N. 05953/2012REG.PROV.COLL.
N. 03307/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3307 del 2001, proposto da:
Zerbi Daniela, rappresentata e difesa dagli avv. Ludovico Villani e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Ludovico Villani in Roma, via Asiago, n.8;
Zerbi Daniela, rappresentata e difesa dagli avv. Ludovico Villani e Roberto Damonte, con domicilio eletto presso Ludovico Villani in Roma, via Asiago, n.8;
contro
U.S.L.
N. 2 Savonese, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. Antonio Pipicelli e Carlo Romeo, con
domicilio eletto presso Carlo Romeo in Roma, viale delle Milizie n. 76;
Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Biagio Bertolone e Clotilde Ferrari, con domicilio eletto presso Biagio Bertolone in Roma, via Flaminia n.109;
Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Biagio Bertolone e Clotilde Ferrari, con domicilio eletto presso Biagio Bertolone in Roma, via Flaminia n.109;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA SEZIONE II n. 00025/2001
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.S.L. N. 2 Savonese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Roberto
Capuzzi e uditi per le parti gli avvocati Villani e Romeo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.
Con ricorso dinanzi al Tar Liguria, la dottoressa Daniela Zerbi, in
servizio dal 1° dicembre 1990 fino al 3 dicembre 1992 presso il Servizio
di Neurochirurgia dell’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure con la
qualifica di assistente medico, premesso di aver espletato durante il
suddetto periodo n.1078 ore di lavoro straordinario e di non avere
ricevuto la relativa retribuzione, chiedeva l’accertamento del proprio
diritto ad ottenerne la corresponsione, con interessi e rivalutazione
monetaria, con conseguente condanna delle resistenti amministrazioni al
pagamento degli stessi.
A sostegno della dedotta
pretesa faceva presente che sebbene le ripetute prestazioni non fossero
state previamente autorizzate, tuttavia, dalla documentazione versata
agli atti risultava che le stesse erano state espletate per esigenze di
servizio.
Inoltre faceva presente che
un’autorizzazione in sanatoria poteva essere individuata nella nota
dell’intimata Usl n.4263 del 30 maggio 1994 con cui l’Usl, in esito
all’istanza della ricorrente del 22/4/1994, non avrebbe disconosciuto
che le prestazioni straordinarie erano state espletate per esigenze di
servizio.
Il Tar, prescindendo dalle eccezioni di
rito sollevate dalla resistenti amministrazioni, respingeva il ricorso
compensando le spese di giudizio.
Nell’atto di
appello la ricorrente sottolinea che il principio che non possa essere
liquidato alcun compenso per lavoro straordinario quando manchi una
previa autorizzazione da parte dell’amministrazione, fatto proprio dal
Tar per respingere il ricorso, subisce eccezioni per i casi in cui la
prestazione eccedente non consegua ad una libera scelta del dipendente,
ma costituisca un obbligo che nasca da ragioni organizzative cogenti e
in qualche modo ascrivibili alla amministrazione, situazione che ricorre
nel caso in cui il dipendente risulti essere l’unico addetto ad un
servizio o quando il lavoro svolto sia indispensabile e non
dilazionabile.
Si è costituita in appello la
Azienda sanitaria Locale n.2 Savonese insistendo per una pronunzia di
carenza di legittimazione passiva della Usl n.2 evocata in giudizio
davanti al Tar, in quanto estranea ai fatti di causa: infatti ai sensi
degli artt. 44 e 45 della legge regionale n.42/94, soggetto legittimato
passivo della pretesa fatta valere in giudizio, concernente i rapporti
giuridici pregressi in relazione al periodo di riferimento e alla
struttura dell’Ospedale S. Corona, sarebbe stata la Usl V del Finalese e
l’Azienda Ospedaliera Ospedale S. Corona di Pietra Ligure ove era
costituita una Gestione Liquidatoria ai sensi della legge regionale
n.53/95 e della legge n.549/95.
Sono state depositate ulteriori memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2.
Il Collegio ritiene che, anche assorbendo l’esame dei profili di
inammissibilità per carenza di legittimazione passiva dei soggetti
evocati in giudizio in primo grado, nel merito il ricorso in appello
non possa trovare accoglimento.
Come rilevato da
risalente giurisprudenza, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego,
la retribuibilità delle prestazioni di lavoro straordinario è
condizionata all’esistenza di una formale e preventiva autorizzazione
allo svolgimento di tali prestazioni di lavoro eccedenti l’orario
d’ufficio: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte
riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità,
imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97
Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica
amministrazione.
In generale, infatti, la
preventiva autorizzazione implica la verifica in concreto delle ragioni
di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni
lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro e rappresenta lo
strumento per evitare che, attraverso incontrollate erogazioni di somme
di danaro per prestazioni di lavoro straordinario, si possano superare i
limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio con grave
nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici.
