domenica 20 dicembre 2015

SCIA:termini perentori per il controllo - Provvedimento repressivo o ripristinatorio solo se non esistono possibilità di conformazione

N. 00958/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01063/2014 REG.RIC.
N. 00001/2015 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Velma Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
contro
Comune di Venezia in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Iannotta, con domicilio eletto presso Antonio Iannotta in Venezia, Avvocatura Civica - San Marco 4091; Regione Veneto in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Ezio Zanon, con domicilio eletto presso Ezio Zanon in Venezia, Regione Veneto - Cannaregio, 23;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Save S.p.A. e Marco Polo Park S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Davide Cester, Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso Alfredo Biagini in Venezia, S. Croce, 466/G;


sul ricorso n.1 del 2015, proposto da:
Velma Srl, Davide Vecchiato, Stefano Vecchiato, rappresentati e difesi dagli avv. Raffaele Bucci, Marco Antoniol, con domicilio eletto presso Marco Antoniol in Dolo, Via Cairoli, 129;
contro
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Iannotta, Maurizio Ballarin, Nicoletta Ongaro, Marzia Masetto, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;
Provincia di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Roberta Brusegan, Giuseppe Roberto Chiaia, Katia Maretto, con domicilio eletto presso Roberta Brusegan in Venezia, c/o Prov. Venezia - S. Marco, 2662;
Regione Veneto, Conferenza di Servizi Per L'Approvazione del Piano di Assetto del Territorio del Comune di Venezia;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1063 del 2014:
1) della nota prot. n. 246163/2014, fasc. 2014/.627 del 12.06.2014, emessa dal Comune di Venezia, Direzione mobilità e trasporti - Settore trasporti - Servizio Trasporti Pubblici non di Linea e Autorizzati, parcheggi e Carburanti, ed avente il seguente oggetto: "VELMA S.r.l. - rimozione degli effetti della S.C.I.A. PG 2014/146398 del 07.04.2014 per attività di rimessa a cielo aperto veicoli (parcheggio) sita in Favaro Veneto, via Triestina, n. 80; divieto di prosecuzione dell'attività di parcheggio";2) di ogni altro atto connesso, prodromico o conseguente a tale nota, ivi espressamente incluse, per quanto di necessità: a) in parte qua, la D.G.R. Veneto n. 3905 del 3.12.2004 recante approvazione della Variante per la terraferma al PRG del Comune di Venezia, ai sensi della l.r. 1/1985 (nonché, se del caso, anche la relativa D.C.C. n. 16 del 25.01.1999, di adozione di tale Variante, e la successiva D.G.R. Veneto n. 2141 del 29.07.2008), limitatamente alla destinazione grafica e/o normativa dalla all'area de qua, ove eventualmente in contrasto con l'art. 30 della l.r. 61/1985; b) la nota fasc. 2014/.627 del 5.05.2014; c) la nota PG 2014/182979 del 30.04.2014; d) la nota PG 2014/243310 dell'11.05.2014; e) la nota prot. n. 296819/2014, fasc. 2014.XIII/2/4.1055 del 14.07.2014; f) l'eventuale provvedimento amministrativo, già adottato o da adottare, di rimozione della scia prot. n. 252249 del 17.06.2014..
quanto al ricorso n. 1 del 2015:
della deliberazione della giunta provinciale di Venezia n. 128 del 10.10.2014 recante "presa d'atto e ratifica dell'approvazione in sede di conferenza di servizi decisoria del Piano di assetto del territorio del comune di Venezia".

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Venezia in Persona del Sindaco P.T. e di Regione Veneto in Persona del Presidente P.T. e di Comune di Venezia e di Provincia di Venezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Espone la ricorrente di gestire da oltre un ventennio un ampio complesso produttivo collocato lungo la statale Triestina in prossimità dell’agglomerato urbano di Favaro Veneto nel comune di Venezia, vicino all’aeroporto.
Con la segnalazione certificata di inizio attività del 7 aprile 2014 informava il comune di Venezia dell’inizio dell’attività di rimessa.
