"Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, in conformità
della regola generale stabilita dall’art. 13 della legge n. 689 del 1981
in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in
quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero
territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in
materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative
pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su strade statali al
di fuori del centro abitato".
CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE 27 settembre 2011, n. 19755
Ritenuto in fatto
1. – Il Giudice di pace di Stilo, con
sentenza depositata il 23 ottobre 2006, ha accolto l’opposizione
proposta, ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla s.r.l.
S. Calabro avverso il verbale di accertamento e contestazione di
infrazione della polizia municipale di Stignano in data (omissis) ,
avente ad oggetto la violazione dell’art. 142, commi 1 e 8, del codice
della strada. A fondamento della opposizione, la S. Calabro s.r.l. aveva
dedotto la violazione dell’art. 200 del codice della strada per mancata
contestazione immediata dell’infrazione; l’inidoneità tecnica, per
mancata taratura, della strumentazione di accertamento; la carenza di
potere degli agenti accertatori.
2. – La decisione del primo giudice è stata confermata dal Tribunale
di Locri – sezione staccata di Siderno, il quale, con sentenza
depositata in data 2 ottobre 2008, ha rigettato l’appello del Comune.
2.1. – Il Tribunale, premesso che, nel caso di specie, la violazione
del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che
non vi era stata contestazione immediata, ha rilevato che il quadro
normativo conseguente alla entrata in vigore del decreto-legge 20 giugno
2002, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2002,
n. 168, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per
l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di
contestazione immediata della violazione, essendo al contrario
predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate
dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della
velocità. Nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto
di strada extraurbana secondaria non ricompresa tra quelle per le quali
il prefetto aveva accertato l’esistenza di obiettive circostanze che
legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza.
Il Tribunale, pur dando atto che l’apparecchiatura utilizzata
risultava dal verbale di accertamento omologata con decreto del
Ministero dei lavori pubblici del 27 novembre 1989, ha rilevato che il
Comune, nei due gradi di giudizio, non aveva prodotto il certificato di
omologazione del velomatic in concreto utilizzato, sicché questo non
poteva ritenersi una valida fonte di prova della violazione dell’art.
142 del codice della strada.
Il Tribunale ha affermato inoltre l’incompetenza della polizia
municipale ad effettuare l’accertamento della violazione, in quanto
l’ANAS era l’ente proprietario della strada sulla quale era stata
compiuta l’infrazione.
3. – Per la cassazione della sentenza del Tribunale il Comune di Stignano ha proposto ricorso, sulla base di cinque motivi.
L’intimata non ha svolto attività difensiva.
4. – Il ricorso è stato in un primo tempo avviato alla trattazione in camera di consiglio, sulla base di relazione ex art. 380-bis
cod. proc. civ.; indi, con ordinanza interlocutoria n. 3253 del 2011,
ne è stato disposto il rinvio all’udienza pubblica, essendosi ravvisata
l’esigenza di approfondire la questione della competenza della polizia
municipale in ordine alla elevazione del verbale di contestazione su
strada extraurbana statale ricadente nel territorio comunale.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo, il Comune
deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del decreto-legge 20
giugno 2002, n. 121, nonché violazione degli artt. 142, 200 e 201 del
codice della strada, affermando che la disposizione dell’art. 4 del
citato decreto-legge non preclude la possibilità per gli agenti di
polizia di procedere a rilevazione delle violazioni del limite di
velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte le volte in cui,
non rientrando la strada tra quelle espressamente previste dalla citata
disposizione e non essendo la strada stessa inclusa dal prefetto
nell’elenco delle strade in cui possono essere utilizzate dette
apparecchiature, queste siano utilizzate direttamente dagli agenti
stessi, i quali devono procedere a contestazione immediata salvo il caso
in cui ciò non sia possibile ai sensi dell’art. 201 del codice della
strada e dell’art. 384 del relativo regolamento di esecuzione;
evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, essendosi
dato atto nel verbale di contestazione che non era stato possibile
procedere a contestazione immediata dell’infrazione, ai sensi di quanto
previsto dall’art. 201, comma 1-bis, lettera e), del codice
della strada e dell’art. 384 del regolamento di attuazione. Il Comune
formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema, che gli
agenti di polizia in servizio sulle strade per le quali non è
applicabile la speciale disciplina di cui all’art. 4 del d.l. n. 121 del
2002 convertito in legge n. 168 del 2002 (per l’assenza del decreto
prefettizio ex art. 4, comma 2, cit.) possono parimenti procedere al
rilevamento della velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo
apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti)
direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata contestazione
della velocità vietata, salvo però le eccezioni espressamente previste
dall’art. 201 dello stesso codice ed esemplificate dall’art. 384 del suo
regolamento di attuazione)”.
