N. 02450/2012REG.PROV.COLL.
N. 02146/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2146 del 2000, proposto da:
LEVACOVICH FABRIZIO, rappresentato e difeso dagli avv. Costantino Tonelli Conti e Giuseppe Pedercini, con domicilio eletto presso l’avv. Costantino Tonelli Conti in Roma, via Orazio 31, e CAMPOS DOMENICO, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Mina e Giovanna Angela Dettori Masala, con i quali è domiciliato in Roma presso l’avv. Giovanna Angela Dettori Masala, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 19;
LEVACOVICH FABRIZIO, rappresentato e difeso dagli avv. Costantino Tonelli Conti e Giuseppe Pedercini, con domicilio eletto presso l’avv. Costantino Tonelli Conti in Roma, via Orazio 31, e CAMPOS DOMENICO, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Mina e Giovanna Angela Dettori Masala, con i quali è domiciliato in Roma presso l’avv. Giovanna Angela Dettori Masala, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 19;
contro
COMUNE
DI REZZATO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso
dagli avv. Claudio Chiola e Innocenzo Gorlani, con domicilio eletto
presso l’avv. Claudio Chiola in Roma, via della Camilluccia, n. 785;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 34 del 27
gennaio 1999, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE ABUSIVE E
RIPRISTINO STATO DEI LUOGHI;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rezzato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Carlo
Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Tonelli e Manzi, per delega
dell'avvocato Chiola;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
I.1.
A seguito della relazione di sopralluogo del 23 marzo 1992 dell’Ufficio
di Vigilanza Urbana, il Sindaco del Comune di Rezzato ingiungeva al
sig. Fabrizio Levacovich con ordinanza n. 17 (prot. 2537) del 23 marzo
1992 la sospensione dei lavori in corso di esecuzione, consistenti in
opere di modifica, senza la prescritta autorizzazione, della
destinazione d’uso del terreno (mapp. 36, fog. 28), urbanisticamente
destinato a zona “Agricola E1”, mediante ricarica e stendimento di
materiale inerte sull’intera superficie, e con ordinanza n. 19 (prot.
3151) del 13 aprile 1992 il ripristino dello stato dei luoghi mediante
eliminazione del materiale inerte trasportato.
Con
nota n. 2816 del 14 aprile 1992 il Comune di Rezzato comunicava
all’interessato il parere negativo espresso nella seduta del 13 aprile
1992 dalla Commissione Igienico Edilizia Comunale sulla richiesta di
concessione edilizia per la costruzione di servizio igienico sull’area
in questione, ricadendo essa in zona “Agricola E1”, nella quale erano
consentite esclusivamente opere destinate all’esercizio delle attività
produttive agricole (la cui realizzazione, ammessa solo in relazione a
tali attività, era espressamente riservata solo agli imprenditori
iscritti all’Albo di cui alla L.R. 13 aprile 1974, n. 18); ciò senza
contare che il progetto presentato non era conforme alle vigenti
prescrizioni urbanistiche che, per la zona in questione, prevedeva che i
manufatti dovessero essere realizzati ad una distanza non inferiore a
10 metri dai confini.
Il sig. Fabrizio Levacovich
con ricorso notificato l’11 maggio 1992 chiedeva al Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia, sezione distaccata di
Brescia, l’annullamento di tali atti, deducendone l’illegittimità per
violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento, sostenendo,
in sintesi, che le opere contestate, lungi dall’integrare una modifica
della destinazione d’uso dell’area, consistevano nella mera sistemazione
dell’ingresso al proprio fondo per consentirne l’effettiva
utilizzazione, mediante passaggio dell’auto e delle due roulottes di
sua proprietà e creazione di un’area di sosta e utilizzo del fondo per
attività agricola e di custodia di animali, ivi compresa la sistemazione
di un servizio igienico.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 537 dell’anno 1992.
I.2.
