Conflitto d'interessi in capo ai soggetti appartenenti alla P.L.

Delibera numero 401 del 29 aprile 2020
Segnalazione relativa ai modelli operativi e organizzativi delle Polizie Locali operanti nella Regione omissis, con riferimento alla disciplina relativa alla gestione delle situazioni di conflitto di interessi in capo ai soggetti appartenenti alla Polizia locale.
Fascicolo UVIF n. 1260/2020

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IL VINCOLO DI ESCLUSIVITÀ DEL COMANDANTE (Commento alla delibera Anac n. 401 del 29 aprile 2020).

DiLuca Montanari 

Ago 12, 2024

Com’è noto il comma 221 dell’articolo 1, L. 28 dicembre 2015 n. 208, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, ha offerto una possibilità di (parziale, ndr) deroga al vincolo di esclusività che da sempre è andato caratterizzando (o avrebbe dovuto caratterizzare) il ruolo di comandante della polizia locale.

Ricordiamo: “vincolo di esclusività” = “il comandante fa solo il comandante”.

E a ciò pure Anac aveva fatto sponda con gli ormai due notissimi orientamenti n. 57 del 3 luglio 2014 e n. 19 del 10 giugno 2015.

Sennonché, in forza di questa nuova norma molte amministrazioni hanno ritenuto lecito attribuire ai propri comandanti di polizia locale i più svariati incarichi, senza neppure porsi il benché minimo scrupolo sulla opportunità o tollerabilità o conformità degli stessi in ordine alla loro “mescolanza”.

E altrettanto dicasi per taluni comandanti che senza batter ciglio hanno accettato di tutto, magari pure affascinati da qualche promessa di aumento dello stipendio in sede di pesatura della propria indennità di posizione.

Penso così a quei comandanti che con totale e, dico io, irresponsabile nonchalance, rilasciano senza colpo ferire licenze commerciali o permessi di costruire, sottoponendoli dopo due giorni a controllo di polizia con il risultato di dare vita a un conflitto d’interesse grosso come una montagna, poiché nessuno di loro andrà mai a disconoscere la legittimità del proprio lavoro o a segnalare sé stesso per ogni eventuale irregolarità commessa nell’istruttoria e nel rilascio di quei titoli autorizzativi.

Insomma una commistione di ruoli (gli ormai arcinoti “controllore” e “controllato”, del tutto illegali se coincidenti nella stessa figura istituzionale), la quale conduce a un inevitabile cortocircuito del sistema, materializzando nei casi appena illustrati la fattispecie vietata, che proprio il corpo normativo sull’anticorruzione intende evitare.

All’indomani dell’approvazione di quel comma 221, anche Anac è intervenuta sul punto con la propria deliberazione n. 333 del 27 febbraio 2019, oltre che in alcuni passaggi di propri Piani nazionali e relazioni al Parlamento, offrendo caute aperture nel senso di ammettere a certe condizioni la possibilità di attribuire al comandante della polizia locale l’incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) e di tollerarne qualche altro, senza però indicare mai nulla di preciso.

Scrive infatti Anac che esiste, sì, il comma 221 il quale riduce il vincolo di esclusività e con esso la sfera degli incarichi per il comandante della polizia locale, ma che in ogni caso gli enti sono obbligati ad adottare le dovute cautele e a valutare, di volta in volta, se l’eventuale commistione e cumulo tra le funzioni di vigilanza e di controllo tipiche della polizia locale e le funzioni amministrative e gestionali proprie di altri incarichi dirigenziali in capo alla figura del comandante, capo della polizia locale, possano essere confliggenti, evitando in specie che si configurino situazioni, anche potenziali, di conflitto d’interessi, tra le diverse attività svolte.

Fortunatamente sul punto è intervenuta la Regione Abruzzo che con una propria delibera – la DGR n. 85 del 1° febbraio 2019 – ha ritenuto opportuno tracciare una più chiara e netta linea di demarcazione tra gli incarichi attribuibili al comandante di polizia locale ai sensi del comma 221 L. 208/2015, e quelli comunque vietati siccome creatori di conflitto di interesse.

