venerdì 1 novembre 2013

Lo svolgimento di fatto da parte del dipendente di mansioni superiori a quelle dovute in base all’inquadramento è del tutto irrilevante.

 N. 02555/2013REG.PROV.COLL.
N. 09861/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso r.g.a.n. 9861/2009, proposto dal sig. Andrea Meloni, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Ibba, con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Fondazione Teatro Lirico di Cagliari e Teatro Lirico G. P. da Palestrina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Sardegna, Cagliari, sezione II, n. 1132/2009, resa tra le parti e concernente l’inquadramento dell’interessato nel livello superiore.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fondazione Teatro lirico di Cagliari e del Teatro lirico G. P. da Palestrina.
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed udito, per gli enti appellati, l’avvocato dello Stato Ventrella.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.

FATTO
A) Il sig. Meloni Andrea, impiegato presso l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico G. P. Da Palestrina di Cagliari dal 1° gennaio 1974, con qualifica di terzo livello A, deduceva di aver prestato servizio, dal gennaio 1995 al dicembre 1996, presso il Servizio produzione e distribuzione, occupandosi della predisposizione dei contratti e degli spettacoli, quale unico referente amministrativo ed organizzativo per le attività svolte dalle strutture decentrate dell’ente.
Egli sosteneva, dunque, di aver svolto attività rientranti in un livello superiore rispetto a quello formalmente posseduto, precisamente nel primo livello, ritenuto corrispondente alla figura del coordinatore amministrativo, unica caratterizzata da mansioni di contenuto non artistico ed inerenti all’Ufficio rapporti con il territorio, subentrato nelle competenze del Servizio produzione e distribuzione, in base alla nuova pianta organica approvata dal Consiglio di amministrazione in data 12 dicembre 1996.
B) Conseguentemente, il sig. Meloni chiedeva l’inquadramento nel superiore livello 1° e, subordinatamente, una declaratoria del suo diritto a vedersi corrisposte le relative differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori: istanza, questa, già respinta in sede amministrativa con nota 17 giugno 1997 dell’Ente lirico.
Egli deduceva la censura di violazione di legge, richiamando la sentenza 12/25 luglio 1990, n. 369, della Corte costituzionale, che avrebbe esteso ai dipendenti pubblici la disciplina di cui all’art. 2103, c.c..
L’interessato chiedeva, inoltre, l’annullamento del provvedimento del Direttore generale 7 marzo 1998, n. 1911/34, recante il suo collocamento in ferie dal 9 marzo 1998 al 20 maggio 1998 ed in recupero ore c.i.a. dal 21 maggio 1998 al 9 giugno 1998, e ciò in quanto i compiti in precedenza svolti dal Servizio presso il quale era attivo il sig. Meloni sarebbero stati trasferiti nel frattempo all’Ufficio produzione (di nuova istituzione).
L’interessato deduceva censure di erronei presupposti ed accertamenti, nonché eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione di legge e delle previsioni di cui al c.c.n.l. di settore.
Si costituiva in giudizio l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico, chiedendo la reiezione del gravame.
C) Il T.a.r. dichiarava il ricorso in parte inammissibile ed in parte infondato (dopo il rigetto di un’istanza cautelare), alla luce delle premesse di cui sopra, mentre le spese processuali venivano compensate fra le parti in causa.
Con l’appello in esame, la sentenza veniva impugnata dall’interessato soccombente sig. Meloni, che riprospettava quanto sostanzialmente già dedotto in prima istanza ed insisteva nelle sue richieste, cui si opponeva l’amministrazione (Fondazione Teatro lirico e Teatro lirico), costituitasi in appello a tale scopo.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.
DIRITTO
I) Preliminarmente, ritiene la Sezione che il T.a.r. abbia condivisibilmente ritenuto infondata la richiesta d’inquadramento nel superiore primo livello.
Infatti, l’appellante non aveva a suo tempo impugnato i provvedimenti d’inquadramento, per la loro natura autoritativa da tempo divenuti inoppugnabili.
Neppure può il giudice amministrativo disporre – in via di accertamento – la spettanza di un livello o di una qualifica superiore, in sostituzione del provvedimento non impugnato dall’interessato.
II) Quanto alle pretese di carattere economico in questa sede riproposte dall’appellante, la sezione ritiene che esse siano infondate.