Con nota prot. 1783 del 20 maggio 1992 il Comune di Rezzato rigettava
la domanda del sig. Fabrizio Levacovich del 28 febbraio 1992 di rilascio
di una concessione gratuita per la recinzione del fondo agricolo di cui
al mappale n. 36, foglio n. 28, in quanto, pur essendo intervenuto il
parere favorevole, con prescrizioni, della Commissione Edilizia, l’area
era stata oggetto di interventi abusivi di modificazione della
destinazione d’uso (con ingiunzione di ripristino dello stato dei
luoghi) e il rilascio della concessione avrebbe aggravato l’abuso,
consentendo usi in contrasto con la destinazione urbanistica.
Tale
diniego veniva ritualmente e tempestivamente impugnato innanzi al
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione distaccata
di Brescia, dall’interessato che ne chiedeva l’annullamento per “Nullità
della notifica. Nullità – Illegittimità del provvedimento impugnato –
Violazione di legge – art. 160 c.p.c.” e “Violazione di legge (art. 31
l. n. 1150/42 – art. 4 L. n. 10/77) – Eccesso di potere per difetto di
motivazione e sviamento”.
A suo avviso, infatti,
non solo la notifica del diniego era affetta da nullità insanabile per
la mancata indicazione della data nella relativa relata, per quanto,
avendo la Commissione Edilizia espresso parere favorevole al rilascio
della concessione, il Sindaco avrebbe dovuto indicare le ragioni che non
consentivano di condividere quel parere favorevole, tanto più che il
progetto presentato era conforme alle previsioni urbanistiche.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 891 dell’anno 1992.
I.3.
Con altra ordinanza n. 34 (prot. 5447) del 29 giugno 1992, constatata,
giusta verbale di accertamento del 26 giugno 1992, la realizzazione in
assenza di concessione edilizia della recinzione del fondo
contraddistinto dal mappale n. 36, foglio n. 28, e l’installazione di un
cancello scorrevole, il Sindaco del Comune di Rezzato ne ingiungeva al
sig. Fabrizio Levacovich la demolizione ed il ripristino dello stato dei
luoghi.
Anche di tale ordinanza veniva chiesto
dall’interessato l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia, sezione distaccata di Brescia, denunciandone
l’illegittimità per “Violazione di legge – falsa applicazione dell’art.
7, II comma Legge 28/2/85 n. 47 e artt. 1 e 4 L. N. 10/77 e art. 31 L.
N. 1150/1942 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti”,
trattandosi, secondo il ricorrente, di opere che non necessitavano di
concessione edilizia, in quanto non comportavano trasformazione della
destinazione agricola del fondo, tanto più che la recinzione del fondo
rientrava nella facoltà del proprietario di chiudere il fondo ai sensi
dell’articolo 841 C.C.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 892 dell’anno 1992.
I.4.
Con ordinanza n. 29 (prot. 5201) del 17 giugno 1992 veniva ingiunta al
sig. Fabrizio Levacovich l’immediata sospensione dei lavori, eseguiti
senza la prescritta autorizzazione, consistenti (come da sopralluogo del
16 giugno 1992 dell’Ufficio di Vigilanza Urbana) in “opere di
trivellazione di un pozzo artesiano sul terreno a destinazione agricola
situato in Virle Treponti – loc. Camafame e distinto in mappa con il n.
36 fog. 28”, configurandosi tale intervento “come opera di
urbanizzazione di un’area agricola al fine di mutarne la destinazione
come, peraltro, già fatto per altre opere oggetto di provvedimento
sindacale di rimessa in pristino”; con successiva ordinanza n. 33 (prot.
5446) del 29 giugno 1992, vista la precedente ordinanza di sospensione
dei lavori n. 29 del 17 giugno 1992, rilevato che erano state realizzate
opere di trivellazione di un pozzo senza la prescritta autorizzazione e
preso atto inoltre che per il predetto pozzo non risultava ottenuta la
preventiva autorizzazione da parte della Regione Lombardia – Servizio
Prov.le del Genio Civile, veniva ingiunta all’interessato, ai sensi
dell’art. 7 del T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, e del secondo comma
dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive
modificazioni, la demolizione delle predette opere abusive ed il
ripristino dello stato dei luoghi.