1.1. – Il motivo è fondato, trovando applicazione il principio
reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui il disposto del
comma 1 dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 168 del 2002, integrato con la previsione
del comma 2 dello stesso art. 4 – che indica, per le strade extraurbane
secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di
individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al
fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio
per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute
sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane
principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare
l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del
traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle
norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 cod. strada (limiti
di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del comma 4 del
medesimo art. 4, con il quale si esclude tout court l’obbligo della
contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4
non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche
di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma
lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da
esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo
della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente
previste dall’art. 201, comma 1-bis, cod. strada (Cass., Sez. 2^, 10 gennaio 2008, n. 376; Cass., Sez. 2^, 29 gennaio 2008, n. 1889).
2. – Con il secondo motivo, il Comune deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 4 d.l. n. 121 del 2002 e degli artt. 142, 200 e
201 del codice della strada, in relazione all’art. 384 del regolamento
di esecuzione e di attuazione del codice stesso, sostenendo che il
Tribunale avrebbe errato nel non considerare che l’art. 201 del codice e
l’art. 384 del regolamento devono trovare applicazione anche dopo
l’entrata in vigore dell’art. 4 d.l. n. 121, per il caso di violazioni
accertate direttamente dagli agenti di polizia con l’ausilio di
apparecchiature elettroniche su strade non comprese nel decreto
prefettizio adottato in applicazione dell’art. 4, comma 2, del citato
decreto-legge. Il ricorrente formula il seguente quesito di diritto:
“Dica la Corte Suprema che nel caso di accertamento della violazione dei
limiti di velocità a mezzo autovelox (art. 142 codice della strada), da
parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono
l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione differita
dell’infrazione quando si verificano le situazioni di impossibilità
contemplate dall’art. 201, comma 1-bis (lettera e); e ciò pur
con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative ragioni, che
se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384 (lettera e) del
regolamento divengono insindacabili”.
2.1. – Anche questo motivo è fondato, in forza del principio per cui
in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di
velocità compiuto mediante apparecchiature di controllo (autovelox),
l’indicazione nel relativo verbale notificato di una delle ragioni, tra
quelle indicate dall’art. 384 del regolamento di esecuzione di detto
codice, che rendono ammissibile la contestazione differita
dell’infrazione (nella specie, art. 384, lettera e, del regolamento di
esecuzione del codice della strada, concernente l’ipotesi in cui
l’accertamento avvenga a mezzo di appositi apparecchi di rilevazione che
permettono “la determinazione dell’illecito in tempo successivo ovvero
dopo che il veicolo oggetto di rilievo sia già a distanza dal posto di
accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo
utile e nei modi regolamentari”) rende Ipso facto legittimi il verbale
medesimo e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in
proposito, sussista alcun margine di apprezzamento da parte del giudice
di merito, cui è inibito il sindacato sulle scelte organizzative
dell’Amministrazione (v., tra le più recenti, Cass., Sez. 1^, 15
novembre 2006, n. 24355; Cass., Sez. 2^, 18 aprile 2007, n. 9308; Cass.,
Sez. 2^, 10 luglio 2008, n. 19032).
