Tutela del lavoratore: è consentita la videosorveglianza in aree accessibili al pubblico?
La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 3045 del 6 febbraio 2025 riguarda il licenziamento disciplinare di un lavoratore, impugnato fino alla Suprema Corte.
Sintesi della vicenda:
- Il lavoratore (ricorrente) era stato licenziato dalla società X S.r.l. per sottrazione di beni aziendali (pedane di merce in eccesso rispetto ai piani di carico).
- La Corte d'Appello di Catania aveva confermato la legittimità del licenziamento, ritenendo che la contestazione disciplinare fosse stata tempestiva e specifica, che i controlli tramite videoregistrazioni fossero legittimi e che la sanzione fosse proporzionata alla gravità della condotta.
Motivi del ricorso:
Il ricorrente ha sollevato 12 motivi, tra cui:
- Mancanza di specificità e tempestività della contestazione disciplinare, sostenendo che il datore di lavoro non avesse fornito dettagli precisi sui fatti contestati.
- Illegittimità delle videoregistrazioni per violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (assenza di autorizzazione sindacale) e per un presunto deposito tardivo e irregolare delle prove.
- Errata valutazione delle prove, inclusi filmati e testimonianze, che a suo dire avrebbero dimostrato l'assenza di dolo e la possibilità di errore umano.
- Proporzionalità della sanzione, ritenendo eccessivo il licenziamento rispetto alla condotta contestata.
- Intento ritorsivo del licenziamento, sostenendo che il datore di lavoro avesse atteso un secondo episodio per giustificare il recesso.
Decisione della Cassazione:
- Inammissibilità del ricorso: La Corte ha ritenuto che i motivi fossero formulati in modo disorganizzato e ripetitivo, senza una chiara distinzione tra violazione di legge e vizio di motivazione.
- Legittimità della contestazione disciplinare: La Corte ha confermato che la contestazione era chiara, tempestiva e rispettosa delle norme vigenti.
- Validità delle videoregistrazioni: Sono state considerate lecite perché destinate alla tutela del patrimonio aziendale, non alla sorveglianza del lavoratore.
- Giusta causa del licenziamento: La Corte ha ritenuto che la sottrazione di beni aziendali costituisse una violazione irreparabile del rapporto fiduciario, giustificando il licenziamento.
- Rigetto delle accuse di intento ritorsivo: Il lavoratore non ha fornito prove concrete per dimostrare che il licenziamento fosse mosso da intenti ritorsivi.
- Conferma della condanna alle spese legali: Il ricorrente è stato condannato a pagare 5000 euro, oltre accessori di legge.
Conclusione:
La Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento disciplinare e ribadendo l’ammissibilità delle prove video.
***********************************************++E’ legittimo l'utilizzo delle videoregistrazioni finalizzate alla tutela del patrimonio aziendale, come consentito dall'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, se collocate e installate nel piazzale esterno dell'azienda, cioè in un'area aperta al transito di soggetti esterni, e non in locali interni riservati ai dipendenti (Cass. 6 febbraio 2025 n. 3045).La recente sentenza della Cassazione si articola tra il richiamo alle regole generali sui controlli a distanza, affrontando anche il caso specifico rispetto al quale si pone un problema di legittimità di controlli a distanza di tipo difensivo mediante l’uso della videosorveglianza,Ne caso specifico l’uso delle telecamere era destinato alla sicurezza e alla protezione del patrimonio aziendale per il quale lo statuto dei lavoratori prescrive, per la sua legittimità, o l’accordo sindacale aziendale oppure l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, quando si tratti di controlli precauzionali di tipo generale.Trattandosi di utilizzo di videoriprese esterne, il lavoratore non era specificamente controllato, ma semplicemente investito dal raggio d'azione delle telecamere mentre svolgeva operazioni di carico all'esterno. I giudici confermano quindi il rispetto della privacy dei lavoratori e la proporzionalità del mezzo, dal momento che le riprese erano effettuate in aree visibili e accessibili al pubblico, senza ingerenze nella sfera privata del lavoratore.La sentenza della Cassazione ammette poi la validità di prova delle registrazioni effettuate nell’ambito di un giudizio, perché lo Statuto dei Lavoratori non vieta i controlli difensivi quando questi sono rivolti alla tutela del patrimonio aziendale. Purché, aggiungiamo, ricorrano una serie di condizioni stabilite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2019 quando si tratti di controlli difensivi preventivi basati su una serie di indizi e requisiti che fuoriescono dalle regole dello statuto dei lavoratori e che i giudici hanno cosi individuato:- l'area oggetto di ripresa deve essere alquanto circoscritta;– le videocamere devono essere in funzione per un periodo temporale limitato,– non è possibile ricorrere a mezzi alternativi,– le immagini sono state utilizzate soltanto a fini di prova dei reati commessi,– ci sono fondati e ragionevoli sospetti di reati commessi dai lavoratori
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Cass. civ., sez. lav., sent., 6 febbraio 2025, n. 3045 su premium