N. 03065/2012 REG.PROV.COLL.
N. 12017/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso RG n. 12017 del 2005, proposto dai signori Maccelli Claudio,
Aquilino Nadia, Barbato Nicola, Bassan Maria Laura, Bassi Massimiliano,
Battista Gelsa, Benedetti Paola, Borini Daniela, Brandi Giovanni
Battista, Cacciaglia Antonella, Campagna Rosanna, Castiglione Daniela,
Castiglione Patrizia, Castiglione Stefania, Caterini Franca, Ceresa
Claudio, Cianchetti Maria Luisa, Cristiano Violetta, De Paolis Rosella,
Delicato Maria Teresa, Di Carlo Maria Pasquina, Di Savino Roberto,
Faggiano Concetta, Fattori Vera, Ferranti Maria Renata, Ferretti
Corrado, Focacci Luisa, Fontanari Giuseppe, Frasca Marina, Fratini
Simone, Gambaro Giovanna, Gentile Alessandro Antonio, Gili Giuliano,
Grieco Rocco, Miggiano Roberto, Milone Maria Teresa, Miraglia Antonio,
Miraglia Maria Cristina, Moffa Elena Grazia, Monteleone Angela, Nebbia
Fernando, Nerone Andrea, Pepe Vincenzo, Perrino Francesco, Persili
Adriano, Profeta Agnese, Profeta Giuseppe, Profeta Leonardo, Rastelli
Riccardo, Rossi Ines, Rotonda Gerardo, Sacconi Alessandra, Simiele
Vincenzo, Sorrentino Giuseppina, Specchio Laura, Sperandeo Costantino,
Truglia Mirella, Valletta Simonetta, Veltro Anna, Vincenti Massimo,
Wysocki Sylwester, Zezza Lucia, rappresentati e difesi dall'avv.
Giuseppe Manni, con domicilio eletto presso l’avv. Ettore Sabetta in
Roma, via Nicolo' Tartaglia, 21; dei signori Dessena Domenico,
Quattrucci Luigi, rappresentati e difesi dall'avv. Filippo Maria
Meschini, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma,
via Lattanzio, 5; della signora Ignazzi Maria Luisa, rappresentata e
difesa dall'avv. Pietro Di Tosto, con domicilio eletto presso lo studio
dello stesso in Roma, via P. Alpino 76 e della signora Tozzi Carla,
rappresentata e difesa dagli avv. Mariadolores Furlanetto e Massimo
Iannetti, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via A.
Vivaldi, 15;
contro
- il
Comune di Ardea, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall'avv. Riccardo Lavitola, con domicilio eletto presso lo studio dello
stesso in Roma, v.le Giulio Cesare, 71;
- il Ministero dei Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- il Ministero dei Beni e Attività Culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
- della Soc. Fallimento Lido delle Salzare Srl, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
per l'annullamento, previa sospensiva,
-
del provvedimento dirigenziale prot. n. 24702 del 1.8.1997, con cui è
stata annullata la concessione edilizia n.362/89 e successiva variante
del 27.7.1990, a suo tempo rilasciate per la realizzazione di un
complesso turistico residenziale e alberghiero alla società Lido delle
Salzare srl;
- del provvedimento dirigenziale
n.330/97 del dirigente l’ufficio tecnico comunale del 29.8.1997, con cui
il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Ardea ha ingiunto alla
società Lido delle Salzare srl la demolizione di tutte le opere
realizzate in forza delle concessioni annullate nonché di quelle
realizzate in pretesa difformità delle medesime, con preavviso, in caso
di inottemperanza, di acquisizione gratuita di terreno e costruzioni al
patrimonio del Comune;
- del verbale del 26.5.1998 di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 330/1997;
-
del provvedimento dirigenziale n. 305 dell’8.7.2005 con il quale il
Dirigente dell’Area tecnica del Settore Urbanistico del Comune di Ardea
ha ordinato l’immediata acquisizione al patrimonio del Comune dell’area
di sedime sulla quale insiste il fabbricato di cui alla concessione
edilizia n. 382/89 e per accessione il fabbricato e le opere
pertinenziali sulla stessa area realizzate, disponendo la trascrizione
del presente provvedimento nei pubblici registri e l’immissione in
possesso dell’immobile,
nonché per l’accertamento
-dell’insussistenza
del vincolo di cui al decreto del Ministero dei Beni e Attività