Va riaffermato in questa sede il principio da tempo enunciato da questo Consiglio di Stato, per il quale nell'ambito del pubblico impiego, salvo che la legge disponga altrimenti, le mansioni superiori svolte da un dipendente risultano del tutto irrilevanti, sia ai fini economici che ai fini della progressione di carriera (cfr. Cons. St., sez. IV, sent. n. 5611/2000; sez. V, n. 1079/2000), in quanto il rapporto non è assimilabile a quello di lavoro privato, avendo gli interessi pubblici coinvoltivi natura indisponibile ed anche perché l'attribuzione delle mansioni ed il riconoscimento del correlativo trattamento economico devono avere il proprio indefettibile presupposto nel provvedimento di nomina o d’inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi sovraordinati, onde evitare l’elusione del rigoroso principio dell’accesso e della progressione mediante concorso (cfr. anche Cons. St., Ad. pl., sent. 18 novembre 1999 n. 22; sez. VI, sent. 31 maggio 2006 n. 3325).
Pertanto, risulta condivisibile la sentenza appellata, che ha respinto la domanda avente ad oggetto le differenze retributive tra lo stipendio percepito e quello relativo alle mansioni superiori, asseritamente svolte (e delle quali pertanto è anche inutile ogni accertamento, in ragione della loro irrilevanza, pur se effettivamente svolte).
Nella specie, le pretese del sig. Andrea Meloni non trovavano fondamento in alcuna norma di legge applicabile per il periodo controverso.
IV) Va comunque ribadito che - contrariamente a quanto dedotto dall’appellante - la pretesa di una retribuzione superiore a quella stabilita dalla normativa di settore non può fondarsi sull’art. 36, Cost., poiché:
– in applicazione degli articoli 51 e 97 della Costituzione gli interessi pubblici coinvolti hanno natura indisponibile e, quindi, l’attribuzione al dipendente delle mansioni ed il conferimento del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere scelte dei rispettivi apparati di vertice;
- i requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione vanno valutati in riferimento non già ai singoli elementi costituenti il trattamento economico, ma alla retribuzione complessivamente considerata (cfr. Cons. St., sez.V, sent. 24 marzo 1997 n. 290);
- come sopra si è rilevato, il quadro normativo applicabile è stato più volte ricostruito da questo Consiglio, anche in sede di Adunanza plenaria, ed esso non è stato inciso da alcuna pronuncia d’incostituzionalità, sia pure parziale, della Corte costituzionale:
- non sono applicabili, ratione temporis, alla vicenda in esame le disposizioni del decreto legislativo n. 80/1998, che – in presenza dei relativi presupposti sostanziali e procedimentali – hanno attribuito rilievo allo svolgimento di mansioni superiori,
- non risulta comunque applicabile analogicamente l’art. 2103 del codice civile, poiché per il pubblico impiego si applica il principio di legalità con i relativi corollari, mentre nell’impiego privato il datore di lavoro, quando assegna al lavoratore le mansioni superiori, del cui svolgimento si avvalga, risponde personalmente dei propri comportamenti;
- l’opposta conclusione condurrebbe, tra l’altro, ad un’evidente elusione dell’obbligo di copertura finanziaria degli atti amministrativi comportanti spese, in violazione di ogni principio di sana gestione finanziaria, postulante la preventiva attività d’individuazione e quantificazione della maggiore spesa e dei mezzi per farvi fronte.
Ed invero, sotto tale ultimo aspetto, la copertura finanziaria di un provvedimento di spesa, legislativo o amministrativo, risulta un canone fondamentale recepito dall’ordinamento interno a livello costituzionale (artt. 81 e 97, Cost.), in coerenza anche con l’art. 188-C, commi due e tre, del Trattato istitutivo della Comunità europea, nel testo risultante dalle modificazioni apportate dall’art. 2, punto 43, paragrafi 2) e 3), trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 (ratificato in Italia con legge 16 giugno 1998 n. 209), disposizioni da cui si desume il principio fondamentale della corretta finanza pubblica.
V) Per le ragioni che precedono l’appello va respinto, con conferma dell’impugnata sentenza.
La natura della controversia ed il comportamento difensivo delle parti in causa giustificano un’integrale compensazione degli oneri processuali di secondo grado fra le stesse.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello (r.g.n. 9861/2009) e compensa gli oneri processuali di secondo grado fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013, con l'intervento dei giudici:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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N. 05852/2012REG.PROV.COLL.