Per
altro verso, la normativa intende escludere che i pubblici dipendenti
siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle
ordinarie, individuate come punto di equilibrio fra le esigenze
dell’amministrazione e i rispetto delle condizioni psico-fisiche del
dipendente, possano creare per l’impiegato nocumento alla sua salute ed
alla sua dignità di persona.
Sotto ulteriore
profilo, la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario
deve costituire, per l’amministrazione, anche lo strumento per la
valutazione delle concrete esigenze delle proprie strutture quanto al
loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i
compiti assegnati ed espletare le funzioni attribuite dalla legge,
nonché all’organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza,
onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle
prestazioni straordinarie costituisca elemento di programmazione
dell’ordinario lavoro.
Deve anche aggiungersi, non
da ultimo, che come peraltro già accennato, la preventiva autorizzazione
costituisce assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per
il dirigente che la emette, al fine di rispettare i ristretti limiti
finanziari entro cui è consentito liquidare siffatto genere di
prestazioni attesa anche la sopra evidenziata loro eccezionalità.
La
giurisprudenza ha affermato, a volte, che il principio della
indispensabilità della previa autorizzazione allo svolgimento del lavoro
straordinario subisce eccezione quando l’attività sia svolta per
obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita),
ma, nel rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, ha
ribadito che deve pur sempre trattarsi di esigenze indifferibili ed
urgenti e che, in ogni caso, è sempre necessaria una successiva
autorizzazione, sia pure ex post.
3. Sulla scorta
di tali consolidati principi l’appello in esame non può trovare
favorevole considerazione risultando in punto di fatto che le
prestazioni di lavoro straordinario di cui l’interessata chiede il
pagamento non sono mai state autorizzate, né in via preventiva, come di
norma dovrebbe avvenire, né successivamente, in via di sanatoria, come
pure è ammesso in casi eccezionali, dal titolare amministrativo
dell’ente che ne abbia assunto anche la relativa responsabilità
contabile con imputazione della relativa spesa.
Non
può ritenersi a tal fine utile la circostanza che le prestazioni svolte
siano state rese in esecuzione di appositi turni di servizio o
tabulati, atteso che, atti di tale genere, come rilevato dalla
giurisprudenza della Sezione, non possono automaticamente valere, anche
sotto il ripetuto profilo della compatibilità finanziaria, come
provvedimenti autorizzatori allo svolgimento di lavoro oltre l’orario
d’obbligo essendo comunque necessaria una formale autorizzazione postuma
a sanatoria del responsabile amministrativo dell’ente (da ultimo,
Cons. Stato, Sez. III, 15 febbraio 2012, n. 783; VI, 9 novembre 2010,
n.8626).
Né appare ammissibile in appello la
singolare richiesta istruttoria al fine di poter “accertare
l’effettiva utilità pubblica delle ore di lavoro straordinario
effettuate…”, ed anche il deposito di ulteriori nuovi documenti non
prodotti nel giudizio di primo grado tanto più che i nuovi documenti,
consistenti sempre in tabulati, ordini di servizio o altro, quindi
irrilevanti per i motivi sopra evidenziati, era conoscibili
dall’interessata usando la ordinaria diligenza già in primo grado (Cons.
Stato, Sez. VI, n.265 del 20 gennaio 2009).
4.
Quanto alla domanda subordinata, non esaminata dal giudice di prime
cure, volta all'attribuzione di una somma a titolo indennitario per
l'ingiustificato arricchimento dell'amministrazione, che si sarebbe
avvalsa di attività riconducibili a prestazioni di lavoro straordinario
dell'interessata non retribuendole con ciò arricchendosi indebitamente,
essa è priva di fondamento, giacché, come affermato dalla
giurisprudenza, il necessario presupposto dell' azione non è
l'infruttuoso esperimento di uno specifico rimedio giudiziario, ma la
sua inesistenza e la sussidiarietà dell’azione va apprezzata in
astratto, là dove manchi qualsivoglia tutela giuridica, mentre
irrilevante risulta in concreto la circostanza del vano esperimento
della specifica azione diretta prevista dall'ordinamento ad esempio per
essere stata giudizialmente respinta o dichiarata prescritta, atteso che
se altra azione in astratto è esperibile essa è in grado di esaurire
qualsivoglia tutela offerta dall'ordinamento .
Nella
circostanza è pacifico che la ricorrente abbia esperito l' azione a
sostegno delle proprie ragioni risultandone in primo grado soccombente
mentre la circostanza che ciò sarebbe avvenuto per una erronea
valutazione del primo giudice è fatto privo di qualsiasi rilievo ai fini
dell’esperimento dell’azione (ex plurimis, Cass. Civ. Sez. II, 22
marzo 2012 n. 4620; vedi anche Cons. St., sez. V, 3 novembre 2010, n.
7755).
5. n conclusione l’appello non merita accoglimento.
6. Spese ed onorari tuttavia per la natura del petitum possono essere compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)