Articolo della collega veronica basile, laureanda in scienze della pubblica amministrazione
Referendum
costituzionale 2016
di:
Basile Veronica
Il 4 dicembre p.v. sarà sottoposto a referendum
confermativo, il testo di legge costituzionale inerente la riforma della
Costituzione della Repubblica Italiana. Sarà la terza consultazione popolare di
tipo costituzionale nella storia della Repubblica Italiana, dopo quella del
2001 e 2006. Sin dal 1948, dall’entrata in vigore della Costituzione, il
sistema bicamerale perfetto è stato oggetto di proposta di modifica, a causa
dei rallentamenti del procedimento legislativo per mezzo del meccanismo della
navetta parlamentare. Nonostante le diverse proposte di modifica, formulate nel
corso degli anni, nessuna mai, si è concretizzata con modifiche sostanziali del
bicameralismo. Nel 2001 abbiamo assistito alla modifica del titolo V della
costituzione, con un conseguente ampliamento
dei poteri alle regioni e alle autonomie locali. Il referendum indetto
nel 2006 ha avuto esito negativo, il quale prevedeva un bicameralismo imperfetto
con le due camere che potevano approvare le leggi in maniera autonoma senza il
passaggio all’altra camera. Nel 2013 Giorgio Napolitano ha riavviato il
processo di riforma, sentiti alcuni esperti nel campo istituzionale è stata
formulata, l’idea, di un bicameralismo perfetto, ad una sola camera e riducendo
il senato. E’ stato il Governo Letta a promuovere il disegno di legge che non
ha raggiunto mai la definitiva approvazione. A seguito delle dimissioni di
Letta, Giorgio Napolitano incarica di formare il Governo, Matteo Renzi.
Nell’aprile del 2014 di iniziativa governativa, il presidente Renzi, presenta
un disegno di legge costituzionale. Dopo varie approvazioni della camera e
discussioni al senato, giunge all’approvazione definitiva il 12 aprile 2016.
L’approvazione in seconda votazione, la legge non raggiunge i due terzi dei
membri di ogni camera, per cui non è stata immediatamente promulgata.
Considerata la possibilità di richiedere un referendum confermativo, nei tre
mesi successivi, a pochi giorni dall’approvazione, parlamentari dell’opposizione
e della maggioranza hanno presentato richieste per un referendum
costituzionale. Dichiarata legittima la richiesta, il Consiglio dei Ministri
fissa la data del referendum costituzionale il 4 dicembre 2016.
Il disegno di legge de Governo Renzi riguarda
modifiche ai titoli I, II, III, V e VI della seconda parte delle Costituzione
ben 47 articoli su 139 , le novità dell’ ordinamento istituzionale saranno:
•
Modifica del bicameralismo, nuovo iter legislativo, nuova composizione
del Senato.
•
Elezioni del
Presidente della Repubblica.
•
Abolizione
del Consiglio Nazionale dell’ economia e del lavoro.
•
Modifiche
relative al Titolo V della Costituzione e competenze Stato/Regioni.
•
Leggi
elettorali, d’ iniziativa popolare e referendum.
Modifica del bicameralismo perfetto
Tra le modifiche della nuova costituzione, la più
discussa è l’art 70. Ai tempi del 48 i nostri padri costituenti vollero in
tutti i modi che la carta costituente fosse chiara e diretta per tutti , per
questo si impegnarono a non articolare troppo ogni articolo approvato. L’art 70
era e ne è ancora un esempio : 9 paroline , limpide , “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle
due Camere.”
Niente di più semplice per fare da
cornice al nostro bicameralismo perfetto. Per chi , forse,
non fosse ancora chiaro , è una forma dove assegna le medesime funzioni
ad entrambe le camere , l’unico esempio di sistema che ci garantisce il più sicuro funzionamento democratico dell'iter legislativo.
