sabato 4 febbraio 2012

In materia di circolazione stradale sono validi gli accertamenti in tutto il territorio

Confermato dalla Cassazione il principio  secondo il quale:

"Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale,  in conformità della regola generale stabilita dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al di fuori del centro abitato". 

CORTE DI CASSAZIONE  SEZIONE II CIVILE 27  settembre  2011, n. 19755

Ritenuto in fatto
1. – Il Giudice di pace di Stilo, con sentenza depositata il 23 ottobre 2006, ha accolto l’opposizione proposta, ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla s.r.l. S. Calabro avverso il verbale di accertamento e contestazione di infrazione della polizia municipale di Stignano in data (omissis) , avente ad oggetto la violazione dell’art. 142, commi 1 e 8, del codice della strada. A fondamento della opposizione, la S. Calabro s.r.l. aveva dedotto la violazione dell’art. 200 del codice della strada per mancata contestazione immediata dell’infrazione; l’inidoneità tecnica, per mancata taratura, della strumentazione di accertamento; la carenza di potere degli agenti accertatori.
2. – La decisione del primo giudice è stata confermata dal Tribunale di Locri – sezione staccata di Siderno, il quale, con sentenza depositata in data 2 ottobre 2008, ha rigettato l’appello del Comune.
2.1. – Il Tribunale, premesso che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rilevato che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2002, n. 168, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada extraurbana secondaria non ricompresa tra quelle per le quali il prefetto aveva accertato l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza.
Il Tribunale, pur dando atto che l’apparecchiatura utilizzata risultava dal verbale di accertamento omologata con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 27 novembre 1989, ha rilevato che il Comune, nei due gradi di giudizio, non aveva prodotto il certificato di omologazione del velomatic in concreto utilizzato, sicché questo non poteva ritenersi una valida fonte di prova della violazione dell’art. 142 del codice della strada.
Il Tribunale ha affermato inoltre l’incompetenza della polizia municipale ad effettuare l’accertamento della violazione, in quanto l’ANAS era l’ente proprietario della strada sulla quale era stata compiuta l’infrazione.
3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale il Comune di Stignano ha proposto ricorso, sulla base di cinque motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
4. – Il ricorso è stato in un primo tempo avviato alla trattazione in camera di consiglio, sulla base di relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.; indi, con ordinanza interlocutoria n. 3253 del 2011, ne è stato disposto il rinvio all’udienza pubblica, essendosi ravvisata l’esigenza di approfondire la questione della competenza della polizia municipale in ordine alla elevazione del verbale di contestazione su strada extraurbana statale ricadente nel territorio comunale.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, nonché violazione degli artt. 142, 200 e 201 del codice della strada, affermando che la disposizione dell’art. 4 del citato decreto-legge non preclude la possibilità per gli agenti di polizia di procedere a rilevazione delle violazioni del limite di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte le volte in cui, non rientrando la strada tra quelle espressamente previste dalla citata disposizione e non essendo la strada stessa inclusa dal prefetto nell’elenco delle strade in cui possono essere utilizzate dette apparecchiature, queste siano utilizzate direttamente dagli agenti stessi, i quali devono procedere a contestazione immediata salvo il caso in cui ciò non sia possibile ai sensi dell’art. 201 del codice della strada e dell’art. 384 del relativo regolamento di esecuzione; evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, essendosi dato atto nel verbale di contestazione che non era stato possibile procedere a contestazione immediata dell’infrazione, ai sensi di quanto previsto dall’art. 201, comma 1-bis, lettera e), del codice della strada e dell’art. 384 del regolamento di attuazione. Il Comune formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema, che gli agenti di polizia in servizio sulle strade per le quali non è applicabile la speciale disciplina di cui all’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 convertito in legge n. 168 del 2002 (per l’assenza del decreto prefettizio ex art. 4, comma 2, cit.) possono parimenti procedere al rilevamento della velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti) direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata contestazione della velocità vietata, salvo però le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 dello stesso codice ed esemplificate dall’art. 384 del suo regolamento di attuazione)”.
1.1. – Il motivo è fondato, trovando applicazione il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui il disposto del comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del medesimo art. 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, comma 1-bis, cod. strada (Cass., Sez. 2^, 10 gennaio 2008, n. 376; Cass., Sez. 2^, 29 gennaio 2008, n. 1889).
