N. 00728/2012REG.PROV.COLL.
N. 07225/2008 REG.RIC.
Perché un'area privata possa ritenersi sottoposta ad
una servitù pubblica di passaggio, è necessario, oltre all'intrinseca
idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività
indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale
interesse. Ne consegue che deve escludersi l'uso pubblico quando il
passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati
fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da
coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse
alla loro privata utilizzazione (Cass. Civ., II, 23 maggio 1995, n.
5637), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un
determinato edificio o complesso di edifici (Cass. civ., I, 22 giugno
1985, n. 3761).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 7225 del 2008, proposto dal Comune
di Sestri Levante, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Cocchi, con
domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare 14 Sc
A/4;
contro
Condominio
Selemar in Sestri Levante, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni
Gerbi e Ludovico Villani, con domicilio eletto presso il secondo in
Roma, via Asiago 8;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE I, n. 1546/2008, resa tra
le parti, concernente DINIEGO INSTALLAZIONE SBARRA AUTOMATIZZATA SU UN
TRATTO DI STRADA PRIVATA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2012 il Cons. Nicola
Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi, su delega di
Luigi Cocchi, nonché Giovanni Gerbi e Ludovico Villani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il
condominio Selemar di Sestri Levante impugnava dinanzi al T.A.R. per la
Liguria il provvedimento 16.4.2008 prot. n. 10096 con cui il competente
dirigente comunale aveva negato l’assenso, chiesto dallo stesso
ricorrente, all’installazione di una sbarra automatizzata destinata a
regolare il traffico in entrata e in uscita dalla strada privata
appartenente al Condominio (Via privata Sopranis) e sfociante sulla via
Antica Romana Occidentale.
La ricorrente denunciava
la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del d.P.R. 6.6.2001, n.
380, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria,
travisamento e difetto del presupposto.
Resisteva al gravame il Comune di Sestri Levante.
Il Tribunale adìto, con la sentenza in forma semplificata n. 1546/2008 in epigrafe, accoglieva il ricorso del Condominio.
Tale sentenza formava oggetto di appello da parte del Comune interessato.
Si costituiva in resistenza all’appello, deducendone l’infondatezza, la parte vittoriosa in primo grado.
Con ordinanza n. 5786 del 28 ottobre 2008 la Sezione accoglieva la domanda cautelare proposta dall’appellante.
Le rispettive tesi di parte trovavano ulteriore illustrazione ed approfondimento in successive memorie.
Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è infondato.
1a
Il provvedimento impugnato si basa sul rilievo che la strada sulla
quale si sarebbe voluta installare la sbarra era destinata al pubblico
transito. Tanto sulla base di un’autorizzazione sindacale rilasciata il
18 aprile 1966 per la durata di un anno, ed in forza della fruizione
collettiva poi proseguita mediante il libero transito veicolare e
pedonale del pubblico che da allora aveva contrassegnato la strada,
senza soluzione di continuità, e che era stato ribadito da due
precedenti dinieghi analoghi a quello impugnato, assunti in data 27
ottobre 1993 e 23 febbraio 1995 dietro conformi istruttorie della
Polizia Municipale confermative del predetto uso pubblico.
La
ricorrente, dal canto suo, con il ricorso di prime cure ha contestato
che la strada, di proprietà privata, fosse soggetta a pubblico
passaggio, come invece sostenuto dal Comune.
E il Tribunale ha accolto le tesi del Condominio, osservando che “In
tale contesto la p.a. avrebbe dovuto argomentare ulteriormente dagli
indici che la giurisprudenza ha da tempo individuato per dedurre la
natura pubblica di una via : nel caso in questione, il terreno destinato
a via consente l’accesso ed il recesso da alcuni condomini alla via
pubblica, e non risulta provato che sia stato destinato all’uso pubblico
indifferenziato da tempo immemore, posto che appare carente di prova la
relativa asserzione contenuta nel provvedimento in questione.”
