N. 01417/2014REG.PROV.COLL.
N. 05158/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5158 del 2013, proposto da:
Angelica Pippo, in proprio ed in qualità di presidente dell'associazione Confestetica e di legale rappresentante della società Epil Beauty Center s.r.l., rappresentate e difese dall'avvocato Stefano Zunarelli, con domicilio eletto presso lo studio legale Zunarelli & Associati in Roma, via della Scrofa n.64;
Angelica Pippo, in proprio ed in qualità di presidente dell'associazione Confestetica e di legale rappresentante della società Epil Beauty Center s.r.l., rappresentate e difese dall'avvocato Stefano Zunarelli, con domicilio eletto presso lo studio legale Zunarelli & Associati in Roma, via della Scrofa n.64;
contro
Ministero
dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, in persona dei
rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 10269/2012, resa
tra le parti, concernente regolamento di attuazione relativo agli
apparecchi elettromeccanici utilizzati per l'attività di estetista
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore,
nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2014, il consigliere di
Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato
Giuffrida, per delega dell’avvocato Zunarelli, e l’avvocato dello Stato
Andrea Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.-
La signora Angelica Pippo, in proprio e quale rappresentante
dell’Associazione Confestetica e della società Epil Beauty Center s.
r.l., impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio 10 dicembre 2012 n. 10269 che ha respinto il ricorso di primo
grado dell’odierna appellante per l’annullamento del decreto del
Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro
della salute, del 12 maggio 2011 n. 110 recante il regolamento di
attuazione dell’art. 10, comma 1, della legge 4 gennaio 1990 n. 1
relativo agli apparecchi elettromeccanici utilizzati per l’attività di
estetista nonché del presupposto e conforme parere del Consiglio
superiore di sanità di cui all’art. 4, comma 2, lett. a) del d.lgs. 30
giugno 1993 n. 266.
L’appellante torna a reiterare
in questo grado le censure già disattese dal giudice di prime cure,
lamentando la erroneità della impugnata sentenza e chiedendone la
integrale riforma, con consequenziale annullamento degli atti in quella
sede impugnati.
Si sono costituite le intimate amministrazioni per resistere all’appello e per chiederne il rigetto.
Le parti hanno prodotto memorie difensive in vista dell’udienza di discussione del ricorso.
All’udienza pubblica del 18 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato e va accolto nei limiti di cui appresso.
3.-
Con il primo motivo l’appellante torna a reiterare in questo grado il
motivo afferente il difetto di competenza da cui sarebbe affetto il
regolamento statale oggetto del ricorso di primo grado, sotto il profilo
che lo stesso, riguardando una materia di competenza concorrente tra lo
Stato e le regioni, secondo la formulazione dell’art. 117, lett. e)
della Cost. risultante dalla riforma del titolo V ( introdotta con legge
costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3), non avrebbe potuto addentrarsi
nella regolamentazione della disciplina di dettaglio della professione
di estetista, ed in particolare nella specifica indicazione degli
apparecchi elettromeccanici per uso estetico.
Secondo
la prospettazione dell’appellante, sia che il regolamento attenga alla
materia delle professioni, sia che riguardi la tutela della salute si
verterebbe in entrambe le ipotesi in materie a legislazione concorrente,
in ordine alle quali sussisterebbe il solo potere regolamentare
regionale, laddove lo Stato sarebbe rimasto titolare del potere
regolamentare soltanto nelle ipotesi, qui non ricorrenti, di
legislazione esclusiva. Sostiene pertanto l’appellante che la legge 4
gennaio 1990 n. 1, che regolamenta l’attività di estetista, non potrebbe
costituire valida fonte del potere regolamentare statuale, essendo le
relative previsioni ( art.10) venute meno, per abrogazione implicita, a
seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001,
recante la riforma – tra l’altro- dell’art. 117 della Costituzione. In
definitiva, l’appellante si duole della erroneità della gravata
sentenza nella parte in cui la stessa ha respinto la censura di difetto
di competenza in capo allo Stato all’adozione del regolamento impugnato
adducendo la motivazione secondo cui la fonte normativa attributiva al
Ministro dello sviluppo economico, previo concerto con il Ministro della
salute, del potere regolamentare in oggetto è contenuta nell’art. 10
della legge 4 gennaio 1990 n.1 ( che disciplina l’attività di estetista
in modo necessariamente uniforme su tutto il territorio nazionale, anche
al fine di evitare possibili incidenze negative sul piano della libera
concorrenza - di competenza statale - tra operatori professionali che
svolgano la medesima professioni in diverse regioni del Paese).