Culturali del 29.3.1980 sul terreno contrassegnato in Catasto al Foglio
51, part.lla 32, su cui insistono gli appartamenti di proprietà degli
odierni ricorrenti,
- dell’intervenuta approvazione
dell’intervento edilizio da parte della competente Soprintendenza per
il maturare della figura del silenzio-assenso;
- dell’intervenuta autorizzazione ambientale, relativa al vincolo di uso civico, per il maturare del silenzio-assenso;
- dell’esistenza di liquidazione in corso di detto vincolo di uso civico;
-
dell’assoluta inscindibilità e autonomia statica, strutturale e
funzionale dei vari fabbricati, senza spazio alcuno di discrezionalità;
nonché in subordine
per la condanna al risarcimento dei danni
in
solido e/o alternativamente del Comune di Ardea, del Ministero dei Beni
e Attività Culturali e del Fallimento “Lido delle Salzare Srl”, previo
accertamento della responsabilità di ciascuno in ordine alla causazione
dei danni che deriverebbero agli odierni ricorrenti in caso di mancato
annullamento (anche parziale) dei provvedimenti impugnati, nella misura
che verrà accertata in corso di causa attraverso l’esperimento di
apposita CTU ovvero, in caso di impossibilità di determinazione del suo
esatto ammontare, in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione
monetaria.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ardea e del Ministero Beni Culturali ed Ambientali;
Vista l’ordinanza n. 620/2006 con la quale è stata respinta la suindicata domanda cautelare;
Vista
la sentenza non definitiva n.4369/2011 che ha dichiarato
improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse
dichiarata dai signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e Lucio Santoni ed
ha disposto, tra l’altro, incombenti istruttori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2011 il Cons. Mariangela
Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
I ricorrenti –proprietari in forza di contratti di compravendita
stipulati con la società “Lido delle Salzare Srl” e la sig.ra Rosanna
Zamboni, di porzioni immobiliari del complesso immobiliare sito nel
Comune di Ardea, con accesso in via Ancona n. 44 – riferiscono che la
proprietà degli immobili ricade all’interno dei fabbricati E,F,G
insistenti sulla part.lla 32 del Foglio 51, non gravata da vincolo
archeologico di tutela indiretta. Detti edifici sono parte di un più
esteso complesso originariamente edificato sui terreni in Catasto al
Foglio 51, part.lle 31 e 32 a seguito di convenzione edilizia in data
17.11.1989 nonché di concessione edilizia n. 382/89 e successiva
variante in data 27 luglio 1990 in favore della società Lido delle
Salzare srl rilasciate dal Comune di Ardea. I terreni sono stati
trasferiti alla suddetta società dalla sig.ra Zamboni in data 17.11.1989
con l’impegno di cedere alla venditrice il 25 per cento della
volumetria che sarebbe stata realizzata sul terreno.La società a seguito
di concessione edilizia e successiva variante ha realizzato il
complesso immobiliare (centro commerciale, 7 fabbricati, 250
appartamenti).
Lamentano i ricorrenti che dopo otto
anni dal rilascio della concessione edilizia e dopo cinque anni dalla
ultimazione dei lavori, il Dirigente dell’U.T. del Comune di Ardea con
provvedimento prot. n. 24702 del 1.8.1997 (di recente conosciuto) ha
annullato la concessione edilizia n.382/89 e successiva variante del
27.7.1990, a suo tempo rilasciate, riscontrando l’esistenza di un
vincolo diretto e indiretto ex artt. 1,3 e 21 della Legge n. 1089 del
1939 sulla part.lla 31 del Foglio 51 sul terreno in questione.
Con
successivo atto in data 29.8.1997, n. 330, non notificato ai
ricorrenti, lo stesso Dirigente, sulla base dei medesimi presupposti
contenuti nel provvedimento di annullamento della concessione edilizia,
ha ingiunto alla società “Lido delle Salzare srl ” di demolire l’intero
complesso realizzato con preavviso, in caso di inottemperanza, di
acquisizione gratuita di terreno e costruzioni al patrimonio del Comune.
