I requisiti soggettivi per il commercio ambulante su area pubblica

 I requisiti soggettivi per il commercio ambulante su area pubblica

La sentenza del Consiglio di Stato n. 6750 del 10 luglio 2023 definisce la portata dei requisiti soggettivi delle imprese titolari di concessione su area pubblica per commercio ambulante.


Cons. Stato Sez. VII, Sent., (ud. 3 maggio 2023) 10 luglio 2023, n. 6750

Art. 181, comma 4-bis, D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (G.U. 19 maggio 2020, n. 128, S.O.)

 

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 Pubblicato il 10/07/2023

N. 06750/2023REG.PROV.COLL.

N. 00439/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 439 del 2022, proposto da FITT S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Caloi e Nicola Grani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Michelon e Fulvia Squadroni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Michelon in Verona, Piazza Bra, 1;

nei confronti

Pescina Marco, nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, sez. III, n. 1266/2021, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2023 il Cons. Daniela Di Carlo;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso n. 1020/2021, proposto dinanzi al Tar del Veneto, la S.r.l. FITT ha impugnato, chiedendone l'annullamento:

a) il provvedimento prot. n. 0243451/2021 del 17 luglio 2021, con cui il Dirigente della Direzione Commercio ed Attività Produttive del Comune di Verona le ha negato il rinnovo della concessione per l'occupazione di suolo pubblico per l’esercizio dell'attività di commercio di articoli del settore merceologico non alimentare, all’interno nel posteggio n° 110 del mercato settimanale dello Stadio (precisamente, si tratta della concessione n° 1048886/A del 13 marzo 2012, intestata alla ditta Brunella Catellani, alla quale la ricorrente è subentrata per acquisto di ramo di azienda, poi affidato in gestione all'affittuario signor Marco Pescina;

b) il provvedimento PG 271353 del 12 agosto 2021, con cui il medesimo Dirigente comunale, in riscontro alla nota datata 6 agosto 2021 con cui la ricorrente sollecitava l’Amministrazione ad annullare in autotutela il diniego ed a concederle il rinnovo della concessione, ha confermato il diniego del rinnovo in questione.

2. A sostegno del ricorso, la società deducente articolava due motivi:

I. Violazione di legge - Violazione e falsa applicazione dell’art. 181, comma 4-bis DL 34/2020, convertito nella legge 17/7/2020 n. 77, e delle linee guida di cui all’allegato A al DM Ministero Sviluppo Economico 25/11/2020 e della Delibera di Giunta Regionale del Veneto n° 1704 del 29/12/2020.

Nella sostanza, la società si doleva del fatto che il Comune avesse erroneamente interpretato il dettato normativo del cit. art. 181, comma 4-bis, esigendo il possesso di un requisito (l’essere iscritti ai registri camerali quale ditta attiva nella specifica tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione) non previsto dalla norma.

II. Eccesso di potere - Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento - Violazione di legge: violazione degli art. 1 comma 1180 della legge n. 205 del 2017 e dell’art 13, comma 2-sexies (introdotto dall’art. dall'articolo 3-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 novembre 2020, n. 159); inoltre, dei commi 2 e 3 del medesimo articolo 3-bis.) del DL 13/2020, convertito nella L. 27/2020.

La ricorrente sosteneva che non sussistevano le condizioni per denegare il rinnovo della concessione, atteso che per effetto delle proroghe previste dalla legge la medesima sarebbe dovuta durare almeno sino al 31 marzo 2022, salvo ulteriori proroghe.

3. Il Tar ha accolto il ricorso limitatamente al secondo motivo, statuendo che alla concessione, con scadenza prevista al 31 dicembre 2021, era applicabile l’art. 26-bis, del d.l. 22/03/21, n. 41, e che pertanto l’efficacia della stessa doveva ritenersi prorogata per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, e cioè sino al 31 dicembre 2022, con conseguente caducazione dell’atto impugnato in parte qua, ossia nella sola parte in cui si disponeva che “entrambe le ditte Fitt Srl e Pescina Marco non hanno conseguentemente più titolo per operare nel posteggio in parola” e che “l'eventuale attività svolta sarà considerata esercitata abusivamente” (questo capo della pronuncia non risulta essere stato appellato dal Comune di Verona, né con ricorso autonomo, né con ricorso incidentale, sicché lo stesso deve considerarsi oramai passato in giudicato).

