giovedì 3 dicembre 2015

Il decreto di irriperibilità è nullo se la P.G. non lo utilizza nelle ricerche

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 settembre – 2 dicembre 2015, n. 47746
Presidente Brusco – Relatore Savino

Fatto e diritto

S.T.E. e S.M. hanno proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano emessa il 10.1.2014 a conferma della sentenza del Tribunale di Milano in data 25.3.2013 con la quale i predetti sono stati dichiarati colpevoli di una serie di episodi di detenzione illecita e di cessione di sostanza stupefacente di tipo eroina e cocaina e sono stati condannati, ritenuta l'ipotesi di cui al V comma dell'art. 73 V comma d.p.r. 309/90 (allora attenuante ad effetto speciale), il S.M. alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 5.200 di multa, S.T.E. alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed Euro 4.500 di multa.
A sostegno del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi.
1- inosservanza delle norma processuali per essere stata eseguita irritualmente la notifica dell'avviso ex art. 415 bis c.p.p. e conseguentemente la citazione degli imputati in primo grado sulla base di un decreto di irreperibilità nullo.
Deduce in proposito la difesa che la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini e del decreto che dispone il giudizio sono state eseguite col rito degli irreperibili senza il previo esperimento di tutte le ricerche, da effettuarsi anche attraverso anche il contatto telefonico dei predetti, risultando noto il numero delle rispettive utenze cellulari, in quanto oggetto di intercettazioni. Richiama in proposito la difesa l'indirizzo di questa Corte, secondo cui è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza l'utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica pur in possesso del'autorità competente. (Cass. 13.1.2010 n. 5476).
Di conseguenza l'incompleto svolgimento delle ricerche per l'emissione del decreto di irreperibilità, ne determina la nullità assoluta che si estende a tutte le successive notifiche effettuate secondo il rito degli irreperibili sulla base di un decreto di irreperibilità nullo.
2- erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 192 c.p.p., 73 dpr 309/90, illogicità, contraddittorietà della motivazione.
Assume la difesa che la sentenza impugnata fonda la responsabilità degli imputati per gli episodi di cessione di stupefacenti solo sul contenuto delle intercettazioni telefoniche, sulle utenze asseritamente in uso ai predetti, senza che sia stato acquisito alcun riscontro esterno, non essendo stata effettuata alcuna attività di osservazione, pedinamento e controllo, alcuna perquisizione, alcun sequestro di sostanza stupefacente sulla scorta delle conversazioni captate. Peraltro, osserva la difesa, gli stessi giudici danno atto di un linguaggio "allusivo, criptico", dal tenore non univoco, ragione per cui le intercettazioni sono fonti di prova lacunose, data la mancanza di espliciti riferimenti ai fatti contestati, e l'accertamento del coinvolgimento degli imputati è avvenuto attraverso un'operazione da parte dei giudici di estrapolazione dalla conversazioni di frasi dal contenuto neutro alle quali è stato attribuito, in sede di interpretazione, un significato penalmente rilevante.

Ritenuto in diritto

Il primo motivo del gravame è fondato.
Ai fini della rituale emissione del decreto di irreperibilità e della conseguente notifica dell'atto giudiziario presso il difensore di ufficio, secondo quanto prescritto dall'art. 159 c.p.p. le ricerche dell'indagato o imputato, destinatario dell'atto, non devono essere limitate ai luoghi espressamente indicati da detto articolo La presenza nel testo della norma dell'avverbio "particolarmente", sta ad indicare che a quei luoghi specificamente menzionati deve essere accordata preferenza ma non che ad essi solo deve essere circoscritta la ricerca del destinatario della notifica, rimanendo salva la possibilità di estenderla altrove e con altri mezzi.
In definitiva la ratio della norma è quella di assicurare un'effettiva ed efficace ricerca dell'indagato o imputato in tutti i posti dove, per conoscenze o informazioni acquisite, si presuma possa trovarsi, prima di emettere il decreto di irreperibilità, utilizzando nei modi più efficaci notizie ed informazioni in possesso dell'autorità procedente, prescindendo da rigorosi formalismi, atteso il rilievo costituzionale degli interessi tutelati.
Alla stregua di siffatta interpretazione della norma, ispirata a garantire l'effettività del reperimento del destinatario della notifica, al fine di assicurare la conoscenza del procedimento, si deve ritenere che qualora l'autorità procedente sia in possesso del suo numero cellulare e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell'attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso.
Nel caso di specie, gli organi di polizia giudiziaria incaricati della ricerca erano in possesso del numero di cellulare dell'indagato in quanto sottoposto ad intercettazione telefonica. La conoscenza dell'utenza cellulare e la facilità del contatto immediato propria di tale strumento telefonico, dovevano indurre l'autorità inquirente ad avvalersene per ricercare il destinatario della notifica.
Il mancato ricorso a tale modalità di ricerca, pur in possesso del numero dell'utenza mobile, rende le ricerche finalizzate all'emissione del decreto di irreperibilità incomplete, proprio in considerazione della facilità del contatto, tale da rendere doveroso il tentativo di ricercare il destinatario della notifica attraverso il telefono cellulare in suo uso e di cui gli organi preposti alla notifica siano a conoscenza, (v. in tal senso Cass sez. 1, 13.10.2010 n. 5476 rv 245914).
Questa Collegio conosce l'orientamento contrario della Suprema Corte (Cass, sez 2, 29.4.2011 n. 32331, rv 250764, 16.1.2015 n. 2886, rv 262287) fondato sul rilievo che l'utenza cellulare è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona o ad un luogo, a differenza della utenza telefonica fissa, la cui conoscenza permette di allargare la ricerca anche al luogo ove l'utenza è installata, con possibile acquisizione di ulteriori notizie circa l'attuale dimora del ricercato.
Tale rilievo non è decisivo al fine di escludere l'estensione delle ricerche anche attraverso il ricorso al telefono cellulare.
È vero che l'utenza mobile non assicura un contatto con la persona del ricercato né consente di individuare con certezza i luoghi ove esso possa trovarsi. Tuttavia proprio la formulazione dell'art. 159 c.p.p., nell’indicare i luoghi ove, prioritariamente, ma non in termini esclusivi e limitativi, il destinatario dell'atto deve essere ricercato, lasciando salva la possibilità di ricercarlo altrove e diversamente, sottende il principio della effettività della ricerca al fine di assicurare la conoscenza dell'atto all'interessato. Da tale principio discende che qualora emergano elementi che impongano di estendere le ricerche in luoghi diversi da quelli menzionati, il decreto di irreperibilità non può essere adottato.
Di conseguenza, ove l'autorità procedente sia a conoscenza dell'utenza mobile del ricercato, le ricerche devono essere effettuate anche avvalendosi di tale canale e il mancato utilizzo di esso rende incomplete le ricerche con conseguente nullità del decreto di irreperibilità emesso senza fare ricorso a tali modalità di rintraccio, nullità assoluta, insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio. La sentenza impugnata e quella di primo grado devono dunque essere annullate con trasmissione degli atti giudice di primo grado per la celebrazione del nuovo giudizio.
Nell'accoglimento del primo motivo di gravame rimangono assorbiti gli altri motivi.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano, per la celebrazione del giudizio di primo grado.