Con
verbale del 26.5.1998, successivamente conosciuto, il Comune ha
accertato l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 330/1997,
ad esito di sopralluogo e con successivo provvedimento n. 305
dell’8.7.2005 (non notificato) è stata ordinata l’immediata acquisizione
al patrimonio immobiliare del Comune dell’area di sedime sulla quale
insiste il fabbricato di cui alla concessione edilizia n. 382/89 e per
accessione il fabbricato e le opere pertinenziali sulla stessa area
realizzate, disponendo la trascrizione del presente provvedimento nei
pubblici registri e l’immissione in possesso dell’immobile.
La
società “Lido delle Salzare srl” ha impugnato entrambi i provvedimenti
con ricorso RG n. 13083/97 e, a seguito del fallimento della società
(sent. 1059/98), il giudizio dinanzi al Tar è stato interrotto e poi
riassunto. Con sentenza n. 10236/2002 il Tar ha dichiarato in parte
inammissibile il ricorso e, in parte, lo ha respinto e tale sentenza è
stata confermata dal Consiglio di Stato. Il Fallimento ha altresì
impugnato il provvedimento di acquisizione al patrimonio con ricorso RG
7863/05 all’esame dell’odierna udienza.
Gli
istanti così hanno proposto ricorso avverso gli atti indicati in
epigrafe di cui lamentano la mancata notifica e la intervenuta
conoscenza in epoca recente, censurando tutti gli atti gravati per i
seguenti motivi: 1) Violazione di legge in relazione all’art.31, commi 2 e 4 del DPR n. 380 del 2001:
il provvedimento di acquisizione gratuita dell’immobile sarebbe
illegittimo in quanto l’ingiunzione alle demolizioni e il verbale di
accertamento dell’inottemperanza non sarebbero stati notificati ai
proprietari e/o comproprietari dell’immobile stesso. Illegittimità da
censurare parimenti nei riguardi dell’atto annullatorio e di
demolizione, attesa la piena conoscenza del Comune di Ardea dei passaggi
immobiliari e dei nominativi dei proprietari .
Quanto al provvedimento prot. n. 24702 del 1.8.1997 deducono: 2)
Violazione del principio del giusto procedimento:artt. 2, 4, 6, 7, 8,10
della L.n. 241 del 1990. Eccesso di potere in tutte le figure
sintomatiche e in particolare per difetto e/o falsità e/o erroneità dei
presupposti contraddittorietà manifesta tra più atti emanati dalla
stessa P.A. . Illogicità, carenza e contraddittorietà della motivazione:
la violazione del principio del giusto procedimento sarebbe evidente
secondo i ricorrenti in quanto sia la comunicazione del Commissario
Straordinario ad acta alla concessionaria riguardo la predisposizione
degli atti di annullamento relativi alla concessione e successiva
variante(nota 1.8.1997, prot. n. 24560), che l’atto di annullamento,
recherebbero la stessa data del 1°agosto 1997. Inoltre, l’esistenza del
vincolo di uso civico sull’area di sedime delle costruzioni non
comporterebbe automaticamente il divieto assoluto di edificare.
Aggiungono gli istanti altresì che, a far data dal 14.4.1988 al
20.1.1989, il Comune sarebbe stato a conoscenza del gravame di uso
civico in corso di liquidazione su detti fondi privati, mentre con la
certificazione di destinazione urbanistica rilasciata avrebbe asserito
che la zona interessata dall’intervento non sarebbe sottoposta a
vincoli, compreso quello di uso civico, ingenerando l’incolpevole
affidamento del privato
3) Eccesso di potere in
tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per difetto e/o
falsità dei presupposti, nonché per contraddittorietà manifesta.
Violazione di legge nonché eccesso di potere per travisamento: la
trascrizione del vincolo indiretto eseguita per ordine del Ministero
competente presso la Conservatoria di Roma 2, nella sezione relativa
agli immobili siti nel Comune di Pomezia, sarebbe erronea, posto che i
terreni sarebbero stati scorporati dal territorio del Comune di Pomezia e
assegnati al Comune di Ardea da più di 10 anni (1970), in disparte
anche la circostanza della trascrizione sulla base di una nota priva
della indicazione delle generalità del soggetto destinatario (Zamboni).
Il Comune avrebbe taciuto anche l’esistenza del vincolo archeologico di
tutela indiretta (oltre che quello di uso civico), avendone al contrario
conoscenza dello stesso, ingenerando affidamento del privato nella
situazione attestata dai certificati di destinazione urbanistica senza
giustificare uno specifico interesse pubblico all’eliminazione dell’atto
illegittimo.
