, sia essa organizzata in un Servizio.

Aggiunge, infine, il ricorrente che il Comune, con la previsione della subordinazione gerarchica del Comandante di P.M. al Dirigente comunale, avrebbe agito con lo sviato scopo di imbrigliare la Polizia Municipale e subordinarla al Settore Urbanistica e Attività produttive, di fatto esautorando il Comandante delle sue prerogative.

Sarebbe, infine, stato violato l'art. 7 della legge n. 241/90 non avendo il Comune intimato fatto precedere il provvedimento impugnato dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) deducendo il difetto di giurisdizione dell'adito Tribunale per essere la presente controversia devoluta alla giurisdizione dell'A.G.O; ha, poi, nel merito, contestato l'infondatezza delle avverse censure, essendo la delibera gravata frutto dell'autonomia organizzativa dell'Ente locale.

Ha, quindi, insistito per il rigetto del ricorso.

Con atto di intervento ad adiuvandum la CISL FPS- Funzione Pubblica Salerno ha sostenuto le ragioni del ricorrente, insistendo per l'accoglimento del gravame.

Il Tribunale, con ordinanza n. 498 del 28.10.2011, accoglieva, in parte, la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell'atto impugnato, statuendo che al danno prospettato da parte istante poteva ovviarsi assicurando al ricorrente l'esercizio degli aspetti funzionali e gestionali dell'Ufficio, ad eccezione delle determinazioni in materia di impegno e di liquidazione.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 738 del 21.02.2012, chiariva che al titolare dell'area in cui il servizio di P.M. è stato incardinato spettassero solo "limitati atti in materia di spesa".

All'udienza del 9 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso nei termini che seguono non può trovare accoglimento.

Va, in via preliminare, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di (omissis) atteso che, difformemente da quanto vorrebbe sostenere il Comune, la pretesa azionata nel presente giudizio non riguarda questioni afferenti il rapporto di lavoro del ricorrente, ma gli atti amministrativi di organizzazione emanati dal Comune volti alla riorganizzazione del Servizio di Polizia Municipale.

Ne deriva che la cognizione sulla pretesa azionata in giudizio non può che spettare al Giudice Amministrativo, quale giudice dell'esercizio della potestà discrezionale dell'Amministrazione.

Ciò premesso in punto di giurisdizione, giova anche precisare, quanto alla corretta individuazione dell'oggetto del presente giudizio, che ciò che il ricorrente ha inteso contestare non è la delibera n. 155/2009, con la quale il Comune ha disposto la soppressione del Corpo di Polizia Municipale, ma la delibera n. 133 con la quale è stato disposto l'incardinamento del Servizio di P.M. nel settore 5°- Area Urbanistica e Attività produttive, nella parte in cui tale incardinamento avrebbe, a suo dire, determinato la collocazione in posizione di subordinazione gerarchica del Comandante di P.M. rispetto al Responsabile del Settore, unitamente al decreto n. 6041 nella parte in cui aveva disposto che gli atti del Comandante sarebbero stati istruiti e controfirmati anche dal Responsabile del Servizio.

Quanto detto, consente di procedere all'esame del merito del ricorso per rilevare quanto segue.

Come è noto, la legge 7 marzo 1986 n 65, all'art 7, consente ai Comuni di istituire il Corpo di Polizia Municipale ove il relativo servizio sia espletato da almeno 7 addetti, e di disciplinarne lo stato giuridico con apposito regolamento.

Ove istituito, quindi, il Corpo di polizia municipale rappresenta un'entità organizzativa unitaria ed autonoma rispetto alle altre strutture organizzative del Comune e risulta costituito dall'aggregazione di tutti i dipendenti comunali che esplicano, a vari livelli, i servizi di polizia locale.

Al vertice del Corpo è posto il Comandante che ne ha la responsabilità e ne risponde direttamente al Sindaco.