4.-
Il Collegio ritiene che la censura d’appello non sia condivisibile e
che meritino conferma i rilievi svolti dal giudice territoriale a
confutazione del corrispondente motivo del ricorso di primo grado.
5.-
Va premesso che l’impugnato regolamento ministeriale 12 maggio 2011 n.
110, relativo agli apparecchi elettromeccanici utilizzati per
l’attività di estetista, è attuativo dell’art. 10, comma 1, della legge
4 gennaio 1990 n.1 ( recante la disciplina dell’attività di estetista).
Tale ultima disposizione stabilisce che “il
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto
con il Ministro della sanità, emana, entro centoventi giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle
categorie economiche interessate, un decreto recante norme dirette a
determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i meccanismi di
regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le
cautele d'uso degli apparecchi elettromeccanici di cui all'elenco
allegato alla presente legge. L'elenco allegato è aggiornato con decreto
del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di
concerto con il Ministro della sanità, tenuto conto dell'evoluzione
tecnologica del settore, sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie
economiche interessate”.
Dalla disposizione
appena richiamata si desume che la legge n. 1 del 1990 abbia attribuito
al Ministro dell’industria ( oggi dello Sviluppo economico), di concerto
con il Ministro della salute, il potere di dettare le norme dirette a
determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i meccanismi di
regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le
cautele d'impiego degli apparecchi elettromeccanici in uso alla
categoria professionale delle estetiste.
Ora è pur
vero che la legge costituzionale n. 3 del 2001 nel rimodulare la
distribuzione, nelle diverse materie, delle competenze normative tra
Stato e regioni, ha attribuito alla competenza concorrente dei distinti
enti pubblici sia la materia delle professioni sia quella della tutela
della salute; di tal che sembrerebbe corretta, da tale punto di vista,
la premessa metodologica da cui muove l’appellante secondo cui la
disciplina di dettaglio di un aspetto particolare di una professione,
quand’anche incidente su profili afferenti la tutela della salute (
anch’essa di competenza concorrente) dovrebbe essere di esclusiva
competenza regionale non sussistendo le condizioni per l’intervento
statale ( ancor meno nella forma del regolamento).
Tuttavia,
nel caso in esame, si deve ritenere che il potere regolamentare statale
non sia venuto meno in ragione dell’abrogazione implicita della fonte
normativa di rango primario ( i.e., art. 10 della citata legge 4 gennaio
1990 n. 1), dato che la materia della determinazione degli apparecchi
elettromeccanici ammessi al corrente uso delle estetiste presenta
profili di “trasversalità” tra più materie codificate nell’art. 117
Cost. e riguardi nello specifico, oltre che aspetti relativi alla
materia delle professioni e della tutela della salute, anche profili
incidenti non marginalmente sulla tutela della concorrenza, materia
quest’ultima riservata alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi
dell’art. 117, comma 2, lett. e) Cost..
Non par
dubbio infatti che la determinazione delle apparecchiature ammesse
nell’uso corrente di un’attività professionale incida direttamente su
aspetti fondamentali del suo concreto esercizio e, nello specifico,
sulla capacità degli esercenti di essere più o meno attrattivi nella
acquisizione della clientela, e quindi su aspetti determinanti
dell’attività professionale involgenti il diritto della sana e leale
concorrenza tra operatori economici che svolgono la medesima attività.
Non
appare pertanto illegittimo, sotto tal profilo, l’intervento
regolamentare statale, attesa la necessità che sia lo Stato a definire,
con tratti omogenei su tutto il territorio nazionale, quali apparecchi
possano costituire ordinaria dotazione dei centri estetici, non essendo
conforme al dettato costituzionale dell’art. 117 Cost.(anche nel testo
risultante dalla riforma del titolo V) ritenere che siano le regioni a
regolamentare, magari in modo eterogeneo tra loro, tali aspetti
fondamentali e qualificatori della professione di estetista che,
inoltre, attengono primariamente alla concorrenzialità all’interno del
relativo mercato.
D’altra parte, la stessa Corte
costituzionale, nel costante lavoro interpretativo volto a restituire
razionalità e unitarietà alla disciplina costituzionale delle competenze
tra i distinti livelli di governo della Repubblica, ha sostenuto che
“la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle
professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione
delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è
riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato,
rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli
aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà
regionale” ( Corte cost. n. 138 del 2009).