4)Eccesso di potere per omessa
considerazione del principio generale dell’affidamento da parte del
privato e conseguente omessa valutazione dell’interesse consolidato.
Assenza e/o carenza di motivazione. Violazione di legge: in sede di
autotutela il Comune non avrebbe valutato preliminarmente l’effettivo
contenuto del vincolo archeologico indiretto nè la reale esistenza di un
interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della situazione
quo ante.
5)Eccesso di potere per difetto dei
presupposti sotto altri profili. Omessa considerazione della parziale
incidenza del vincolo. Eccessiva onerosità del provvedimento di
annullamento totale. Violazione di legge. Eccesso di potere per
manifesta contraddittorietà: il Comune a conoscenza della pluralità
degli edifici e della scindibilità degli stessi avrebbe dovuto
eventualmente adottare un annullamento parziale, stante la diversità
delle posizioni, in relazione alle sole porzioni dell’intervento
comprese nel perimetro vincolato.
6)Eccesso di potere per falsità dei presupposti e per travisamento sotto altri profili, le asserite difformità del progetto sarebbero generiche nella loro consistenza .
Quanto al provvedimento di ingiunzione a demolire: 7)
Illegittimità per vizi derivati; 8) Eccesso di potere per illogicità,
irrazionalità manifeste; 9)Violazione degli artt.7 e 8 della Legge n. 47
del 1985 e art.8 della L.R. n. 36 del 1987. Erroneo riferimento al
concetto di difformità totale nonché alla pretesa assenza di
concessione. Violazione ed errata interpretazione della Delibera
Regionale di approvazione del PRG del Comune di Ardea, in BUR del
20.11.1984. Violazione ed errata interpretazione dell’art.8 L.R.
12.6.1975, n.72. Omesso riferimento all’art.12 della Legge n. 47 del
1985. Omesso riferimento all’art.37 del DPR n. 380 del 2001; 10)
Violazione di legge con riferimento all’art.38 del DPR 6 giugno 2001, n.
380. Omessa e/o carente motivazione. Eccesso di potere in tutte le sue
figure sintomatiche:l’atto ingiuntivo di demolizione sarebbe
affetto in via derivata da tutti i vizi di cui apparirebbe inficiato il
provvedimento d’origine; inoltre, i rilievi sull’eccesso di cubatura
considerati generici e, se conosciuti in tempo gli abusi edilizi
avrebbero potuto fruire della normativa sul condono del 2003. Infine, la
gratuita acquisizione al patrimonio comunale dell’intero compendio non
sarebbe praticabile presupponendo l’abusività dell’intero organismo
edilizio, mentre l’opera insisterebbe solo in parte sull’area
riguardante il vincolo . Quanto al verbale di accertamento
dell’inottemperanza alla demolizione:
11) Violazione di legge. Eccesso di potere per travisamento, illogicità, irrazionalità, contraddittorietà manifeste,
il verbale di accertamento non specificherebbe i dati catastali dei
fabbricati distinti al NCEU del Comune di Ardea, ma solo l’indicazione
del C.T.
Quanto al provvedimento di acquisizione al patrimonio e di immissione nel possesso:
12)
Illegittimità per vizi derivati. Eccesso di potere in tutte le sue
figure sintomatiche . Violazione di legge con riferimento agli artt. 31 e
38 del DPR 6 giugno 2001, n. 380. Omessa e/o carente motivazione.
Violazione di legge con riferimento all’art. 31, comma 6, del DPR n. 380
del 2001. Carenza di potere, la presenza di un solo vincolo
(archeologico indiretto) sulla part.lla 31 del foglio 51 non
consentirebbe l’acquisizione a favore del Comune di Ardea dell’area di
sedime sulla quale insiste il fabbricato di cui alla predetta part.lla
31.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dei
BB.CC. e il Comune di Ardea per resistere al ricorso, chiedendo la
reiezione del gravame e in particolare quest’ultimo ha eccepito anche
preliminari profili di irricevibilità del ricorso.
Con ordinanza n. 620 del 2006 è stata respinta la suindicata domanda di sospensione del provvedimenti impugnati.