2. – Con il secondo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.l. n. 121 del 2002 e degli artt. 142, 200 e 201 del codice della strada, in relazione all’art. 384 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice stesso, sostenendo che il Tribunale avrebbe errato nel non considerare che l’art. 201 del codice e l’art. 384 del regolamento devono trovare applicazione anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 4 d.l. n. 121, per il caso di violazioni accertate direttamente dagli agenti di polizia con l’ausilio di apparecchiature elettroniche su strade non comprese nel decreto prefettizio adottato in applicazione dell’art. 4, comma 2, del citato decreto-legge. Il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema che nel caso di accertamento della violazione dei limiti di velocità a mezzo autovelox (art. 142 codice della strada), da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione differita dell’infrazione quando si verificano le situazioni di impossibilità contemplate dall’art. 201, comma 1-bis (lettera e); e ciò pur con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative ragioni, che se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384 (lettera e) del regolamento divengono insindacabili”.
2.1. – Anche questo motivo è fondato, in forza del principio per cui in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità compiuto mediante apparecchiature di controllo (autovelox), l’indicazione nel relativo verbale notificato di una delle ragioni, tra quelle indicate dall’art. 384 del regolamento di esecuzione di detto codice, che rendono ammissibile la contestazione differita dell’infrazione (nella specie, art. 384, lettera e, del regolamento di esecuzione del codice della strada, concernente l’ipotesi in cui l’accertamento avvenga a mezzo di appositi apparecchi di rilevazione che permettono “la determinazione dell’illecito in tempo successivo ovvero dopo che il veicolo oggetto di rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile e nei modi regolamentari”) rende Ipso facto legittimi il verbale medesimo e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento da parte del giudice di merito, cui è inibito il sindacato sulle scelte organizzative dell’Amministrazione (v., tra le più recenti, Cass., Sez. 1^, 15 novembre 2006, n. 24355; Cass., Sez. 2^, 18 aprile 2007, n. 9308; Cass., Sez. 2^, 10 luglio 2008, n. 19032).
3. – Con il terzo motivo, il Comune di Stignano denuncia violazione dell’art. 142 del codice della strada e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 del regolamento di esecuzione nonché del decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 2971 del 27 novembre 1989. Ai fini della sussistenza del requisito della omologazione dell’apparecchiatura elettronica utilizzata per la rilevazione della velocità e la contestazione dell’infrazione – osserva il ricorrente – ciò che rileva è che il modello di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola specifica apparecchiatura in concreto usata. Nel caso di specie, lo stesso verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata; e tanto sarebbe stato sufficiente per poter utilizzare come fonte di prova della velocità, le risultanze della rilevazione della quale si dava atto nel verbale. Il Comune formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema che non è necessario che ogni esemplare di strumento elettronico rilevatore della velocità (art. 345, comma 2, regolamento del codice della strada) – prima dell’uso da parte degli organi di polizia – sia sottoposto ad omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, essendo sufficiente che sia stato preventivamente omologato il tipo di strumento usato”.
3.1. – Il motivo è fondato, avendo la Corte di cassazione chiarito: che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dall’art. 345, comma 2, del d.p.r. 16 dicembre 1992, n. 495, così come modificato dall’art. 197 del d.p.r. 16 settembre 1996, n. 610, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n. 29333); che il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – dacché tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n. 29333, cit.; Cass., Sez. 2^, 26 aprile 2007, n. 9950); che in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada (art. 142, comma 6) né il relativo regolamento di esecuzione (art. 345 del d.p.r. 16 dicembre 1992, n. 495) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacché, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 del codice della strada (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n. 29333).
4. – Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta mancanza del certificato di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata pur in presenza dell’attestazione, contenuta nel verbale di accertamento, dell’intervenuta omologazione del tipo di apparecchiatura in concreto usata, e ciò nonostante che il Tribunale abbia fatto riferimento a Cass., Sez. 2ˆ, 19 novembre 2007, n. 23978, che aveva affermato la piena efficacia probatoria degli strumenti elettronici sino a che non venga dimostrato il malfunzionamento.
