N. 02451/2012REG.PROV.COLL.
N. 10718/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 10718 del 2004, proposto dal sig.
Cascione Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluigi
Pellegrino, con domicilio eletto presso l’avv. Gianluigi Pellegrino in
Roma, corso del Rinascimento, 11;
contro
Comune
di Galatina, rappresentato e difeso dall'avv. Lino Spedicato, con
domicilio eletto presso l’avv. Laura Maria Mocavero in Roma, via
Dardanelli, 46;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n.
06797/2003, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE DIFFERENZE
RETRIBUTIVE PER SVOLGIMENTO FUNZIONI SUPERIORI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. Marzio
Branca e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino e Cimino, per delega
dell'Avv. Spedicato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dal
sig. Giovanni Cascione, dipendente del Comune di Galatina con qualifica
di collaboratore (IV livello), per l’annullamento della deliberazione
della Giunta comunale n.812 del 5/08/1994 con la quale veniva respinta
l’istanza di corresponsione di differenze retributive in relazione allo
svolgimento dal 1983 di mansioni proprie della qualifica di VI livello,
nonché per l’accertamento del relativo diritto.
2.
Il Sig. Cascione ha proposto appello denunciando l’erroneità della
sentenza di primo grado, posto che i primi giudici, pur dando atto che a
norma dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, reso operativo dall’art.
15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, il diritto alle differenze
retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte di
pubblici dipendenti è stato riconosciuto con carattere di generalità,
hanno rigettato il ricorso sul rilievo che la nuova disciplina della
materia non poteva ricevere applicazione retroattiva, ossia con riguardo
al momento in cui è stata formulata la domanda.
L’appellante,
inoltre, ha osservato che, in ogni caso, sussistevano le condizioni per
l’accoglimento del ricorso alla stregua dei principi affermati dalla
giurisprudenza amministrativa precedente, quanto al dato oggettivo delle
mansioni superiori, ed alla volontà dell’Amministrazione di avvalersi
delle prestazioni espletate dall’istante.
Il Comune di Galatina si è costituito in giudizio per sostenere l’infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
3.L’appello non può essere accolto.
Va
disatteso, in primo luogo, il rilievo secondo cui la fondatezza della
domanda dedotta in giudizio doveva essere giudicata alla stregua delle
modificazioni normative nella materia della retribuibilità delle
mansioni superiori, svolte di fatto dai pubblici dipendenti, che siano
sopraggiunte in epoca successiva al provvedimento negativo impugnato,
ovvero al momento il cui il diritto venne rivendicato.
Ove
una determinata pretesa non risulti sorretta da idonei precetti
normativi al momento in cui fu dedotta in giudizio, e si ritenga che
successive sopravvenienze risulterebbero favorevoli al deducente, si
rende necessaria la proposizione di una nuova domanda, poiché,
diversamente opinando, si perverrebbe ad una inammissibile modificazione
del thema decidendum, oltre che ad una violazione del principio tempus regit actum.
4.Tanto
premesso, come più volte ribadito da questo Consiglio di Stato (Cons.
Stato, VI, n. 2365 del 2010; 3 febbraio 2011 n. 758), in difetto di
espresse previsioni normative che consentano l’ utilizzo del dipendente
in posizione diversa da quella formalmente rivestita ed attribuiscano a
questa destinazione effetti modificativi del suo status di dipendente,
vige il principio di irrilevanza delle mansioni superiori svolte in via
di fatto, agli effetti sia dell’inquadramento che della retribuzione.
Ostano
alla attribuzione di effetti giuridici alla destinazione in via di mero
fatto diversi elementi: il carattere rigido delle dotazioni di organico
delle amministrazioni e i relativi flussi di spesa; l’assenza di un
potere del preposto al vertice dell’ufficio di gestire in via autonoma
la posizione di status dei dipendenti e il relativo trattamento
economico;la garanzia della parità di trattamento di tutti i soggetti
che operano nella struttura organizzativa e che possano aspirare di
accedere alle mansioni di qualifica superiore in condizioni di parità,
trasparenza e non discriminazione.