N. 09588/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9588 del 2004, proposto da:
SANTAMARIA MAURIZIO RAFFAELE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Garofalo, con domicilio eletto presso Simona Di Murro in Roma, via Duccio Galimberti, n. 27;
contro
COMUNE DI LATINA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Di Leginio, con domicilio eletto presso Paolo Pontecorvi in Roma, piazza dell'Orologio, n. 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO, sezione staccata di Latina, n. 154 del 5 aprile 2004, resa tra le parti, concernente attribuzione trattamento economico relativo a mansioni superiori svolte;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Fantini, per delega dell'Avv. Garofalo, e Di Leginio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
1. Il sig. Maurizio Raffaele Santamaria, dipendente di ruolo del Comune di Latina, inquadrato quale istruttore direttivo nella VII qualifica funzionale, premesso di essere stato incaricato con ordine di servizio n. 25 del 15 ottobre 1992 della sostituzione del titolare responsabile dell’ufficio tributi, di essere stato poi nominato Responsabile dell’I.C.I., con funzioni di Direttore di Sezione (con deliberazione di Giunta comunale n. 222 dell’11 febbraio 1993), quindi Funzionario responsabile dell’OSAP permanente e temporaneo (con delibera di Giunta comunale n. 1007 del 16 aprile 1994) e di essere stato ancora riconfermato “Funzionario Responsabile della Tassa N.U.” (con delibera consiliare n. 113 del 29 luglio 1994), ed assumendo che l’amministrazione comunale era rimasta inadempiente rispetto alle sue richieste di attribuzione della VIII q.f. – Direttore di Sezione con riconoscimento del relativo trattamento economico, anche con riferimento alle effettive mansioni svolte ascrivibili alla I qualifica dirigenziale, con atto notificato il 2 maggio 1996 invitava e diffidava la predetta amministrazione comunale di Latina ad adottare, entro trenta giorni, i necessari provvedimenti in conformità delle sue richieste e aspettative.
Con nota prot. 08/3489 del 24 maggio 1996 l’amministrazione comunale di Latina, riscontrando detta diffida, comunicava che l’accesso alle qualifiche superiori poteva avvenire solo attraverso regolari procedure concorsuali, aggiungendo che l’istituto delle mansioni superiori non era applicabile fino alla effettiva vigenza dell’art. 57 del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 ed osservando, per un verso, che erano stati attivati concorsi interni per l’accesso alla II^ ed alla I^ qualifica dirigenziale e, per altro verso, che in sede di approvazione della nuova pianta organica (delibera consiliare n. 79 del 26 luglio 1995) erano state previste norme transitorie che, se approvate dall’organo tutorio, avrebbe consentito, anche in deroga al titolo di studio, il miglioramento della posizione di carriera dei dipendenti mediante corsi – concorsi interni.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Latina, con la sentenza n. 154 del 5 aprile 2004, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dal predetto signor Maurizio Raffaele Santamaria per l’annullamento della citata nota n. 08/3489 del 24 maggio 1996 e per l’accertamento e la declaratoria del suo diritto al trattamento economico corrispondente alle superiori mansioni svolte di VIII^ qualifica funzionale (dal 15 ottobre 1992 al 30 giugno 1996) e di I^ qualifica dirigenziale (dal 1° giugno 1995 al 1° aprile 1997, data di collocamento a riposo), lo ha respinto, richiamando il consolidato indirizzo giurisprudenziale sull’irrilevanza dello svolgimento delle mansioni superiori nel rapporto di pubblico impiego, non mancando di rilevare peraltro la non univocità delle espressioni (“funzionario”) contenute negli atti di conferimento degli incarichi e della irrilevanza della invocata normativa regolamentare del comune (che concerneva gli istituti della supplenza e della reggenza).
3. Con atto di appello notificato il 15 ottobre 2004 l’interessato ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia giacché, come si evinceva dalla documentazione versata in atti, le mansioni superiori non erano state rese “di fatto”, ma in virtù di specifici atti formali, esecutivi ed inoppugnabili ed erano state oggetto di specifiche attestazioni e certificazioni.
Ciò provava, a suo avviso, al di là di ogni ragionevole dubbio l’effettivo svolgimento delle superiori mansioni ascrivibili prima alla VIII^ qualifica funzione e poi alla I^ qualifica dirigenziale, di cui ha peraltro chiesto il solo riconoscimento economico e non giuridico, fondato del resto sulle puntuali previsioni del regolamento organico e sulle peculiari disposizioni concernente il settore tributario (I.C.I., O.S.A.P. e tassa rifiuti), ricorrendo anche il presupposto della vacanza dei relativi posti in organico.
Ha resistito al gravame il Comune di Latina che ne ha chiesto il rigetto.