I nuovi costituenti , oggi , ci presentano un
testo del tutto stravolto , anche grammaticalmente , l’art 70 si è allungato
tralasciando la poca chiarezza nel redigerlo. Nonostante , cio che ci interessa
è il contenuto del nuovo articolo , e in particolare delle funzioni del nuovo
senato .
E’ da premettere che la riforma Renzi-Boschi
prevede anche la modifica dell’art 57 , sostituendo l’attuale testo in questo
modo “ Il Senato della Repubblica è composto da
novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da
cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli
regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono,
con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di
uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di
senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di
Bolzano ne ha due. La
ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle
disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale
risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei
più alti resti. La
durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle
istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte
espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo
dei medesimi organi, secondo le
modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere
sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri
del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la
loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o
locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della
composizione di ciascun Consiglio».
Si deduce subito che , il senato non sarà più
elettivo ma appunto formato dalle preferenze dei candidati tra i consiglieri regionali e con un mandato non
più di cinque anni ma coincide con la durata del proprio mandato secondo le indicazioni espresse dagli elettori per i candidati
consiglieri.
E’ vero che tagliando drasticamente
il numero dei senatori (da 315 a 100 ) si ha sicuramente un taglio alle spese
politiche ma si sostiene che si parla , secondo statistiche , di per lo più ,
di 1 € a cittadino , è anche vero che la nuova indennità sia solo quella
percepita da consigliere regionale o sindaco, ma godranno di qualcosa ancora
più importante , l’immunità parlamentare. A tal proposito si potrebbe
parlarne a lungo soprattutto dei rischi che si andrebbero andare incontro,
quali quello di ritrovarci ad essere rappresentati da una pessima classe
politica .
Ritornando all’ art 70 , la funziona legislativa
subisce notevoli cambiamenti . Infatti, la camera dei deputati assorbirà
notevoli responsabilità in quanto, invece, il senato avrà principalmente
funzioni consultive . Cio che verrà a mancare è il passaggio della navetta da
una camera all’altra. Con la riforma, la navetta rimarrà solo per le leggi
costituzionali e le leggi che regolano i rapporti tra enti locali e l’unione
europea.
Per le
leggi ordinarie invece , avrà potere decisionale solo ed esclusivamente la
camera dei deputati.
Qui , il senato avrà soltanto un compito
consultivo. Il modo in cui lo svolgerà sarà se per ogni legge approvata dalla
camera , 1/3 dei senatori può richiedere l’esame , disponendo poi di 30 giorni
per farlo . Se propone delle modifiche , il testo sarà di nuovo inviato alla
camera per la votazione definitiva .
Per le materie di interesse regionale la legge
viene trasmessa direttamente al senato , il senato può modificare a maggioranza
assoluta e in questo caso la camera può respingere le modifiche solo con la
stessa maggioranza. Questo giustificato dal fatto che serve un sistema molto
più sbrigativo in materia legislativa ,
ma in realtà ad essere troppo sono il numero delle leggi italiane, tanto
che se ne è perso il conto. Si dovrebbe invece rallentare il procedimento
legislativo o meglio cambiare il modo di praticarlo , ad esempio rivedere quei
provvedimenti , leggi e modificarli in modo ottimale .
C’è da dire che il nostro sistema di
legislativo non è poi cosi tanto lungo , bastano solo 2 mesi circa per approvare
una semplice legge ordinaria , il problema di fondo, nel sistema parlamentare,
sta nella disorganizzazione dei partiti molto spesso in contrasto tra di loro .
Elezioni del Presidente della Repubblica.
Secondo l’articolo 84 della costituzione, può
diventare capo dello stato “ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni
d’età e goda dei diritti civili e politici”.
In Italia il presidente della repubblica è eletto
dal parlamento in seduta comune, cioè da camera e senato riuniti. All’elezione
partecipano inoltre i 58 delegati eletti dai consigli regionali (tre per ogni
regione, a eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno solo).