4.1. – Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.
5. – Con il quinto motivo, il Comune deduce violazione dell’art. 12, comma 1, lettera e), del codice della strada, dell’art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65, e dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981. Poiché l’accertamento della violazione, come emergeva dalla stessa sentenza impugnata, era avvenuto nel tratto della SS n. … ricadente nel territorio del Comune di Stignano, sussisteva la competenza della polizia municipale. In proposito, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema di Cassazione che gli agenti di polizia municipale, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio”.
5.1. – Dalla sentenza impugnata emerge che la violazione è stata accertata sul tratto della SS n. … ricadente nel territorio del Comune di Stignano.
Si tratta di stabilire se la polizia municipale avesse la competenza all’accertamento delle violazioni commesse su detto tratto di strada.
Al quesito deve darsi risposta positiva.
Gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento istituzionale nell’ambito dell’espletamento dei servizi di polizia stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della strada anche quando il tracciato su cui si verifica l’infrazione sia una strada statale al di fuori del centro abitato.
In proposito va osservato quanto segue.
A norma dell’art. 13, terzo comma, della legge n. 689 del 1981, “all’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria”.
L’art. 57 c.p.p. indica fra gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria “le guardie dei comuni”, con competenza “nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza”.
Secondo l’art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65 (recante la legge quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il “personale che svolge servizio di polizia municipale”, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, ha funzioni di polizia stradale (comma 1, lettera b), in correlazione con quanto stabilito dal codice della strada vigente, dovendosi ritenere rinvio formale e non recettizio quello contenuto in tale norma al codice della strada del 1959.
In base al disposto dell’art. 3 della legge n. 65 del 1986, gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano le loro funzioni istituzionali “nel territorio di competenza”.
Questa disciplina generale, che identifica l’ambito territoriale di competenza della polizia municipale con il territorio comunale, e che caratterizza la polizia locale per la dimensione territoriale comunale di esercizio delle funzioni (Corte cost., sentenza n. 740 del 1988), trova un puntuale riscontro nell’art. 12 del codice della strada, che al comma 1, lettera e), attribuisce l’espletamento dei servizi di polizia stradale “ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza”, ed è richiamata dall’art. 22 del regolamento di esecuzione del codice della strada del 1992, il quale dispone, al comma 3, che “i servizi di polizia stradale sono espletati dagli appartenenti alle amministrazioni di cui all’art. 12, commi 1 e 2, del codice, in relazione agli ordinamenti ed ai regolamenti interni delle stesse”.
Il comma 3 dell’art. 11, che in materia di servizi di polizia stradale (inclusi la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale) li demanda al Ministro dell’interno, con la sola salvezza delle attribuzioni dei Comuni per quanto riguarda i centri abitati, non attiene alla delimitazione della competenza della polizia municipale in materia di servizi di polizia stradale, ma alla direzione e predisposizione dei relativi servizi, come è fatto palese dall’ultima parte del comma, che riserva in ogni caso al Ministero il coordinamento dei servizi.
Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in conformità della regola generale stabilita dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al di fuori del centro abitato. Ne deriva che, una volta stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno tale potere nell’ambito dell’intero territorio comunale, gli accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in tale territorio debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell’organo accertatore, restando l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all’accertamento, ininfluenti su detta competenza.
In questo senso il Collegio, nell’accogliere la censura, intende dare continuità all’indirizzo costante di questa Corte, espresso da Sez. I, 1 marzo 2002, n. 301, Sez. 2^, 11 luglio 2006, n. 15688, Sez. 1^, 19 ottobre 2006, n. 22366, e da ultimo ribadito da Sez. 2^, 28 aprile 2011, n. 9497 e n. 9498.
6. – Pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione originaria.
Parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna, l’opponente al pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450, di cui Euro 50 per spese, Euro 150 per diritti ed Euro 250 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550, di cui Euro 50 per spese, Euro 100 per diritti ed Euro 400 per onorari; per il giudizio di legittimità, in Euro 600, di cui Euro 400 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.