4. All’udienza pubblica del 16 ottobre 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. L’appello è infondato.
5.1. La giurisprudenza amministrativa ha più volte ribadito che nell’ambito del pubblico impiego lo svolgimento di fatto da parte del dipendente di mansioni superiori a quelle dovute in base all’inquadramento è del tutto irrilevante, sia ai fini economici, sia ai fini della progressione di carriera, salva l’esistenza di un’espressa disposizione che disponga diversamente (C.d.S., sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5529; 24 dicembre 2008, n. 6571; sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 758; 20 ottobre 2010, n. 7584; 8 maggio 2009, n. 2845); né la domanda del dipendente, tesa ad ottenere la retribuzione superiore a quella riconosciuta dalla normativa applicabile, per effetto dello svolgimento delle mansioni superiori, può fondarsi sull’articolo 36 della Costituzione, in quanto il principio della corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e alla quantità del lavoro prestato non trova incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo con altri principi di pari rilievo costituzionale, quali quelli di cui agli articoli 97 e 98 (tra le più recenti, C.d.S., sez. V, 2 agosto 2010, n. 5064; 25 maggio 2010, n. 3314; sez. VI, 15 giugno 2011, n. 3639; 3 febbraio 2011, n. 758; 18 settembre 2009, n. 5605) ovvero sugli articoli 2126 C.C. (concernente solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato) e 2041 C.C., stante, per un verso, la natura sussidiaria dell’azione di arricchimento senza causa (C.d..S., sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2626) e, per altro verso, la circostanza che l’ingiustificato arricchimento postula un correlativo depauperamento del dipendente, non riscontrabile e dimostrabile nel caso del pubblico dipendente che, come nel caso di specie, ha comunque percepito la retribuzione prevista per la qualifica rivestita (C.d.S., sez. V, 9 marzo 2010, n. 1382).
E’ stato anche rilevato che nel pubblico impiego presupposto indefettibile per la stessa configurabilità dell’esercizio di mansioni superiori è l’esistenza di un posto vacante in pianta organica, al quale corrispondano le mansioni effettivamente svolte, oltre che un atto formale di incarico o investitura di dette funzioni, proveniente dall’organo amministrativo a tanto legittimato, non potendo l’attribuzione delle mansioni e il relativo trattamento economico essere oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi (C.d.S., sez. V, 4 marzo 2008, n. 879; 6 dicembre 2007, n. 6254).
5.2. Applicando tali consolidati principi, da cui non vi è ragione per discostarsi, al caso in esame, la domanda avanzata dall’interessato non poteva e non può essere accolta, non emergendo dagli atti di causa né l’effettivo svolgimento di mansioni, superiori a quelle corrispondenti all’inquadramento legittimamente attribuito, né la vacanza di posti nella pianta organica comunale cui corrisponderebbero le mansioni superiori asseritamente svolte.
5.2.1. E’ privo di qualsiasi valore in tal senso l’ordine di servizio n. 25 del 15 ottobre 1992 a firma del Segretario generale del Comune di Latina.
Con esso infatti veniva disposto soltanto che, in caso di assenza o impedimento, il Dirigente Responsabile del Servizio Tributi sarebbe stato sostituito dal sig. Maurizio Raffaele Santamaria, trattandosi del funzionario dello Ufficio Tributi “più elevato per grado e servizio”: lungi dall’essere un provvedimento di conferimento di mansioni superiori, si è in presenza di un atto di mera natura organizzatoria, finalizzato a garantire la regolarità e la continuità del funzionamento dell’ufficio, attraverso il conferimento all’interessato della funzione vicaria peraltro in via eventuale, condizionata e comunque occasionale, oltre che temporalmente limitata (funzione fondata per di più proprio sul presupposto della qualifica rivestita, VII livello – qualifica di istruttore direttivo).
Peraltro non è stata fornita neppure alcuna prova degli eventuali effettivi periodi di svolgimento di tale funzione vicaria.
5.2.2. Anche la designazione dell’interessato quale responsabile dell’I.C.I., ai sensi dell’art. 11, comma 4, del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (giusta delibera della Giunta comunale n. 222 dell’11 febbraio 1993), la sua nomina quale funzionario responsabile della tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (T.O.S.A.P.), ai sensi dell’art. 54 del D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (giusta delibera della Giunta comunale n. 92 del 30 giugno 1994) ed ancora la sua nomina quale funzionario della gestione della tassa di nettezza urbana (giusta delibera consiliare n. 113 del 29 luglio 1994) sono avvenute in realtà sulla base della posseduta qualifica funzionale e del livello in godimento (VII livello, qualifica di istruttore direttivo, con funzioni di direttore di sezione), senza che ciò comportasse un mutamento qualitativo delle mansioni.