Con rituale e
tempestivo ricorso il sig. Fabrizio Levacovich impugnava le due citate
ordinanze innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sezione distaccata di Brescia, deducendone l’illegittimità:
1) quanto alla prima per “Violazione di legge artt. 7 – 95 – 105 T.U.
11/12/33 n. 1775 e successive modificazioni – Incompetenza assoluta del
Sindaco ad emettere il provvedimento impugnato. Eccesso di potere per
vizio di illogicità del provvedimento impugnato, per sviamento, per
contraddittorietà, per travisamento dei fatti e per difetto di
motivazione” e “Violazione di legge. Falsa applicazione dell’art. 4 1° e
3° comma L. 28/2/85, n. 47 – Eccesso di potere per difetto di
motivazione e per travisamento dei fatti”; 2) quanto alla seconda, per
“Violazione di legge. Falsa applicazione artt. 7 – 95 – 105 T.U.
11/12/33 n. 1775. Incompetenza assoluta del Sindaco ad emettere il
provvedimento impugnato. Eccesso di potere per vizio di illogicità del
provvedimento impugnato. Eccesso di potere per sviamento della causa
tipica dell’atto”, “Violazione di legge. Falsa applicazione degli artt.
7, 11, 22, 23 del TU cit.” e “Violazione di legge. Falsa applicazione
dell’art. 7 2° comma legge 28.02.85 n. 47”.
Secondo
il ricorrente sarebbe spettato all’Ufficio del Genio Civile non solo
autorizzare la trivellazione del pozzo, ma anche adottare i relativi
provvedimenti sanzionatori, così che erano illegittimi gli impugnati
provvedimenti sindacali, tanto più che la stessa attività di
trivellazione non poteva essere considerata attività urbanistico –
edilizia.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 893 dell’anno 1992.
I.5.
Con nota n. 7694 del 21 settembre 1992 il Sindaco del Comune di Rezzato
notificava al sig. Fabrizio Levacovich l’accertata inottemperanza
all’ingiunzione n. 19/1351 del 13 aprile 1992 di ripristino dello stato
dei luoghi in relazione alle opere realizzate senza concessione
edilizia, precisando che tale accertamento costituiva titolo per
l’immissione in possesso dei beni e per la trascrizione, nei registri
immobiliari, della loro acquisizione al patrimonio gratuito del Comune.
Con
successivo atto n. 65 (prot. 8882) del 30 ottobre 1992 veniva ordinata
l’acquisizione al patrimonio comunale (e l’immissione in possesso in
favore dello stesso Comune) dell’area, contraddistinta in catasto al
foglio n. 28, mappale n. 36, di proprietà del sig. Fabrizio Levacovich.
Questi
chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia,
sezione staccata di Brescia, l’annullamento anche di tali due atti,
deducendone l’illegittimità derivata da quella dell’ordinanza n. 19 del
13 aprile 1992, già impugnata col ricorso NRG. 537 dell’anno 1992,
nonché, quanto all’ordinanza n. 65 del 30 ottobre 1992, per “violazione
di legge (art. 7 L. n. 47/1985) – eccesso di potere per travisamento dei
fatti e per difetto di motivazione”, in quanto le opere realizzate non
necessitavano per la loro consistenza di alcun titolo edilizio ovvero
potevano essere realizzate con una semplice autorizzazione ed in ogni
caso non era stata neppure valutata la effettiva sussistenza
dell’interesse pubblico che giustificasse il provvedimento di
acquisizione.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 8 dell’anno 1993.
I.6.
Con ordinanza n. 7 (prot. n. 1293) del 9 febbraio 1994 il Sindaco del
Comune di Rezzato ingiungeva al sig. Domenico Campos la demolizione
delle opere abusive realizzate senza concessione edilizia, consistenti
nella installazione, sul terreno di cui al mappale n. 36, foglio n. 28,
di una struttura prefabbricata di dimensioni mt. 10.60x8,10 per
un’altezza di mt. 3, corrisponde ad una superficie di mq. 85,86 ed a un
volume di mc. 257,58.
