venerdì 31 luglio 2015

Il TAR da ragione al comune che non istituisce nella dotazione organica il posto di “specialista di vigilanza”

N. 10414/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04881/2015 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4881 del 2015, proposto da:
Valentina Di Bartolomeo, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Pio Torcicollo, con domicilio eletto presso Giuseppe Pio Torcicollo in Roma, via Carlo Mirabello n. 11;


contro

Comune di Rieti, in persona del Sindaco p.t., n.c.;


per l'annullamento

del silenzio rifiuto serbato dal Comune di Rieti sulla istanza – diffida inviata dalla ricorrente in data 26 marzo 2014, diretta alla istituzione nella dotazione organica di 1 posto di “specialista di vigilanza” (ora funzionario di polizia locale, categoria D, posizione economica D1) e il conseguente avvio della selezione prevista dall’art. 29, comma 1, lett. c, del CCNL Enti Locali del 14 settembre 2000, con contestuale accertamento della fondatezza della pretesa avanzata;

in via subordinata, per il risarcimento dei danni, “da attuarsi in forma specifica mediante l’attribuzione” alla ricorrente della categoria D e “condanna al pagamento delle differenze retributive conseguenti”;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2015 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Considerato che:

- con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 1 aprile 2015 e depositato il successivo 15 aprile 2015, la ricorrente – già dipendente del Comune di Roma con profilo di “vigile urbano” in qualità di “istruttore di vigilanza urbana, VI qualifica funzionale” (“su posto istituito successivamente al D.P.R. 268 del 1987”) a decorrere dall’1 dicembre 1997, transitata nei ruoli del Comune di Rieti, “per effetto di mobilità volontaria, ex art. 30 del D.Lgs. n. 165/2001”, in data 1 dicembre 2002 - lamenta l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione intimata sull’istanza - diffida, dalla predetta inoltrata in data 26 marzo 2014 per chiedere l’istituzione nella dotazione organica di 1 posto di “specialista di vigilanza” (ora Funzionario di Polizia Locale, cat. D), da riservare agli “agenti in possesso….. della ex VI qualifica funzionale con compiti di coordinamento e controllo”, e il conseguente avvio di una “selezione” utile per la progressione verticale” dalla categoria C alla categoria D, in conformità al disposto dell’art. 29, comma 1, lett. c), del CCNL Enti Locali del 14 settembre 2000, nonché l’erogazione “nei limiti della prescrizione quinquennale” degli “arretrati dovuti per l’indennità di specifica responsabilità, oltre interessi legali dalle singole scadenze (da marzo 2009) fino all’effettivo soddisfo”;

- con il medesimo atto, la ricorrente chiede – in via subordinata – la condanna della citata Amministrazione “al risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo all’inquadramento in categoria D” da attuarsi in forma specifica “mediante attribuzione della suddetta categoria e condanna al pagamento delle differenze retributive conseguenti ovvero per equivalente”, ex art. 31 c.pr.amm.;

- il Comune di Rieti non si è costituito;

- alla camera di consiglio del 7 luglio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione;

Ritenuto – previo, tra l’altro, positivo riscontro della giurisdizione del giudice amministrativo in materia anche sulla base di pronunce della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (cfr., da ultimo, 31 marzo 2015, n. 6567) – che il ricorso sia infondato, atteso che:

- con il contratto collettivo nazionale “relativo alla revisione del sistema di classificazione del personale del comparto delle Regioni – Autonomie locali” del 31 marzo 1999, la classificazione in questione è cambiata nel senso che è stata articolata in quattro categorie, “denominate rispettivamente A, B, C e D”, “individuate mediante” declaratorie riportate in un apposito allegato (l’all. A), descriventi “l’insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse” (art. 3), ossia è stato introdotto un “nuovo sistema di classificazione”, con la connessa esigenza per le amministrazioni di procedere ad una “riclassificazione del personale” anche mediante l’espletamento di apposite procedure selettive per la progressione verticale “prescindendo”, tra l’altro, “dai titoli di studio ordinariamente previsti per l’accesso dall’esterno, fatti salvi quelli prescritti dalle norme vigenti” (art. 4) e, comunque, con l’adozione – per quanto di rilevanza in questa sede - di “tutte le misure atte a dare adeguata valorizzazione alle posizioni di coordinamento e controllo collocate nella ex 6° qualifica funzionale” dell’area vigilanza “a seguito di procedure concorsuali” (art. 7, comma 5);