I ricordati atti del resto hanno anch’essi infatti natura prevalentemente organizzatoria, allocando all’interno degli uffici e servizi comunali, già esistenti e funzionanti, le nuove funzioni derivanti dall’introduzione rispettivamente dell’I.C.I. e della T.O.S.A.P. ed individuando i funzionati ritenuti idonei allo svolgimento di tutti i relativi adempimenti.
Anche ad ammettere che per effetto di tali provvedimenti l’attività concretamente svolta dall’interessato possa essere stata più gravosa, rendendo più rilevanti, onerose ed impegnative dal punto di vista quantitativo le mansioni quotidianamente svolte, ciò non è tuttavia sufficiente a far ritenere che le stesse siano per ciò solo corrispondenti a quelle della VIII^ qualifica funzionale ovvero della I^ qualifica dirigenziale.
Né a supporto di tale suggestiva tesi può valere la cospicua produzione documentale, esibita fin dal primo grado di giudizio, idonea piuttosto a dare atto dell’impegno gravoso e costante richiesto per l’espletamento delle funzioni conferite, comprensiva anche della partecipazione alle commissioni consiliari e della complessiva organizzazione del lavoro.
5.2.3. Tali conclusioni trovano conforto nella documentazione prodotta dall’appellata amministrazione comunale di Latina già dal primo grado di giudizio ed in particolare non solo dalla Relazione sui Servizi Tributi – Finanze – Bilancio dal 1990 al 1994 (doc. 4b) da cui emerge che il Servizio Tributi rientrava nella Ripartizione Finanziaria, cui era preposto un dirigente, ma soprattutto dalla disposizione di servizio n. 727 del 12 ottobre 1993 a firma del Dirigente del Settore Finanziario (doc. 8), da cui si evince che il Servizio Tributi era articolato a sua volta in due strutture, il “1° Servizio Entrate tributarie” (I.C.I., OSAP, ICIAP e Pubblicità, Contravvenzioni amministrative, imposte, tasse, tributi speciali, etc.), affidato all’appellante ed il “2° Servizio Entrate Extratributarie”, anch’esso affidato ad un istruttore direttivo di VII^ qualifica funzionale.
E’ in definitiva la stessa concreta organizzazione e articolazione degli uffici comunali a rendere del tutto ragionevole e corrispondente ai compiti del 1° Servizio Entrate tributarie l’attribuzione di un funzionario, con qualifica di istruttore direttivo, di VII qualifica funzionale; né d’altra parte è stata fornita alcuna prova che in concreto le funzioni di quell’ufficio fossero astrattamente corrispondenti a quelle della VIII^ qualifica funzionale ovvero addirittura della 1^ qualifica dirigenziale (a tanto non potendo considerasi sufficienti le mere affermazioni dell’interessato).
5.2.4. Non conduce a conclusioni dissimili neanche l’intervenuta approvazione della nuova pianta organica.
Infatti, ammesso pure che per effetto della nuova organizzazione burocratica le funzioni svolte da quell’ufficio fossero state ascrivibili al livello superiore ovvero addirittura alla qualifica dirigenziale (circostanza neppure questa provata), non può tuttavia dubitarsi che le eventuali mansioni superiori sarebbero state svolte in via di mero fatto e sarebbero state quindi assolutamente irrilevanti, non essendo stato prodotto alcun atto di conferimento delle stesse.
5.2.5. Per mera completezza deve infine rilevarsi che, anche sulla base delle precedenti osservazioni, è del tutto irrilevante ed ultroneo il richiamo operato dall’appellante al regolamento comunale e alla possibilità del riconoscimento anche solo economico delle mansioni superiori svolte, difettando in ogni caso proprio queste ultime e non ricorrendo neppure ipotesi di effettivo svolgimento di reggenza o di sostituzione in assenza di puntuali formali provvedimenti (anche solo ricognitivi) in tal senso.
6. In conclusione l’appello deve essere respinto, non meritando la sentenza impugnata le critiche che le sono state mosse.
L’annosità della controversia giustifica la compensazione delle spese di giudizio, anche in ragione dell’effettiva attività difensiva svolta dall’amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Maurizio Raffaele Santamaria avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione di Latina, n. 154 del 5 aprile 2004, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere




L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)