giovedì 10 novembre 2016

Referendum costituzionale 2016



 Articolo della collega veronica basile, laureanda in scienze della pubblica amministrazione

Referendum costituzionale 2016
di:
Basile Veronica
Il 4 dicembre p.v. sarà sottoposto a referendum confermativo, il testo di legge costituzionale inerente la riforma della Costituzione della Repubblica Italiana. Sarà la terza consultazione popolare di tipo costituzionale nella storia della Repubblica Italiana, dopo quella del 2001 e 2006. Sin dal 1948, dall’entrata in vigore della Costituzione, il sistema bicamerale perfetto è stato oggetto di proposta di modifica, a causa dei rallentamenti del procedimento legislativo per mezzo del meccanismo della navetta parlamentare. Nonostante le diverse proposte di modifica, formulate nel corso degli anni, nessuna mai, si è concretizzata con modifiche sostanziali del bicameralismo. Nel 2001 abbiamo assistito alla modifica del titolo V della costituzione, con un conseguente ampliamento  dei poteri alle regioni e alle autonomie locali. Il referendum indetto nel 2006 ha avuto esito negativo, il quale prevedeva un bicameralismo imperfetto con le due camere che potevano approvare le leggi in maniera autonoma senza il passaggio all’altra camera. Nel 2013 Giorgio Napolitano ha riavviato il processo di riforma, sentiti alcuni esperti nel campo istituzionale è stata formulata, l’idea, di un bicameralismo perfetto, ad una sola camera e riducendo il senato. E’ stato il Governo Letta a promuovere il disegno di legge che non ha raggiunto mai la definitiva approvazione. A seguito delle dimissioni di Letta, Giorgio Napolitano incarica di formare il Governo, Matteo Renzi. Nell’aprile del 2014 di iniziativa governativa, il presidente Renzi, presenta un disegno di legge costituzionale. Dopo varie approvazioni della camera e discussioni al senato, giunge all’approvazione definitiva il 12 aprile 2016. L’approvazione in seconda votazione, la legge non raggiunge i due terzi dei membri di ogni camera, per cui non è stata immediatamente promulgata. Considerata la possibilità di richiedere un referendum confermativo, nei tre mesi successivi, a pochi giorni dall’approvazione, parlamentari dell’opposizione e della maggioranza hanno presentato richieste per un referendum costituzionale. Dichiarata legittima la richiesta, il Consiglio dei Ministri fissa la data del referendum costituzionale il 4 dicembre 2016.
Il disegno di legge de Governo Renzi riguarda modifiche ai titoli I, II, III, V e VI della seconda parte delle Costituzione ben 47 articoli su 139 , le novità dell’ ordinamento istituzionale saranno:
         Modifica del bicameralismo,  nuovo iter legislativo, nuova composizione del Senato.
        Elezioni del Presidente della Repubblica.
        Abolizione del Consiglio Nazionale dell’ economia e del lavoro.
        Modifiche relative al Titolo V della Costituzione e competenze Stato/Regioni.
        Leggi elettorali, d’ iniziativa popolare e referendum.
Modifica del bicameralismo perfetto

Tra le modifiche della nuova costituzione, la più discussa è l’art 70. Ai tempi del 48 i nostri padri costituenti vollero in tutti i modi che la carta costituente fosse chiara e diretta per tutti , per questo si impegnarono a non articolare troppo ogni articolo approvato. L’art 70 era e ne è ancora un esempio : 9 paroline , limpide , La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.”
Niente di più semplice per fare da cornice al nostro bicameralismo perfetto. Per chi ,  forse,  non fosse ancora chiaro , è una forma dove assegna le medesime funzioni ad entrambe le camere , l’unico esempio di sistema che ci garantisce il più sicuro funzionamento democratico dell'iterHYPERLINK "https://it.wikipedia.org/wiki/Iter_legis" HYPERLINK "https://it.wikipedia.org/wiki/Iter_legis"legislativo.