Con
atto contenente motivi aggiunti notificati al Comune in data 26.3.2009,
parte ricorrente venuta a conoscenza della asserita non rituale
notifica alla ditta proprietaria del decreto ministeriale 29.3.1980
impositivo del vincolo ex art.1, 3 e 21 della Legge n. 1089 del 1939, di
divieto assoluto di erigere nuove costruzioni e opere di qualsiasi
genere,anche provvisorie, ha chiesto l’inopponibilità dello stesso nei
confronti dei successivi proprietari.
Il Ministero
BB.CC. ha replicato alle censure da ultimo proposte, ulteriormente
argomentando sulla tipologia del vincolo e sull’efficacia reale dello
stesso, ed ha insistito per l’opponibilità nei confronti dei successivi
acquirenti proprietari, concludendo per il rigetto del ricorso
avversario.
Anche il Comune di Ardea ha prodotto
memoria difensiva, eccependo preliminarmente la inammissibilità
dell’atto contenente motivi aggiunti e comunque, attesa l’infondatezza
delle pretese, ha concluso per la reiezione del gravame. E’ seguita la
replica dei ricorrenti sia sugli aspetti preliminari di rito che di
merito con argomentate considerazioni. Alla udienza pubblica del 7
maggio 2009, la causa è stata cancellata dal ruolo.
In
seguito i ricorrenti hanno ulteriormente argomentato sulle eccezioni di
parte avversa fornendo elementi a riscontro della mancata rilevazione
del vincolo sull’area censurando il comportamento del Comune.
In
data 28.2.2011 con atto di costituzione di nuovi difensori, previa
rinuncia del precedente, la sig.ra Tozzi Carla ha insistito sulle
proprie posizioni difensive, replicando con successivo atto depositato
in data 9.3.2011.
Con nota pervenuta in data 25
marzo 2011 i signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e Lucio Santoni hanno
comunicato dichiarazione di non interesse al ricorso, ai fini della
declaratoria di improcedibilità da parte di questo Giudice.
Con
atto prodotto in data 30 marzo 2011 la ricorrente sig. M.Luisa Ignazzi
ha nominato nuovo difensore in giudizio confermando altresì il proprio
interesse al ricorso e all’accoglimento dello stesso.
Con
sentenza non definitiva n. 4369/2011 il Collegio ha preso atto delle
dichiarazioni dei ricorrenti signori Bruno Loretelli, Carla Raponi e
Lucio Santoni, comunicate con nota pervenuta in data 25 marzo 2011, e
ha dichiarato improcedibile il gravame per sopravvenuta carenza di
interesse nei loro confronti e ha disposto incombenti istruttori ai fini
della decisione.
In prossimità dell’odierna
udienza le parti hanno ulteriormente argomentato sulle rispettive
posizioni difensive e alla pubblica udienza del 14 dicembre 2011 la
causa è stata introitata per la decisione.
2. In
via preliminare, al fine di perimetrare l’oggetto del giudizio e prima
della disamina delle censure di merito, appare opportuno evidenziare
alcune questioni legate al contenzioso in atto con riferimento anche ad
analoghi ricorsi all’esame dell’odierna udienza, vertenti sui medesimi
atti impugnati, e ai pregiudiziali rilievi già decisi da questo
Tribunale e dal Giudice di appello.
Il Collegio
osserva innanzitutto che con sentenza del Cons. Stato, sez. V, n.
6732/2007, passata in giudicato, è stato respinto il ricorso del
Fallimento Lido delle Salzare per la riforma della sentenza Tar Lazio,
sez. II bis, n. 10236/2002: le argomentazioni in relazione alla
regolarità del vincolo e della relativa notificazione alla proprietaria
originaria (in data 4.5.1980, effettuata a persona idonea diversa dalla
destinataria, la quale, tra l’altro, non ha contestato l’asserita
irritualità) sono state ritenute sufficienti a superare le censure della
parte appellante (il vincolo era comunque individuabile sia pur
trascritto nel catasto in cui l’immobile al quale si riferiva risultava
iscritto, ossia negli atti censuari del Comune di Pomezia non esistendo
all’epoca della pronuncia del Tar atti censuari autonomi del Comune di
Ardea, come confermato anche dal Trib.Civ. Roma sent. II, n. 1705 del
22.1.2007, adito dal Fallimento Lido delle Salzare per la dichiarazione
di inopponibilità al medesimo del vincolo archeologico).
Dall’esito
dei predetti giudizi ne è derivata la definitiva pronuncia di
legittimità del provvedimento di annullamento in autotutela della CE n.