Il filo conduttore della norma regionale è più o meno questo: al comandante è consentito attribuire incarichi ulteriori solo quando questi:

1) si pongano in linea già con le proprie competenze di carattere generale (per es. gestione del personale: così come gestisce gli operatori di polizia locale, altrettanto potrà benissimo governare i dipendenti di tutto l’ente; oppure ragioneria, oppure contenzioso giurisdizionale, nel senso che, così come difende i verbali di contestazione, altrettanto potrà fare con gli affari legali dell’intero Comune, ecc.);

2) in ogni caso a patto che non siano produttivi di provvedimenti anche solo potenzialmente soggetti al fisiologico e quotidiano controllo della polizia locale (per es. permessi di costruire, Scia e autorizzazioni commerciali, permessi speciali di circolazione per accedere nella Ztl, gestione dei mercati, ecc.).

Ma la Regione Abruzzo con grande lungimiranza non si è fermata qui, consapevole che senza l’avallo di Anac la propria norma avrebbe potuto avere vita breve.

È così, infatti, che essa ha inviato il tutto all’Autorità nazionale anticorruzione con una propria lettera di accompagnamento nella quale è andata meglio a esplicitare i propri principi di diritto, ottenendone la totale approvazione attraverso la deliberazione n. 401 del 29 aprile 2020, di valenza nazionale.

La questione non è di poco conto giacché la rilevanza delle deliberazioni Anac è di straordinaria portata, risultando tra l’altro vincolanti per tutti gli enti interessati ai fini della formazione dei loro piani triennali di prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) e delle sezioni “anticorruzione e trasparenza” dei rispettivi PIAO.

In buona sostanza Anac apprezza il lavoro della Regione Abruzzo (menzionandola sempre con degli “omissis” per ragioni di privacy), significando ad ogni modo a chiare lettere – a pagina n. 5 della citata deliberazione n. 401 del 29 aprile 2020 – quali sono gli incarichi che generano “conflitto di interesse” per la polizia locale.

Anac fa proprie le seguenti disposizioni dichiarando ufficialmente e testualmente che le stesse “[…] predeterminano situazioni tipiche di conflitto di interessi e limitano agli appartenenti alla polizia locale lo svolgimento di alcune specifiche funzioni avuto riguardo all’interferenza che tra di esse potrebbe ingenerarsi. Dal contestuale svolgimento delle funzioni previste potrebbe, infatti, derivare una rischiosa commistione dei ruoli”.

Quindi, prosegue l’Anac metabolizzando le seguenti affermazioni di principio del legislatore della Regione Abruzzo: “Genera in maniera specifica conflitto di interessi e ne è pertanto vietata l’attività da parte degli appartenenti alla polizia locale, la gestione del SUAP (sportello unico attività produttive), delle fiere e dei mercati, dell’ufficio urbanistica e edilizia, dei servizi demografici, di stato civile e elettorali, dei servizi culturali, dei servizi sociali e socio-assistenziali, del servizio casa, del servizio di notificazione atti, del servizio lavori pubblici e qualunque altro servizio di rilascio di autorizzazioni, concessioni e atti di assenso comunque denominati e di qualunque natura”.