Ora, da
tale punto di vista non potrebbe dirsi che la verifica delle
apparecchiature in uso alle estetiste rivesta rilevanza regionale,
essendo vero piuttosto il contrario, non potendo trovare giustificazione
l’intervento regionale in una materia che necessita di omogeneità di
regolazione su tutto il territorio nazionale, esigenza che solo la fonte
normativa statale potrebbe in concreto soddisfare.
6.-
Non altrettanto condivisibili risultano le considerazioni svolte dal
Tar a proposito del motivo di primo grado ( in questa sede riproposto)
afferente il difetto di istruttoria e di motivazione che inficia il
decreto impugnato in primo grado ed il presupposto parere del Consiglio
superiore della sanità.
7.- L’appellante torna a
proporre in questa sede la questione sostanziale della illegittima
esclusione di alcuni apparecchi elettromeccanici dall’uso corrente degli
esercenti la professione di estetista, ovvero della loro illegittima
inclusione con limitazioni di potenza o di intensità tali da rendere
tali strumenti sostanzialmente inutilizzabili o largamente inefficaci
nel trattamento degli inestetismi.
In particolare,
l’appellante lamenta che gli allegati di corredo all’impugnato decreto
interministeriale, l’uno contenente l’elenco aggiornato degli apparecchi
per uso estetico e l’altro contenente 25 schede tecnico-informative
relative agli strumenti di cui al primo allegato, abbiano espunto – su
conforme parere del consiglio superiore della sanità- taluni strumenti
entrati da tempo nella pratica corrente degli esercenti la professione
di estetista: in particolare, le censure si appuntano sulla mancata
inclusione (o sulla inclusione con limitazioni d’uso eccessive e
ingiustificate) degli stimolatori a ultrasuoni a bassa frequenza per il
trattamento della adiposità localizzata, della luce pulsata per foto
depilazione ( che risentirebbe di limiti eccessivi imposti alla densità
di energia ed alla lunghezza d’onda) e del laser per la depilazione
estetica ( defocalizzato e limitato ad una ridotta fascia di lunghezza
d’onda).
Si duole l’appellante, anche in
rappresentanza della categoria di appartenenza, del danno che
l’attuazione delle impugnate previsioni regolamentari comporterebbe per
gli esercenti l’attività di estetista, in ragione delle riferite
limitazioni negli strumenti ormai di uso corrente alla luce delle
acquisizioni tecnologiche nel ventennio intercorso dall’approvazione
della legge istitutiva della attività professionale alla data di
adozione del contestato regolamento attuativo.
Da
ultimo, l’appellante ripropone la questione della non conformità delle
impugnate disposizioni regolamentari con la disciplina comunitaria sui
dispositivi medici ( in particolare, direttiva 93/42/CEE del Consiglio
del 14 giugno 1993, attuata in Italia con d.lgs. 24 febbraio 1997 n. 46
), dalla quale sarebbe agevole trarre il principio secondo cui è il
fabbricante a stabilire, senza possibilità di limitazioni d’suo
ulteriori, l’utilizzazione alla quale il dispositivo è destinato nel
rispetto delle prescrizioni d’uso contenute nell’etichetta, nel foglio
illustrativo o nel materiale pubblicitario.
Infine,
l’appellante introduce la questione della possibile violazione
dell’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’unione europea sotto il
profilo che una disciplina quale quella recata dall’impugnato
regolamento statale potrebbe comportare un’ ingiustificata limitazione
alla libertà di stabilimento in Italia degli esercenti la ridetta
professione o comunque una sproporzionata limitazione alla libera
prestazione dei servizi da parte loro.
8.- La
censura, che può essere esaminata unitariamente nei distinti profili
prospettati, appare al Collegio meritevole di condivisione.
Risultano in particolare fondati i rilievi in ordine al difetto di
motivazione e di istruttoria delle indicate limitazioni imposte con
l’impugnato regolamento all’uso di alcuni dispositivi da parte delle
estetiste.
Si è detto che il regolamento impugnato
in primo grado fa proprio il presupposto parere del Consiglio superiore
di sanità del 8 giugno 2010, dove tuttavia a parer del Collegio si
annidano significativi elementi di contraddittorietà che rendono
meritevole di apprezzamento la censura sotto tal riguardo proposta dalla
parte appellante.
