N. 01102/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01316/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1316 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Fortune Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Luppi, con domicilio eletto presso Alberto Luppi in Brescia, via Solferino, 10;
Fortune Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Luppi, con domicilio eletto presso Alberto Luppi in Brescia, via Solferino, 10;
contro
Comune
di Sirmione, rappresentato e difeso dagli avv. Fiorenzo Bertuzzi,
Gianpaolo Sina, Cecilia Cominassi, con domicilio eletto presso Fiorenzo
Bertuzzi in Brescia, via Diaz, 9;
per
( A – ricorso principale)
l’annullamento, previa sospensione,
dell’ordinanza
28 luglio 2006 n°46 e prot. n°11956, conosciuta in data imprecisata,
con la quale il Responsabile dell’area amministrativo finanziaria e il
Responsabile dell’area vigilanza del Comune di Sirmione hanno
disciplinato le modalità di confezionamento per la vendita degli
alimenti da asporto e la loro consumazione nelle aree pubbliche del
centro storico;
di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso, anche non richiamato;
( B – ricorso per motivi aggiunti)
l’annullamento
della
deliberazione 31 giugno 2006 n°19, pubblicata all’albo pretorio dal
giorno 11 maggio al giorno 25 maggio 2006, con la quale il Consiglio
comunale di Sirmione ha approvato modifiche al regolamento di polizia
urbana, quanto all’art. 19, nella parte in cui esso prevede il potere di
dettare, con apposita ordinanza, prescrizioni per le modalità di
confezionamento per la vendita degli alimenti suddetti e per il loro
consumo in area pubblica;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sirmione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2013 il dott. Francesco
Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La
Fortune S.r.l., odierna ricorrente, la quale esercita in Sirmione
attività di vendita per asporto di alimenti nei propri punti vendita di
via Vittorio Emanuele, civici 7 e 26, ognuno assistito da autorizzazione
già rilasciata (doc. ti ricorrente 1-5, copie dette; si tratta comunque
di fatti non contestati), insorge con il ricorso principale avverso
l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, la quale, a far data dal 1
gennaio 2007, nelle aree stradali soggette al pubblico passaggio e nelle
piazze comprese fra il largo Goethe e la piazza Piatti, ovvero in
sintesi nel centro storico, “vieta la consumazione di alimenti, cibi
precotti o pasti preparati e frutta, eccetto gelati e granite”; fa poi
obbligo agli esercizi i quali vendono i predetti alimenti come non
destinati al “consumo immediato nei locali e negli spazi all’aperto di
pertinenza” di consegnarli al cliente “in buste di carta pesante a
sacchetto… chiuse mediante sistema meccanico o altro, in modo da non
consentirne un’apertura accidentale” e recanti “in lingua italiana,
inglese, tedesca e francese il divieto di consumarne il contenuto nelle
aree pubbliche del centro storico” (doc. 14 ricorrente, copia ordinanza,
ove alle pp. 2 e 3 la citazione).
A sostegno, la Fortune articola sei censure, riconducibili secondo logica ai seguenti tre motivi:
-
- con il primo di essi, corrispondente alla prima censura a p. 5
dell’atto, deduce violazione dell’art. 7 l. 7 agosto 1990 n°241, per
avere il Comune omesso di inviare l’avviso di inizio del procedimento,
che sarebbe dovuto perché l’atto impugnato sarebbe non generale, ma
indirizzato a soggetti determinati e determinabili;
-
con il secondo motivo, corrispondente alla seconda censura a p. 6
dell’atto, deduce violazione dell’art. 20 della l.r. Lombardia 2003
n°30, vigente all’epoca dei fatti ed ora riprodotto dall’art. 78 della
l.r. Lombardia 2 febbraio 2010 n°6, nel senso che il provvedimento
impugnato mirerebbe a modificare le licenze già rilasciate per gli
esercizi come i propri, e quindi andrebbe adottato previo parere, nella
specie assente, della Commissione consultiva prevista dalla norma;
-
con il terzo motivo, corrispondente alle residue censure, deduce
propriamente eccesso di potere per sviamento e violazione del principio
di proporzionalità, anche in relazione all’art. 9 comma 14 della l.r.
