Niente 650 C.P. per chi non rispetta Ordinanza divieto di diffusione musicale

 REATI
La violazione dell'ordinanza sindacale che impone un limite di decibel in ore notturne fa scattare il reato di disturbo della quiete pubblica e non una mera sanzione amministrativa per il mancato rispetto.

 Corte di Cassazione, sez. I penale  sentenza n.535 del 12 gennaio 2022


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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15 maggio 2020 il Tribunale di Grosseto ha dichiarato , nella qualità dei gestore della discoteca , colpevole del reato di cui all'art. 650 cod. pen. per non avere osservato l'ordinanza del Sindaco del comune di che, per ragioni di ordine pubblico e di igiene, aveva sospeso in periodo notturno le attività di diffusione musicalé fino alla taratura dell'impianto ad un livello tale da  rispettare i limiti di legge.

2. Avverso la pronunzia il ha proposto ricorso, sviluppando due motivi.
2.1. Con il primo deduce violazione di legge con riferimento all'art. 650 cod.pen .. Evidenzia, in particolare, che il Tribunale, in violazione della clausola di sussidiarietà, ha ritenuto configurabile il reato nonostante la condotta contestata sia altrimenti sanzionata.
2.2. Con il secondo motivo deduce di legge con riferimento agli artt. 50, comma 7-bis e 50, comma 7-bis.1, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. L'ordinanza sindacale violata dall'imputato è stata emessa dal sindaco quale rappresentante della comunità locale e non quale ufficiale di governo e la sua inosservanza è punita sul piano amministrativo con una sanzione pecuniaria.


CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente per la connessione logica delle questioni poste, sono infondati.
2. Non trova applicazione nel caso in esame il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo il quale l'inosservanza di ordinanze sindacali integra la contravvenzione di cui all'art. 650 cod. pen. soltanto ove l'inottemperanza si riferisca a provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati con riguardo a situazioni non prefigurate da alcuna specifica ipotesi normativa, nel mentre resta estranea alla sfera di applicazione della norma in parola l'inottemperanza a ordinanze sindacali, volte a dare applicazione a leggi o regolamenti vigenti, posto che l'omissione, in tal caso, viene punita con la sanzione amministrativa da specifiche norme del settore (Sez. 3, n. 20417 del 21/2/2018, Delicato, Rv. 273223; Sez. 1, n. 1200 del 15/11/2012, Napoli, Rv. 254247; Sez. 1, n. 7893 del 8/2/2007, Nigro, Rv. 236244).
In altri termini, la contravvenzione prevista dall'art. 650 cod. pen. non è configurabile quando la violazione dell'obbligo o del divieto imposto dal provvedimento amministrativo sia già prevista da una fonte normativa generale e trovi autonoma e specifica sanzione da parte dell'ordinamento (Sez. 1, n. 43202 del 8/11/2002, Romanisio, Rv. 222945.
L'ordinanza sindacale violata dall'odierno ricorrente, lungi dal ribadire il divieto di superare i valori-limite di emissione e di immissione sonora previsti dal d.p.c.m. 14 novembre 1997, attuativo del precetto posto e sanzionato dall'art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995 (come nel caso esaminato in Sez. 1, n. 28821 del 2014 , Boni, non massimata), proibiva, invece, per ragioni di ordine pubblico e di igiene, legate alla prevenzione dell'inquinamento acustico, la prosecuzione di una determinata attività, precisamente le attività notturne di diffusione musicale fino alla taratura dell'impianto ad un livello tale da rispettare i limiti di legge.
Si tratta, quindi, di un provvedimento, adottato dal competente organo, il sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 6 dell'art. 54 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 26, che, per l'appunto, consente l'emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti impositive di modifiche agli orari degli esercizi commerciali in presenza di un «caso di emergenza» e per uno specifico motivo di ordine pubblico ed igiene, costituito dall' «inquinamento acustico».

Tale disposizione non prevede nel caso di inosservanza dell'ordinanza una sanzione di carattere amministrativo, sicché correttamente il giudice di merito ha ritenuto, non operando la clausola di sussidiarietà di cui all'art. 650 cod. pen., che il mancato rispetto di tale provvedimento comportasse il reato contestato.
3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma il giorno 11 novembre 2021.
Il Consigliere estensore
12 GEN 2022

Il Presidente
Renato Giuseppe Bricchetti

 

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