Il Consiglio di Stato torna a parlare delle differenze tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia
Con la sentenza n. 4523 del 5 settembre
2014, il Consiglio di Stato torna a parlare delle differenze tra
manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia in un caso
relativo ad un capannone riconvertito in attività di ristorazione.
Una società immobiliare ottiene nel ’93
il rilascio di due concessioni edilizie a titolo oneroso, di cui una in
variante, per la trasformazione in ristorante-bar di un locale adibito a
magazzino. Oltre ad interventi di rifacimento e sostituzione, le opere
assentite riguardavano la realizzazione di un muro interno e varie
operazioni di apertura e chiusura di porte e finestre sulle facciate
esterne.
La società presentò ricorso al Tar
Lombardia, contestando la decisione del Comune di assoggettare gli
interventi a concessione edilizia onerosa e non ad autorizzazione
gratuita, in quanto, a parere della ricorrente, si trattava di opere di
manutenzione straordinaria e non di ristrutturazione edilizia.
Dopo alcuni passaggi interlocutori, il
Tar ha concluso per il rigetto del ricorso, in quanto l’intervento
edilizio si era concretizzato in “…un complessivo riordino delle
facciate dell’edificio mediante una articolata serie di interventi di
modifica delle aperture, di guisa che la precedente scansione
architettonica ne è uscita del tutto modificata”. Dunque, secondo
il Tar, non di manutenzione straordinaria si doveva parlare, ma di
ristrutturazione edilizia, con conseguente assoggettamento ad oneri
concessori. Stabilito questo, verificare la sussistenza di un mutamento
di destinazione d’uso rilevante è parso superfluo.
In sede d’appello, la
società ha criticato la sentenza del Giudice di primo grado ritenendola
non sufficientemente motivata, ma il Supremo Collegio, nella sentenza n.
4523 del 5/09/2014, ha ugualmente respinto il ricorso. A sostegno, è
stata richiamata la giurisprudenza consolidata in materia, in ragione
della quale, “gli interventi edilizi che alterino, anche sotto il
profilo della distribuzione interna, l’originaria consistenza fisica di
un immobile e comportino l’inserimento di nuovi impianti e la modifica e
ridistribuzione dei volumi non si configurano come manutenzione
straordinaria, ma rientrano nell’ambito della ristrutturazione edilizia
(Cons. St., sez. V, 17 dicembre 1996, n. 1551)”. Le stesse conclusioni valgono inoltre per il restauro e il risanamento conservativo.
Per ristrutturazione edilizia, infatti, sempre secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, si intende una “modificazione
della distribuzione della superficie interna e dei volumi e dell’ordine
in cui sono disposte le diverse porzioni dell’edificio anche per il
solo fine di rendere più agevole la destinazione d’uso esistente:
infatti anche in questi casi si configura il rinnovo di elementi
costitutivi dell’edificio ed un’alterazione dell’originaria fisionomia e
consistenza fisica dell’immobile”.
Al contrario, manutenzione straordinaria e risanamento conservativo richiedono invece la “realizzazione
di opere che lascino inalterata la struttura dell’edificio e la
distribuzione interna della sua superficie (Cons. St., sez. V, 17 marzo
2014, n. 1326; 18 ottobre 2002, n. 5775; 23 maggio 2000, n. 2988)”.
In ulteriori interventi sull’argomento, la giurisprudenza ha rilevato che “costituisce
intervento di ristrutturazione e non di manutenzione edilizia (…)
quello concretatosi in un insieme sistematico di opere con la
conseguente realizzazione di un nuovo organismo del tutto diverso dal
precedente (Cons. St., sez. V, 25 novembre 1999, n. 1971)”.
Altro orientamento ha
invece ascritto alla manutenzione straordinaria (e non alla
ristrutturazione edilizia), l’ampliamento di un’attività commerciale
esistente, mediante il semplice spostamento interno di tramezzi, idoneo a
realizzare una differente ripartizione interna dei locali (Cons. St.,
sez. V, 19 luglio 2005, n. 3827).
Secondo Cons. St., sez. V, 2 dicembre 1998, n. 1176, appartengono alla ristrutturazione edilizia gli interventi “non
destinati esclusivamente ad assicurare la funzionalità dell’organismo
edilizio esistente, ma diretti a realizzare un quid novi nel rapporto
tra le parti dell’edificio”.
Dopo questa panoramica
sulla casistica in materia, il Collegio ha concluso ritenendo di
escludere la manutenzione straordinaria, poiché nella vicenda in esame
non si tratta di una mera sostituzione o rinnovazione degli elementi
costitutivi, né tantomeno è mantenuta intatta la consistenza fisica
dell’edificio. (Michele Deodati)
Tratto da: http://www.infocommercio.it/