Anac ufficializza infine anche queste parole “A norma dell’articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990, con riferimento alle attività di cui al precedente comma 1 (precedente capoverso, ndr), agli appartenenti alla polizia locale è vietato anche solo rilasciare pareri, valutazioni tecniche e atti endoprocedimentali; in nessun caso gli operatori di polizia locale dovranno essere impiegati in attività estranee ai compiti istituzionali e alle funzioni della polizia locale (…) o che vadano a svolgere mansioni capaci di generare conflitto di interesse, anche potenziale; Il comando deve altresì adottare adeguate forme di rotazione del personale tra le varie specializzazioni interne per materia e territorio, al fine di assicurare la massima diffusione delle competenze e delle professionalità, nonché l’erogazione dei relativi servizi con la maggiore continuità possibile. Alla nomina del comandante si perviene tramite procedura selettiva specificamente bandita dall’amministrazione e il suo eventuale cambio di incarico non può essere motivato dalle normali dinamiche di rotazione del personale. Nondimeno, in caso di eventuale avvicendamento, al ruolo di comandante non può essere preposto chi ha svolto incarichi incompatibili come meglio definiti nel precedente comma 1 (sempre il precedente capoverso, ndr); Alla nomina del comandante si perviene tramite procedura selettiva specificamente bandita dall’amministrazione e il suo eventuale cambio di incarico non può essere motivato dalle normali dinamiche di rotazione del personale. Nondimeno, in caso di eventuale avvicendamento, al ruolo di comandante non può essere preposto chi ha svolto incarichi incompatibili come meglio definiti nel precedente comma 1; Al fine di assicurare alla polizia locale sempre la necessaria autonomia e indipendenza professionale nonché l’indispensabile affrancamento da ogni possibile influenza, gli organismi di valutazione quando interessati all’esame di tali dipendenti svolgono le loro funzioni senza la partecipazione di soggetti interni all’amministrazione, ivi compreso il segretario dell’Ente, o di tutti coloro che ne abbiano fatto parte nei cinque anni precedenti.”.-

A ben vedere, dopo una simile pronuncia di portata nazionale – nata in “combinato disposto” con l’apporto della Regione Abruzzo – la possibilità di attribuire ulteriori e differenti incarichi al comandante della polizia locale (titolare di funzioni direttamente compartecipi della sovranità statale: polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e polizia stradale), ne esce fortemente ridotta e con significativi limiti applicativi.

Il contemperamento del comma 221 L. 208/2015 con il ruolo di “capo della polizia locale” comprensivo delle sue “funzioni statali” e con le primarie finalità anticorruttive è, dunque, inevitabile e necessario poiché quest’ultima norma, anche secondo Anac, non è assoluta e non può viaggiare isolata nello spazio (come a qualcuno piacerebbe che fosse), ma vive e opera all’interno di un ordinamento – quello giuridico – il quale deve essere letto nel suo complesso e come tale non può entrare in contraddizione.

Quindi: Ok, il comandante può ottenere ulteriori incarichi, ma gli stessi non solo non devono porsi in contrasto con altre norme giuridiche (anche regionali, ndr), ma occorre in più che osservino l’obbligo di attenta ponderazione e motivata giustificazione per non comportare, neppure astrattamente, alcun tipo di conflitto di interessi.

Il catalogo legale degli “incarichi vietati al comandante” contenuto a pagina 5 della deliberazione Anac n. 401 del 29 aprile 2020, costituisce quindi un’utile quanto vincolante linea-guida per tutte le amministrazioni locali, le quali dovranno rassegnarsi al fatto che il loro comandante della polizia locale non è il factotum del Comune (dico io: il “sacco dell’indifferenziata” ove ti liberi delle cose che non sai dove buttare, vale a dire gli incarichi che nessuno vuole o quelli più spinosi), ma il funzionario pubblico per eccellenza, l’unico titolare di un “mansionario blindato” che non può essere plasmato a piacere come una pallina di pongo a seconda delle convenienze del momento, quindi quello tra tutti dotato di una sua caratterizzazione specifica, da nessuno manipolabile.

Esattamente al contrario degli altri vertici gestionali dell’ente locale (per es. capo ufficio tecnico, ragioniere capo, responsabile affari generali, responsabile servizi sociali, ecc.), i quali proprio per disposizione normativa e contrattuale sono davvero esposti senza riserva alcuna al principio libertario di totale equivalenza ed esigibilità (rectius: estensibilità) delle proprie mansioni.

Ai fautori del “CCNL sopra tutto e sopra tutti” (prevalentemente taluni sindacalisti incalliti), cioè coloro i quali affermano che su tutto prevale il CCNL, che questo ammette estensioni di “mansioni” (sic!), che i dipendenti comunali sono tutti uguali e che anche il comandante è un dipendente identico agli altri, dunque potenziale “factotum”, ricordo che:

1) il CCNL sta sempre sotto la legge (statale o regionale che sia, sempre legge è) e mai sopra;

2) la polizia locale è regolata da leggi – statale e regionali – di “ordinamento”, che costituiscono un sistema compiuto, autosufficiente e predominante nel sistema organizzativo, oggi confermato anche dal Consiglio di Stato con le ormai arcinote sentenze n. 2518 del 15 marzo 2024 e n. 6871 dell’11 luglio 2024, nonché dall’art. 70, comma 2, D.Lgs 165/2001;

3) la generica possibilità di estensione delle mansioni astrattamente prevista da un CCNL per i vertici gestionali degli enti locali deve pertanto arrendersi dinanzi alle leggi speciali sulla polizia locale.