1b
Rileva preliminarmente la Sezione che l’accertamento giurisdizionale
dell’effettiva esistenza della servitù di pubblico passaggio sulla quale
le parti si dividono (pacifica essendo invece la privata appartenenza
della stessa strada) compete all’autorità giudiziaria ordinaria,
trattandosi di materia di diritto soggettivo e non di interesse
legittimo. Il Giudice amministrativo può quindi esercitare, al riguardo,
esclusivamente una cognizione incidentale sulla questione (cfr. art. 8,
comma 1, CPA), senza poter fare stato sulla medesima con la propria
decisione, e al solo fine di pronunciarsi sulla legittimità della
determinazione dirigenziale che forma specifico oggetto di ricorso.
A tale impostazione risulta peraltro essersi rettamente attenuta la sentenza appellata.
1c
Altro rilievo preliminare occorrente riguarda i precedenti dinieghi di
autorizzazione, analoghi a quello impugnato, già assunti dal Comune di
Sestri Levante negli anni precedenti. In proposito la Sezione non può
che convenire con la parte appellata sulle osservazioni per cui, da un
lato, il nuovo provvedimento, siccome sorretto da un’autonoma
istruttoria e da una nuova motivazione, era sicuramente atto a riaprire i
termini di impugnativa giurisdizionale, ancorché i precedenti fossero
rimasti inoppugnati; dall’altro, e soprattutto, i dinieghi di cui si
tratta non avrebbero potuto non lasciare impregiudicata la natura
giuridica ed il regime della strada in discussione.
2 Tanto premesso, la Sezione sul merito della controversia rileva quanto segue.
Con
atto del 15 aprile 1966 il Sindaco di Sestri Levante, in accoglimento
di conforme istanza della Cooperativa edilizia Selemar 1, autorizzava la
richiedente “ad eseguire l’apertura al pubblico passaggio e la costruzione relativa di una strada privata in Via Antica Romana Occidentale”,
in attuazione del piano di lottizzazione dei terreni di proprietà
Marchesi Sopranis approvato in data 20 maggio 1960, piano che tale
strada appunto prevedeva, ed in applicazione dell’art. 78 del
Regolamento Edilizio Comunale, in tema di autorizzazione del Sindaco “ad aprire vie private al pubblico transito”.
L’atto sindacale del 1966 aveva, peraltro, durata limitata ad un solo anno.
La
strada in discussione, oltre a servire il fabbricato del Condominio
ricorrente, assicura l’accesso a quelli contrassegnati dai successivi
civici nn. 294 e 296 della stessa Via Antica Romana Occidentale, i cui
comproprietari sono, però, titolari su di essa già di un diritto
civilistico di servitù di passo (pedonale e carraio) ribadito anche da
recenti pronunzie giurisdizionali (da ultimo, del Tribunale civile di
Chiavari del 14 dicembre 1993).
La strada non è
mai proseguita oltre tali edifici, nel collegamento dei quali alla
strada pubblica ha dunque sempre visto esaurita la propria concreta
funzione.
Ha aggiunto la difesa comunale che la
strada era stata realizzata in vigenza della previsione, recata dal
p.r.g. dell’epoca, della futura costruzione, a monte del comprensorio
lottizzato, della Nuova Via Aurelia (cfr. le tavole in all. nn. 9 e 10
della produzione comunale). Onde la strada privata sarebbe dovuta
servire, prospetticamente, a collegare la Via Antica Romana Occidentale
alla prevista nuova arteria.
Il fatto è, però, che
la previsione della Nuova Via Aurelia, negli oltre 40 anni nel frattempo
decorsi, è rimasta inattuata, per quanto ribadita, da ultimo, anche nel
nuovo P.U.C. del 2000 (all. 12 della produzione comunale).
Ne
consegue che nel lungo periodo in rilievo l’unico uso possibile della
strada in questione è rimasto quello funzionale alla mera utilità dei
residenti dei condomini nn. 294 e 296, peraltro già titolari di un
diritto privato di servitù confermato dal Tribunale civile (diritto
privato di transito che, deduce esattamente la parte appellata, non
avrebbe avuto la possibilità di configurarsi ove si fosse trattato
davvero di una strada destinata ad uso pubblico).