- lo stesso contratto – all’art. 24, comma 2, e, dunque, nell’ambito del Titolo V, riguardante le “Norme finali e transitorie” – ha previsto poi l’impegno delle parti “a negoziare, a partire dal mese successivo dalla data di stipulazione del presente CCNL ed entro il 30 aprile 1999, la regolamentazione dei seguenti istituti:

……..

e) le problematiche del personale dell’area di vigilanza addetto a compiti di responsabilità di servizio e di coordinamento e controllo collocato nella ex VI qualifica funzionale anteriormente alla vigenza del D.P.R. n. 268 del 1987 ovvero anche successivamente, a seguito di procedure concorsuali per il conferimento delle specifiche funzioni gerarchiche, fermo restando quanto previsto dall’art. 7, comma 5, del CCNL del 31 marzo 1999”;

- con l’art. 29 del CCNL del 14 settembre 2000, espressamente invocato dalla ricorrente, sono state, pertanto, introdotte “Disposizioni speciali per il personale dell’area di vigilanza con particolari responsabilità”, prevedendo che, “in attuazione” del citato art. 24, comma 2, lett. e, “in sede di prima applicazione dell’art. 4 del CCNL del 31 marzo 1999, le parti convengono di assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale di vigilanza dell’ex 6^ q.f., nelle seguenti ipotesi:

…….

c) personale addetto all’esercizio di effettivi compiti di coordinamento e controllo di altri operatori di pari qualifica o di quella inferiore, già collocato nella ex sesta qualifica funzionale, a seguito di procedure concorsuali, su posti, istituiti, successivamente al DPR. n. 268/87 che prevedessero formalmente l’esercizio delle predette funzioni, non in applicazione dell’art.21, comma 6, DPR.n.268/1987 stesso, i cui titolari sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo”;

- lo stesso art. 29 – dopo aver espressamente previsto un termine per il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi delle lettere a e b (“previa”, comunque, “verifica selettiva dei requisiti richiesti”), pari a due mesi “dalla data di sottoscrizione del presente CCNL” – per il passaggio alla categoria D del personale individuato ai sensi del riportato comma 1, lett. c), imponeva di procedere a “selezioni mediante valutazioni di titoli culturali, professionali e di servizio”, previa individuazione di appositi criteri mediante l’attivazione di “procedure di concertazione previste dall’art. 8 del CCNL dell’1.4.1999” (comma 6), precisando – in ultimo – il carattere di specialità e di eccezionalità della disciplina in esso riportata (comma 9);

- tutto ciò detto, risulta evidente che la disciplina in esame era inequivocabilmente diretta a fronteggiare esigenze di carattere eccezionale e transitorio, direttamente riconnesse alle innovazioni introdotte in materia di “classificazione” del personale;

- più specificamente, sussistono le condizioni per affermare che la disciplina de qua imponeva – di per sé, ossia prescindendo da qualsiasi sollecitazione ad opera dei soggetti interessati – un inequivoco “obbligo di provvedere” in un lasso di tempo che - seppure non previamente fissato, come per i casi di cui alle lett. a e b) – doveva ritenersi “ristretto” a carico, tra l’altro, dei Comuni, specificamente inerente il “riordino” del personale mediante l’assunzione delle iniziative necessarie a realizzare il passaggio di categoria, nonché l’istituzione dei posti nella dotazione organica dei corrispondenti posti della categoria superiore (cfr., tra le altre, Cass. Civ., SS.UU., già citata);

- orbene, la documentazione prodotta agli atti dimostra che il Comune di Rieti ha ottemperato a tale obbligo;

- come si dà atto nell’atto introduttivo del presente giudizio e risulta, ancora, dagli allegati a quest’ultimo (in particolare, all. n. 5), in data 27 dicembre 2000 il citato Comune ha, infatti, adottato la deliberazione n. 427 “mediante la quale” – per espressa ammissione della ricorrente – “dava attuazione all’articolo 29 del succitato CCNL del 14 settembre 2000”;