382/89 (D.D. n. 24702 del 1.8.1997) e della successiva variante nonché
dell’ordinanza di demolizione delle opere realizzate in forza della CE
annullata (D.D. n. 330/97) e conseguente acquisizione al patrimonio
comunale (provvedimenti impugnati anche con il ricorso in esame).
La tesi dell’inopponibilità del vincolo archeologico ai soggetti ricorrenti appare, pertanto, superata dal dictum delle
sentenze soprarichiamate. Tali decisioni, infatti, sono idonee ad
acquistare autorità di giudicato in senso sostanziale - non potendosi
riscontrare limiti soggettivi del giudicato stesso, con effetti soltanto
fra le parti in causa - attesa la sostanziale riproposizione da parte
degli odierni ricorrenti degli analoghi motivi del ricorso proposto
dalla società Lido delle Salzare srl (RG 13083/97) e la rilevanza della
questione della regolarità del vincolo, ormai cosa giudicata opponibile a
tutti gli aventi causa ossia alla società acquirente del terreno su cui
è apposto il vincolo e ai terzi acquirenti degli appartamenti
realizzati sullo stesso, come i ricorrenti, in quanto il limite
edificatorio non può esistere per taluni e non esistere per altri.
Pertanto
il decreto è opponibile nei confronti dei successivi proprietari,
possessori e detentori a qualsiasi titolo del bene su cui è stato
apposto con decreto il vincolo (ai sensi dell’art.15 del D.Lgs. n. 42
del 2004), atto quest’ultimo non impugnato.
A
seguito del giudicato del giudice amministrativo si determina pertanto
l'obbligo della P.A. di adottare le determinazioni consequenziali.
2.1.
Tanto premesso, il Collegio passando all’esame degli articolati
profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati denunciati dai
ricorrenti rileva, in particolare, che quale argomento centrale delle
contestazioni viene richiamata la circostanza che i tre edifici E, F e G
di proprietà insisterebbero su area libera da vincoli e inoltre è
contestato il comportamento dell’Amministrazione che avrebbe potuto
adottare un provvedimento di annullamento parziale della concessione,
riguardante le parti della costruzione ricadenti sull’area vincolata, al
fine di evitare così anche la conseguente demolizione, garantendo la
possibilità della sanatoria edilizia con l’applicazione dell’art. 38
del DPR n. 380 del 2001.
Le censure non sono
fondate in quanto l’annullamento del provvedimento autorizzatorio
edilizio non può che essere totale, posto che non è configurabile, in
sede di autotutela, un annullamento parziale delle concessioni edilizie,
trattandosi di provvedimenti non frazionabili, tenuto conto che l'
annullamento d'ufficio esclude qualsiasi valutazione di carattere
discrezionale sulle possibilità tecniche di modificazione del progetto
di costruzione. Infatti in sede di autotutela, l'Amministrazione non ha
la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di
costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare
comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati,
non avendo alcun potere di rielaborare il progetto, trattandosi di
valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata
(cfr.Cons.Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 198; idem, 31 luglio 2007,
n. 4256). Inoltre non risulta adeguatamente dimostrata l’asserita
scindibilità del progetto e della costruzione e la possibilità tecnica
della separazione delle porzioni di fabbricato, in contrasto con quanto
documentato dal Comune, come anche rilevato da questo Giudice con la
sentenza n. 10236/2002, confermata dal Cons. di Stato, sez. V, n.
6732/2007. Conseguentemente, anche l’ordine di demolizione e gli
obblighi connessi non possono avere per oggetto limitazioni e
riguardano, quindi, legittimamente l’intero complesso edificio.
Infine,
quanto all’impugnazione autonoma della memoria difensiva del Comune di
cui all’atto contenente motivi aggiunti, in disparte i profili di non
idoneità dell’atto processuale ad ampliare l'oggetto del giudizio,
tuttavia la contestata valutazione espressa dall’Amministrazione
comunale in relazione alla non sanabilità del complesso edilizio nella
sua interezza nonché la mancata indicazione degli interessi pubblici e
privati coinvolti , appaiono motivi calibrati sulla considerazione
dell'atto gravato quale atto a contenuto provvedimentale e risultano
ininfluenti e irrilevanti ai fini della decisione alla luce anche dei
precedenti assorbenti rilievi circa la incontestata esistenza del
vincolo e al logico corollario dei limiti derivanti dallo stesso per
l’edificazione.