Con nota del 10 aprile il responsabile del servizio mobilità e trasporti del comune di Venezia richiedeva agli uffici competenti di esprimere i pareri relativi, informando la ditta che il termine di cui all’articolo 19 della legge numero 241/90 risultava sospeso, tra i quali risultava di particolare rilievo quello rilasciato in data 30 aprile 2014 dallo sportello unico dell’edilizia, in base al quale, premesso che gli edifici risultano individuati dalla VPRG per la terraferma come attività in zona impropria da trasferire e pur valutato che l’inserimento di una nuova attività appare ammissibile, se la stessa non costituisce variazione della destinazione degli immobili legittimati già in essere, si ritiene che in base agli atti legittimanti prodotti (condono e concessioni edilizie) il lotto di pertinenza non risulta legittimato a destinazione commerciale, ritenendo incompatibile l’utilizzo dello scoperto per attività di parcheggio commerciale.
Conseguentemente in data 5 maggio 2014 il comune di Venezia inviava comunicazione di avvio del procedimento di rimozione degli effetti della segnalazione riportando in parte motiva il parere succitato, invitando la richiedente segnalante a presentare proprie controdeduzioni entro 10 giorni, presentate le quali in data 12 giugno veniva adottato il provvedimento di rimozione degli effetti, confutando le osservazioni e le controdeduzioni confermandosi da parte della struttura comunale preposta all’edilizia il parere contrario già espresso in data 30 aprile, affermandosi altresì che “ l’area pertinenziale non ha automaticamente cambiato l’uso con il condono edilizio”.
La ditta a questo punto presentava nuova segnalazione certificata, limitata tuttavia alla sola area compresa nella fascia di rispetto stradale, in data 17 giugno, cui il comune replicava con nota 14 luglio di comunicazione dell’avvio di procedimento per l’adozione del provvedimento di rimozione degli effetti e divieto di prosecuzione dell’attività di parcheggio, sfociata nel provvedimento 31 luglio 2014 con il quale è stata disposta la rimozione degli effetti anche di questa seconda segnalazione.
Questi i profili di rilievo amministrativo.
Quanto ai profili processuali, risulta che la prima segnalazione è stata impugnata con il ricorso principale, con domanda cautelare accolta con decreto monocratico, fissandosi la discussione collegiale dell’istanza cautelare alla camera di consiglio del 10 settembre; il comune in data 1 agosto notificava invece il provvedimento di rimozione degli effetti della seconda segnalazione, il che ad avviso dell’amministrazione conduceva alla improcedibilità del ricorso originario.
Conseguentemente la ditta ricorrente impugnava anche il secondo provvedimento inibitorio.
Si costituivano le amministrazioni intimate e veniva spiegato atto di intervento da parte della società SAVE, la cui legittimazione discende dal fatto che la società svolge attività di parcheggio a pagamento e quindi può dolersi di provvedimenti amministrativi di natura strettamente urbanistica che consentano il parcheggio di vetture di utenti in aree non consentite.
Le resistenti eccepivano l’improcedibilità del ricorso avendo come oggetto il provvedimento di rimozione degli effetti di una SCIA sostituita da nuova ma analoga segnalazione del privato, con la quale ha informato l’amministrazione dello svolgimento della stessa attività in termini e modalità identiche anche se più limitate quanto al numero di posti (43 invece che 192).
In ogni caso anche se ritenesse che la seconda SCIA non abbia comportato il superamento della prima, il ricorso principale sarebbe comunque parzialmente improcedibile per carenza d’interesse in capo alla ricorrente ove diretto a ottenere l’annullamento del provvedimento 12 giugno di rimozione degli effetti della prima SCIA limitatamente all’esercizio dell’attività in fascia di rispetto stradale, posto che tale provvedimento è stato superato dal nuovo atto di rimozione degli effetti.
All’odierna udienza dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
I ricorsi possono essere riuniti per una trattazione congiunta solo ove si postuli la rilevanza della censura sulla zonizzazione contenuta nel PAT come ostativa alla intrapresa e al suo insediamento.
Il ricorso e l’atto di motivi aggiunti contengono censure di ordine formale e censure di ordine sostanziale.
Anzitutto il ricorso risulta procedibile in quanto la presentazione della seconda SCIA per area più limitata non produce l’effetto di rendere privo di interesse il ricorso proposto nei confronti di una precedente segnalazione avente a oggetto un’area più ampia, dovendosi riconoscere la autonomia sostanziale di questa seconda SCIA, di talché la ricorrente a seconda dell’esito processuale potrà avvalersi della superficie intera o di quella più ridotta.
