Trasporto su strada: calcolo dei tempi di guida
Cassazione Civile, Sez. 2, 22 ottobre 2024, n. 27331 - Trasporto su strada: calcolo dei tempi di guida
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Cassazione Civile, Sez. 2, 22 ottobre 2024, n. 27331 - Trasporto su strada: calcolo dei tempi di guida
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Presidente
Dott. CARRATO Aldo - Consigliere
Dott. FALASCHI Milena - Relatore
Dott. PAPA Patrizia - Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 16525-2021 proposto da:
A.A. e
B.B., rappresentati e difesi dall'Avv. Roberto Valentini del Foro di
Chieti, con procura speciale in calce al ricorso, ed elettivamente
domiciliati in Francavilla al Mare, via Barbatella n. 4, presso lo
studio del difensore;
- ricorrenti -
contro
MINISTERO
DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona del Ministro pro
tempore (C.F. (Omissis), e ISPETTORATO DEL LAVORO DI C-P (Omissis),
rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato
(C.F. 80224030587) ed elettivamente domiciliati presso gli uffici della
stessa in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
- controricorrenti -
avverso la sentenza del Tribunale di Chieti n. 738/2020 pubblicata in data 10 dicembre 2020 e non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2024 dal Consigliere Milena Falaschi.
FattoDiritto
Ritenuto che:
- con ricorso
depositato dinnanzi al Giudice di Pace di Chieti, A.A. e B.B.
impugnavano il verbale di accertamento di illecito amministrativo, n.
prog. 120/2016 prot. n. 21442, elevato il 10 maggio 2016, con il quale
la Direzione Territoriale del Lavoro di C-P, a seguito di ispezione
amministrativa, contestava ai ricorrenti, nelle rispettive qualità di
conducente e di responsabile in solido, la violazione dell'art. 7 del reg. CE n. 561/2006 e dell'art. 174, comma 4 del C.d.S.,
per non avere il conducente, A.A., effettuato i periodi di pausa dalla
guida, prescritti dalla normativa in materia, allorchè in data 6 ottobre
2015, alla conduzione dell'autoveicolo (Omissis), al termine di 4 ore e
30 minuti di guida non osservava una interruzione di 45 minuti, ma solo
brevi soste con una pausa insufficiente di 31 minuti, eccependo la
nullità e l'illegittimità della contestazione elevata in difetto di
potere della D.T.L., trattandosi di sanzioni in materia di violazione
delle norme del Codice della Strada e, nel merito, lamentando
l'insussistenza della violazione contestata, per avere il conducente
svolto un primo periodo di guida di complessive 3 ore e 32 minuti,
intervallato da due brevissimi periodi di un minuto ciascuno per
attività di carico e di scarico, seguito da una sosta di 31 minuti, e
poi da un ulteriore periodo di guida di un'ora, seguito da una pausa
lunga di 10 ore e 44 minuti;
- instaurato il contraddittorio, il
Giudice di prime cure, nella resistenza dell'Amministrazione intimante,
istruita la causa, con sentenza n. 196 del 2018, affermata la competenza
degli Ispettori del lavoro all'accertamento delle violazioni e
all'applicazione delle relative sanzioni previste dal Codice della
Strada, nel merito, rigettava il ricorso;
- in virtù di gravame
interposto dagli originari opponenti, inizialmente dinanzi al Tribunale
dell'Aquila e poi con riassunzione, avanti al Tribunale di Chieti, per
competenza funzionale, nella resistenza dell'appellato, con sentenza n.
738 del 2020, il Giudice rigettava l'appello e condannava gli appellanti
alle spese, evidenziando che l'atto impugnato in primo grado era un
verbale di accertamento reso dagli operatori della D.T.L. contenente
l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e non
un'ordinanza ingiunzione, di competenza prefettizia. Inoltre,
riconosceva la legittimazione dell'organo sanzionatore alla
contestazione della violazione e alla irrogazione della sanzione alla
luce della giurisprudenza di legittimità.
Nel merito, rilevava la
legittimità della sanzione, ritenendo sussistere la condotta illecita
per non essere utili ai fini del conteggio del tempo di guida le
"interruzioni non annotate su supporto cartaceo". Infatti, il Tribunale
riteneva computabili le sole pause dalla guida nei momenti in cui il
conducente non doveva né guidare né dedicarsi ad altre attività, quali
il carico e lo scarico delle merci;
- per la cassazione della
sentenza del Tribunale di Chieti A.A. e B.B. propongono ricorso,
articolato in tre motivi, cui resistono con controricorso il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali e l'Ispettorato territoriale del
lavoro di C-P.