Nelle ipotesi in cui non si raggiunga il numero minimo di personale in servizio indicato dalla legge, invece, il Servizio di Polizia Municipale non viene eretto a Corpo, ma viene incardinato all'interno di un'altra Area, ovvero di una altra struttura al cui vertice è posto un funzionario con qualifica e mansioni dirigenziali.

In tale evenienza, si pone, quindi, il problema di conciliare la posizione di autonomia e indipendenza del Comandante di P.M., che si pone in rapporto diretto solo con il Sindaco, con il ruolo apicale del capo dell'Area in cui il Servizio di P.M. è collocato, che svolge compiti e funzioni di tipo dirigenziale, ovvero di stabilire entro quali limiti e secondo quali concrete modalità il Comandante di P.M. debba rispondere del suo operato al Dirigente amministrativo da cui verrebbe a dipendere.

Con riferimento al ruolo e all'autonomia del Comandante del Corpo, infatti, l'art. 9 della legge 65/86, prevedendo che il Comandante della Polizia municipale sia responsabile verso il Sindaco, quale organo titolare delle funzioni di polizia locale che competono al Comune (artt. 1 e 2), istituzionalizza una relazione diretta tra i due soggetti finalizzata ad assicurare, all'autorità posta al vertice dell'Amministrazione ed in relazione ai poteri ed ai compiti ad essa conferiti dai precedenti articoli 2 e 3, il diretto controllo dei profili organizzativi e funzionali del servizio (addestramento, disciplina, impiego tecnico-operativo) che presentano la maggiore specificità e delicatezza (Cons. Stato, Sez. V, 14 maggio 2013, n 2607).

Aggiungasi che anche l'art. 7, comma 7, della legge regionale Campania n. 12/2003, nel disciplinare le funzioni di Polizia locale, garantisce una relazione diretta tra il Comandante della P.M e il vertice dell'Amministrazione, disponendo che i Comandanti dipendano unicamente dal Sindaco (o dal Presidente della Provincia).

La giurisprudenza amministrativa, infine, riconosce che la strutturazione della P.M. in Corpo ne impedisce la collocazione, quale Struttura intermedia, in una Struttura più ampia, di natura dirigenziale, ed impedisce che il Comandante di P.M. sia posto alle dipendenze gerarchiche del Funzionario che tale più ampia struttura dirige (Cons. Stato, Sez. V, sent. 4 settembre 2000, n. 4663), ma non altrettanto pacificamente è a dirsi nelle ipotesi, come quella in esame, in cui la P.M. non sia eretta a Corpo.

Ciò detto, nel caso in esame, non può revocarsi in dubbio che la scelta del Comune resistente di sopprimere il Corpo di P.M. sia stata pienamente legittima nonché coerente con il disposto normativo di cui all'art. 7 della legge 7 marzo 1986 n. 65, essendo sceso al di sotto del minimo di 7 il numero degli addetti al Corpo P.M.

La determina impugnata, invece, risulta censurabile per ciò che concerne l'aspetto precipuamente contestato dal ricorrente, atteso che, conformemente a quanto assunto in sede di ricorso, non si rinviene, in essa, alcuna disposizione idonea a garantire le prerogative di indipendenza ed autonomia del Comandante di P.M.; analogamente è a dirsi per il decreto n. 6041, atteso che esso, nel prevedere genericamente ed indistintamente la controfirma del Responsabile del Settore per tutti gli atti emessi dal Comandante di P.M, risulta, di fatto, idoneo ad esautorare il Comandante delle sue prerogative ed a snaturare la sua peculiare posizione di vertice del servizio di P.M..

L'asserzione secondo cui il Comune resistente, con l'adozione del gravato provvedimento, avrebbe inteso colpire direttamente l'interessato Comandante per esautorarlo delle sue funzioni, invece, risulta, priva di fondamento e non supportata da adeguato sostegno di ordine probatorio.

In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti sopra indicati.

La natura della controversia giustifica l'integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento impugnato nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio - Presidente
Giovanni Grasso - Consigliere
Rita Luce - Primo Referendario, Estensore
Da: Pubblica Amministrazione 24