giovedì 23 febbraio 2012

Il pubblico esercizio non può essere chiuso dal comune per mancanza di agibilità

Con sentenza depositata il 16 febbraio 2012, il TAR Campania, ha accolto il ricorso da parte di una caffetteria  ed annullato l'Ordinanza con la quale il Comune di Orta di Atella aveva disposto la chiusura di un esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande per violazione dell’art.24 DPR n.380/01 (mancanza del certificato di agibilità).
Tale motivazione, ad avviso del Collegio, non è idonea a supportare l’impugnato provvedimento di chiusura, né sotto il profilo della carenza del certificato di agibilità né sotto quello relativo alla contestata sussistenza di idoneo titolo abilitativo. 
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N. 00189/2012 REG.PROV.COLL.
N. 05565/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5565 del 2010, proposto da:
Caffetteria No Stop, in persona del L.R. Veronica Cicatiello, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Fiorentino, con domicilio eletto presso la predetta in Napoli, corso Vittorio Emanuele, 402;
contro
Comune di Orta di Atella in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. Paola Tamborino, con domicilio eletto unitamente alla predetta in Napoli, Segreteria Tar Napoli;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 50 del 29/09/2010 emessa dal Caposettore del Settore Attività Produttive e Sportello Unico del Comune di Orta di Atella, con cui si ordina la chiusura ad horas dell'esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande denominato "Caffetteria No Stop", sito in Orta di Atella alla via M. Troisi n. 7; di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti della ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Orta di Atella in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2011 la dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il presente ricorso la Società ricorrente, in persona del legale rappresentante p.t., ha impugnato- deducendone l’illegittimità sotto vari profili- la determinazione n. 50 del 29/09/2010 emessa dal Dirigente del Settore Attività Produttive e Sportello Unico, con cui veniva disposta la chiusura ad horas dell'esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande denominato "Caffetteria No Stop", sito in Orta di Atella alla via M. Troisi n. 7.
L’amministrazione si è costituita in giudizio per avversare il ricorso e, nella pubblica udienza del 6.10.2011, viste le memorie depositate dalle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Con l’impugnata ordinanza n. 50 del 29/09/2010 il Comune di Orta di Atella ha disposto la chiusura ad horas dell'esercizio pubblico di somministrazione di alimenti e bevande denominato "Caffetteria No Stop", sito in Orta di Atella.
Le motivazioni addotte a giustificazione del provvedimento impugnato risiedono nella asserita violazione dell’art.24 DPR n.380/01 nonché nel contestato svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande senza titolo abilitativo poiché “a seguito della richiesta per l’autorizzazione di alimenti e bevande di tipo B n.8079 del 26.04.2010 è stata inoltrata, in data 5.5.2010 all’ASL CE, per gli adempimenti di competenza, comunicazione di denuncia attività ai sensi dell’art.6 del regolamento CE n.852/2004 e nella stessa data la medesima denuncia con prot.8813 è stata inviata al responsabile UOPC del Comune di Orta di Atella” ma “a tutt’oggi non è stato ricevuto alcun riscontro né dall’ASL né dall’UOPC mentre sono in corso accertamenti sul possesso dei requisiti morali”.
Tale motivazione, ad avviso del Collegio, non è idonea a supportare l’impugnato provvedimento di chiusura, né sotto il profilo della carenza del certificato di agibilità né sotto quello relativo alla contestata sussistenza di idoneo titolo abilitativo.
Quanto al primo aspetto, relativo alla mancanza del certificato di cui all’art.24 del DPR n.380/01 - la cui funzione è quella di comprovare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati - la Sezione ha già avuto modo di chiarire che, prima di disporre la chiusura dei locali commerciali, il Comune deve completare speditamente la procedura intesa al rilascio del certificato di agibilità e, solo ove l’esito favorevole di questo si sia rivelato impossibile, può e deve disporre la cessazione dell’attività. Ciò, non già per la ragione formale della mancanza del certificato, bensì per quella sostanziale dell'impossibilità di conseguirlo per la carenza dei presupposti oggettivi (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 18 gennaio 2011, n. 275).
Orbene, nel caso in esame, lo stesso Comune di Orta di Atella ha dato atto, nella motivazione del provvedimento, che la società proprietaria dell’immobile (DO.RA costruzioni) aveva richiesto il prescritto certificato, ma che il procedimento era stato sospeso “per integrazione documentale richiesta e non pervenuta”, senza che sia dato evincere se si trattava di documentazione inerente a requisiti essenziali né che sussistano circostanze ostative dirimenti al rilascio.
Del resto, limitatamente al possesso delle prescritte condizioni di salubrità, oltre al parere reso dalla ASL in via preliminare al permesso di costruire n.173 del 20.10.2005 e alla D.I.A differita presentata alla ASL in data 26.04.2010 per lo svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande, senza che sia mai stata contestata la mancanza sostanziale dei prescritti requisiti di igiene e salubrità, non può non evidenziarsi che anche all’atto del controllo effettato dai N.A.S in data 28.04.2010 si accertava che “le condizioni igienico-saniarie sono nella norma e gli alimenti in buono stato”.
Per quanto invece attiene al secondo aspetto, va evidenziato che la motivazione dell’impugnato provvedimento di chiusura non ha fatto esplicito riferimento alla mancanza di un idoneo titolo abilitativo in capo alla ricorrente ma piuttosto - a fronte dei dubbi sollevati con nota prot.32/22 del 15.09.2010 dal Comando Carabinieri del Nucleo tutela salute, che invitata il Comune a verificare la compatibilità della “comunicazione di inizio vicinato” presentata dalla sig,ra Veronica Cicatiello anche con riferimento ai locali ubicati al primo piano di via Massimo Troisi n.5 e, quindi, la titolarità/possesso o meno della licenza della somministrazione al pubblico di alimenti e bevande- si è limitata a dare atto del “mancato riscontro”, da parte dell ASL e del responsabile UOPC, alle comunicazioni di inizio attività presentate dalla ricorrente.
E difatti, due giorni prima del sopralluogo dei NAS., in data 26.04.2010, la Sig.ra Cicatiello aveva presentato al Comune di Orta di Atella “comunicazione di esercizio al dettaglio di vicinato per attività di somministrazione bar e coloniali”, e contestuale DIA sanitaria ai sensi dell’Art.6 del RE CE n.852/2004. Tale comunicazione, più specificatamente, veniva compilata dalla predetta utilizzando un fac-simile predisposto dalla stessa amministrazione , contenente esplicito riferimento all’art.7 del D.ls.n.114/98 che, come è noto, prevede che “L'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie fino ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d) , di un esercizio di vicinato sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
Il Comune tuttavia, non ha mai contestato alla ricorrente che tale modulo si riferiva, in via generale, alla disciplina generale del commercio di cui al d.lg. 114/1998 ma non anche al settore specifico della somministrazione di alimenti e bevande il quale, come è noto, trovava la propria regolamentazione nella legge n.287 del 25 agosto 1991, il cui art. 3 prevedeva che “L'apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione, sono soggetti ad autorizzazione, rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio è ubicato l'esercizio”.
A differenza, infatti, delle fattispecie regolate dal D.lgs.n.114/98 - per le quali era sufficiente la mera D.I.A.- per il settore specifico della somministrazione di alimenti e bevande il legislatore richiedeva il previo rilascio di provvedimento autorizzatorio da parte del Comune competente, nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d'uso dei locali e degli edifici.
Nel caso in esame, però, non può non evidenziarsi che tanto al momento della comunicazione di vicinato presentata dalla ricorrente (26.04.2010) quanto al momento dell’emanazione del provvedimento di chiusura dell’esercizio (29.09.2010), tale disciplina era stata già profondamente modificata dall' articolo 64 del D.Lgs. 26 marzo 2010 n.59 che, nell’ abrogare gli artt. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, l’ art. 4, comma 1, e l'articolo 7 della legge 25 agosto 1991, n. 287, ha profondamente modificato la disciplina della somministrazione di alimenti e bevande (che, peraltro, continua ad essere ben distinta da quella degli esercizio di vicinato, disciplinata dal successivo art.65).

