Ciò che caratterizza una “nuova
costruzione”, è il carattere di
stabilità e permanenza del manufatto, tale
da implicare una trasformazione del
territorio.
Quanto al concetto di “pertinenza”,
ai sensi e per i fini di cui all’art. 7 d.l.
n. 9/1982, conv. in l. n. 92/1982, tale da
richiedere non già la concessione edilizia,
bensì la mera “autorizzazione”, la
giurisprudenza amministrativa ne ha rilevato
la differenza da quello di cui all’art. 817
cod. civ., affermando che esso è
caratterizzato sia da un oggettivo nesso
funzionale e strumentale tra cosa accessoria
e principale, cioè da un nesso che non
consenta, per natura e struttura
dell'accessorio, altro che la destinazione
della cosa ad un uso pertinenziale durevole;
sia dalle dimensioni ridotte e modeste del
manufatto rispetto alla cosa cui esso
inerisce, per cui soggiace a concessione
edilizia la realizzazione di un'opera di
rilevanti dimensioni, che modifica l'assetto
del territorio e che occupa aree e volumi
diversi rispetto alla "res principalis",
indipendentemente dal vincolo di servizio o
d'ornamento nei riguardi di essa (Cons.
Stato, sez. II, 12.05.1999 n. 729; sez. V,
23.03.2000 n. 1600).
Nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto
che il manufatto per cui e' causa non possa
essere definito quale “pertinenza”,
posto che esso è di notevoli dimensioni
(oltre 180 mq. di superficie), è stabilmente
collegato al suolo, rappresenta di fatto uno
stabile ampliamento dell’immobile cui
inerisce ed è tale da comportare una
durevole e non irrilevante trasformazione
del territorio (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.02.2012 n. 615 -
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