riforma P.A. - PIL, dirigenza e risultato
un articolo di L. Oliveri
#riforma #PA Cchiù Pil pi tutti! #dirigenza #risultato
Pubblicato il 15 giugno 2014 di rilievoaiaceblogliveri
Tra le idee più discutibili degli slogan
senza idee di cui è intrisa la riforma della PA approvata dal Governo
c’è quella di collegare la retribuzione di risultato dei dirigenti
pubblici all’andamento del Pil.
Giustamente su Il Fatto Quotidiano del 15
giugno, Furio Colombo bolla l’iniziativa come una scimmiottatura
acritica stile London School of Economics, molto “aziendalistica” da
vendere, totalmente assurda e slegata dalla realtà nella sua attuazione.
Pare l’ennesima idea partorita da qualche
“consulente” governativo, preoccupato di darsi ragione delle sue tesi
diffuse nei giornali o nelle aule delle università, sì da insistere
pazientemente, mesi ed anni, per vedere realizzata la propria idea, per
quanto strampalata sia, in modo che sia tradotta in una legge. Et voilà:
se prima la follia paradossale era la valutazione per fasce
obbligatorie che garantissero la curva di Gauss, adesso l’ideona è,
appunto, connettere i premi ai dirigenti al Pil. Perché suona bene.
Probabilmente, consulenti ed autori della
riforma nemmeno si sono preoccupati troppo di comprendere da cosa sia
composto il Pil e come l’azione di un singolo dirigente pubblico possa
influenzarlo.
Se si ammette la validità della teoria
del caos e che il battito di un’ala di una farfalla nel golfo del
Messico crea un ciclone nell’Atlantico, il ragionamento è perfetto.
Guardando alla realtà, non si può che sottolineare, non senza amara
ironia, che l’idea è velleitaria e ottusamente falsamente aziendalista.
Il Pil è la somma di 4 componenti:
Consumo, Investimento, Spesa pubblica ed Esportazioni nette o Saldo
netto della bilancia commerciale.
Quale mai tra queste componenti avrà una
connessione diretta con l’attività di un dirigente pubblico, tale da
giustificare o, addirittura, causare l’attribuzione di un premio di
risultato?
Il consumo delle famiglie e delle
imprese? E perché? Le attività delle amministrazioni pubbliche non sono
direttamente collegate ai consumi, perché i servizi ed i beni che
producono non sono venduti. Potrebbero essere, invece, il volano dei
consumi, mediante la seconda voce, la spesa pubblica. Ma, oggi, il
comandamento è ridurre la spesa pubblica (errore abbastanza grossolano,
se tale riduzione non sia compensata da un aumento fortissimo delle
altre componenti del Pil): guai, dunque, a dare “merito” a un dirigente
che aumenti la spesa pubblica, persino con un premio di produttività, il
quale, per altro, accrescerebbe ulteriormente la spesa pubblica
medesima. L’attività di un dirigente pubblico con gli investimenti ha
pochissimo a che vedere e, comunque, l’investimento pubblico è spesa a
sua volta pubblica e vale quanto prima; per altro, i tragici errori
decennali commessi nel gestire il patto di stabilità interno hanno
proprio mortificato esattamente gli investimenti pubblici. Ovviamente,
l’influenza sugli investimenti privati dell’azione diretta
dell’amministrazione pubblica è pari a zero. Infine, sulle esportazioni
appare estremamente complicato comprendere come un dirigente pubblico
possa, con le sue attività, favorirle, a meno che non lavori nelle
istituzioni internazionali preposte a questo fine.
Insomma, è del tutto chiaro che
l’incremento del Pil con l’attività di un dirigente pubblico non ha
assolutamente alcuna connessione.
L’idea di connettere il premio di
risultato al Pil è esattamente come un’ordalia sacrale, o, piuttosto, la
consultazione dell’oracolo di Delfi o, ancora, l’interpretazione dei
volteggi in cielo degli stormi dei sacri ibis del Nilo: un caso, nulla
più.
Ma, forse, per i dirigenti pubblici si
apre uno spazio. E’ noto, infatti, che a partire dal settembre 2014 il
sistema europeo di statistica per computare il Pil sarà riformato con
regole aggiornate all’Esa 2010, così da conteggiare anche attività
illegali, come prostituzione e traffico di droga, in modo da
“armonizzare” il calcolo complessivo sul Pil.
Ecco; i dirigenti pubblici potranno
incidere decisamente sulla crescita del Pil dandosi al traffico di droga
e della prostituzione, ad esempio aprendo alla gestione di “case” da
parte della pubblica amministrazione. La produttività sarà, così,
trasparente (specie se si utilizzeranno le vetrine stile Amburgo o
Amsterdam) e la capacità “manageriale” perfettamente misurabile. E i
risultati dei dirigenti-lenoni o iscritti al cartello di Medellin
saranno implacabili. Anche perché, nel caso di fallimento, non sarà
certo la mancata assegnazione del premio in denaro a doverli
preoccupare.