Il Tar ha respinto, invece, il primo motivo di ricorso, aderendo alla tesi propugnata dal Comune di Verona secondo cui le linee guida del Ministero dello Sviluppo Economico di cui all’Allegato A al d.m. 25 novembre 2020 dovevano intendersi come specificative di una disposizione implicitamente prevista dalla normativa di rango primario, così da potere legittimamente imporre ai fini del rinnovo del titolo concessorio, sia all’impresa titolare della concessione da rinnovare, sia al soggetto gestore dell’azienda, l’obbligo dell’iscrizione nei registri camerali quale impresa “attiva nella tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione”.

4. L’appello si è incentrato su un unico, complesso motivo (Violazione di legge - Violazione dell’art 12 delle preleggi - Violazione del principio ubi lex voluit dixit, ubi tacuit noluit - Violazione e falsa applicazione dell’art. 181 comma 4bis DL 34/2020, convertito nella legge 17/7/2020 n° 77, e delle linee guida di cui all’allegato A al DM Ministero Sviluppo Economico 25/11/2020 e della Delibera di Giunta Regionale del Veneto n° 1704 del 29/12/2020), attraverso il quale, nella sostanza, si sono riproposte tutte le argomentazioni disattese dal Tar, ossia che la locuzione “ditta attiva” contenuta nell’art. 181, comma 4-bis, d.l. n. 34, conv. in l. 17/7/2020, n. 77, non può contenere implicitamente in sé l’espressione “per la tipologia per di attività per cui è stata rilasciata la concessione”, in quanto, se così si opinasse, il risultato sarebbe quello di introdurre di fatto e in via puramente esegetica un nuovo presupposto di rinnovo della concessione, non previsto dal legislatore primario.

5. Il Comune di Verona ha resistito al gravame, insistendo per la conferma della sentenza impugnata.

6. All’udienza pubblica del 3 maggio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è fondato.

Il Tar ha respinto il primo motivo di ricorso motivando che “il Ministero dello Sviluppo Economico, laddove, nelle linee guida di cui all’All. A al d.m. 25 novembre 2020, ha imposto, ai fini del rinnovo, che l’impresa titolare della concessione da rinnovare (e non semplicemente la gerente temporanea dell’azienda) fosse iscritta nei registri camerali quale impresa “attiva nella tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione”, abbia solo esplicitato un concetto che il legislatore nella formulazione dell’art. 181, comma 4 bis, d.l. n. 34, conv. in l. 17/7/2020, n. 77, ha essenzialmente dato per implicito. Infatti, laddove la norma che precede impone, ai fini del rinnovo, tra gli altri requisiti, che il soggetto titolare dell'azienda sia iscritto nei registri camerali quale “ditta attiva”, presuppone che tale iscrizione concerna proprio la tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione.

Ciò in quanto il rinnovo di una concessione costituisce un “nuovo” rilascio (a differenza della proroga che si caratterizza per il prolungamento, senza soluzione di continuità, della concessione in essere) e come tale, quindi, è logico che il soggetto imprenditoriale che richieda la titolarità della concessione sia iscritto nei registri camerali quale ditta attiva nella specifica tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione. In questo senso, quindi, anche quando il d.m. fa riferimento al “caso di pregressa integrale cessione in gestione a terzi dell'azienda intestataria delle concessioni da parte del titolare”, il possesso del requisito dell'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva sottintende che si tratti di iscrizione concernente la tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione e viene richiesto il rinnovo. D’altronde, in considerazione della situazione di dissociazione tra il soggetto titolare della concessione originaria e il gerente l’azienda, ragionevolmente il d.m. ha consentito che il soggetto titolare, eventualmente inattivo, o, come nel caso di specie, non attivo nella specifica tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione, potesse comprovare il requisito mediante presentazione di istanza per la reiscrizione secondo le norme vigenti, entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento di rinnovo e, comunque, entro e non oltre il 30 giugno 2021.”.

