mercoledì 2 maggio 2012

Sono irrilevanti le mansioni superiori svolte dal dipendente ai fini sia dell'inquadramento che della retribuzione

N. 02451/2012REG.PROV.COLL.
N. 10718/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10718 del 2004, proposto dal sig. Cascione Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso l’avv. Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11;
contro
Comune di Galatina, rappresentato e difeso dall'avv. Lino Spedicato, con domicilio eletto presso l’avv. Laura Maria Mocavero in Roma, via Dardanelli, 46;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. 06797/2003, resa tra le parti, concernente CORRESPONSIONE DIFFERENZE RETRIBUTIVE PER SVOLGIMENTO FUNZIONI SUPERIORI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2012 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino e Cimino, per delega dell'Avv. Spedicato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dal sig. Giovanni Cascione, dipendente del Comune di Galatina con qualifica di collaboratore (IV livello), per l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale n.812 del 5/08/1994 con la quale veniva respinta l’istanza di corresponsione di differenze retributive in relazione allo svolgimento dal 1983 di mansioni proprie della qualifica di VI livello, nonché per l’accertamento del relativo diritto.
2. Il Sig. Cascione ha proposto appello denunciando l’erroneità della sentenza di primo grado, posto che i primi giudici, pur dando atto che a norma dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993, reso operativo dall’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte di pubblici dipendenti è stato riconosciuto con carattere di generalità, hanno rigettato il ricorso sul rilievo che la nuova disciplina della materia non poteva ricevere applicazione retroattiva, ossia con riguardo al momento in cui è stata formulata la domanda.
L’appellante, inoltre, ha osservato che, in ogni caso, sussistevano le condizioni per l’accoglimento del ricorso alla stregua dei principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa precedente, quanto al dato oggettivo delle mansioni superiori, ed alla volontà dell’Amministrazione di avvalersi delle prestazioni espletate dall’istante.
Il Comune di Galatina si è costituito in giudizio per sostenere l’infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
3.L’appello non può essere accolto.
Va disatteso, in primo luogo, il rilievo secondo cui la fondatezza della domanda dedotta in giudizio doveva essere giudicata alla stregua delle modificazioni normative nella materia della retribuibilità delle mansioni superiori, svolte di fatto dai pubblici dipendenti, che siano sopraggiunte in epoca successiva al provvedimento negativo impugnato, ovvero al momento il cui il diritto venne rivendicato.
Ove una determinata pretesa non risulti sorretta da idonei precetti normativi al momento in cui fu dedotta in giudizio, e si ritenga che successive sopravvenienze risulterebbero favorevoli al deducente, si rende necessaria la proposizione di una nuova domanda, poiché, diversamente opinando, si perverrebbe ad una inammissibile modificazione del thema decidendum, oltre che ad una violazione del principio tempus regit actum.
4.Tanto premesso, come più volte ribadito da questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, VI, n. 2365 del 2010; 3 febbraio 2011 n. 758), in difetto di espresse previsioni normative che consentano l’ utilizzo del dipendente in posizione diversa da quella formalmente rivestita ed attribuiscano a questa destinazione effetti modificativi del suo status di dipendente, vige il principio di irrilevanza delle mansioni superiori svolte in via di fatto, agli effetti sia dell’inquadramento che della retribuzione.
Ostano alla attribuzione di effetti giuridici alla destinazione in via di mero fatto diversi elementi: il carattere rigido delle dotazioni di organico delle amministrazioni e i relativi flussi di spesa; l’assenza di un potere del preposto al vertice dell’ufficio di gestire in via autonoma la posizione di status dei dipendenti e il relativo trattamento economico;la garanzia della parità di trattamento di tutti i soggetti che operano nella struttura organizzativa e che possano aspirare di accedere alle mansioni di qualifica superiore in condizioni di parità, trasparenza e non discriminazione.
Il quadro normativo delineatosi con l’emanazione dell’art. del d.lgs. n. 29 del 1993 è stato più volte oggetto di esame da parte dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
La norma, infatti, ha previsto la retribuzione dello svolgimento delle mansioni superiori, rinviandone tuttavia l’attuazione alla nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza ivi stabilita, disponendo altresì che “fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore” (art. 56, comma 6).
Le parole “a differenze retributive” sono state poi abrogate dall’art. 15 d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, ma “con effetto dalla sua entrata in vigore” (Cons. Stato, ad. plen., n. 22 del 1999), con la conseguenza che l’innovazione legislativa spiega effetto a partire dall’entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 387 e cioè dal 22 novembre 1998.
E’ stato però esplicitamente affermato che il diritto al trattamento economico per l’ esercizio di mansioni superiori ha la sua disciplina in una disposizione (art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998) avente carattere innovativo, e non meramente interpretativo della disciplina previgente, per cui il riconoscimento legislativo “non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse” (Cons. Stato, ad. plen., n. 11 del 2000 e n. 3 del 2006).
5. L’appellante, tuttavia, invoca gli orientamenti assunti in materia dalla Corte Costituzionale, cui la questione è stata rinviata anche nel corso del giudizio di primo grado, per dedurne che l’orientamento dell’Adunanza Plenaria, sopra ricordato, dovrebbe considerarsi superato a sostituito da principi favorevoli all’accoglimento della domanda.
La tesi non può essere condivisa, perché i pronunciamenti del giudice delle leggi si sono risolti nella affermazione della conformità alla costituzione di interventi del legislatore che accolgano il principio della retribuzione delle prestazioni corrispondenti ad una qualifica superiore, ma non hanno mai direttamente disposto l’annullamento di precisi precetti normativi.
6. Il Collegio non ignora che, anche in tempi non lontani, il diritto ad una retribuzione corrispondente alle mansioni svolte in via di fatto sia stato riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, in presenza di determinati presupposti (vacanza del posto in organico, atto formale di incarico adottato dall’autorità competente, esercizio effettivo di mansioni superiori).
Tale orientamento, tutt’altro che univoco, come riconosce lo stesso appellante, non potrebbe ormai essere ulteriormente condiviso una volta che il quadro normativo sia stato chiarito e consolidato con le ricordate sentenze dell’Adunanza Plenaria, e tenuto anche conto della vincolatività di tali pronunce ai sensi dell’art. 99, comma 3, del c.p.a.
Va però soggiunto, che, anche con riferimento al pregresso indirizzo giurisprudenziale, cui si è fatto cenno, l’appello non avrebbe potuto essere accolto, dovendosi condividere l’avviso dei primi giudici circa il difetto di un atto di incarico emesso dall’autorità competente a modificare le mansioni spettanti in forza del provvedimento di inquadramento.
I ripetuti riconoscimenti dell’utilità delle mansioni superiori svolte e della volontà della Amministrazione, nel senso della prosecuzione di tale prestazione, non sono idonei a costituire il diritto al relativo compenso, in quanto mere prese d’atto successive non rilevanti.
L’appello, in conclusione, deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna l’appellante al pagamento il favore del Comune di Galatina delle spese del presente grado di giudizio e ne liquida l’importo in euro 2.500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Marzio Branca, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)