Atteso che:
- con il primo motivo di
ricorso, con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., i
ricorrenti censurano la sentenza per la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 12, D.Lgs. n. 285/1992
e 57 c.p.p., per avere il Tribunale di Chieti erroneamente riconosciuto
agli Ispettori del lavoro il potere di accertare ed irrogare sanzioni
in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale. Il
motivo è infondato.
La costante giurisprudenza di legittimità, in
materia di violazione delle disposizioni del regolamento comunitario
avente ad oggetto la disciplina del trasporto su strada, riconosce al
Ministero del Lavoro non solo poteri di accertamento ma anche
sanzionatori in siffatta materia, dovendosi disattendere la tesi
difensiva dei ricorrenti, secondo cui la competenza a irrogare le
sanzioni appartiene in via esclusiva agli organi individuati nell'art.
12 del D.Lgs. n. 285/1992 e
nell'art. 57 c.p.p. (da ultimo, v. Cass. 26 settembre 2018 n. 22896).
Si deve tenere conto che tale potestà di controllo e sanzionatoria per
la violazione della disciplina attinente ai tempi di guida degli
autoveicoli adibiti al trasporto di persone o cose, di cui al
regolamento comunitario del 15 marzo 2006 n. 561, che reca la disciplina
"in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, che modifica i
regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e n. 2135/98 e abroga il regolamento n. 3820/85
del Consiglio", è riconosciuta espressamente nell'art. 174 comma 2 cod.
strada. Nella specie, è contestata la violazione dell'art. 7 primo
comma del Reg. n. 561/2006, che prescrive al conducente di osservare
un'interruzione di almeno 45 minuti, dopo aver effettuato un periodo di
guida di quattro ore e mezzo, a meno che non inizi un periodo di riposo.
Le disposizioni del regolamento - che sono direttamente applicabili
nell'ordinamento interno senza necessità di trasposizione - perseguono
finalità di garantire sia la sicurezza dei trasporti su strada, sia la
protezione dei lavoratori addetti a tale attività.
Occorre
considerare poi, che l'art. 174 cod. strada sanziona la violazione delle
prescrizioni dei regolamenti comunitari commesse sia dai conducenti che
dai datori di lavoro, per i quali peraltro sussiste tanto una
responsabilità per fatto proprio (per inadempimento degli obblighi
gravanti direttamente sugli stessi), sia quella solidale per le
violazioni commesse dai propri dipendenti (art. 174, comma 13 cod.
strada). In altri termini, gli obblighi posti a carico del datore di
lavoro, pur finalizzati alla protezione del lavoratore dipendente,
soddisfano indirettamente anche l'esigenza di sicurezza dei trasporti;
analogamente gli obblighi posti a carico dei conducenti, pur miranti
alla sicurezza dei trasporti, proteggono anche l'attività lavorativa dei
conducenti medesimi (Cass. n. 13364/2003; Cass. n. 17779/2003 in
motivazione; Cass. n. 14501/2003).
Pertanto, la ripartizione
delle competenze per i controlli su strada - e quindi sui conducenti -
attribuita agli organi di polizia e per i controlli nelle imprese - e
quindi sui datori di lavoro - attribuita agli organi ispettivi (fra cui
le direzioni provinciali del lavoro) non importa separazione, ma
complementarietà dei due livelli di protezione, come testualmente
riconosciuto anche nel comma 2 dell'art. 174 del Codice della Strada. La
norma, infatti, obbliga tanto i conducenti quanto i datori di lavoro
all'esibizione, "per il controllo", dei "registri di servizio" di cui al
Reg. (CE) n. 561/2006,
non solo "al personale cui sono stati affidati i servizi di polizia
stradale ai sensi dell'art. 12 del presente codice", ma "anche ai
funzionari del Dipartimento per i trasporti, la navigazione... e agli
ispettori della direzione provinciale del lavoro", attestando così una
duplice competenza di controllo agli organi individuati che è
perfettamente confacente alla duplice ratio di tutela della norma.