- più specificamente, la deliberazione di cui sopra rivela che il citato Comune ha proceduto ad una ricognizione complessiva – ossia, ricomprendente anche l’accertamento e, quindi, l’individuazione dell’eventuale presenza di soggetti nella posizione contemplata alla lett. c) – del personale in servizio, rilevando 21 unità addette “al coordinamento di Unità operative semplici con responsabilità diretta dei risultati e controllo di operatori di pari qualifica o di quella inferiore, che hanno ricoperto il posto attraverso regolare procedura selettiva interna”, e accertando, altresì, che “tali posti risultano istituiti prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 268/87”, e, quindi, ha proceduto all’inquadramento delle stesse unità nella cat. D1 e, in stretta correlazione con tale inquadramento, ha modificato la “dotazione organica del 6° Settore – Polizia Municipale” con l’istituzione di n. 21 posti di “Specialista della vigilanza” – “categoria D, posizione economica D1” (dando, in ultimo, anche correttamente atto che “in conseguenza del carattere di specialità ed eccezionalità della disciplina dettata dall’art. 29 … la procedura adottata può essere applicata solo una tantum…”);

- ciò detto, si ravvisano valide condizioni per affermare che il Comune di Rieti ha provveduto, attivando e, in seguito, concludendo il procedimento imposto dall’art. 29 del CCNL del 14 settembre 2000 mediante l’adozione della deliberazione n. 427 del 27 dicembre 2000, con conseguente impossibilità di riscontrare il silenzio inadempimento denunciato;

- per mera completezza, preme precisare che la sussistenza o meno dell’obbligo di provvedere o, meglio, di concludere il procedimento amministrativo ex art. 2 della legge n. 241 del 1990 non può genericamente riconnettersi all’inoltro di istanze da parte del privato, bensì deve essere valutato in relazione alle peculiarità che connotano la vicenda prospettata e, quindi, deve essere ragionevolmente escluso ove risulti – come nel caso in esame – che l’Amministrazione, tenuta a procedere d’ufficio, ha adottato la decisione finale, pena - in caso contrario – l’ammissibilità dell’azione di cui all’art. 117 c.pr.amm. in relazione anche ad ipotesi in cui sia – in verità - configurabile una mera richiesta di “riesame” in ragione, tra l’altro, del lungo tempo trascorso dall’introduzione della previsione dell’art. 29, invocata dalla ricorrente, il quale ben si presta a configurare “situazioni definite” o, ancora, “esaurite e consolidate”, ostative – di per sé – alla individuazione di un effettivo “inadempimento” (cfr., tra le altre, C.d.S., 27 marzo 2000, n. 1765; TAR Puglia, Lecce, n. 3374 del 2001);

Ritenuto, ancora, che quanto in precedenza riportato rivesta carattere inibitorio di valutazioni inerenti la fondatezza o meno della pretesa avanzata e, nel contempo, non consenta di configurare i presupposti prescritti per il c.d. risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’art. 30, comma 4, c.pr.amm.;

Ritenuto, in ultimo, che la domanda di risarcimento del danno “in forma specifica” – formulata dalla ricorrente “in via subordinata” – debba essere dichiarata inammissibile, attesa la palese impossibilità di ricondurre la stessa nell’ambito di operatività del menzionato art. 30, comma 4, e, conseguentemente, dell’art. 117, comma 6, c.pr.amm. (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 31 maggio 2008, n. 2622), fatta – comunque – salva la possibilità per la ricorrente di attivare ulteriori e differenti iniziative, nel rispetto sempre dei criteri di riparto tra le giurisdizioni;

Ritenuto – in conclusione – che il ricorso in parte vada respinto e in parte vada dichiarato inammissibile;

Ritenuto, peraltro, che nulla debba essere disposto in ordine alle spese di giudizio, posto che l’Amministrazione intimata si è astenuta dal costituirsi in giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4881/2015, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge.

Nulla per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2015 con l'intervento dei Magistrati:



Domenico Lundini, Presidente

Solveig Cogliani, Consigliere

Antonella Mangia, Consigliere, Estensore






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE

















DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 29/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)