3. – Con il terzo motivo, il Comune di Stignano denuncia violazione
dell’art. 142 del codice della strada e violazione e falsa applicazione
dell’art. 345 del regolamento di esecuzione nonché del decreto del
Ministero dei lavori pubblici n. 2971 del 27 novembre 1989. Ai fini
della sussistenza del requisito della omologazione dell’apparecchiatura
elettronica utilizzata per la rilevazione della velocità e la
contestazione dell’infrazione – osserva il ricorrente – ciò che rileva è
che il modello di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola
specifica apparecchiatura in concreto usata. Nel caso di specie, lo
stesso verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto
ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata; e
tanto sarebbe stato sufficiente per poter utilizzare come fonte di prova
della velocità, le risultanze della rilevazione della quale si dava
atto nel verbale. Il Comune formula il seguente quesito di diritto:
“Dica la Corte Suprema che non è necessario che ogni esemplare di
strumento elettronico rilevatore della velocità (art. 345, comma 2,
regolamento del codice della strada) – prima dell’uso da parte degli
organi di polizia – sia sottoposto ad omologazione da parte del
Ministero dei lavori pubblici, essendo sufficiente che sia stato
preventivamente omologato il tipo di strumento usato”.
3.1. – Il motivo è fondato, avendo la Corte di cassazione chiarito:
che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione
automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va
riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume,
sul piano logico e letterale, dall’art. 345, comma 2, del d.p.r. 16
dicembre 1992, n. 495, così come modificato dall’art. 197 del d.p.r. 16
settembre 1996, n. 610, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole
apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori
pubblici (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n. 29333); che il termine di
validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali
attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può
essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è
più legittima – dacché tale operatività, una volta omologato il
modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola
apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le
apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere
commercializzate dal costruttore (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n.
29333, cit.; Cass., Sez. 2^, 26 aprile 2007, n. 9950); che in tema di
rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo
di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada (art. 142,
comma 6) né il relativo regolamento di esecuzione (art. 345 del d.p.r.
16 dicembre 1992, n. 495) prevedono che il verbale di accertamento
dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che
la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a
controllo preventivo e costante durante l’uso, giacché, al contrario,
l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica
della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino
accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate
dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione,
installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni
comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi
leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente
congetturale, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o
manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex
art. 142 del codice della strada (Cass., Sez. 2^, 15 dicembre 2008, n.
29333).
4. – Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deduce vizio di
motivazione in ordine alla ritenuta mancanza del certificato di
omologazione dell’apparecchiatura utilizzata pur in presenza
dell’attestazione, contenuta nel verbale di accertamento,
dell’intervenuta omologazione del tipo di apparecchiatura in concreto
usata, e ciò nonostante che il Tribunale abbia fatto riferimento a
Cass., Sez. 2ˆ, 19 novembre 2007, n. 23978, che aveva affermato la piena
efficacia probatoria degli strumenti elettronici sino a che non venga
dimostrato il malfunzionamento.
4.1. – Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.
5. – Con il quinto motivo, il Comune deduce violazione dell’art. 12,
comma 1, lettera e), del codice della strada, dell’art. 5 della legge 7
marzo 1986, n. 65, e dell’art. 13 della legge n. 689 del 1981. Poiché
l’accertamento della violazione, come emergeva dalla stessa sentenza
impugnata, era avvenuto nel tratto della SS n. … ricadente nel
territorio del Comune di Stignano, sussisteva la competenza della
polizia municipale. In proposito, il ricorrente formula il seguente
quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema di Cassazione che gli agenti
di polizia municipale, in quanto organi di polizia giudiziaria con
competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di
accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con
sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio”.
5.1. – Dalla sentenza impugnata emerge che la violazione è stata
accertata sul tratto della SS n. … ricadente nel territorio del Comune
di Stignano.
Si tratta di stabilire se la polizia municipale avesse la competenza
all’accertamento delle violazioni commesse su detto tratto di strada.
Al quesito deve darsi risposta positiva.
Gli organi di polizia municipale, nel territorio di competenza, sono
abilitati a compiere legittimamente la loro attività di accertamento
istituzionale nell’ambito dell’espletamento dei servizi di polizia
stradale, senza che abbia rilievo la circostanza relativa alla tipologia
della strada che attraversa lo stesso, e quindi ben possono effettuare
accertamenti e contestazioni di violazioni di norme del codice della
strada anche quando il tracciato su cui si verifica l’infrazione sia una
strada statale al di fuori del centro abitato.