Ad avviso del Collegio, il ragionamento logico-giuridico seguito dal Tar non può essere condiviso.

In fatto, i contorni della vicenda emergono in misura sufficientemente chiara sulla base degli atti e dei documenti versati al giudizio.

In particolare, la S.r.l. FITT ha come oggetto sociale il commercio all’ingrosso, nazionale ed estero, di articoli per l’abbigliamento e relativi accessori, articoli tessili per l’arredamento della casa, oggettistica per l’arredamento in genere ed elettrodomestici.

Con contratto datato 14 giugno 2018, rep. 7206 Dott. De Negri di Vicenza, la FITT ha acquistato dalla signora Catellani Brunella, che era titolare della concessione di occupazione di suolo pubblico per l’esercizio del commercio sul posteggio 110 del mercato del sabato allo Stadio di Verona n° 104886/A del 13/03/2012, il ramo di azienda commerciale “costituito da un posteggio per il commercio su aree pubbliche al mercato settimanale di Verona, nella giornata di Sabato, nella zona “stadio”, contrassegnato dal n. 110, esercitato in forza di regolare Comunicazione inviata allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) di Verona in data 2 febbraio 2017”.

Per effetto dell’acquisto, la detta concessione di occupazione di suolo pubblico veniva volturata a nome della FITT e affittata in pari data (con scrittura privata rep. 7207 Dott. De Negri di Vicenza) al signor Marco Pescina, nella qualità di titolare della omonima ditta individuale.

In diritto, il quadro normativo di riferimento è sufficientemente chiaro, preciso ed adeguato.

Più in particolare, l’art. 181, comma 4-bis, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come inserito dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, prevede che “Le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2013, nel rispetto del comma 4-bis dell' articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell'azienda, sia che la conduca direttamente sia che l'abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività”.

Le linee guida alle quali rimanda la succitata disposizione sono contenute nell’allegato A al D.M. 25 novembre 2020 e nella delibera della Giunta della Regione Veneto n. 1704/2020 (docc. 10 e 11). L’art. 3 delle linee guida prevede, in particolare, che “Le suddette concessioni sono rinnovate in favore del soggetto titolare dell’azienda intestataria della concessione, a prescindere della forma giuridica prescelta, sia che la conduca direttamente sia l’abbia conferita in gestione temporanea e previa verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi, di onorabilità e professionali, ove richiesti, di cui all’art. 71 del D.Lvo 59/20210 o di quelli stabiliti dalle Regioni con proprie leggi, nel rispetto delle presenti linee guida, secondo quanto indicato al punto 11”.

Il successivo art. 4 dispone che “… L’iscrizione ai registri camerali quale impresa attiva nella tipologia di attività per cui è stata la concessione oggetto di rinnovo è un requisito che non può non essere posseduto all’avvio del procedimento di rinnovo, a condizione che sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività”.

Le cause di impedimento sono: malattia, gravidanza e puerperio, assistenza a fili minori invalidi, successione mortis causa in corso di definizione.

L’art. 5 prevede, inoltre, che “In caso di pregressa integrale cessione in gestione a terzi dell’azienda intestataria delle concessioni da parte del titolare, il possesso del requisito dell’iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva può essere comprovato mediante presentazione di istanza per la reiscrizione secondo le norme vigenti, entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento di rinnovo e, comunque, entro e non oltre il 30 giugno 2021. Dal 1° luglio 2021 i Comuni che annoverino la casistica da ultimo menzionata sono tenuti a svolgere le necessarie verifiche presso la CCIAA e l’eventuale esito negativo determina l’automatica revoca della concessione ottenuta in carenza del requisito”.

La deliberazione della Giunta della Regione Veneto n. 1704/2020 contiene disposizioni analoghe, richiamando la disciplina contenuta nel citato art. 181, comma 4-bis, d.l. 19 maggio 2020, n. 34 e nelle predette linee guida.

Sulla base del succitato quadro normativo, si inferisce che l’unico requisito previsto ai fini della iscrizione alla Camera di Commercio sia quello che il titolare della concessione sia iscritto come “ditta attiva”.