I nuovi costituenti , oggi , ci presentano un testo del tutto stravolto , anche grammaticalmente , l’art 70 si è allungato tralasciando la poca chiarezza nel redigerlo. Nonostante , cio che ci interessa è il contenuto del nuovo articolo , e in particolare delle funzioni del nuovo senato .
E’ da premettere che la riforma Renzi-Boschi prevede anche la modifica dell’art 57 , sostituendo l’attuale testo in questo modo “ Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica. I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a due; ciascuna delle Province autonome di Trento e di Bolzano ne ha due. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma. Con legge approvata da entrambe le Camere sono regolate le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i consiglieri e i sindaci, nonché quelle per la loro sostituzione, in caso di cessazione dalla carica elettiva regionale o locale. I seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio».
Si deduce subito che , il senato non sarà più elettivo ma appunto formato dalle preferenze dei candidati tra i  consiglieri regionali e con un mandato non più di cinque anni ma coincide con la durata del proprio mandato secondo le indicazioni espresse dagli elettori per i candidati consiglieri.
E’ vero che tagliando drasticamente il numero dei senatori (da 315 a 100 ) si ha sicuramente un taglio alle spese politiche ma si sostiene che si parla , secondo statistiche , di per lo più , di 1 € a cittadino , è anche vero che la nuova indennità sia solo quella percepita da consigliere regionale o sindaco, ma godranno di qualcosa ancora più importante , l’immunità parlamentare. A tal proposito si potrebbe parlarne a lungo soprattutto dei rischi che si andrebbero andare incontro, quali quello di ritrovarci ad essere rappresentati da una pessima classe politica .
Ritornando all’ art 70 , la funziona legislativa subisce notevoli cambiamenti . Infatti, la camera dei deputati assorbirà notevoli responsabilità in quanto, invece, il senato avrà principalmente funzioni consultive . Cio che verrà a mancare è il passaggio della navetta da una camera all’altra. Con la riforma, la navetta rimarrà solo per le leggi costituzionali e le leggi che regolano i rapporti tra enti locali e l’unione europea.
Per le leggi ordinarie invece , avrà potere decisionale solo ed esclusivamente la camera dei deputati.
Qui , il senato avrà soltanto un compito consultivo. Il modo in cui lo svolgerà sarà se per ogni legge approvata dalla camera , 1/3 dei senatori può richiedere l’esame , disponendo poi di 30 giorni per farlo . Se propone delle modifiche , il testo sarà di nuovo inviato alla camera per la votazione definitiva .
Per le materie di interesse regionale la legge viene trasmessa direttamente al senato , il senato può modificare a maggioranza assoluta e in questo caso la camera può respingere le modifiche solo con la stessa maggioranza. Questo giustificato dal fatto che serve un sistema molto più sbrigativo in materia legislativa ,  ma in realtà ad essere troppo sono il numero delle leggi italiane, tanto che se ne è perso il conto. Si dovrebbe invece rallentare il procedimento legislativo o meglio cambiare il modo di praticarlo , ad esempio rivedere quei provvedimenti , leggi e modificarli in modo ottimale .
C’è da dire che il nostro sistema di legislativo non è poi cosi tanto lungo , bastano solo 2 mesi circa per approvare una semplice legge ordinaria , il problema di fondo, nel sistema parlamentare, sta nella disorganizzazione dei partiti molto spesso in contrasto tra di loro .
Elezioni del Presidente della Repubblica.
Secondo l’articolo 84 della costituzione, può diventare capo dello stato “ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”.
In Italia il presidente della repubblica è eletto dal parlamento in seduta comune, cioè da camera e senato riuniti. All’elezione partecipano inoltre i 58 delegati eletti dai consigli regionali (tre per ogni regione, a eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno solo).

Secondo la costituzione, i delegati regionali devono essere scelti in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. È consuetudine quindi che i consigli regionali scelgano uno dei tre delegati tra le file dell’opposizione, mentre gli altri due sono scelti tra le cariche principali degli organi regionali: presidente della regione, vicepresidente della giunta, presidente del consiglio regionale o capogruppo del partito di maggioranza.

I componenti dell’assemblea sono chiamati “grandi elettori”, anche se spesso con questo nome si indicano solo i delegati delle regioni.

Se al completo, l’assemblea che elegge il presidente sarà composta da 1.009 persone: 630 deputati, 321 senatori e i 58 delegati regionali.
L’elezione avviene a scrutinio segreto: votano prima i senatori, poi i deputati e, per ultimi, i delegati regionali.

Lo spoglio delle schede lo fa il presidente della camera, che legge ad alta voce i nomi dei candidati.

Per esseri eletti, nei primi tre scrutini serve la maggioranza dei due terzi (672 voti), mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta, cioè il 50 per cento più uno (505 voti).
Con la riforma costituzionale del Governo Renzi cambiano i seguenti punti;
-partecipano al voto solo deputati e senatori (scompaiono quindi i 59 delegati regionali)
rimane uguale il quorum delle prime tre votazioni: maggioranza qualificata dei due terzi (ovvero il 66%)
-sale il quorum dal quarto scrutinio al sesto scrutinio: servirà la maggioranza di tre quinti (60%) contro l'attuale maggioranza assoluta (50%).
cambia il quorum dal sesto scrutinio in poi: servirà la maggioranza di tre quinti dei votanti invece della maggioranza degli aventi diritto.
-Il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei Deputati, e non più anche il Senato.

