Legittima la revisione della patente per chi provoca un incidente mortale

Il provvedimento che ordina la revisione della patente di guida nei confronti del conducente di un autocarro che non ha rispettato la distanza di sicurezza ed ha provocato un sinistro stradale con lesioni mortali è atto vincolato ed opera di diritto. In base all'articolo 128 comma 1 ter del Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 l'Ufficio della Motorizzazione civile che ha adottato il provvedimento ha agito legittimamente.
Lo ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana sezione II, con la sentenza del 15 marzo 2016 n. 448.

La revisione della patente di guida: ipotesi discrezionali e vincolate
Gli uffici provinciali della Direzione generale della Mctc e il Prefetto possono disporre che siano sottoposti a visita medica o ad esame di idoneità i titolari di patente di guida qualora sorgano dubbi sulla persistenza dei requisiti fisici e psichici prescritti o dell'idoneità tecnica (articolo 128 del Dlgs n.285/1992). L'Amministrazione gode dunque di un ampio potere discrezionale nell'effettuare la valutazione della persistenza dei requisiti fisici, psichici e di idoneità tecnica del soggetto: il solo dubbio sulla loro permanenza legittima l'ufficio della Motorizzazione civile a disporre la revisione della patente, dovendo solo giustificare l'esercizio del potere con un'adeguata motivazione, senza dover rinvenire situazioni di colpa in capo all'interessato.
L'Ufficio procedente, invece, deve ordinare la revisione di diritto della patente (articolo 128 comma 1 ter) quando il conducente:
• sia stato coinvolto in un incidente stradale;
• abbia determinato lesioni gravi alle persone;
• sia stato sottoposto al procedimento amministrativo di contestazione di una delle disposizioni del Codice stradale da cui consegue l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
Non è necessaria l'esplicita motivazione delle ragioni per la quali la violazione delle norme stradali ingenerano dubbi sul persistente possesso di tutti i requisiti. Il provvedimento inibitorio non si fonda solamente sulla violazione delle norme stradali genericamente considerate, ma soprattutto sul fatto che:
• la violazione è stata causa di un incidente stradale particolarmente grave;
• la sua dinamica oggettiva ha rivelato la sussistenza di un comportamento del conducente che denota scarsa conoscenza delle regole che disciplinano la circolazione stradale, scarsa attenzione e scarsa prudenza nella guida.
L'ufficio della Motorizzazione civile che riceve il rapporto degli organi che hanno rilevato ed accertato un tale sinistro stradale è vincolato ad adottare il provvedimento che limita la libertà di circolazione, in nome e a tutela del principio fondamentale dell'integrità fisico-psichica delle persone e della loro sicura motilità sulla rete viaria.

Il caso
L'autista di un camion coinvolto in un incidente nel quale il conducente di un velocipede aveva riportato lesioni mortali era stato sanzionato dalla Polizia municipale per il mancato rispetto della distanza di sicurezza ed aveva ricevuto la notificazione del provvedimento con il quale si disponeva la revisione della patente di guida di categoria C. Il provvedimento è stato impugnato dal soggetto contravvenzionato che ha lamentato il difetto di motivazione del provvedimento deducendo che:
• gli accertamenti espletati dall'organo di polizia stradale nell'immediatezza dei fatti non avrebbero evidenziato alcuna sua colpa;
• non sussisterebbero altri elementi da cui si possa evincere alcun dubbio sulla sua capacità di guidare;
• l'ipotesi non rientrerebbe tra quelle contemplate dall'articolo 128 comma 1 ter del Dlgs n.285/1992 perché non sarebbe applicabile la sanzione accessoria della sospensione della patente.
Il Tar, ritenuto che l'Amministrazione intimata ha applicato correttamente la norma, ha respinto il ricorso ed ha ordinato che la sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

La sentenza
Il Giudice amministrativo ha precisato che l'ipotesi di revisione della patente considerata dall'articolo 128 comma 1 ter del Codice della strada attiene ad un atto vincolato rispetto al quale la censura mossa dal ricorrente di difetto motivazionale del provvedimento risulta del tutto infondata. O meglio "l'onere della motivazione può essere assolto con un richiamo ai presupposti di fatto ed alle norme di legge applicate nel caso concreto".
Il Giudice ha anche sconfessato l'ulteriore argomento dell'inapplicabilità nel caso considerato della sanzione accessoria della sospensione della patente, limitandosi a richiamare il disposto dell'articolo 222, comma 2, del Dlgs n. 285/1992, per il quale, laddove a seguito di una violazione delle norme sulla sicurezza stradale venga provocato un omicidio colposo, con la sentenza di condanna deve essere applicata tal sanzione fino a quattro anni. Il Collegio non ha avuto difficoltà nel confermare il precedente provvedimento che, pur non avendo accertato responsabilità alcuna del camionista, aveva però legittimamente stigmatizzato il suo comportamento di scarsa conoscenza delle norme sul rispetto delle distanze di sicurezza e di imperizia nella guida. 
 di Alberto Ceste http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com

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