Secondo la costituzione, i delegati regionali
devono essere scelti in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. È
consuetudine quindi che i consigli regionali scelgano uno dei tre delegati tra
le file dell’opposizione, mentre gli altri due sono scelti tra le cariche
principali degli organi regionali: presidente della regione, vicepresidente
della giunta, presidente del consiglio regionale o capogruppo del partito di
maggioranza.
I componenti dell’assemblea sono chiamati “grandi
elettori”, anche se spesso con questo nome si indicano solo i delegati delle
regioni.
Se al completo, l’assemblea che elegge il presidente
sarà composta da 1.009 persone: 630 deputati, 321 senatori e i 58 delegati
regionali.
L’elezione avviene a scrutinio segreto: votano
prima i senatori, poi i deputati e, per ultimi, i delegati regionali.
Lo spoglio delle schede lo fa il presidente della
camera, che legge ad alta voce i nomi dei candidati.
Per esseri eletti, nei primi tre scrutini serve
la maggioranza dei due terzi (672 voti), mentre dalla quarta votazione in poi
basta la maggioranza assoluta, cioè il 50 per cento più uno (505 voti).
Con la riforma costituzionale del Governo Renzi
cambiano i seguenti punti;
-partecipano al voto solo deputati e senatori
(scompaiono quindi i 59 delegati regionali)
rimane uguale il quorum delle prime tre
votazioni: maggioranza qualificata dei due terzi (ovvero il 66%)
-sale il quorum dal quarto scrutinio al sesto
scrutinio: servirà la maggioranza di tre quinti (60%) contro l'attuale
maggioranza assoluta (50%).
cambia il quorum dal sesto scrutinio in poi:
servirà la maggioranza di tre quinti dei votanti invece della maggioranza degli
aventi diritto.
-Il presidente della Repubblica potrà sciogliere
solo la Camera dei Deputati, e non più anche il Senato.
-Il presidente della Camera diventa la
seconda carica dello Stato. E in quanto tale sarà il Presidente della Camera a
fare le veci del Presidente della Repubblica se quest'ultimo non può.
Abolizione
del CNEL
Nel procedimento di smantellamento dell’apparato statale, c’è anche il
CNEL, ossia il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Quest’ ultimo è
previsto dalla Costituzione all’art. 99, definendolo: “Organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e
secondo le funzioni che gli sono state attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa
legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e
sociale, secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”. Istituito dalla legge n°936 del 30 dicembre 1986 e successivamente, dalla legge n°383 del 7 dicembre 2000. Il
Presidente di tale organo è nominato da Decreto del Presidente della
Repubblica. Il Consiglio ha una durata di 5 anni, ed è composto da 64
consiglieri: 10 esperti ( esperti della cultura economica, sociale e
giuridica); 22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, 9 rappresentanti del
lavoro autonomo; 17 rappresentanti delle imprese; 6 rappresentanti delle
associazioni di promozione sociale e volontariato.
L’eliminazione del CNEL è uno dei cavalli di battaglia della riforma
costituzionale, esso infatti, è entrato nel mirino della Spending Review da
quando, Carlo Cottarelli (commissario alla Spending Review), nel 2014, lo ha
indicato come uno di quegli Enti pubblici che deve essere eliminato. Secondo i
dati disponibili sul sito dell’Ente, ogni anno, lo Stato stanzia per l’organo
consultivo tra i 15 milioni e i 20 milioni di euro. Nella previsione di
bilancio 2014 sono indicate spese di 3 milioni e trecentomila euro per il
personale amministrativo, in maggior parte composto da over 65, che svolge il
ruolo di consigliere come secondo o terzo lavoro.
Le altre spese contenute in bilancio sono poco chiare, si parla di 300
milioni e trecentottanta mila euro per “oneri derivanti da accordi
interistituzionali” e 2 milioni e mezzo per “l’acquisizione dei dati necessari
all’attività di programma” Per quanto riguarda i risultati, sul sito del CNEL,
si evince, che nei primi 50 anni di attività del Consiglio, sono stati
pubblicati 970 documenti. La maggior parte di essi in pareri, osservazioni,
rapporti e relazioni. Invece le proposte di legge, su 970 documenti ammontano a
14, delle quali nessuna di esse è stata approvata dal Parlamento.