Lombardia 2003 n°30, vigente all’epoca dei fatti ed ora riprodotto
dall’art. 69 comma 14 della l.r. Lombardia 2 febbraio 2010 n°6, per cui
“Gli esercizi di somministrazione aperti al pubblico autorizzati… hanno
facoltà di vendere per asporto i prodotti per i quali sono stati
autorizzati alla somministrazione”. Premette in proposito che il
medesimo Comune, con precedente atto, aveva approvato, in dichiarata
attuazione della l. 30/2003, un nuovo regolamento per le attività di
somministrazione alimenti e bevande, che vietava l’insediamento in
centro storico di nuove attività di vendita per asporto e imponeva in
sostanza la chiusura delle esistenti, e che tale atto è stato annullato
da questo TAR su proprio ricorso, con sentenza sez. II 20 ottobre 2013
n°888. A suo dire, l’ordinanza impugnata tenderebbe, in via surrettizia,
a ottenere lo stesso risultato, imponendo una serie di misure
sproporzionate al fine, caratterizzate da disparità di trattamento
rispetto alle rivendite di gelati e granite e non rispettose della
facoltà, concessa dalla legge, di vendere i prodotti in questione anche
per asporto.
Resiste il Comune, con atto 30 ottobre
e memoria 4 novembre 2006, in cui chiede che il ricorso sia respinto;
deduce a sostegno della legittimità dell’ordinanza il regolamento di
polizia urbana, modificato nell’art. 19 con la delibera di cui meglio in
epigrafe (doc. 12 Comune, copia di essa) e le esigenze di decoro urbano
proprie di un centro storico vincolato come quello di Sirmione, che non
sarebbero invece pregiudicate dal consumo di gelati e granite da
passeggio (p. 14 memoria 4 novembre 2006).
Con ordinanza 19 dicembre 2006 n°1789, la Sezione accoglieva la domanda cautelare.
Con
successivo atto depositato il 31 ottobre 2013, la ricorrente proponeva
poi motivi aggiunti avverso la citata delibera di modifica del
regolamento, con unico motivo di violazione dei richiamati principi di
proporzionalità e adeguatezza; nello stesso atto, deduceva poi comunque
la sopravvenuta inefficacia dei provvedimenti in parola, per effetto
dell’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. 24 gennaio 2012 n°1.
Con atto 2 novembre 2013, il Comune richiamava le proprie precedenti difese.
La Sezione all’udienza del giorno 3 dicembre 2013 tratteneva infine il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso principale è fondato e va accolto, nei termini di che appresso.
2.
Di tale ricorso, è infondato il primo motivo. L’atto generale infatti,
per ragioni logiche prima che giuridiche non perde il suo carattere, per
cui esso si rivolge a destinatari non determinati e non determinabili a
priori, per il fatto che alcuni di essi, o anche tutti costoro, siano
in concreto individuabili; esso infatti non per questo cessa di
applicarsi comunque a tutti i soggetti che si trovino in una data
situazione: il principio è stato affermato anche ai massimi livelli da
Tribunale UE 10 aprile 2008 T-233/04 Commissione c. Regno di Olanda.
3.
Nel caso concreto, era ed è sicuramente possibile individuare, in un
centro urbano di modeste dimensioni come Sirmione, tutti i rivenditori
in concreto toccati dall’atto impugnato; ciò non toglie però che esso
sia atto generale, perché formulato in modo da disciplinare tutti coloro
i quali in quella zona intendessero vendere alimenti per asporto;
l’atto in questione quindi per essere validamente emanato non
necessitava del preavviso di cui all’art. 7 l. 241/1990, come sancisce
l’art. 13 comma 1 della stessa legge.
4. Parimenti
infondato il secondo motivo, che muove da un presupposto errato:
l’ordinanza impugnata, a prescindere dai suoi possibili effetti
concreti, non è atto che incide sul regime della licenza di cui è
titolare il ricorrente, ma solo sulle condizioni igieniche richieste per
esercitare la relativa attività; non necessita dunque delle relative
formalità procedimentali.
5. E’invece fondato il
terzo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione del principio di
proporzionalità e adeguatezza nell’esercizio del potere amministrativo.
Come è noto, tale principio discende dall’ordinamento europeo, e
implica, secondo l’enunciazione paradigmatica contenuta nella sentenza
Corte UE 22 febbraio 2002 C 390/99 Canal Satelite, che l’intervento
pubblico debba essere in grado di assicurare il raggiungimento del
risultato avuto di mira e non andar oltre quanto necessario a
raggiungerlo. Con formulazioni sostanzialmente identiche, la
giurisprudenza nazionale, per tutte C.d.S. sez. V 14 aprile 2006 n°2087,
ma conforme, ad esempio, è anche TAR Lazio Roma 12 luglio 2006 n°10485,
afferma poi che il principio di proporzionalità e adeguatezza
“obbliga la pubblica amministrazione ad adottare la soluzione idonea ed
adeguata, comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi
compresenti.