In proposito va osservato quanto segue.
A norma dell’art. 13, terzo comma, della legge n. 689 del 1981,
“all’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma di danaro possono procedere anche gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria”.
L’art. 57 c.p.p. indica fra gli agenti e ufficiali di polizia
giudiziaria “le guardie dei comuni”, con competenza “nell’ambito
territoriale dell’ente di appartenenza”.
Secondo l’art. 5 della legge 7 marzo 1986, n. 65 (recante la legge
quadro sull’ordinamento della polizia municipale), il “personale che
svolge servizio di polizia municipale”, nell’ambito territoriale
dell’ente di appartenenza, ha funzioni di polizia stradale (comma 1,
lettera b), in correlazione con quanto stabilito dal codice della strada
vigente, dovendosi ritenere rinvio formale e non recettizio quello
contenuto in tale norma al codice della strada del 1959.
In base al disposto dell’art. 3 della legge n. 65 del 1986, gli
addetti al servizio di polizia municipale esercitano le loro funzioni
istituzionali “nel territorio di competenza”.
Questa disciplina generale, che identifica l’ambito territoriale di
competenza della polizia municipale con il territorio comunale, e che
caratterizza la polizia locale per la dimensione territoriale comunale
di esercizio delle funzioni (Corte cost., sentenza n. 740 del 1988),
trova un puntuale riscontro nell’art. 12 del codice della strada, che al
comma 1, lettera e), attribuisce l’espletamento dei servizi di polizia
stradale “ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del
territorio di competenza”, ed è richiamata dall’art. 22 del regolamento
di esecuzione del codice della strada del 1992, il quale dispone, al
comma 3, che “i servizi di polizia stradale sono espletati dagli
appartenenti alle amministrazioni di cui all’art. 12, commi 1 e 2, del
codice, in relazione agli ordinamenti ed ai regolamenti interni delle
stesse”.
Il comma 3 dell’art. 11, che in materia di servizi di polizia
stradale (inclusi la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in
materia di circolazione stradale) li demanda al Ministro dell’interno,
con la sola salvezza delle attribuzioni dei Comuni per quanto riguarda i
centri abitati, non attiene alla delimitazione della competenza della
polizia municipale in materia di servizi di polizia stradale, ma alla
direzione e predisposizione dei relativi servizi, come è fatto palese
dall’ultima parte del comma, che riserva in ogni caso al Ministero il
coordinamento dei servizi.
Gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in
conformità della regola generale stabilita dall’art. 13 della legge n.
689 del 1981 in tema di accertamento delle sanzioni amministrative
pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza
estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le
violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni
amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, anche, quindi, su
strade statali al di fuori del centro abitato. Ne deriva che, una volta
stabilito che gli ufficiali e gli agenti della polizia municipale hanno
tale potere nell’ambito dell’intero territorio comunale, gli
accertamenti di violazioni del codice della strada da essi compiuti in
tale territorio debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il
profilo della competenza dell’organo accertatore, restando
l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi
esterni all’accertamento, ininfluenti su detta competenza.
In questo senso il Collegio, nell’accogliere la censura, intende dare
continuità all’indirizzo costante di questa Corte, espresso da Sez. I, 1
marzo 2002, n. 301, Sez. 2^, 11 luglio 2006, n. 15688, Sez. 1^, 19
ottobre 2006, n. 22366, e da ultimo ribadito da Sez. 2^, 28 aprile 2011,
n. 9497 e n. 9498.
6. – Pertanto il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai
sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con
il rigetto dell’opposizione originaria.
Parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza,
deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese
dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso,
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta
l’originaria opposizione. Condanna, l’opponente al pagamento delle spese
dell’intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di primo grado,
in Euro 450, di cui Euro 50 per spese, Euro 150 per diritti ed Euro 250
per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550, di cui Euro 50 per
spese, Euro 100 per diritti ed Euro 400 per onorari; per il giudizio di
legittimità, in Euro 600, di cui Euro 400 per onorari, oltre a spese
generali e ad accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.