Il sig. Domenico Campos
impugnava detta ordinanza innanzi al Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia, sezione distaccata di Brescia, deducendo “Violazione
di legge (art. 7 – 10 L. n. 47/1985 – art. 934 c.c.), eccesso di potere
per travisamento dei fatti”: oltre a ricordare l’esistenza di
provvedimenti sanzionatori che erano stati impugnati innanzi al giudice
amministrativo, il ricorrente, dichiarandosi terzo estraneo, sosteneva
di non poter essere destinatario del provvedimento impugnato che avrebbe
dovuto essere notificato al proprietario dell’area, ciò senza contare
che il manufatto non poteva essere considerato una costruzione e non
necessitava di concessione edilizia, ma tutt’al più di una semplice
autorizzazione.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 394 dell’anno 1994.
I.7.
Infine con provvedimento sindacale n. 9794/94 del 12 febbraio 1996
veniva respinta la domanda di concessione di edilizia in sanatoria, per
lo stendimento di ghiaia e ricarica su terreno agricolo per una
superficie di mq. 2.500, per la trivellazione di un pozzo, per la
recinzione del fondo e per la costruzione di un prefabbricato ad uso
abitativo, presentata dal sig. Fabrizio Levacovich in data 27 ottobre
1994 ai sensi dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724: ciò
in quanto gli abusi di cui era stata chiesta la sanatoria non avevano
comportato la realizzazione di singoli interventi edilizi, bensì un vero
e proprio insediamento urbano rappresentato dalla comunità di nomadi
ospitata in roulottes e caravan, con una volumetria indefinita; inoltre
la struttura prefabbricata era attualmente inesistente, essendo stata
distrutta da un incendio, mentre per il pozzo non era stata presentata
la prescritta autorizzazione da parte del Servizio Genio Civile della
Regione Lombardia.
Anche tale diniego veniva
impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia, sezione distaccata di Brescia, sostenendosene l’illegittimità
per “violazione di legge (art. 39 L. n. 724 del 23.12.94 e successivi
decreti di reiterazione, compreso il D.L. 25.11.94 n. 649, artt. 31, 33,
35 capo IV L. 28.02.85, n. 47); eccesso di potere per difetto di
motivazione, per travisamento dei fatti, per illogicità, per
contraddittorietà, per sviamento, per difetto di istruttoria”: secondo
il ricorrente non sussisteva alcuna causa che potesse legittimamente
fondare il diniego di sanatoria, erronee, inconsistenti e non pertinenti
essendo le motivazioni indicate dall’amministrazione comunale.
Il ricorso veniva iscritto al NRG. 491 dell’anno 1996.
I.8.
L’adito tribunale, nella resistenza dell’intimato Comune di Rezzato,
con la sentenza n. 34 del 27 gennaio 1999, riuniti i ricorsi, respingeva
il primo (NRG. 537/92), il quinto (NRG. 8/93), il sesto (NRG. 394/94)
ed in parte il settimo (NRG. 491/96), accogliendo invece il secondo
(NRG. 891/92), il terzo (NRG. 892/92), il quarto (NRG. 893/92) ed in
parte il settimo (NRG. 491/96).
In particolare, secondo il predetto tribunale:
-
lo stendimento della ghiaia e la ricarica effettuata per uno spessore
di circa 25 cm. costituivano fatti da impedire la crescita di qualsiasi
vegetale sul terreno, con alterazione definitiva dell’originaria
destinazione d’uso, così che legittimi erano da considerare l’ordine di
sospensione dei lavori e l’ingiunzione di ripristino dello stato dei
luoghi; altrettanto legittimo era il diniego di concessione edilizia per
la realizzazione di un servizio igienico, non possedendo il richiedente
la qualifica di imprenditori agricolo, ai sensi della legge regionale 7
giugno 1980, n. 93 (ricorso NRG. 537/92); di conseguenza erano
legittimi anche i provvedimenti sindacali che avevano accertato
l’inottemperanza all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi e
disposto l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale
(ricorso NRG. 8/93);
- l’amministrazione comunale
di Rezzato aveva poi correttamente ordinato la demolizione della
struttura prefabbricata realizzata sul terreno di cui al mappale n. 26,
foglio n. 28, in quanto per le sue dimensioni era necessaria la
concessione edilizia, irrilevante essendo la circostanza che la relativa
ordinanza fosse stata notificata al s sig. Domenico Campus che, quale
committente, era da considerare sicuramente responsabile dell’abuso
(ricorso NRG. 394/94);
- altrettanto correttamente
era stato denegato il condono edilizio (ricorso NRG. 491/96) per la
sopravvenuta distruzione, a causa di un incendio, dell’immobile da
sanare;
- erano invece illegittimi: a) il diniego
della concessione edilizia per la recinzione del fondo di proprietà del
ricorrente sig. Fabrizio Levacovich, tanto più che la stessa commissione
edilizia comunale aveva espresso parere favorevole, sia pur con
prescrizioni, e non erano indicati eventuali elementi di contrasto del
progetto presentato con le disposizioni del piano regolatore (ricorso
NRG. 891/92); b) l’ordinanza di demolizione della recinzione del fondo
che, quale estrinsecazione del diritto di proprietà, non necessitava di
concessione edilizia (NRG. 892/92); c) l’ordine di sospensione dei
lavori e l’ingiunzione di demolizione relativi al pozzo artesiano, non
sussistendo al riguardo alcuna competenza sindacale, salva l’eventuale
realizzazione di opere edilizie complementari al pozzo stesso, che nel
caso di specie non si rinvenivano (NRG. 892/93); d) il diniego di
condono relativamente al pozzo artesiano (che, come rilevato, di per sé
non poteva configurarsi come opere edilizia) e relativamente alla
dedotta impossibilità di determinare la reale volumetria
dell’intervenuto, quest’ultima rappresentando una mera argomentazione,
di per sé insufficiente.
I.9. I signori Fabrizio
Levacovich e Domenico Campos con atto notificato il 3 marzo 2000
chiedevano la riforma di tale sentenza: A) per quanto concerne il
rigetto dei ricorsi NRG. 537/92 e NRG. 8/93, per A1) “Violazione di
legge (art. 1 e 7 della L. n. 47 del 1985); eccesso di potere per
travisamento dei fatti e per difetto di motivazione”: diversamente da
quanto ritenuto dai primi giudici, lo stendimento sul terreno di
ghiaione di spessore medio di circa 25 cm con ricarica per una
superficie di mq. 2500 non costituiva trasformazione urbanistica, non
determinava mutamento di destinazione urbanistica e non necessitava di
concessione edilizia; peraltro nel provvedimento di acquisizione del
bene al patrimonio comunale non vi era alcuna valutazione dell’interesse
pubblico; B) per quanto concerne il rigetto del ricorso NRG. 394/94,
per B1) “Violazione di legge (artt. 7 – 10 L.N. 47/1985; art. 934
c.c.); eccesso di potere per travisamento dei fatti”: inopinatamente i
primi giudici avevano ritenuto legittimo il provvedimento impugnato,
benché fosse stato eccepito che esso non era stato diretto, com’era
indispensabile, nei confronti del proprietario della struttura
prefabbricata, asseritamente abusiva, e senza tener conto che
quest’ultima, in quanto facilmente amovibile, non poteva rientrare nel
concetto di costruzione e, a tutto voler concedere, necessitava solo di
un’autorizzazione e non di concessione edilizia; C) per quanto concerne
il ricorso NRG. 491/96, per C1 “Violazione di legge (art. 39 L. n. 724
del 23.12.94 e successivi decreti di reiterazione, compreso il D.L.
25.11.94 n. 649, artt. 31, 33, 35 capo IV L. 28.02.85, n. 47); eccesso
di potere per difetto di motivazione, per travisamento dei fatti, per
illogicità, per contraddittorietà, per sviamento, per difetto di
istruttoria”: ai fini dell’ammissibilità del condono era sufficiente che
l’opera abusiva, nel caso di specie la struttura prefabbricata, fosse
esistente al momento della presentazione della relativa domanda, così
che erroneamente i primi giudici avevano ritenuto legittimo il diniego
impugnato nella parte in cui aveva respinto la richiesta di condono per
essere stata la struttura edilizia abusiva successivamente distrutta da
un incendio; peraltro richiamando le censure sollevate con il ricorso di
primo grado, gli appellanti insistevano sulla circostanza che nel caso
di specie non sussisteva, né era stato indicato, alcun elemento ostativo
al rilascio del condono, irrilevanti e non pertinenti essendo le mere
argomentazioni poste a fondamento dell’impugnato diniego.
Ha resistito al gravame il Comune di Rezzato, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone perciò il rigetto.
I.10. Le parti hanno ulteriormente illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.
All’udienza pubblica del 10 gennaio 2012, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
II.
Deve preliminarmente rilevarsi che i difensori dell’appellante signor
Fabrizio Levacovich hanno depositato in data 30 novembre 2011 un
permesso di costruire in sanatoria (condono edilizio D.L. 269 del
30/09/2003, mod. con L. 326 del 24/11/2003), prot. n. 8563/04 – n.
48/S/05 del 20 novembre 2009a, rilasciato dal Comune di Rezzato in
favore del loro assistito per la realizzazione di un fabbricato
residenziale in zona agricola su area distinta in catasto terreni al
foglio n. 28, mappale n. 35.
Sennonché, ad avviso
della Sezione, anche per la assoluta assenza di qualsiasi espressa
indicazione in tal senso, tale provvedimento non determina né la
cessazione della materia del contendere, né la sopravvenuta carenza di
interesse alla decisione dell’appello, giacché le opere oggetto di
sanatoria insistono su di un’area, in catasto terreni foglio 28, mappale
n. 35, diversa da quella oggetto dei provvedimenti impugnati in primo
grado, in catasto terreni, foglio 28, mappale n. 36; né in alcun modo
dall’esame dei ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado risulta
esservi stata alcuna contestazione sulla esatta individuazione dell’area
su cui è stata realizzata l’attività edilizia, ritenuta abusiva
dall’amministrazione comunale, oggetto dei provvedimenti impugnati, area
sempre indicata quale mappale n. 36 del foglio 28.
III. Nel merito l’appello è infondato.
III.1.
Con il primo mezzo di gravame, gli appellanti hanno sostenuto, con
riguardo al rigetto dei ricorsi NRG. 537/92 e NRG. 8/93 (con cui erano
state impugnate, rispettivamente, le ordinanze sindacali n. 17 del 23
marzo 1992, n. 19 del 13 aprile 1992 e la nota prot. n. 2816 del 14
aprile 1992 [NRG. 537/92] nonché la nota n. 7694 del 21 settembre 1992 e
l’ordinanza sindacale n. 65 del 30 ottobre 1992 [NRG. 8/93])
“Violazione di legge (art. 1 e 7 della L. n. 47 del 1985); eccesso di
potere per travisamento dei fatti e per difetto di motivazione”: ciò in
quanto, a loro avviso, lo stendimento sul terreno di ghiaione di
spessore medio di circa 25 cm con ricarica per una superficie di mq.
2500 non costituiva trasformazione urbanistica, non determinava
mutamento di destinazione urbanistica e non necessitava di concessione
edilizia; inoltre nel provvedimento di acquisizione del bene al
patrimonio comunale non vi era alcuna valutazione dell’interesse
pubblico.
La doglianza non merita favorevole considerazione.
Non
vi è infatti motivo per discostarsi dal condivisibile indirizzo
giurisprudenziale (C.d.S., sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7343; 11
novembre 2004, n. 7324) secondo cui anche l’attività di spargimento di
ghiaia, su di un’area che ne era precedentemente priva, è soggetta a
concessione edilizia, allorché appaia preordinata, come nel caso di
specie, alla modifica della precedente destinazione d’uso (nel caso in
esame, pacificamente agricola).