Il ricorso risulta fondato quanto agli assorbenti profili procedimentali.
Infatti il comune di Venezia ha adottato tutta una serie di atti che si collocano al di fuori del corretto procedimento da adottarsi nel caso di SCIA, con derivato sforamento del termine massimo di 60 giorni consentito dalla legge e puntualmente censurato in ricorso.
Anzitutto risulta del tutto illegittimo e contrario alla norma, nonché alla sua ratio, disporre una sospensione del termine previsto dalla legge per l’acquisizione dei pareri interni degli uffici competenti; il termine complessivo di 60 giorni è quello ritenuto congruo dal legislatore per l’adozione dell’atto terminale, del tutto eventuale, non essendo richiesto che l’amministrazione adotti un provvedimento a fronte di una segnalazione che, recuperando il significato e la previsione contenuta nell’originario articolo 19 della legge numero 241 del 1990, consente la cosiddetta immediata intrapresa dell’attività e che va qualificata come atto di un soggetto privato.
Parimenti non trova spazio nella costruzione del procedimento sulla scia il cosiddetto preavviso di diniego, recato dall’articolo 10 bis della legge numero 241 del 1990, attesane la non compatibilità sotto il profilo temporale, non risultando accettabile all’ordinamento la produzione di un effetto interruttivo nel caso di procedimento che ritrova nell’accelerazione temporale una delle proprie ragion d’essere.
Dispone l’articolo 19 della legge numero 241 del 1990 che nel termine di 60 giorni dalla data di presentazione/ricezione della SCIA, se la P.A. accerta la carenza dei requisiti e presupposti di legge necessari perché quella determinata attività sia legittima, emana un provvedimento che vieta di proseguire l'attività, ordinando contestualmente la rimozione di eventuali effetti dannosi;
prima di notificare al destinatario questo provvedimento, la legge consente alla P.A. di adottare una diffida a regolarizzare l'attività, per renderla conforme alle norme, entro un termine che non deve essere inferiore a 30 giorni.
Infatti prima dell’adozione del provvedimento repressivo o ripristinatorio l’amministrazione deve vagliare se esistono delle possibilità di conformazione dell’attività già intrapresa alle norme vigenti, e ciò, a differenza di quanto afferma l’amministrazione secondo cui spetta all’interessato proporre le modalità di conformazione, ben può discendere anche da attività suggerita dall’amministrazione stessa, la quale peraltro può anche escludere ogni possibilità di conformazione nel caso in cui sia appunto impossibile il raggiungimento di tale risultato.
Nel caso di specie assume la difesa dell’amministrazione che vi sarebbe stata la comunicazione di avvio del procedimento di rimozione, e cita a conforto una decisione di questo tribunale secondo cui con la comunicazione di avvio del procedimento l’amministrazione, pur riservandosi di adottare un successivo provvedimento definitivo in seguito alle controdeduzioni, ha già comunicato al privato che l’attività non può essere intrapresa, e dunque a partire dalla conoscenza di tale comunicazione si determina in capo privato la consapevolezza che l’attività intrapresa è illecita e dunque non può essere svolta (cfr. Tar Veneto, n.379/2014).
Il collegio concorda con tale affermazione ma solo ove questa non comporti una sorta di interruzione o sospensione del termine di 60 giorni che invece continua a “correre”, obbligando l’amministrazione al suo rispetto ovvero, nel caso di inutile scadenza del termine, in difetto dei requisiti legittimanti l’attività, ad adottare il provvedimento di autotutela volto a eliminare gli effetti che si sono medio tempore prodotti.
Sul punto il legislatore è intervenuto varie volte, riservando dapprima, almeno secondo la lettura più corretta e non quella pacificamente ammessa, l’adozione dell’autotutela ai propri atti inibitori ritenuti non legittimi – in altri termini l’amministrazione adottava l’atto inibitorio rendendosi poi conto, alla luce anche delle osservazioni presentate nei confronti dello stesso, che i requisiti sussistevano, annullando il proprio atto, ma solo secondo le modalità e i presupposti previsti dall’articolo 21 nonies-, laddove invece la giurisprudenza aveva tratto da questa disposizione la convinzione che dovendo l’autotutela incidere su un atto si fosse attribuito alla segnalazione tale natura.