Molti, però, sostengono che con
l’abolizione dell’Ente, i conti della politica non verranno dimezzati, ma si
risparmierà solo il 20%. Inoltre, si sostiene che con l’eliminazione di uno
degli organi ausiliari previsti dalla Costituzione, si vuole porre fine,
all’ultimo tentativo di dare spazio alla rappresentanza per categorie. Una
parte della popolazione italiana, ritiene che, nel momento in cui la crisi
della rappresentanza politica-parlamentare, sembra aver toccato il fondo, uno
“strumento” come il CNEL, può essere ancora utile ad indicare una possibile via
d’uscita, ribadendo le grandi potenzialità che ha in sé, rappresentando uno
degli elementi più significativi ed evolutivi rispetto alla tradizione
giuridica-sociale post unitaria e liberale.
Il Titolo V
In riferimento alle modifiche del Titolo V della
Costituzione, alcuni ambiti come l’ ambiente, la gestione dei trasporti e della
navigazione politiche per il lavoro e la sicurezza tornano, ad essere , di
competenza esclusiva dello Stato. Dalla Costituzione viene rimosso ogni
riferimento alle province, tranne per
quelle autonome di Trento e Bolzano. In sostituzione di esse avremo le Città Metropolitane inserite già
nella Carta Costituzionale con la riforma del 2001. La loro istituzione è
avvenuta con l’ entrata in vigore della Legge Delrio n°56 del 7 aprile 2014.
In riferimento all’ art. 116, condizioni particolari di autonomia alle
Regioni saranno concesse purchè la
Regione si trovi in equilibrio di bilancio tra entrate e spese. Vengono ridotte
le materie nelle quali le Regioni ordinarie hanno autonomia.
All’ art. 117
vengono soppresse le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni,
quelle stesse materie in cui le Regioni avevano potestà legislativa mentre allo
Stato spettava la potestà legislativa nel determinare i principi fondamentali.
Tali materie sono redistribuite tra competenza esclusiva statale e competenza regionale. Le materie a cui
spetta l’ esclusiva legislativa allo Stato sono: mercati assicurativi,
programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; previdenza
complementare ed integrativa; tutela ,sicurezza e politiche attive del lavoro;
commercio con l’ estero, sistema nazionale della protezione civile; produzione
,trasporto e produzione e distribuzione dell’ energia; grandi reti di trasporto
e navigazione di interesse nazionale; porti e aeroporti civili di interesse
internazionali. Per quanto riguarda la salute e l’ istruzione e beni culturali
(prima materie di legislazione concorrente) sarà invece competenza esclusiva
dello Stato dettare “disposizioni generali e comuni”, mentre spetterà alle
Regioni i servizi scolastici e promuovere il diritto allo studio, anche
universitario; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari;
pianificazione del territorio regionale e dotazione delle infrastrutture.
Spetterà ancora alle Regioni l’ organizzazione delle politiche sociali e l’
organizzazione e valorizzazione del turismo fermo restando che sarà sempre lo Stato
a dettare le “disposizioni generali e comuni”. Ed ancora alle Regioni spetta
promuovere lo sviluppo economico locale ed infine spetterà ad esse la
competenza residuale per ogni materia non espressamente riservata allo Stato. E’ introdotta la “clausola di supremazia” lo Stato potrà
intervenire nelle materie non di competenza statale a tutela della Repubblica e
dell’ interesse nazionale. All’ art. 118 ai principi di sussidiarietà
differenziazione e adeguatezza si aggiungono quelli di trasparenza, semplificazione,
efficienza e responsabilità degli amministratori. All’ art. 122 sono vietati i
rimborsi a favore dei gruppi politici
presenti nei Consigli regionali a carico
della finanza pubblica.