L’ordinanza di acquisizione,
secondo parte ricorrente, sarebbe illegittima perché conseguente
all’ordine di demolizione violando il presupposto dell’art.38 del DPR n.
380 del 2001 che disciplina gli interventi eseguiti in base a permessi
edilizi poi annullati, con la previsione invece dell’applicazione di una
sanzione pecuniaria. Inoltre, secondo parte ricorrente la gratuita
acquisizione al patrimonio comunale dell’intero compendio non sarebbe
praticabile, sulla base del presupposto dell’abusività dell’intero
organismo edilizio, mentre l’opera realizzata insisterebbe solo in parte
sull’area vincolata.
La censura non è fondata in
quanto il richiamato art.38 del DPR n. 380 del 2001 prevede
l’applicazione della sanzione pecuniaria rispetto a quella più grave
della demolizione di cui all’art.31 in caso di annullamento del permesso
di costruire ove però sia accertata con motivata valutazione
l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative o la
restituzione in pristino dell’opera edilizia. Nella specie, i vizi della
concessione edilizia poi annullata non riguardano la procedura
amministrativa, ma attengono a profili rilevanti che incidono sulla
possibilità stessa di edificare (tra l’altro, sussistenza di vincolo
archeologico e di uso civico) a fronte dei quali l’Amministrazione ha
l’obbligo di intervenire sulle edificazioni con attività di repressione.
Peraltro, la questione della regolarità del vincolo costituisce ormai
cosa giudicata, a seguito delle intervenute decisioni soprarichiamate ed
è opponibile anche ai ricorrenti.
Infine , va
rilevato che l’acquisizione al patrimonio investe l’intero complesso
edilizio e l’area interessata ed è prevista unitamente alla demolizione
adottata a seguito di atto di autotutela che ha annullato il precedente
provvedimento autorizzatorio. Tale provvedimento di annullamento della
C.E. - come già evidenziato nelle richiamate decisioni passate in
giudicato - non può che essere totale, posto che non è configurabile, in
sede di autotutela, un annullamento parziale delle concessioni
edilizie, trattandosi di provvedimenti non frazionabili, tenuto conto
che l' annullamento d'ufficio esclude qualsiasi valutazione di carattere
discrezionale sulle possibilità tecniche di modificazione del progetto
di costruzione. Al riguardo, non appaiono convincenti le argomentazioni
di parte ricorrente atteso che, in sede di autotutela, l'Amministrazione
non ha la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un
permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso
immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente
collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il progetto,
trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva
all'autonomia privata (cfr.Cons.Stato, sez. IV, 5 febbraio 1998, n. 198;
idem, 31 luglio 2007, n. 4256). Inoltre non risulta dimostrata
l’asserita scindibilità del progetto e della costruzione e la
possibilità tecnica della separazione delle porzioni di fabbricato, come
anche rilevato da questo Giudice con la sentenza n. 10236/2002,
confermata dal Cons. di Stato, sez. V, n. 6732/2007. Conseguentemente,
anche l’ordine di demolizione e gli obblighi connessi di acquisizione al
patrimonio non possono avere per oggetto limitazioni e riguardano,
quindi, legittimamente l’intero complesso edificio.
D’altra
parte l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere
abusive e della relativa area di sedime costituisce effetto automatico
della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione ed è un atto
dovuto, avente natura vincolata, che opera automaticamente a fronte del
consolidarsi dell’effetto dell’ordinanza di demolizione e
dell’inottemperanza (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VII, 14 gennaio
2011, n. 164; Tar Lazio, Roma, sez. I, 7 marzo 2011, n. 2031).
Sulla
base delle precedenti considerazioni e assorbito ogni altro motivo e
profilo di gravame non espressamente esaminato in quanto ritenuto
ininfluente e irrilevante ai fini della decisione, il ricorso
introduttivo e l’atto contenente motivi aggiunti, in quanto infondati
vanno respinti.
Il complessivo contenzioso tra le
parti e le ragioni della decisione giustificano l’integrale
compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)
definitivamente
pronunciando sul ricorso introduttivo e sull’atto contenente motivi
aggiunti , come in epigrafe proposti, li respinge.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere
Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/03/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)