-Il presidente della Camera diventa la seconda carica dello Stato. E in quanto tale sarà il Presidente della Camera a fare le veci del Presidente della Repubblica se quest'ultimo non può.
Abolizione del CNEL
Nel procedimento di smantellamento dell’apparato statale, c’è anche il CNEL, ossia il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Quest’ ultimo è previsto dalla Costituzione all’art. 99, definendolo: “Organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono state attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale, secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”.  Istituito dalla legge n°936 del 30 dicembre 1986 e successivamente, dalla legge n°383 del 7 dicembre 2000. Il Presidente di tale organo è nominato da Decreto del Presidente della Repubblica. Il Consiglio ha una durata di 5 anni, ed è composto da 64 consiglieri: 10 esperti ( esperti della cultura economica, sociale e giuridica); 22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, 9 rappresentanti del lavoro autonomo; 17 rappresentanti delle imprese; 6 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e volontariato.
L’eliminazione del CNEL è uno dei cavalli di battaglia della riforma costituzionale, esso infatti, è entrato nel mirino della Spending Review da quando, Carlo Cottarelli (commissario alla Spending Review), nel 2014, lo ha indicato come uno di quegli Enti pubblici che deve essere eliminato. Secondo i dati disponibili sul sito dell’Ente, ogni anno, lo Stato stanzia per l’organo consultivo tra i 15 milioni e i 20 milioni di euro. Nella previsione di bilancio 2014 sono indicate spese di 3 milioni e trecentomila euro per il personale amministrativo, in maggior parte composto da over 65, che svolge il ruolo di consigliere come secondo o terzo lavoro.
Le altre spese contenute in bilancio sono poco chiare, si parla di 300 milioni e trecentottanta mila euro per “oneri derivanti da accordi interistituzionali” e 2 milioni e mezzo per “l’acquisizione dei dati necessari all’attività di programma” Per quanto riguarda i risultati, sul sito del CNEL, si evince, che nei primi 50 anni di attività del Consiglio, sono stati pubblicati 970 documenti. La maggior parte di essi in pareri, osservazioni, rapporti e relazioni. Invece le proposte di legge, su 970 documenti ammontano a 14, delle quali nessuna di esse è stata approvata dal Parlamento.
Molti, però, sostengono che con l’abolizione dell’Ente, i conti della politica non verranno dimezzati, ma si risparmierà solo il 20%. Inoltre, si sostiene che con l’eliminazione di uno degli organi ausiliari previsti dalla Costituzione, si vuole porre fine, all’ultimo tentativo di dare spazio alla rappresentanza per categorie. Una parte della popolazione italiana, ritiene che, nel momento in cui la crisi della rappresentanza politica-parlamentare, sembra aver toccato il fondo, uno “strumento” come il CNEL, può essere ancora utile ad indicare una possibile via d’uscita, ribadendo le grandi potenzialità che ha in sé, rappresentando uno degli elementi più significativi ed evolutivi rispetto alla tradizione giuridica-sociale post unitaria e liberale.
Il Titolo V
In riferimento alle modifiche del Titolo V della Costituzione, alcuni ambiti come l’ ambiente, la gestione dei trasporti e della navigazione politiche per il lavoro e la sicurezza tornano, ad essere , di competenza esclusiva dello Stato. Dalla Costituzione viene rimosso ogni riferimento alle  province, tranne per quelle autonome di Trento e Bolzano. In sostituzione di esse  avremo le Città Metropolitane inserite già nella Carta Costituzionale con la riforma del 2001. La loro istituzione è avvenuta con l’ entrata in vigore della Legge Delrio  n°56 del 7 aprile 2014.
 In riferimento all’ art. 116,  condizioni particolari di autonomia alle Regioni saranno  concesse purchè la Regione si trovi in equilibrio di bilancio tra entrate e spese. Vengono ridotte le materie nelle quali le Regioni ordinarie hanno autonomia.
All’ art. 117 vengono soppresse le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, quelle stesse materie in cui le Regioni avevano potestà legislativa mentre allo Stato spettava la potestà legislativa nel determinare i principi fondamentali. Tali materie sono redistribuite tra competenza esclusiva statale  e competenza regionale. Le materie a cui spetta l’ esclusiva legislativa allo Stato sono: mercati assicurativi, programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica; previdenza complementare ed integrativa; tutela ,sicurezza e politiche attive del lavoro; commercio con l’ estero, sistema nazionale della protezione civile; produzione ,trasporto e produzione e distribuzione dell’ energia; grandi reti di trasporto e navigazione di interesse nazionale; porti e aeroporti civili di interesse internazionali. Per quanto riguarda la salute e l’ istruzione e beni culturali (prima materie di legislazione concorrente) sarà invece competenza esclusiva dello Stato dettare “disposizioni generali e comuni”, mentre spetterà alle Regioni i servizi scolastici e promuovere il diritto allo studio, anche universitario; programmazione e organizzazione dei servizi sanitari; pianificazione del territorio regionale e dotazione delle infrastrutture. Spetterà ancora alle Regioni l’ organizzazione delle politiche sociali e l’ organizzazione e valorizzazione del turismo fermo restando che sarà sempre lo Stato a dettare le “disposizioni generali e comuni”. Ed ancora alle Regioni spetta promuovere lo sviluppo economico locale ed infine spetterà ad esse la competenza residuale per ogni materia non espressamente  riservata allo Stato. E’ introdotta la  “clausola di supremazia” lo Stato potrà intervenire nelle materie non di competenza statale a tutela della Repubblica e dell’ interesse nazionale. All’ art. 118 ai principi di sussidiarietà differenziazione e adeguatezza si aggiungono quelli di trasparenza, semplificazione, efficienza e responsabilità degli amministratori. All’ art. 122 sono vietati i rimborsi  a favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali  a carico della finanza pubblica.
I Titolo V era già stato modificato con la riforma del 2001, ma secondo molti esperti la competenza concorrente aveva provocato numerosi conflitti tra Stato e Regioni, poiché le competenze concorrenti non fissavano con precisione, il confine tra cosa poteva fare lo Stato centrale, e cosa era riservato alle Regioni. La riforma 2016 sotto questo aspetto, elimina il problema, perché restituisce allo Stato la competenza esclusiva. Ma, è pur vero, che la nuova riforma del titolo V, rappresenta un passo indietro per chi crede nel cosiddetto “decentramento” che, porta maggiori poteri a livello locale con un maggiore controllo delle problematiche del territorio e dell’ organizzazione dei servizi al cittadino. Il  decentramento sviluppatosi negli  corso degli anni , sembra offuscarsi con la nuova riforma, mentre il potere politico sarà fortemente concentrato nello Stato centrale. Il riaccentramento potrebbe essere bilanciato da quelle condizioni particolari che potrebbero essere concesse a quelle regioni in equilibrio di bilancio e questo potrebbe , tuttavia aumentare le differenze tra alcune regioni e le altre.

