Non tutti i crediti vantati da Equitalia si prescrivono in 10 anni. In alcune ipotesi, infatti, il termine può essere ridotto a 5 anni, purchè originati da atti non definitivi. Pertanto, il termine ordinario di 10 anni si applica solamente alle cartelle che derivano da accertamenti divenuti irrevocabili, o perché non impugnati né pagati dal contribuente, o a seguito di sentenza passata in giudicato.
La valutazione di cui sopra arriva, recente, dalle elaborazioni compiute dalla sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 20213/15, depositata lo scorso 8 ottobre, a commento sul caso di un contribuente che era stato interessato da alcune cartelle esattoriali relative alla tassa rifiuti (Tarsu/Tia) per gli anni dal 1998 al 2004. Ebbene, il contribuente aveva presentato ricorso sul presupposto che fosse intervenuta la prescrizione quinquennale, già prevista dall’articolo 2948 del codice civile, sul potere esattivo dell’imposta: la sua convinzione nasceva dal fatto che il comune aveva consegnato i ruoli all’agente della riscossione oltre il termine di legge.
Tale valutazione era stata poi accolta sia dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, che – successivamente e in seconda battuta – dalla Commissione tributaria regionale di Catanzaro. Per i giudici di merito, ad essere applicato doveva infatti essere proprio l’articolo 2948 c.c. e non l’articolo 2946, che invece fissa a 10 anni il termine della prescrizione. Anche in sede di legittimità le valutazioni maturate con la sentenza di appello sono state poi confermate.
Dunque, “l’applicabilità del termine di prescrizione ordinaria è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna divenuti definitivi”- afferma la Cassazione nella pronuncia – “non a cartelle esattive che, se adottate in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell’esistenza del titolo, non possono per questo considerarsi rette dall’irretrattabilità e definitività”.
Con particolare riferimento al caso della tassa sui rifiuti, la cartella traeva origine “dalla legge che la regola”, potendo dunque applicarsi il termine breve di prescrizione. In altre parole, prosegue ancora la sentenza della Cassazione, per poter invocare con efficacia il termine lungo e ordinario di 10 anni, l’agente per la riscossione avrebbe dovuto “indicare l’esistenza di un titolo definitivo a pretendere”, come invece non si è verificato nella fattispecie su cui la sezione della Suprema Corte si è pronunciata.
In sintesi, pertanto, solamente i crediti Equitalia evidenziati in cartelle che derivano da accertamenti divenuti irrevocabili, possono scontare il termine ordinario di prescrizione pari a 10 anni.
http://www.commercialista24ore.com
La valutazione di cui sopra arriva, recente, dalle elaborazioni compiute dalla sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 20213/15, depositata lo scorso 8 ottobre, a commento sul caso di un contribuente che era stato interessato da alcune cartelle esattoriali relative alla tassa rifiuti (Tarsu/Tia) per gli anni dal 1998 al 2004. Ebbene, il contribuente aveva presentato ricorso sul presupposto che fosse intervenuta la prescrizione quinquennale, già prevista dall’articolo 2948 del codice civile, sul potere esattivo dell’imposta: la sua convinzione nasceva dal fatto che il comune aveva consegnato i ruoli all’agente della riscossione oltre il termine di legge.
Tale valutazione era stata poi accolta sia dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, che – successivamente e in seconda battuta – dalla Commissione tributaria regionale di Catanzaro. Per i giudici di merito, ad essere applicato doveva infatti essere proprio l’articolo 2948 c.c. e non l’articolo 2946, che invece fissa a 10 anni il termine della prescrizione. Anche in sede di legittimità le valutazioni maturate con la sentenza di appello sono state poi confermate.
Dunque, “l’applicabilità del termine di prescrizione ordinaria è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna divenuti definitivi”- afferma la Cassazione nella pronuncia – “non a cartelle esattive che, se adottate in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell’esistenza del titolo, non possono per questo considerarsi rette dall’irretrattabilità e definitività”.
Con particolare riferimento al caso della tassa sui rifiuti, la cartella traeva origine “dalla legge che la regola”, potendo dunque applicarsi il termine breve di prescrizione. In altre parole, prosegue ancora la sentenza della Cassazione, per poter invocare con efficacia il termine lungo e ordinario di 10 anni, l’agente per la riscossione avrebbe dovuto “indicare l’esistenza di un titolo definitivo a pretendere”, come invece non si è verificato nella fattispecie su cui la sezione della Suprema Corte si è pronunciata.
In sintesi, pertanto, solamente i crediti Equitalia evidenziati in cartelle che derivano da accertamenti divenuti irrevocabili, possono scontare il termine ordinario di prescrizione pari a 10 anni.
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