Si
manifesta fondato, dunque, il principale argomento degli appellati per
cui la strada in discussione, che si dirama dalla Via Antica Romana
Occidentale, non adempie ad alcuna funzione pubblica, per il fatto di
non avere sbocco su altra strada o piazza pubblica, sì da poter
soddisfare in tal modo esigenze collettive (id est, di un numero
indeterminato di cittadini), conducendo essa esclusivamente ad aree
private; né la strada ha mai posseduto un’effettiva idoneità a
soddisfare esigenze di carattere generale formando oggetto di uso da
parte di una collettività indeterminata di individui.
La
giurisprudenza insegna, invero, che costituisce una strada pubblica
quel tratto viario che non è cieco, ma assume una esplicita finalità di
collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato
di persone : C.d.S., V, 7 dicembre 2010, n. 8624; che il connotato di
interclusione dell'area servita esclude che vi possa sorgere un uso
stradale in favore di una collettività indeterminata, e fa invece
concludere per un'utilità limitata ai soli proprietari frontisti:
C.d.S., V, 18 dicembre 2006, n. 7601; che un'area privata può ritenersi
assoggettata ad uso pubblico di passaggio quando l'uso avvenga ad opera
di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli,
ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata
rispetto al bene gravato; oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam,
l'asservimento del bene da parte del proprietario all'uso pubblico,
analogamente, di una comunità indeterminata di soggetti considerati
sempre uti cives, di talché il bene stesso viene ad assumere
caratteristiche analoghe a quelle di un bene demaniale: Cassazione
civile, sez. II, 21 maggio 2001, n. 6924; che ai fini della dicatio ad patriam
occorre pur sempre il requisito dell’idoneità intrinseca del bene a
soddisfare un’esigenza comune della collettività dei consociati uti cives : Cass. Civ., II, 13 febbraio 2006, n. 3075.
In
coerenza con gli enunciati appena esposti, la giurisprudenza afferma in
definitiva che, perché un'area privata possa ritenersi sottoposta ad
una servitù pubblica di passaggio, è necessario, oltre all'intrinseca
idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività
indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale
interesse. Ne consegue che deve escludersi l'uso pubblico quando il
passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati
fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da
coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse
alla loro privata utilizzazione (Cass. Civ., II, 23 maggio 1995, n.
5637), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un
determinato edificio o complesso di edifici (Cass. civ., I, 22 giugno
1985, n. 3761).
Si rivela pertanto privo di
consistenza l’assunto del Comune appellante per cui la strada avrebbe
potuto dirsi soggetta a pubblico passaggio ab immemorabile, o almeno dal 1966.
In
realtà, per quanto si è detto, non sono mai maturati i presupposti
perché sulla strada potesse effettivamente svolgersi un uso generale,
facendo difetto, in particolare, il requisito dell’idoneità intrinseca
del bene a soddisfare un’esigenza comune della collettività dei
consociati. E la fruizione della strada da parte della sola ristretta
cerchia dei residenti dei civici nn. 294 e 296 ha costituito espressione
del loro semplice diritto civilistico di servitù.
In
senso contrario non vale opporre l’inclusione della previsione della
strada nell’ambito dell’antica lottizzazione, in quanto i relativi piani
possono prevedere anche strade private non soggette a transito
pubblico, quali sono, appunto, tutte quelle che abbiano il mero scopo di
dare accesso solo a singoli edifici privati.
Né il
Comune potrebbe giovarsi, in questo contesto incompatibile con un uso
pubblico della strada di cui si tratta, della propria iniziale
previsione autorizzativa del 1966. A parte il fatto che l’efficacia del
relativo atto sindacale era limitata, come si è già detto, ad un solo ed
unico anno, è dirimente la considerazione che lo stesso atto ricavava
la proprio ragione d’essere dalla prospettiva della prevista, prossima
realizzazione, a monte della lottizzazione, della Nuova Via Aurelia, cui
la strada in discussione avrebbe dovuto condurre. La circostanza che il
relativo disegno non abbia invece mai trovato seguito ha precluso,
pertanto, la possibilità che la strada più volte citata diventasse di
uso pubblico.
3 Le ragioni esposte impongono dunque il rigetto dell’appello, in quanto infondato.
Le spese processuali del presente grado possono essere però equitativamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2012
IL SEGRETARIO