Si
deve, quindi, dare continuità al principio (a cui la sentenza impugnata
si è evidentemente attenuta) per il quale, "in tema di violazioni delle
disposizioni previste dall'art. 174 cod. strada, l'esame dei registri
di servizio e dei dischi cronotachigrafi installati sull'autoveicolo è
finalizzato all'accertamento del rispetto dei limiti temporali
dell'orario di lavoro e risponde, quindi, alla duplice esigenza di
garantire la sicurezza della circolazione e di tutelare i lavoratori
addetti al settore dell'autotrasporto. Pertanto, la competenza a
svolgere tali verifiche e ad irrogare le relative sanzioni appartiene,
oltre che ai soggetti normalmente preposti alla sicurezza stradale,
anche all'ispettorato del lavoro" (Cass. 12 ottobre 2016 n. 20594);
-
con il secondo motivo i ricorrenti censurano la sentenza, ai sensi
dell'art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., denunciandone la nullità, per
avere il giudice di merito omesso di pronunciarsi sulla domanda con la
quale gli appellanti chiedevano di dichiarare l'erronea inclusione, nel
calcolo dei tempi di guida, dei momenti spesi per attività diverse dalla
guida, nonché sulla mancata applicazione della tolleranza di calcolo
prevista dalla Decisione n. 3579 del 7 giugno 2011 della Commissione
europea.
Con il terzo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360,
comma 1, n. 3), i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 174 comma 4 C.d.S., 4 lett. j) e 7 del
Regolamento (CE) n. 561/2006 con riferimento alla Decisione n. 3579 del 7
giugno 2011 della Commissione Europea, per avere il giudice di secondo
grado incluso nel calcolo dei tempi di guida massimi consentiti dalla
suddetta normativa anche i tempi impiegati dall'autista per il carico e
lo scarico delle merci e delle altre attività lavorative diverse dalla
guida.
I due motivi - che per la connessione logica che avvince
le prospettate questioni vanno trattati congiuntamente - sono infondati.
Va
preliminarmente osservato che l'esame dei registri di servizio e dei
dischi cronotachigrafi è finalizzato all'accertamento del rispetto dei
limiti temporali dell'orario di lavoro, che risponde alla duplice
esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e la tutela del
lavoratore (cfr. Cass. n. 36429/2021; Cass. n. 25622/2014 e Cass. n.
21062/2014). Del resto, il Regolamento (CE) n. 561/2006,
la cui ratifica ha comportato la modifica dell'art. 174 C.d.S., comma 4
(con la legge n. 120 del 2010), ha riformato la disciplina in materia
di riposo degli autotrasportatori e viene dallo stesso legislatore
comunitario qualificato come atto comunitario incidente sia in materia
di rapporto di lavoro degli autotrasportatori sia in materia di
sicurezza stradale, come a tal fine, invero, è stato osservato anche
dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea con la valorizzazione dei
considerando nn. 19 e 22 del Regolamento. In questi, infatti, viene
esplicitamente annoverata la sicurezza stradale tra le finalità ultime
dell'obbligo assunto dagli Stati membri dell'UE di disporre misure e di
eseguire controlli sul rispetto dei periodi di riposo giornalieri e
settimanali degli autotrasportatori. Allo stesso modo, anche l'art. 1
proietta la regolamentazione dei periodi di guida, interruzione e riposo
nell'ottica del miglioramento delle condizioni di lavoro e della
sicurezza stradale. L'argomento letterale illustrato è oltretutto
confermato e rafforzato, da diversi pronunciamenti della Corte di
Giustizia delle Comunità Europee, nei quali si afferma che il
Regolamento (CE) n. 561/2006
mira ad armonizzare le condizioni di concorrenza relative al settore
stradale e a migliorare le condizioni di lavoro del personale di tale
settore nonché la sicurezza stradale (cfr. Corte Giust. CCEE, Lundberg,
0310-2013, in causa C-317/12), ed egualmente che nell'ambito del
medesimo Regolamento tali obiettivi consistono, da un lato, nel
miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti nonché della
sicurezza stradale in generale, e, dall'altro, nella definizione di
criteri uniformi relativi ai periodi di guida e di riposo dei conducenti
nonché nel loro controllo all'interno degli Stati membri dell'Unione
(cfr. Corte Giust. CCEE, Urbén contro Vàmés PénzugyOrség Észak-alfdldi
Regionélis Parancsnokséga, 09-02-2012, in causa C-210/10).
In
sintesi, affermata l'effettiva incidenza e la diretta applicabilità del
regolamento comunitario in esame, sia in materia di tutela dei
lavoratori nel settore del trasporto su strada, sia in materia di
sicurezza stradale, si deve tenere conto di tale duplice ratio
nell'interpretazione delle norme determinati le modalità di calcolo dei
tempi di guida a cui i conducenti devono alternare dei tempi di riposo.