6. Tale principio è stato applicato in
particolare a fattispecie analoghe a quella per cui è causa, relativi a
misure limitative in senso ampio, come le restrizioni al traffico
automobilistico, che C.d.S. sez. V 11 dicembre 2007 n°6383 considera
legittime solo ove non eccessivamente gravose, e i vincoli per servitù
militari, che TAR Puglia Lecce 6 luglio 2006 n°3841 ammette solo ove si
dimostri la necessità nell’interesse della difesa nazionale della
specifica limitazione adottata.
7. Applicando tali
principi al caso di specie, si deve allora partire da un duplice dato
normativo. In primo luogo, vi è la norma di legge ricordata dalla
ricorrente, ovvero l’art. 9 comma 14 della l.r. Lombardia 30/2003,
vigente all’epoca dei fatti ed ora riprodotto dall’art. 69 comma 14
della l.r. Lombardia 6/ 2010 n°6, per cui gli esercizi di
somministrazione hanno un diritto, non subordinato dalla norma a limiti o
prescrizioni, di vendere, se credano, per asporto i loro prodotti,
diritto che pertanto potrà limitarsi, se del caso, in base a norme
generali, in sé non escluse dall’art. 41 Cost.
8.
Nel Comune di Sirmione, è vigente il già ricordato art. 19 del
regolamento di polizia urbana, che come si è visto consente di dettare
prescrizioni per le modalità di confezionamento per la vendita degli
alimenti suddetti e per il loro consumo in area pubblica. Si tratta di
norma non di per sé contraria a legge, anche tenuto conto del
sopravvenuto art. 1 del d.l. 1/2012. Nessuno dubita infatti della
compatibilità con la legge, e con le fonti di rango superiore, ovvero
con la Costituzione e con il Trattato UE, di misure in concreto
adeguate. Si fa il classico esempio dell’ordinanza regolarmente
riadottata ad ogni stagione estiva, che impone ai cocomerai di adottare
le misure necessarie perché il loro prodotto non sia contaminato dalle
mosche, a protezione della salute dei consumatori.
9.
Nel caso concreto, peraltro, l’adeguatezza della misura non sussiste,
in primo luogo a livello di interessi coinvolti. A fronte dell’interesse
imprenditoriale alla sopravvivenza della propria impresa, anche in
termini di redditività positiva, che ha tutela costituzionale ed
europea, è posto infatti un interesse non ben definito, che per solito
si identifica col decoro urbano, ed è oltretutto difficile identificare
con quello della maggioranza dei consociati. Si noti poi che tale
interesse attiene praticamente soltanto a profili estetici, ed è diverso
da quello volto ad evitare l’imbrattamento dei luoghi, già presidiato
da norme speciali.
10. In termini di decoro urbano,
allora, la semplice vista di persone le quali consumino in luogo
pubblico alimenti -oltretutto, nella prospettazione del Comune intimato,
solo se diversi da gelati e granite- può ben essere intesa, secondo un
giudizio in sé del tutto rispettabile, come turbativa del gusto
estetico, anche dato per scontato che non si traduca in abbandono dei
rifiuti relativi, ma non pare che tale giudizio sia universalmente
condiviso, in modo da giustificare un intervento radicalmente
proibitivo, rivolto sia ai consumatori, col divieto di consumo, sia ai
legittimi rivenditori con l’imposizione di modalità speciali di vendita
non richieste dall’igiene.
11. In particolare
sull’ultimo punto, l’ordinanza impone ai rivenditori un onere
sicuramente non lieve, costituito dal confezionamento particolare –con
scritta multilingue di divieto- e dalla sigillatura, tale all’evidenza
da scoraggiare in modo significativo l’acquisto del prodotto. E’evidente
infatti che il consumatore, il quale si veda in fatto proibire di
gustare la specialità preferita come fragrante e appena preparata, si
orienterà ad acquistare altrove, con pregiudizio del giro di affari di
un rivenditore che la stessa amministrazione ha in precedenza
autorizzato. L’ordinanza va pertanto annullata.
12.
Le considerazioni appena svolte portano invece a respingere il ricorso
per motivi aggiunti, dato che, come si è visto, il potere di disciplina
di cui all’art. 19 del Regolamento non integra una previsione di per sé
illegittima.
13. La parziale soccombenza è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
a)
accoglie il ricorso principale, e per l’effetto annulla l’ordinanza 28
luglio 2006 n°46 e prot. n°11956 del Responsabile dell’area
amministrativo finanziaria e Responsabile dell’area vigilanza del Comune
di Sirmione;
b) respinge il ricorso per motivi aggiunti;
c) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)