E da ultimo con le recenti modifiche recate dalla legge 7 agosto 2015 numero 124, prevedendo che decorso il termine per l’adozione di provvedimenti l’amministrazione competente adotta comunque provvedimenti inibitori o ripristinatori solo in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21 nonies.
Decorso il termine di 30 giorni per l’esercizio del potere comunale inibitorio (rispetto alla DIA/SCIA) il comune conserva il potere di controllo sulla sussistenza dei presupposti per la DIA/SCIA e il conseguente potere inibitorio e sanzionatorio, ma deve farlo con le forme dell’autotutela, vale a dire previo avviso di avvio del procedimento e previa valutazione comparativa dell’interesse pubblico e di quello privato (C.d.S. sez. VI n. 5751 14.11.2012).
Ancora il comune cerca di giustificare la tardività della propria determinazione facendo ricorso all’ultimo periodo del terzo comma dell’articolo 19 laddove consente di assumere i provvedimenti inibitori anche successivamente alla scadenza del termine di 60 giorni in caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione di atto di notorietà false o mendaci, cioè quando i privati o i tecnici che con essi collaborano forniscano dati alterati, allo scopo di indurre in errore l’amministrazione comunale circa la conformità dell’intervento alle prescrizioni normative
Nel caso di dichiarazioni false e mendaci (ossia nelle fattispecie in cui la parte segnalante o i tecnici che hanno cooperato con essa abbiano fornito rappresentazioni alterate di stati e fatti semplici, nell’intento di indurre l’amministrazione a travisare profili rilevanti della fattispecie), oltre a trovare spazio una reazione sanzionatoria penalistica particolarmente severa, si rende possibile (e doveroso) l’esercizio del controllo senza alcuno sbarramento temporale e risulta preclusa la conformazione dell’attività avviata.
Questa disposizione muove dunque da una valutazione ordinamentale (espressa direttamente dalla legge) di non meritevolezza di protezione del soggetto che abbia cercato di indurre in errore l’amministrazione, il che va escluso nella specie ritenendo il segnalante di possedere tutti i requisiti legittimanti la attività intrapresa.
Infine il collegio dissente da un’ultima considerazione contenuta nella memoria del comune laddove richiede si consideri che il provvedimento è stato adottato solo cinque giorni dopo la scadenza del termine, sicché un ritardo così esiguo non potrebbe essere considerato tale da ingenerare nel privato quell’affidamento in ordine alla legittimità dell’attività intrapresa, idoneo a imporre all’amministrazione un onere motivazionale particolarmente pregnante, posto che il legislatore espressamente prevede che l’autotutela si svolga con particolari requisiti, che possono anche ritrovarsi in un atto di diniego tardivo ove questo abbia i caratteri sostanziali dell’atto di annullamento ai sensi dell’articolo 21 nonies, il che invece non si riscontra nella specie.
Il ricorso deve dunque essere accolto per il profilo procedimentale indicato, assorbendosi pertanto tutte le questioni afferenti la motivazione dell’atto inibitorio tardivamente adottato, con annullamento di quest’ultimo.
Deve conseguentemente dichiararsi l’improcedibilità dei motivi aggiunti perché rivolto nei confronti di altra segnalazione SCIA avente estensione più limitata.
Parimenti deve dichiararsi l’improcedibilità del secondo dei ricorsi in epigrafe, volto a contestare la zonizzazione imposta all’area su cui dovrebbero insistere le attività da intraprendersi, in parte qua, ben potendo riproporsi le censure ove un nuovo provvedimento, congruamente motivato ai sensi dell’art. 21 nonies, ritragga dalle previsioni urbanistiche le ragioni legittimanti l’atto di secondo grado.
Le spese attesa la novità della questione possono essere compensate tra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), riuniti i ricorsi ,
definitivamente pronunciando sul primo ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla la nota 12.6.2014 del comune di Venezia.
Dichiara improcedibile l’atto di motivi aggiunti e il ricorso n.1/2015.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Referendario




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE















DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)