La sola disposizione in cui si menziona l’espressione “impresa attiva nella tipologia di attività commerciale per la quale è stata rilasciata la concessione oggetto di rinnovo” si trova nell’art. 4 dell’allegato A al D.M. 25 novembre 2020, laddove si legge che “L’iscrizione ai registri camerali quale impresa attiva nella tipologia di attività per cui è stata la concessione oggetto di rinnovo è un requisito che non può non essere posseduto all’avvio del procedimento di rinnovo, a condizione che sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività”.

Tale requisito deve intendersi riferito alle sole imprese che siano titolari della concessione e che esercitino effettivamente l’attività per la quale la concessione oggetto di rinnovo è stata rilasciata. Tale circostanza, in particolare, viene chiarita dall’ultimo periodo del citato art. 4, laddove si prevede che “Le suddette cause di impedimento si applicano nel caso in cui l’attività di commercio su aree pubbliche sia esercitata in forma di impresa individuale oppure in caso di società di persone, qualora le cause di sospensione riguardino tutti i soci”.

Laddove invece, come nel caso all’esame, il titolare della concessione si trova nella condizione di avere ceduto in gestione a terzi l’azienda, trova applicazione il successivo art. 5, che menziona il solo requisito dell’essere iscritto alla Camera di Commercio quale “ditta attiva” e non già quale “impresa attiva nella tipologia di attività commerciale per la quale è stata rilasciata la concessione oggetto di rinnovo”.

Ciò, in coerenza con il fatto che: a) non è prevista alcuna deroga connessa a gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività; b) è data la possibilità di reiscrizione secondo le norme vigenti entro il 30 giugno 2021.

Con tutta evidenza, infatti, la possibilità di reiscrizione implica, anzi presuppone sul piano logico-giuridico, che la ditta titolare della concessione risulti “inattiva”, proprio perché vi è stata cessione della gestione dell’azienda a terzi.

Tale essendo la corretta esegesi del suddetto quadro normativo, deve concludersi che la normativa secondaria contenuta nelle linee guida non solo non contrasta, ma anzi costituisce specifica attuazione della normativa di rango primario, con la conseguenza che è illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale di Verona nella misura in cui pretende di derivare dalle linee guida un requisito soggettivo non previsto né dalla norma primaria, né tantomeno dalle stesse linee guida, che anzi sono perfettamente coerenti con la normativa alla quale danno attuazione.

La correttezza di tale ricostruzione è vieppiù avvalorata dal fatto che il principio della distinzione fra la titolarità dell’azienda e l’esercizio dell’azienda vigeva anche prima della novella normativa introdotta dal cit. d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, con la conseguenza che – occorre concludere – per i soggetti che hanno ceduto la gestione dell’attività a terzi l’unico requisito richiesto era, ed è, che l’azienda si innesti su un tessuto economico “vivo”, e non su un tessuto economico cessato o inesistente.

Nel caso all’esame, come risulta dai documenti versati al giudizio, la S.r.l. FITT è sempre stata “attiva” dal 4 luglio 2005 e, inoltre, anche l’affittuario del ramo di azienda era iscritto alla propria Camera di Commercio di riferimento (Reggio Emilia) come ditta “attiva” dall’8 gennaio 1986.

Resta fermo, naturalmente, il principio per il quale chi esercita l’attività direttamente deve possedere l’iscrizione quale ditta attiva nella specifica tipologia di attività per la quale è stata rilasciata la concessione, principio che, per l’appunto, deriva da quello, appena menzionato, della divaricazione fra titolarità dell’azienda ed esercizio dell’azienda medesima.

8. In definitiva, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado e vanno annullati gli atti impugnati.

9. L’Amministrazione riprovvederà sull’istanza del privato nell’esercizio della sua discrezionalità, con il vincolo conformativo nascente dal presente giudicato, che si compendia nel divieto di esigere il possesso in capo al richiedente del requisito dell’essere impresa attiva nella specifica tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione, fermo restando la vigenza del suddetto principio per colui che, invece, esercita l’attività direttamente.

10. Le spese del doppio grado di giudizio sono compensate in considerazione della novità delle questioni giuridiche trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini, Consigliere

Marco Morgantini, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Daniela Di Carlo
Roberto Chieppa
 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO