Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 novembre 2014 – 2 marzo 2015, n. 8998
Presidente Gentile – Relatore Cervadoro
Svolgimento del processo
Con sentenza del 31.3.2014, la Corte d'Appello di Palermo confermava
la decisione di primo grado che aveva condannato G.P. alla pena di anni
tre di reclusione e Euro 800,00 di multa per i reati di rapina e di
tentata rapina.
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo: 1)
mancanza e manifesta illogicità di motivazione ai sensi dell'art. 606,
co.1 lett. e c.p.p. in relazione all'applicazione dell'aggravante di cui
all'art. 628 co.3 n.1 c.p. in assenza di elementi certi dai quali
desumere che la pistola utilizzata per le rapine fosse un'arma vera, che
la rapina sia stata posta in essere da persona travisata in quanto il
ricorrente è stato identificato dai fotogrammi estrapolati dal filmato
del 7.1.2013 tratto dal sistema di videosorveglianza della tabaccheria
di piazza cimitero n.21, che i reati siano stati commessi da più persone
riunite in quanto nella tentata rapina il G. ha fatto da sentinella con
ruolo marginale; 2) erronea applicazione dell'art. 61 n.5 c.p. e
mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi
dell'art. 606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. in quanto la vittima non è
stata scelta e l'età se non accompagnata da fenomeni patologici non
rientra tra le circostanze attinenti alla persona che possono ostacolare
la privata difesa; 3) mancanza e manifesta illogicità di motivazione ai
sensi dell'art. 606, co.1 lett. e c.p.p. in relazione all'art.62 n.6
c.p. e al mancato riconoscimento dell'attenuante per il c.d.
ravvedimento operoso; 4) la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione ai sensi dell'art. 606 lett.e) c.p.p. in relazione alla non
obbligatorietà dell'aumento per la recidiva; 5) la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi
dell'art. 606 lett. e) c.p.p. in relazione alla non concessione della
prevalenza delle attenuanti generiche in considerazione dell'età
dell'imputato e della condotta collaborativa dello stesso.
Chiede pertanto l'annullamento della sentenza.
Motivi della decisione
1. Manifestamente infondata è la doglianza, di cui al primo motivo,
circa la ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art.628 co.3
n.1 c.p., nonostante che il primo giudice abbia assolto l'imputato dal
delitto di detenzione e porto illegale di pistola.
Sul punto va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno da
tempo statuito che l'uso o porto fuori della propria abitazione di
un'arma giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante esso si
realizzi un diverso reato del quale l'uso o porto di un'arma rappresenti
elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene quando il
giocattolo riproducente un'arma venga usato nei delitti di rapina
aggravata (art. 628 c.p., comma 3, n. 1, prima ipotesi), di violenza e
resistenza aggravata a pubblico ufficiale (art. 339 c.p.), di estorsione
aggravata (art. 629 cpv. c.p.), di minaccia aggravata (art. 612 cpv.
c.p.), o quando venga portato indosso nella commissione del reato di
furto (Cass. Sez. Un., n. 3394 del 06/03/1992 Rv. 189520).
Ai fini della configurabilità dell'aggravante della minaccia
commessa con armi nella commissione della rapina (art. 628 c.p., comma
3, n. 1) o della estorsione (art. 629 c.p., comma 2), ciò che conta è,
infatti, l'effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa
dall'uso di un oggetto che abbia l'apparenza esteriore dell'arma, in
quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dalla effettiva
potenzialità offensiva dell'oggetto adoperato, ma dal fatto che esso
abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell'arma vera e
propria (come avviene quando l'arma-giocattolo sia sprovvista di tappo
rosso o quando questo sia reso non visibile), cosicché possa incutere il
medesimo timore sulla persona offesa. E pertanto, per consolidata
giurisprudenza di questa Corte, l'uso di un'arma giocattolo è ritenuto
compatibile con l'aggravante prevista per la rapina dall'art. 628 c.p.,
comma 3, n. 1, prima ipotesi, e quindi sussistente la circostanza
aggravante dell'uso delle armi, quando la minaccia sia realizzata
utilizzando un'arma giocattolo non riconoscibile come tale.
Anche la seconda ragione di doglianza, di cui al medesimo motivo,
legata alla non configurabilità nel caso di specie della circostanza
aggravante di cui all'art. 628 c.p., co. 3, n. 1, in quanto le persone
offesa non avrebbe percepito la presenza del G. e che, quindi erano in
realtà due gli autori dell'azione delittuosa realizzata a loro danno, è
manifestamente infondata. Al riguardo, rileva il Collegio, che a seguito
di un indirizzo giurisprudenziale citato anche nella sentenza impugnata
secondo il quale "ricorre la circostanza aggravante della violenza o
minaccia commessa da più persone riunite di cui all'art. 628 c.p., comma
3, n. 1, terza ipotesi, anche se la vittima non abbia avvertito la
presenza delle più persone nel luogo e al momento della commissione del
fatto, e non abbia, quindi, subito una maggiore intimidazione" (Cass.
Sez.II, sent. n. 36474/2011, Rv. 251163; Sez.II, sent. n. 4284/1988, Rv.
180861), si è registrato un intervento delle Sezioni Unite di questa
Corte Suprema (sent. n. 21837 del 29/03/2012, dep. 05/06/2012, Rv.