Il quadro
normativo delineatosi con l’emanazione dell’art. del d.lgs. n. 29 del
1993 è stato più volte oggetto di esame da parte dell’Adunanza Plenaria
del Consiglio di Stato.
La norma, infatti, ha
previsto la retribuzione dello svolgimento delle mansioni superiori,
rinviandone tuttavia l’attuazione alla nuova disciplina degli
ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la
decorrenza ivi stabilita, disponendo altresì che “fino a tale data, in
nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica
di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad
avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”
(art. 56, comma 6).
Le parole “a differenze
retributive” sono state poi abrogate dall’art. 15 d.lgs. 29 ottobre
1998, n. 387, ma “con effetto dalla sua entrata in vigore” (Cons. Stato,
ad. plen., n. 22 del 1999), con la conseguenza che l’innovazione
legislativa spiega effetto a partire dall’entrata in vigore del medesimo
decreto legislativo n. 387 e cioè dal 22 novembre 1998.
E’
stato però esplicitamente affermato che il diritto al trattamento
economico per l’ esercizio di mansioni superiori ha la sua disciplina in
una disposizione (art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998) avente carattere
innovativo, e non meramente interpretativo della disciplina previgente,
per cui il riconoscimento legislativo “non riverbera in alcun modo la
propria efficacia su situazioni pregresse” (Cons. Stato, ad. plen., n.
11 del 2000 e n. 3 del 2006).
5. L’appellante,
tuttavia, invoca gli orientamenti assunti in materia dalla Corte
Costituzionale, cui la questione è stata rinviata anche nel corso del
giudizio di primo grado, per dedurne che l’orientamento dell’Adunanza
Plenaria, sopra ricordato, dovrebbe considerarsi superato a sostituito
da principi favorevoli all’accoglimento della domanda.
La
tesi non può essere condivisa, perché i pronunciamenti del giudice
delle leggi si sono risolti nella affermazione della conformità alla
costituzione di interventi del legislatore che accolgano il principio
della retribuzione delle prestazioni corrispondenti ad una qualifica
superiore, ma non hanno mai direttamente disposto l’annullamento di
precisi precetti normativi.
6. Il Collegio non
ignora che, anche in tempi non lontani, il diritto ad una retribuzione
corrispondente alle mansioni svolte in via di fatto sia stato
riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, in presenza di
determinati presupposti (vacanza del posto in organico, atto formale di
incarico adottato dall’autorità competente, esercizio effettivo di
mansioni superiori).
Tale orientamento, tutt’altro
che univoco, come riconosce lo stesso appellante, non potrebbe ormai
essere ulteriormente condiviso una volta che il quadro normativo sia
stato chiarito e consolidato con le ricordate sentenze dell’Adunanza
Plenaria, e tenuto anche conto della vincolatività di tali pronunce ai
sensi dell’art. 99, comma 3, del c.p.a.
Va però
soggiunto, che, anche con riferimento al pregresso indirizzo
giurisprudenziale, cui si è fatto cenno, l’appello non avrebbe potuto
essere accolto, dovendosi condividere l’avviso dei primi giudici circa
il difetto di un atto di incarico emesso dall’autorità competente a
modificare le mansioni spettanti in forza del provvedimento di
inquadramento.
I ripetuti riconoscimenti
dell’utilità delle mansioni superiori svolte e della volontà della
Amministrazione, nel senso della prosecuzione di tale prestazione, non
sono idonei a costituire il diritto al relativo compenso, in quanto mere
prese d’atto successive non rilevanti.
L’appello, in conclusione, deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e,
per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna
l’appellante al pagamento il favore del Comune di Galatina delle spese
del presente grado di giudizio e ne liquida l’importo in euro 2.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)