In ultimo, ma certo non per ordine di importanza, credo sia anche bene sottolineare che il più volte citato comma 221 L. 208/2015, parla solo e unicamente di “comandanti” e non anche di personale della polizia locale, il che significa che il vincolo di esclusività per agenti, sottufficiali e ufficiali permane inviolabile e inalterato ai sensi dell’art. 3, L. 65/1986 (“Gli addetti al servizio di polizia municipale esercitano nel territorio di competenza le funzioni istituzionali previste dalla presente legge e collaborano, nell’ambito delle proprie attribuzioni, con le Forze di polizia dello Stato, previa disposizione del sindaco, quando ne venga fatta, per specifiche operazioni, motivata richiesta dalle competenti autorità.”).

Dico ciò perché con il pretesto del comma 221, da qualche amministratore posto furbescamente in una chiava di lettura capziosamente estensiva, molti enti locali hanno inteso attribuire nuove mansioni non solo o non tanto al comandante, ma all’intera struttura di polizia locale nel nome de “il comma 221 L. 208/2015 si applica a tutta la polizia locale” pertanto “questa differente e aggiuntiva attività burocratica la fa il comandante con tutti i suoi vigili”.

Nulla di più sbagliato!!

Se al comandante si attribuisse ex comma 221 L. 208/2015, un ulteriore incarico, per es. quello di titolare del servizio comunale di “viabilità e segnaletica stradale”, quel comandante diverrebbe a norma di legge lui e solo lui “parte” di quest’ultimo ufficio con il potere di gestire i relativi dipendenti tecnici e amministrativi già lì preposti, con l’effetto che il “giochetto estensivo” non potrà essere dilatato fino a raggiungere il restante personale di polizia locale, il quale dovrà continuare a occuparsi soltanto di polizia locale e giammai di procedimenti sulla viabilità e segnaletica stradale.

E altrettanto dicasi per ogni ulteriore incarico legittimamente ed eventualmente attribuito al comandante così che, per fare un altro esempio, se a quest’ultimo venisse affidato il compito di gestire l’ufficio protocollo del Comune, dietro allo sportello di ricezione degli atti non dovrà/potrà trovarsi un agente di polizia locale con il timbro di ricevuta in mano, bensì l’impiegato amministrativo a ciò preposto, il quale risponderà del suo operato al comandante.

In conclusione ricordo come in più di un’occasione anche la Corte dei conti abbia censurato dette misure organizzative praeter legem (anzi, se non addirittura contra legem), quali causa certa di danno erariale giacché l’illecita distrazione della “causale-lavoro/stipendio” in capo ai dipendenti di polizia locale è sicura origine di mala gestio delle risorse economiche.

Nel senso che un agente di polizia (ex cat. C + i.v.) retribuito come tale con un costo X verrebbe sottratto dal suo servizio di pubblica sicurezza sul territorio e adibito a mansioni impiegatizie, alla cura delle quali sarebbe sufficiente un normale impiegato da stipendiare certamente in misura inferiore al costo di X-Y.

In altri termini, a un pubblico dipendente pago uno stipendio più elevato di polizia, ma non gli faccio fare il previsto servizio di polizia sul territorio (che pertanto contemporaneamente nego alla collettività), come quel maggior stipendio e quello specifico ruolo vorrebbero, bensì lo utilizzo impropriamente per coprire un lavoro burocratico d’ufficio che la stessa collettività dovrebbe veder pagato con uno stipendio inferiore.

Da qui il danno erariale e, se vogliamo, l’interruzione di pubblico servizio.

LUCA MONTANARI

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