Nei citati
precedenti giurisprudenziali è stato puntualmente sottolineato, per un
verso, che “Tale indirizzo, peraltro, risulta corroborato dalla
risalente interpretazione del Giudice penale, secondo cui deve ritenersi
soggetto a concessione lo spianamento di un terreno agricolo ed il
riporto di sabbia e ghiaia, al fine di ottenerne un piazzale per
deposito e smistamento di autocarri e containers (Cass. pen.,
09/06/1982; cfr. altresì <<è legittimo il provvedimento del
sindaco che ordini la riduzione in pristino di un'area destinata, in
base al piano regolatore, a verde pubblico, che sia stata coperta di
ghiaia, per essere destinata a parcheggio>> Cons. Stato, sez. II,
15/02/1989, n. 18/89), e, per altro verso, che esso “…sembra, oggi,
avere un testuale riscontro nel nuovo Testo unico in materia edilizia -
D.P.R. n. 380/2001 - (che non ha certo potenzialità applicativa e di
risoluzione del caso in esame, ma che può rappresentare un valido
ausilio interpretativo, specie ove "codifica" un orientamento
giurisprudenziale pregresso): l'art. 3, in materia di definizione degli
interventi edilizi, assoggetta a permesso di costruire - ascrivendole al
genus delle nuove costruzioni - <<la realizzazione di
infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti
la trasformazione in via permanente di suolo inedificato>> (lett.
e. 3) e <<la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la
realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove
comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione
permanente del suolo inedificato>> (e. 7); si tratta, come è
facile rilevare, di interventi privi di connotazione strettamente
edilizia e, nondimeno, assoggettati a titolo abilitativo (oggi permesso
di costruire). Significativa è, poi, la previsione dell'art. 10 comma 2
secondo cui <<Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti,
connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o
di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di
inizio attività>>”.
Correttamente
pertanto i primi giudici hanno ritenuto legittimi i provvedimenti
impugnati in primo grado, non potendo dubitarsi che attraverso lo
spargimento di ghiaione sull’area in questione il proprietario intendeva
effettivamente modificare la destinazione agricola dell’area
utilizzandola quale piazzale di sosta e ricovero dell’auto e delle due
roulottes di sua proprietà, determinando così una trasformazione
urbanistica che necessitava di concessione edilizia (sulla necessità di
concessione edilizia per ogni intervento che determini una perdurante
modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in
assenza di opera in muratura, anche C.d.S., sez. V, 21 ottobre 2003, n.
6519).
Quanto al preteso vizio del provvedimento di
acquisizione al patrimonio comunale dell’abuso realizzato per la
carenza di motivazione in ordine alla valutazione dell’interesse
pubblico, è sufficiente osservare che l’ordinanza di acquisizione
gratuita al patrimonio comunale di un’opera abusiva si configura quale
atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento
dell’inottemperanza di ingiunzione di demolizione ed al decorso del
termine di legge (che ne costituiscono i presupposti) (C.d.S., sez. V,
1° ottobre 2001, n. 5179), così che la censura è destituita di qualsiasi
fondamento giuridico, non essendovi alcuna valutazione discrezionale da
compiere (e di conseguenza da giustificare).
III.2.
E’ infondato anche il secondo motivo di gravame, con il quale, con
riferimento al rigetto del ricorso NRG. 394/94 (concernente
l’impugnazione dell’ordinanza sindacale n. 7 del 9 febbraio 1994, di
demolizione di una struttura prefabbricata realizzata abusivamente), è
stato denunciato “Violazione di legge (artt. 7 – 10 L.N. 47/1985; art.
934 c.c.); eccesso di potere per travisamento dei fatti”.
Non
può infatti condividersi la tesi degli appellanti secondo cui
l’ordinanza in questione sarebbe illegittima sia in quanto non diretta
nei confronti del proprietario della struttura prefabbricata,
asseritamente abusiva, sia perché si trattava di una struttura
facilmente amovibile che non poteva rientrare nel concetto di
costruzione e che, a tutto voler concedere, necessitava solo di
un’autorizzazione e non di concessione edilizia.