L’art.64 ha, infatti, previsto che:
“1. L'apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.
Il trasferimento di sede e il trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi di cui al presente comma sono soggetti a dichiarazione di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, rispettivamente primo e secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. È subordinata alla dichiarazione di inizio di attività ai sensi dell'articolo 19, comma 2, secondo periodo, anche l'attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti elencati alle lettere a), b), c), d), e), f), g) e h) del comma 6 dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287. Resta fermo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235.
3. Al fine di assicurare un corretto sviluppo del settore, i comuni, limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela, adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico di cui al comma 1, ferma restando l'esigenza di garantire sia l'interesse della collettività inteso come fruizione di un servizio adeguato sia quello dell'imprenditore al libero esercizio dell'attività. Tale programmazione può prevedere, sulla base di parametri oggettivi e indici di qualità del servizio, divieti o limitazioni all'apertura di nuove strutture limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici, e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di somministrazione.
4. Il trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione per atto tra vivi o a causa di morte è subordinato all'effettivo trasferimentodell'attività e al possesso dei requisiti prescritti da parte del subentrante.
5. L'esercizio dell'attività è subordinato alla conformità del locale ai criteri sulla sorvegli abilità stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, anche in caso di ampliamento della superficie.
6. L'avvio e l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande è soggetto al rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. Il comma 6 dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, è sostituito dal seguente:
"6. Sono escluse dalla programmazione le attività di somministrazione di alimenti e bevande:
a) al domicilio del consumatore;
b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati;
c) negli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;
d) negli esercizi di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), nei quali sia prevalente l'attività congiunta di trattenimento e svago;
e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno;
f) esercitate in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;
g) nelle scuole; negli ospedali; nelle comunità religiose; in stabilimenti militari delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
h) nei mezzi di trasporto pubblico.".
8. L'autorizzazione e il titolo abilitativo decadono nei seguenti casi:
a) qualora il titolare dell'attività non risulti più in possesso dei requisiti di cui all'articolo 71, commi 1 e 2;
b) qualora il titolare sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi;
c) qualora venga meno la rispondenza dello stato dei locali ai criteri stabiliti dal Ministro dell'interno. In tale caso, il titolare può essere espressamente diffidato dall'amministrazione competente a ripristinare entro il termine assegnato il regolare stato dei locali;