L'art. 7 primo comma del Regolamento (CE) n. 561/2006
prescrive al conducente "un'interruzione di almeno 45 minuti
consecutivi", dopo avere effettuato un periodo di guida di quattro ore e
mezza; ovvero, al secondo comma, alternativamente, "un'interruzione di
almeno 15 minuti, seguita da un'interruzione di almeno 30 minuti
"qualora questi due momenti di pausa siano intercalati in un periodo di
guida della durata totale di quattro ore e mezza, così da rispettare
complessivamente l'alternanza di una interruzione di 45 minuti
dall'attività lavorativa, per ogni periodo di quattro ore e mezza di
guida.
Ai sensi dell'art. 4 primo comma, lettera d) del suddetto
Regolamento, per "interruzione" deve intendersi un "periodo in cui il
conducente non può guidare o svolgere altre mansioni e che serve
unicamente al suo riposo". È pertanto un arco temporale in cui il
conducente deve godere della propria inattività, astenendosi tanto dalla
guida, quanto dallo svolgimento delle "altre mansioni", così come
normativamente definite dalla lettera e) della medesima disposizione.
L'interpretazione
sistematica, quindi, alla luce delle definizioni di cui all'art. 4 del
Regolamento, permette di individuare nel periodo di "interruzione" di
cui all'art. 7, un tempo in cui il conducente non deve dedicarsi ad
alcuna delle "attività comprese nella definizione di orario di lavoro
diverse dalla "guida", ai sensi dell'articolo 3, lettera a) della
direttiva 2002/15/CE, nonché qualsiasi operazione svolta per il medesimo
o per un altro datore di lavoro, nell'ambito o al di fuori del settore
dei trasporti" (art. 4, primo comma, lettera e), Regolamento (CE) n. 561/2006).
Non si deve, pertanto, considerare quale effettiva interruzione la
sospensione operosa dalla guida in cui il conducente si occupa del
carico e dello scarico delle merci. Questa attività, in quanto "altra
mansione" (art. 4, primo comma, lettera e), deve essere inclusa nel
calcolo della durata del tempo di guida e di lavoro e non nell'arco
temporale dell'interruzione, essendo un'attività espressamente compresa
nella definizione di orario di lavoro diversa dalla guida, ai sensi
dell'articolo 3, lettera a), n. 1), punto ii) della direttiva 2002/15/CE,
"concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che
effettuano operazioni mobili di autotrasporto". Pertanto, come si è già
avuto modo di sottolineare, i motivi di ricorso sono privi di pregio,
poiché in modo conforme alla sopraesposta interpretazione della
disciplina in oggetto, il Giudice di secondo grado ha osservato che le
interruzioni alla guida non risultano significative ai fini del calcolo
della corretta alternanza tra tempo di guida e tempo di riposo, se
questi non costituiscono un momento di effettiva sospensione
dell'attività lavorativa, intendendosi tale non solo l'attività di
guida, ma anche le altre mansioni incluse normativamente nell'orario di
lavoro degli autotrasportatori (v. p. 3 della sentenza).
Infine,
alla luce di quanto rilevato, è inconferente e infondate la denuncia di
nullità della sentenza di cui al secondo motivo di ricorso, non
sussistendo alcuna omissione nella pronuncia del giudice di merito.
Secondo
il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (v. da
ultimo, Cass. n. 12131 del 08/05/2023) si configura la decisione
implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o
di un'eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile
d'ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non
espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un'altra
questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario
antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne
consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una
eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa
pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento),
bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché
la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea
e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da
portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla
sua decisività (v. in massima: Cass. n. 7406/2016; Cass. n. 11844/2006;
Cass. n. 13649/2005).
Nella specie, non sussiste alcuna
omissione, ma si rileva un implicito rigetto della domanda con cui
l'appellante chiede al Tribunale di espungere dal calcolo del tempo di
guida i tempi di interruzione della stessa e dedicati dal conducente
all'attività di carico e scarico delle merci. Il giudice di merito ha,
infatti, implicitamente escluso la fondatezza di tale domanda, facendo
corretto governo del principio di diritto sopraesposto per cui il tempo
dedicato ad altre mansioni collegate all'impiego di autotrasportatore
deve essere considerato tempo di lavoro e, quindi, incluso nel tempo di
guida, osservando che "le interruzioni di guida non sono utili ove non
coprano ciascuna il lasso temporale per aversi riposo dalla guida
stessa" (v. p. 3 della sentenza impugnata).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In
considerazione del tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi
dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
degli stessi ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo contributo
unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione,
se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali e dell'Ispettorato del Lavoro di C-P
che si liquidano in complessivi Euro 510,00, oltre a spese prenotate e
prenotande a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012,
n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il
ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile del 31 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2024.