I Titolo V era già
stato modificato con la riforma del 2001, ma secondo molti esperti la
competenza concorrente aveva provocato numerosi conflitti tra Stato e Regioni,
poiché le competenze concorrenti non fissavano con precisione, il confine tra
cosa poteva fare lo Stato centrale, e cosa era riservato alle Regioni. La
riforma 2016 sotto questo aspetto, elimina il problema, perché restituisce allo
Stato la competenza esclusiva. Ma, è pur vero, che la nuova riforma del titolo
V, rappresenta un passo indietro per chi crede nel cosiddetto “decentramento”
che, porta maggiori poteri a livello locale con un maggiore controllo delle
problematiche del territorio e dell’ organizzazione dei servizi al cittadino.
Il decentramento sviluppatosi negli corso degli anni , sembra offuscarsi con la
nuova riforma, mentre il potere politico sarà fortemente concentrato nello
Stato centrale. Il riaccentramento potrebbe essere bilanciato da quelle
condizioni particolari che potrebbero essere concesse a quelle regioni in
equilibrio di bilancio e questo potrebbe , tuttavia aumentare le differenze tra
alcune regioni e le altre.
Referendum abrogativo e leggi d' iniziativa
popolare
La riforma costituzionale modifica
anche gli strumenti di democrazia diretta già presenti nel nostro ordinamento,
come le leggi di iniziativa popolare e il referendum abrogativo.
Per quanto riguarda le leggi di
iniziativa popolare, strumenti attraverso i quali i cittadini possono
presentare al Parlamento o alle Regioni un progetto di legge, la riforma
costituzionale introduce all’articolo 71 della Costituzione due modifiche
sostanziali.
Da un lato, il requisito di 50 mila
firme necessarie per la presentazione di un disegno di legge viene aumentato a
150 mila, ovvero triplicato.
Dall’altro lato, però, viene
introdotto il principio che la discussione e la deliberazione in merito ai
disegni di legge di iniziativa popolare deve essere garantita.
In sostanza, tali disegni di legge di
iniziativa popolare devono obbligatoriamente essere discussi dal Parlamento in
tempi ragionevoli.
Più
firme ma iter certo, infatti
attualmente le leggi di iniziativa popolare non prevedono alcuna garanzia circa
le successive fasi dell'inter legislativo. Ciò spiega anche perchè la loro
influenza sia stata molto limitata.
Da questo punto di vista, l’aumento a
150 mila firme rappresenta un filtro per non intasare a vuoto l’attività
parlamentare, dato che non sarà più possibile ignorare tali proposte.
Per quanto riguarda il referendum
abrogativo, le firme necessarie per la richiesta restano 500 mila ovvero 5
consigli regionali, con il quorum di partecipazione del 50% più uno degli
aventi diritto.
Ma nel caso in cui, invece, le firme
raccolte dai promotori fossero almeno 800 mila, il quorum di partecipazione
scende e si abbassa al 50 % dei votanti alle ultime elezioni per la Camera dei
Deputati.
Ad esempio, alle ultime elezioni
politiche (2013) hanno votato, per la Camera 34 milioni di elettori. Se un
ipotetico referendum abrogativo venisse richiesto da 800.000 elettori,
basterebbero circa 17 milioni di elettori + 1 (circa la metà di 34 milioni,
appunto) per rendere valido il referendum.
Quest'ultima è un’opzione che renderà
più difficile far fallire il referendum abrogativo grazie al semplice
disimpegno.
Infatti nella nostra storia
costituzionale sono molti i referendum falliti per il non raggiungimento del
quorum, addirittura dal 1997 al 2009 ben sei referendum di seguito (1997, 199,
2000, 2003, 2005, 2009).
L'esistenza del quorum attualmente
finisce per attribuire un indebito vantaggio ai sostenitori del «no», tanto più
in un contesto di partecipazione elettorale come il nostro fortemente
decrescente.
Accade
infatti che può bastare convincere un numero relativamente basso di elettori a
disertare le urne per portare alla sconfitta quella che altrimenti sarebbe una
fortissima maggioranza.