d)nel caso di attività soggetta ad autorizzazione, qualora il titolare, salvo proroga in caso di comprovata necessità, non attivi l'esercizio entro centottantagiorni.

9. Il comma 1 dell'articolo 10 della legge 25 agosto 1991, n. 287, è sostituito dal seguente: "1. A chiunque eserciti l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l'autorizzazione, ovvero senza la dichiarazione di inizio di attività, ovvero quando sia stato emesso un provvedimento di inibizione o di divieto di prosecuzione dell'attività ed il titolare non vi abbia ottemperato, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell'esercizio.".

10. L'articolo 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, l'articolo 4, comma 1, e l'articolo 7 della legge 25 agosto 1991, n. 287, sono abrogati”.

Ciò significa che, dall’entrata in vigore del citato art.64, occorreva distinguere le ipotesi in cui lo svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande doveva ancora ritenersi subordinato al previo rilascio di autorizzazione (“apertura degli esercizi”) da quelle per cui, invece, era sufficiente la comunicazione dell’inizio dell’attività (“trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio nonché di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti elencati alle lettere a), b), c), d), e), f), g) e h) del comma 6 dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287”).

Ne consegue che, a fronte della “comunicazione di vicinato” presentata dalla ricorrente in data 26.04.2010, prot.8079, il Comune di Orta di Atella avrebbe dovuto esercitare i poteri di cui all’art.19 comma 2 della Legge n.241/90 al fine di contestare, a prescindere dal modulo utilizzato, l’inidoneità del titolo.

In mancanza di tale contestazione, quindi, non può reputarsi condizione legittimante la chiusura dell’esercizio “il mancato riscontro della ASL o del responsabile UOPC”, con riferimento rispettivamente alla DIA sanitaria e alla comunicazione di inizio attività presentate.

Ed invero, l’art.85 del medesimo DLT 26/03/2010 n. 59, vigente al momento dell’emanazione dell’ordinanza, nel sostituire il comma 2 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevedeva che:

“ L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente; contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, l’attività, ove non diversamente previsto, può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente.”.

Né, del resto, la motivazione del provvedimento impugnato ha fatto alcun riferimento alla precedente ordinanza di chiusura n.1 del 14.01.2010, la cui inottemperanza avrebbe giustificato la chiusura dell’esercizio ai sensi della terza parte del comma 9 dell’art.64 citato.

Per completezza, va poi evidenziato come, in virtù degli ulteriori interventi del legislatore in materia, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, quando non sussistano le condizioni di cui al comma 3 del citato art.64, deve ritenersi oggi in ogni caso assentibile in virtù di mera segnalazione dell’interessato di inizio di attività (c.d.SCIA).

Ed invero, l’art.19 della legge n.241/90, nel testo modificato dall'articolo 5, comma 2, lettera b), numero 2), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, prevede che:

Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attivita' imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e' sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonche' di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione e' corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorieta' per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita' personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonche' dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformita' da parte dell'Agenzia delle imprese di cui all' articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 , relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l'acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle auto-certificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonche' dei relativi elaborati tecnici, puo' essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento , ad eccezione dei procedimenti per cui e' previsto l'utilizzo esclusivo della modalita' telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione”.

Tale norma dispone poi, ai successivi commi, che:

“3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove cio' sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attivita' ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorieta' false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonche' di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , puo' sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo .

4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all'amministrazione e' consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attivita' dei privati alla normativa vigente “.

Ne deriva che, alla data odierna, il legislatore ha inteso generalizzare la liberalizzazione delle attività commerciali – sulla scia di quanto, in parte, già effettuato con il cd.”Decreto Bersani”- uniformando la disciplina abilitativa allo svolgimento di attività di somministrazione di alimenti e bevande a quelle delle ulteriori attività commerciali e prevedendo, in tali casi, la formazione del titolo per silenzio-assenso, ad eccezione delle ipotesi in cui siano previsti limiti, contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, fatto salvo naturalmente l’esercizio dei poteri inibitori o di autotutela previsti dalla norma medesima.
In conclusione, assorbita ogni altra censura, il ricorso deve essere accolto e, conseguentemente, va annullato il provvedimento in epigrafe.
In relazione alla novità della disciplina normativa applicabile, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere
Ines Simona Immacolata Pisano, Primo Referendario, Estensore






L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE















DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2012
IL SEGRETARIO