Un primo elemento sintomatico
di contraddittorietà e di carenza motivazionale è rappresentato dal
fatto che in tale parere si esprimono da un lato perplessità riguardo ad
alcuni strumenti (quelli, appunto, poi oggetto delle contestate
limitazioni d’uso) in uso attualmente all’estetista con la motivazione
che si tratterebbe di apparecchi intrinsecamente pericolosi per la
salute umana, dall’altro tuttavia non si evidenziano studi clinici o
scientifici ovvero una casistica capace di corroborare l’assunto della
pericolosità degli strumenti. Inoltre, ulteriore e concorrente elemento
di contraddittorietà è rappresentato dal fatto che, nel suddetto parere,
si sostiene una inadeguata preparazione professionale dell’estetista e
si auspica a tal proposito un ragionevole incremento delle attività
formative di tale categoria professionale, quasi che la prospettata
pericolosità degli strumenti in uso alle estetiste sia da ravvisare, più
che nei dispositivi in sé considerati, in tale non adeguata
professionalità degli esercenti l’attività professionale.
In
tal modo, tuttavia, il parere pone l’accento sulla condivisibile
esigenza che siano incrementate le iniziative, di competenza regionale,
per il miglioramento della formazione professionale delle estetiste, dal
che tuttavia sembrerebbe avviata a soluzione la questione del corretto
uso dei dispositivi elettromeccanici oggetto della contestata (e, a
questo punto, ingiustificata) limitazione. Ma anche questo è un profilo
che denota contraddittorietà dell’atto impugnato in primo grado, posto
che deve essere meglio chiarito se le limitazioni all’uso dei suindicati
dispositivi elettromeccanici siano da riconnettere al non adeguato
livello professionale attuale delle estetiste, suscettibile tuttavia di
essere migliorato con opportune iniziative formative, ovvero se dipenda
da una oggettiva, accertata ed intrinseca pericolosità degli strumenti
(allo stato, tuttavia , non provata, come detto, da evidenze
scientifiche sufficientemente chiare e dirimenti), tale da escluderne
anche per il futuro l’utilizzo, quale che sia il livello di formazione
professionale che possa raggiungere la categoria.
Da
ultimo, con riferimento ai profili di possibile violazione della
normativa comunitaria, il Collegio ritiene che restano assorbenti le già
svolte considerazioni sul carattere non sufficientemente motivato delle
contestate limitazioni nell’uso delle apparecchiature. Ed invero, in
assenza di tale vizio genetico dell’atto impugnato in primo grado, la
violazione di matrice “comunitaria” prospettata dalla parte appellante
non avrebbe ragion d’essere sempre che, si ripete, le limitazioni d’uso
delle apparecchiature delle estetiste ( ciò che per quanto detto non è
avvenuto nella specie) avessero trovato plausibili ragioni in esigenze
di tutela della salute.
Ciò in quanto, da un lato
l’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea vieta
soltanto quelle limitazioni alla libertà di stabilimento che si
traducano nell’applicazione di condizioni discriminatorie nei confronti
degli stranieri, dall’altro l’art. 52 del Trattato comunque ammette
significative deroghe quando siano in gioco, come appunto potrebbe in
tesi ammettersi nella specie, esigenze di tutela della salute pubblica;
inoltre, per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e
farmaceutiche, la graduale soppressione delle restrizioni è subordinata
al coordinamento delle condizioni richieste per il loro esercizio nei
singoli Stati membri (art. 53 TFUE).
9.- Le
considerazioni dianzi esposte sono sufficienti a ritenere perplesso e
non sufficientemente motivato il regolamento impugnato in primo grado,
nella parte in cui lo stesso ha imposto le suindicate limitazioni
nell’uso di alcuni strumenti elettromeccanici da parte della categoria
delle estetiste senza verificare la praticabilità ed idoneità di
percorsi formativi atti ad ovviare il paventato “periculum”, quale
oggettivamente accertabile in concreto.
10.- Per
tali ragioni, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata
sentenza ed in accoglimento per quanto di ragione del ricorso di primo
grado, vanno annullate le impugnate disposizioni regolamentari nelle
parti in cui non includono, o includono con ingiustificate limitazioni,
dall’uso corrente degli esercenti la professione di estetista gli
apparecchi elettromeccanici per uso estetico dianzi meglio indicati.
Le
spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le
parti, tenuto conto della particolarità della vicenda trattata.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 5158 del 2013), come in
epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della
impugnata sentenza accoglie il ricorso di primo grado ed annulla per
quanto di interesse le disposizioni regolamentari impugnate in primo
grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate tra le parti..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Vito Carella, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)