252518) che, seppure concernente un caso di estorsione e non di rapina,
ha chiarito che "la circostanza aggravante speciale delle più persone
riunite richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel
luogo ed al momento di realizzazione della violenza o della minaccia",
cosa che nel caso di specie risulta sicuramente avvenuta.
A ciò aggiungasi, poi, che - contrariamente a quanto sostenuto in
ricorso - entrambe le persone offese hanno percepito la presenza anche
di un secondo soggetto quindi riconosciuto dal Gr. come quello rimasto
sulla soglia del negozio (v. pag.2) e da M.M. in quello che si era
immesso nel corridoio che porta al retrobottega (v.pag.3 della sentenza
di primo grado).
Circa la sussistenza della circostanza aggravante del travisamento, è
stato infine accertato, e non è contestato, che l'imputato, nel momento
in cui erano stati compiuti i reati, indossava un passamontagna tipo
scaldacollo, proprio al fine di celare i suoi lineamenti.
Non rileva poi che l'imputato, al momento di allontanarsi con il
complice dalla tabaccheria del Gr. e durante la rapina ai M. , si sia
scoperto il volto, e che le sue immagini riprese dal sistema di
videosorveglianza della tabaccheria di piazza cimitero ne abbiano quindi
consentito l'identificazione; infatti, come esattamente osservato nella
sentenza impugnata, ai fini della sussistenza della circostanza
aggravante del travisamento nel delitto di rapina è sufficiente una
lieve alterazione dell'aspetto esteriore della persona, conseguita con
qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso
il riconoscimento della persona stessa (v. Cass.Sez. II, Sent.n. 18858
del 27/04/2011, Di Camillo, Rv. 250114; Sez.I, Sent.n. 5053/1979,
Passalacqua, Rv. 142128) e ciò a prescindere dal fatto che la stessa sia
stata comunque riconosciuta (v.Cass.Sez.II, Sent. n. 6298/1987 Rv.
176006).
2. Il secondo motivo di ricorso relativo alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61 n.5, cod. pen. è infondato.
Ai fini della ravvisabilità dell'aggravante di cui all'art. 61 n. 5
cod. pen. non è richiesto che la difesa sia quasi o del tutto
impossibile, ma è sufficiente che essa sia semplicemente ostacolata. Se è
pur vero, poi, che l'età della persona offesa non può essere
considerata elemento di per sé solo sufficiente ad integrare
l'aggravante in esame, ove non accompagnata da manifestazioni di
decadimento intellettivo o da condizioni di ridotto livello culturale
tali da determinare un diminuito apprezzamento critico della realtà
(Cass.Sez.II, n.39023 del 17.9.2008, imp. Cena,Rv.241454), è altrettanto
vero che anche la debolezza fisica dovuta all'età senile, che impedisce
il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria
prestanza fisica, particolarmente quando la violenza non venga
esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio, ma solo con
mezzo fisico manuale, integra l'aggravante in questione (Sez.II, Sent.
n. 1790/1983 Rv. 162876). Tale orientamento giurisprudenziale deve
essere poi valutato alla luce della modifica testuale dell'art. 61 c.p.,
n. 5, a seguito della L. 15 luglio 2009, n. 94, entrata in vigore il
8/8/2009, in epoca antecedente alle condotte contestate, dovendosi
ritenere che l'avere approfittato di circostante di tempo, di luogo o di
persone tali da ostacolare la pubblica o privata difesa debba essere
specificamente valutato anche in riferimento all'età senile della
persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una
serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare
vulnerabilità della quale l'agente trae consapevolmente vantaggio (in
tal senso, v. Cass.Sez.II, Sent.35997 del 23.9.2010, imp. Licciardello,
Rv.248163). Proprio in questa direzione la sentenza impugnata ha
motivato puntualmente evidenziando le ridotte capacità fisiche
dell'anziana signora (di anni settantaquattro all'epoca dei fatti)
nonché la circostanza che quando la signora M. aveva accennato "una
reazione alle minacce dell'imputato e del complice, veniva afferrata per
le spalle e buttata per terra". Né l'intrinseca concludenza di tali
argomentazioni è in alcun modo inficiata dalle argomentazioni addotte a
sostegno del motivo.
3. Manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso relativo al
riconoscimento dell'attenuante di cui all'art.62 n.6 c.p., del tutto
privo dei requisiti di specificità; a fronte della motivazione della
Corte che ha rigettato l'analogo motivo, rilevando come non vi siano
state da parte del G. condotte risarcitorie o riparatorie, né volte ad
elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, il
ricorrente lamenta il diniego dell'attenuante, senza neppure indicare in
cosa sia consistito il c.d. ravvedimento operoso.
4. Infondato sono anche il quarto e il quinto motivo in ordine alla
disapplicazione della recidiva, e al diniego delle attenuanti generiche
prevalenti sulla recidiva. La Corte con motivazione logica ha ritenuto
che la contestata recidiva non potesse essere esclusa in considerazione
della personalità dell'imputato e dei precedenti anche per fatti
specifici a suo carico che denotano una particolare pericolosità e che
non consentono di conferire alle attenuanti generiche, concesse per il
buon comportamento processuale, un giudizio di prevalenza sulla
recidiva.
Il ricorso va quindi rigettato per la non condivisibilità od
inammissibilità delle censure articolate nei motivi che lo compongono.
Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.