Referendum abrogativo e leggi d' iniziativa popolare

La riforma costituzionale modifica anche gli strumenti di democrazia diretta già presenti nel nostro ordinamento, come le leggi di iniziativa popolare e il referendum abrogativo.

Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, strumenti attraverso i quali i cittadini possono presentare al Parlamento o alle Regioni un progetto di legge, la riforma costituzionale introduce all’articolo 71 della Costituzione due modifiche sostanziali.
Da un lato, il requisito di 50 mila firme necessarie per la presentazione di un disegno di legge viene aumentato a 150 mila, ovvero triplicato.
Dall’altro lato, però, viene introdotto il principio che la discussione e la deliberazione in merito ai disegni di legge di iniziativa popolare deve essere garantita.
In sostanza, tali disegni di legge di iniziativa popolare devono obbligatoriamente essere discussi dal Parlamento in tempi ragionevoli.
Più firme ma iter certo, infatti attualmente le leggi di iniziativa popolare non prevedono alcuna garanzia circa le successive fasi dell'inter legislativo. Ciò spiega anche perchè la loro influenza sia stata molto limitata.
Da questo punto di vista, l’aumento a 150 mila firme rappresenta un filtro per non intasare a vuoto l’attività parlamentare, dato che non sarà più possibile ignorare tali proposte.

Per quanto riguarda il referendum abrogativo, le firme necessarie per la richiesta restano 500 mila ovvero 5 consigli regionali, con il quorum di partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto.
Ma nel caso in cui, invece, le firme raccolte dai promotori fossero almeno 800 mila, il quorum di partecipazione scende e si abbassa al 50 % dei votanti alle ultime elezioni per la Camera dei Deputati.
Ad esempio, alle ultime elezioni politiche (2013) hanno votato, per la Camera 34 milioni di elettori. Se un ipotetico referendum abrogativo venisse richiesto da 800.000 elettori, basterebbero circa 17 milioni di elettori + 1 (circa la metà di 34 milioni, appunto) per rendere valido il referendum.
Quest'ultima è un’opzione che renderà più difficile far fallire il referendum abrogativo grazie al semplice disimpegno.
Infatti nella nostra storia costituzionale sono molti i referendum falliti per il non raggiungimento del quorum, addirittura dal 1997 al 2009 ben sei referendum di seguito (1997, 199, 2000, 2003, 2005, 2009).
L'esistenza del quorum attualmente finisce per attribuire un indebito vantaggio ai sostenitori del «no», tanto più in un contesto di partecipazione elettorale come il nostro fortemente decrescente.
Accade infatti che può bastare convincere un numero relativamente basso di elettori a disertare le urne per portare alla sconfitta quella che altrimenti sarebbe una fortissima maggioranza.