Quanto
al primo aspetto è sufficiente rilevare che è stata ritenuta legittima
l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive effettuata nei
confronti del responsabile dell’abuso e non anche del proprietario
dell’immobile, in quanto l’articolo 7, comma 3, della legge 28 febbraio
1985, n. 47, si riferisce esclusivamente all’uno e non all’altro, per
l’evidente ragione di ancorare l’attività riparatoria del responsabile,
quale autore dell’illecito, al rapido ripristino dello stato dei luoghi
(C.d.S., sez. V, 1° ottobre 1999, n. 1228); quanto al secondo profilo,
poi, anche a voler prescindere dalle significative dimensioni della
struttura prefabbricata realizzata (oltre 80 metri quadrati, per un
volume di 257,78 metri quadrati, il che esclude in radice la sua stessa
amovibilità (sul cui carattere insistono gli appellanti), deve
ricordarsi che in ogni caso anche la precarietà (e mobilità) di un
manufatto, che rende non necessaria la concessione edilizia, dipende non
dal suo sistema di ancoraggio al terreno, ma dalla sua inidoneità a
determinare una stabile trasformazione del territorio, con la
conseguente necessità del titolo edilizio allorquando, come nel caso di
specie, la struttura, ancorché prefabbricata, sia destinata a dare
un’utilità prolungata nel tempo, circostanza giammai contestata dagli
appellanti, e non meramente occasionale ( C.d.S., sez. V, 15 giugno
2000, n. 3321; 3 aprile 1990, n. 317).
III.3. Anche
il terzo motivo di gravame, con cui è stato contestato l’erroneo
rigetto in parte del ricorso NRG. 491/96 (concernente l’impugnativa del
diniego di condono edilizio) per “Violazione di legge (art. 39 L. n. 724
del 23.12.94 e successivi decreti di reiterazione, compreso il D.L.
25.11.94 n. 649, artt. 31, 33, 35 capo IV L. 28.02.85, n. 47); eccesso
di potere per difetto di motivazione, per travisamento dei fatti, per
illogicità, per contraddittorietà, per sviamento, per difetto di
istruttoria” è destituito di fondamento giuridico.
Occorre
premettere che, come esposto in fatto, i primi giudici hanno ritenuto
legittimo l’impugnato diniego per il fatto che il manufatto oggetto di
condono era andato distrutto, laddove lo hanno invece annullato per
quanto attiene il pozzo artesiano (non configurabile come opera
edilizia) e quanto alle restanti opere per la asserita impossibilità di
determinare la reale volumetria dell’abuso.
Ciò
posto, deve rilevarsi che, diversamente da quanto opinato dagli
appellanti, posto che la concessione in sanatoria rilasciata per effetto
di un condono edilizio produce l’effetto della regolarizzazione della
costruzione dal punto di vista urbanistico, attribuendo ad essa un
regime giuridico che in nulla si differenzia da quello proprio di una
normale concessione (C.d.S., sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7491; sez. V,
7 maggio 2008, n. 2086), presupposto fattuale indispensabile per
l’accoglimento della domanda di condono (e per il rilascio della
relativa concessione in sanatoria) è la stessa esistenza del manufatto
abusivo, non solo al momento della domanda di condono, ma anche al
momento del rilascio della concessione (C.d.S., sez. V, 18 novembre
2004, n. 7538): è stata così ritenuta legittima l’archiviazione della
domanda di condono (relativa ad un edificio demolito e non fedelmente
ricostruito) per essere venuto meno la stessa opera cui si riferiva la
richiesta (C.d.S., sez. IV, 28 dicembre 2008, n. 6550).
Del
tutto legittimamente, come ritenuto anche dai primi giudici,
l’amministrazione ha denegato il condono per la per struttura
prefabbricato ad uso abitativo realizzata abusivamente, essendo la
stessa andata distrutta nell’incendio del 25 luglio 1995, dopo la
presentazione della domanda di condono, ma prima dell’eventuale rilascio
della concessione in sanatoria.
Tanto è
sufficiente a confermare la sentenza impugnata (con assorbimento di
qualsivoglia altra censura), tanto più che, quanto ai profili relativi
all’annullamento parziale del diniego di condono in esame, essa non è
stata impugnata dalla soccombente (sul punto) amministrazione comunale.
IV. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere respinto.
Tuttavia
la peculiarità della controversia e la sua risalenza nel tempo
giustificano la compensazione delle spese del presente grado di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dai signori Fabrizio Levacovich e
Domenico Campos avverso la sentenza del Tribunale amministrativo
regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 34 del 27
gennaio 1999, lo respinge.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)